N. 55 ORDINANZA (Atto di promovimento) 12 dicembre 2002
Ordinanza emessa il 12 dicembre 2002 dal Consiglio di Stato sul ricorso proposto da Pubblikappa s.n.c. contro Autorita' per le garanzie nelle comunicazioni ed altra Radiotelevisione - Emittenti radiotelevisive locali - Divieto di utilizzazione e di diffusione di marchio, denominazione o testata identificativi, simili, in tutto o in parte, a quelli di emittenti nazionali, indipendentemente dalla priorita' cronologica dell'uso - Irragionevolezza - Incidenza sui principi di liberta' di manifestazione del pensiero e di pluralismo informativo e di liberta' di iniziativa economica privata - Violazione del diritto di proprieta'. - Decreto-legge 30 gennaio 1999, n. 15, art. 2, comma 2-bis, aggiunto dalla legge 29 marzo 1999, n. 78. - Costituzione, artt. 3, 21, 41 e 42.(GU n.9 del 5-3-2003 )
IL CONSIGLIO DI STATO Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 6528/2002 proposto dalla Pubblikappa s.n.c., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Patrizio Gagliotti e Claudio Chiola e presso la studio di quest'ultimo elettivamente domiciliata in Roma, alla via Camilluccia, n. 785; Contro l'Autorita' per le garanzie nelle comunicazioni, in persona del Presidente pro tempore, non costituitasi; E nei confronti di Radio Kiss Kiss Network S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio; Per l'annullamento dell'ordinanza del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sezione II, 29 maggio 2002, n. 2795; Visto l'atto introduttivo; Visti gli atti tutti della causa; Alla camera di consiglio del 27 agosto 2002 relatore il consigliere Roberto Garofoli; Udito l'avv. Chiola; Ritenuto e considerato in fatto e in1 diritto quanto segue: F a t t o Con il ricorso di primo grado la societa' ricorrente ha impugnato la delibera n. 6302/CONS del 27 febbraio 2002 con la quale, in applicazione della previsione di cui all'art. 2, comma 2-bis, d.l. 30 gennaio 1999, n. 15, inserita in sede di conversione ad opera della legge 29 marzo 1999, n. 78, l'Autorita' per le garanzie nelle comunicazioni ha diffidato l' appellante perche' ponesse termine all'utilizzo della denominazione "Radio Kiss Kiss Italia" per le trasmissioni radiofoniche. Nel dettaglio, la Pubblikappa s.n.c. gestisce una emittente radiofonica locale che per l'appunto trasmette, con la denominazione "Radio Kiss Kiss Italia", limitatamente al territorio della Campania e del Lazio, in forza di concessione per l'esercizio della radiodiffusione rilasciata in data 4 marzo 1994; il diritto all'uso del marchio e' stato acquisito dalla Pubblikappa s.n.c. con contratto concluso con la Giosa Servicer S.p.A., titolare del marchio Kiss Kiss n. 360734, concesso il 3 luglio 1985. L'Autorita', rilevata l'idoneita' di quella denominazione a richiamare in parte quella dell'emittente nazionale "Radio Kiss Kiss Network", anch'essa licenziataria della Giosa Service S.p.A., ha ritenuto di dover applicare il citato art. 2, comma 2-bis, a tenore del quale "le emittenti radiotelevisive locali, comprese quelle che diffondono programmi in contemporanea o programmi comuni, non possono utilizzare, ne' diffondere, un marchio, una denominazione o una testata identificativi che richiamino in tutto o in parte quelli di una emittente nazionale. Per le emittenti locali che alla data del 30 novembre 1993 hanno presentato domanda e successivamente hanno ottenuto il rilascio della concessione con un marchio, una denominazione o una testata identificativi che richiamino in tutto o in parte quelli di una emittente nazionale, il divieto di cui al presente comma si applica dopo un anno dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. L'Autorita' per le garanzie nelle comunicazioni vigila sul rispetto del predetto divieto e provvede ai sensi del comma 31 dell'art. 1 della legge 31 luglio 1997, n. 249". Avverso l'ordinanza con la quale il giudice di prime cure ha respinto l'istanza di sospensione della delibera impugnata, insorge l'appellante deducendo: 1) Violazione dell'art. 2, comma 2-bis, d.l. n. 15/1999, asseritamente riguardante le sole emittenti radiotelevisive, non anche quelle radiofoniche. 2) Violazione degli artt. l e 5, dir. n. 104/1989/CEE (recepita con d.lgs., 4 dicembre 1992, n. 480), per ritenuto contrasto della citata previsione nazionale con la disciplina europea a tutela dei marchi di impresa. 