N. 4 ORDINANZA (Atto di promovimento) 21 novembre 2002
Ordinanza emessa il 21 novembre 2002 dalla Corte di assise di Cosenza nel procedimento penale a carico di Rua' Gianfranco ed altri Processo penale - Rimessione del processo - Presentazione della richiesta - Effetti - Obbligatoria sospensione del processo prima dello svolgimento della discussione e delle conclusioni e prima della pronuncia della sentenza - Lesione del principio della ragionevole durata del processo - Contrasto con i principi costituzionali che regolano l'esercizio della funzione giurisdizionale e con il principio della razionalita' delle norme processuali. - Codice di procedura penale, art. 47, comma 2, nel testo novellato dalla legge 7 novembre 2002, n. 248. - Costituzione, artt. 3, 111 e 112.(GU n.4 del 29-1-2003 )
LA CORTE DI ASSISE Ha emesso la seguente ordinanza. Letta la richiesta, depositata in data odierna, nella cancelleria di questa Corte di assise dall'imputato Chirillo Francesco, di rimessione del processo ad altro giudice ai sensi degli artt. 45 e segg. c.p.p., cosi' come novellati dalla legge 7 novembre 2002, n. 248; Sentiti i difensori degli imputati ed il pubblico ministero; O s s e r v a I difensori degli imputati Chirillo Francesco, Chirillo Carmine e Chirillo Romano hanno chiesto la sospensione del presente processo ai sensi del secondo comma dell'art. 47 c.p.p., cosi' come novellato dalla legge 7 novembre 2002, n. 248 facendo rilevare che il processo stesso era stato rinviato all'odierna udienza per lo svolgimento della discussione da parte del pubblico ministero. Il pubblico ministero ha sostenuto la non obbligatorieta' della sospensione del processo, argomentando sul tenore letterale del comma secondo dell'articolo citato e sottolieando che detta sospensione sarebbe doverosa nella sola ipotesi di comunicazione, da parte della Corte di cassazione, della assegnazione della richiesta di rimessione alle sezioni unite ovvero a sezione diversa da quella apposita di cui all'art. 610, primo comma, c.p.p. Va innanzitutto rilevato che l'art. 5 della legge 7 novembre 2002, n. 248 dispone espressamente che detta legge si applica anche ai processi in corso. Orbene, nell'ipotesi di accoglimento della tesi sostenuta dal pubblico ministero, dovrebbe ritenersi come inutilmente espresso l'avverbio "comunque" apposto dal legislatore nel secondo comma dell'art. 47 c.p.p., cosi' come novellato dalla citata legge n. 248/2002, laddove si fa cenno alla obbligatoria sospensione del processo prima dello svolgimento della discussione e delle conclusioni; tuttavia, il primo canone interpretativo di una norma e' senz'altro quello letterale, anche in ossequio al noto principio ubi lex voluit, dixit: di conseguenza, il tenore della disposizione appare chiaramente indicare l'obbligatorieta' della sospensione prima dello svolgimento della discussione finale qualora sia stata presentata istanza di remissione del processo ai sensi dell'art. 45 c.p.p. Peraltro, detta argomentazione del pubblico ministero avrebbe l'ulteriore conseguenza della necessaria emissione della sentenza da parte di questa Corte, atteso che e' ragionevolmente prevedibile che - nei tempi brevi fissati in calendario per la discussione delle parti (25 novembre, 28 novembre e 2 dicembre 2002, cfr. verbale di udienza del 21 ottobre 2002) - la Corte di cassazione non sarebbe posta nella condizione di emettere e comunicare le determinazioni di propria competenza, con la conseguenza che, nel processo in corso ed in casi analoghi, detta norme rimarrebbe inefficace. Anche questa conseguenza appare essere in contrasto con la volonta' normativa racchiusa nella novella n. 248/2002. Questi corollari, sostenuti dalle difese degli imputati, determinano, pero', la diversa conseguenza della impossibilita' del giudice di proseguire il processo e di pronunziare sentenza in presenza di una strumentale reiterazione di istanze di remissione del processo soltanto lievemente differenti l'una dall'altra negli istanti, nelle motivazioni o nella documentazione allegata a sostegno, con il concreto pericolo di una paralisi delle attivita' processuali. A quest'ultimo riguardo, ritiene la Corte che si possono rilevare profili di illegittimita' costituzionale dell'art. 47, secondo comma, c.p.p., cosi' come novellato dalla legge 7 novembre 2002, n. 248, nella parte in cui prevede l'obbligatoria sospensione del processo prima dello svolgimento della discussione e delle conclusioni e, a fortiori, prima della pronunzia della sentenza. Detti profili di illegittimita' costituzionale attengono al contrasto con gli artt. 3, 111 e 112 della Costituzione (per come, invero, la Corte costituzionale aveva gia' rilevato con riferimento al previgente testo dell'art. 47 c.p.p., con sentenza n. 353 del 22 ottobre 1996). Ed invero, l'art. 111 della Costituzione esige che la legge assicuri la ragionevole durata del processo, rispetto alla quale sono volti anche i principi informatori del codice di procedura penale (oralita', concentrazione e speditezza). Infatti, l'equilibrio fra i principi di economia processuale e di terzieta' del giudice e' solo apparente nella ponderazione codicistica, posto che il possibile abuso processuale determina la paralisi del procedimento, tanto da compromettere il bene costituzionale dell'efficienza del processo, qual e' enucleabile dai principi costituzionali che regolano l'esercizio della funzione giurisdizionale, ed il canone fondamentale della razionalita' delle norme processuali. Se e' vero, in effetti, che il legislatore e' pienamente libero nella costruzione delle scansioni processuali, e' anche vero che egli non puo' tuttavia scegliere, fra i possibili percorsi, quello che comporti - sia pure in casi estremi - la paralisi dell'attivita' processuale, perche', impedendo sistematicamente tale attivita' mediante la riproposizione dell'istanza di rimessione, si finirebbe con il negare la stessa nozione del processo e si contribuirebbe a recare danni evidenti alla amministrazione della giustizia. Ritenuto, quindi, che il giudizio non puo' essere definito indipendentemente dalla risoluzione della questione di legittimita' costituzionale sollevata d'ufficio, a mente dei termini e dei motivi sopra esposti, va disposta l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, con la conseguente sospensione del giudizio sino all'esito del giudizio di legittimita' costituzionale.
P. Q. M. Letto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Dispone la immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e sospende il giudizio in corso sino all'esito del giudizio di legittimita' costituzionale; Dispone che copia della ordinanza di trasmissione degli atti alla Corte costituzionale sia notifica al Presidente del Consiglio dei ministri ed ai Presidenti delle due Camere del Parlamento; Manda alla cancelleria per gli adempimenti. Cosenza, addi' 21 novembre 2002 Il Presidente: Morano 03C0040