3) Illegittimita' costituzionale per violazione degli artt. 77, 3, 41 e 42 Cost. Ad avviso della societa' ricorrente, la previsione di cui all'art. 2, comma 2-bis, d.l. n. 15/1999, inserita solo in sede di conversione ad opera della legge 29 marzo 1999, n. 78, oltre a contrastare con i limiti asseritamente incontrati dal Parlamento in sede di conversione dei decreti- legge, entra in rotta di collisione con i principi di liberta' dell'iniziativa economica privata, di salvaguardia del diritto di proprieta' e di ragionevolezza, nella parte in cui, senza tener conto della priorita' temporale nell'utilizzazione di un determinato marchio in sede di esercizio dell'emittente radiotelevisiva, vieta in modo retroattivo alle emittenti locali di utilizzare o diffondere un marchio, una denominazione o una testata che richiami, anche in parte, quelli di una emittente nazionale. Alla camera di consiglio del 28 agosto 2002 il collegio, in sede cautelare, ha sospeso la indicata delibera rinviando a separata ordinanza per la rimessione della prospettata questione di legittimita' costituzionale. D i r i t t o 1. - La presente controversia trae origine dal provvedimento con il quale l'Autorita' per le garanzie nelle comunicazioni ha diffidato la societa' ricorrente a porre termine all'utilizzazione della denominazione "Radio Kiss Kiss Italia" per le trasmissioni radiofoniche, reputata idonea a richiamare, anche solo in parte, quella utilizzata dall'emittente nazionale "Radio Kiss Kiss Network": nel dettaglio l'Autorita' ha ritenuto di fare applicazione dell'art. 2, comma 2-bis, d.l. 30 gennaio 1999, n. 15, inserita in sede di conversione ad opera della legge 29 marzo 1999, n. 78, a tenore del quale "le emittenti radiotelevisive locali, comprese quelle che diffondono programmi in contemporanea o programmi comuni non possono utilizzare, ne' diffondere, un marchio, una denominazione o una testata identificativi che richiamino in tutto o in parte quelli di una emittente nazionale. Per le emittenti locali che alla data del 30 novembre 1993 hanno presentato domanda e successivamente hanno ottenuto il rilascio della concessione con un marchio, una denominazione o una testata identificativi che richiamino in tutto o in parte quelli di una emittente nazionale, il divieto di cui al presente comma si applica dopo un anno dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. L'Autorita' per le garanzie nelle comunicazioni vigila sul rispetto del predetto divieto e provvede ai sensi del comma 31 dell'art. 1 della legge 31 luglio 1997, n. 249". 2. - Cio' posto, il collegio, sulla scorta di una prima delibazione, ritiene che la previsione di cui al citato art. 2, comma 2-bis, non si presti ad approcci esegetici diversi da quello fatto proprio dall'Autorita' per le garanzie nelle comunicazioni: il chiaro e testuale riferimento alle emittenti radiotelevisive non consente, invero, di aderire all'opzione interpretativa, suggerita nel ricorso introduttivo, intesa a limitare la sfera di efficacia della disciplina al solo settore televisivo, non anche a quello radiofonico. La prospettata questione di legittimita' costituzionale, del resto, oltre ad essere rilevante alla stregua delle suesposte indicazioni relative alla delimitazione dell'ambito di operativita' della contestata disposizione legislativa, appare al collegio non manifestamente infondata. Ed invero, la disciplina suddetta, nella parte in cui prevede e determina la soccombenza, delle posizioni maturate dalle emittenti radiotelevisive locali, gia' titolari di una denominazione prima dell'entrata in vigore della disposizione in questione e, cio' nonostante, tenute a non fare piu' uso della stessa per effetto dell'ingresso sul mercato di emittente nazionale avente marchio, denominazione o testata identificativi analoghi, non pare in sintonia con il canone generale di ragionevolezza, particolarmente stringente in quanto riferito alla conservazione di situazioni soggettive gia' acquisite, se non consolidate. Non vi e' dubbio, invero, che l'insindacabilita' della discrezionalita' propria del legislatore si arresta allorche' l'esercizio della potesta' di disciplina normativa entri in rotta di collisione con il parametro della ragionevolezza, laddove ad essere sottoposto al consentito vaglio del giudice delle leggi non e' certo il merito, ma sempre la legittimita' delle opzioni legislative ed il rispetto, quindi, dei limiti interni della discrezionalita' medesima. Orbene, di tale sindacato si avverte una necessita' ancor piu' intensa allorche' l'irragionevolezza legislativa si ripercuote, comprimendole o addirittura sopprimendole, su posizioni soggettive aventi un sicuro aggancio costituzionale. E' quanto, ad avviso del collegio, si puo' registrare nel caso di specie. La disciplina in esame, infatti, incidendo in senso anche irrimediabilmente sacrificativo sulle posizioni delle preesistenti emittenti locali, costrette a dismettere il segno identificativo sulla sola considerazione della loro specificita' territoriale, indipendentemente quindi dalla priorita' cronologica del relativo uso, non pare coniugabile con l'art. 41 della Carta fondamentale, nella parte in cui consacra l'inviolabilita' della liberta' di iniziativa economica privata. La tutela del marchio d'impresa, infatti, risponde ad un'esigenza insopprimibile per lo svolgimento dell'iniziativa economica, posto che il diritto all'uso esclusivo del segno identificativo concorre a delineare la concreta capacita' concorrenziale dell'impresa, oltre che la sua consistenza patrimoniale, traducendosi in un'importante componente dell'avviamento commerciale; cio' spiega, del resto, l'attenzione dall'ordinamento prestata nell'approntare un sistema di efficace salvaguardia del marchio, normalmente destinato ad utilizzare quale parametro di risoluzione di eventuali conflitti quello della priorita' temporale. Non vi e' dubbio, peraltro, che il marchio, inteso come denominazione sotto la quale l'emittente trasmette, assume importanza forse ancora maggiore nel settore radiofonico, costituendo l'unico efficace strumento attraverso cui la platea degli ascoltatori e' posta in grado di identificare le numerose emittenti operanti sul mercato delle radiofrequenze. Alla stregua di tale ricostruzione pare al collegio dubbia la ragionevolezza di una previsione che, derogando ai principi ed ai parametri propri della disciplina generale vigente in tema di marchi di impresa, incide su posizioni soggettive consolidate, dalla Costituzione tutelate con le previsioni poste a tutela della liberta' di iniziativa economica e della proprieta'. Appare al collegio necessario, pertanto, rimettere al giudice costituzionale la questione relativa alla compatibilita' con gli artt. 3, 41 e 42 della Carta fondamentale della disposizione citata nella parte in cui, senza tener conto della priorita' temporale nell'utilizzazione di un determinato marchio in sede di esercizio dell'emittente radiotelevisiva, vieta anche in modo retroattivo alle emittenti locali di utilizzare o diffondere un marchio, una denominazione o una testata che richiami, anche in parte, quelli di una emittente nazionale. Ulteriori dubbi sorgono, inoltre, in merito alla coerenza della normativa considerata con i principi di liberta' di manifestazione del pensiero e di pluralismo informativo di cui all'art. 21 della Costituzione. Ed invero, il citato art. 2, comma 2-bis, d.l. 30 gennaio 1999, n. 15, incidendo sulla possibilita' dell'emittente locale di fare uso di un segno distintivo in ipotesi essenziale per conservare la posizione imprenditoriale dalla stessa ritagliata nel mercato dell'informazione, rischia di sacrificare - sulla scorta di valutazione di preferenza di dubbia ragionevolezza - l'effettivo esercizio della liberta' di informare e, indirettamente, quindi, sul pieno dispiegarsi del principio pluralistico, difficilmente coniugabile con aprioristiche soluzioni normative intese ad accordare priorita' al solo requisito della presenza nazionale, anziche' locale, dell'emittente. Per le ragioni fin qui esposte il collegio ritiene di dovere sollevare davanti alla Corte costituzionale la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 2-bis, del decreto-legge 30 gennaio 1999, n. 15, inserito in sede di conversione ad opera della legge 29 marzo 1999, n. 78, che appare rilevante e non manifestamente infondata in relazione ai parametri di cui agli articoli 3, 41, 42 e 21 della Carta fondamentale. Il giudizio e' sospeso a termini di legge.
P. Q. M. II Consiglio di Stato in sede giurisdizionale. Sezione sesta, trasmette gli atti alla Corte costituzionale ai fini dell'esame delle questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 2-bis del decreto-legge 30 gennaio 1999, n. 15, inserito in sede di conversione ad opera della legge 29 marzo 1999. n. 78 in relazione ai parametri di cui agli articoli 3, 41, 42 e 21 della Costituzione e sospende il giudizio a termini di legge. Cosi' deciso in Roma, il 27 agosto 2002 Il Presidente: Giovannini 03C0141