N. 56 ORDINANZA (Atto di promovimento) 29 ottobre 2002

Ordinanza emessa il 29 ottobre 2002 dalla Corte di appello di Palermo
sull'istanza   proposta   da   Priolo   Salvatore   contro  Ministero
dell'economia e delle finanze ed altro

Processo   penale   -   Riparazione   per   ingiusta   detenzione   -
  Riconoscimento  di  equa  riparazione  a  chi abbia subito custodia
  cautelare   per  un  fatto  dal  quale  sia  stato  successivamente
  prosciolto  ex  art. 649  cod.  proc. pen. (nella specie, in quanto
  gia'  condannato per il medesimo fatto a pena detentiva interamente
  scontata)  -  Mancata  previsione  -  Irragionevole  disparita'  di
  trattamento rispetto ad ipotesi analoghe - Contrasto con i principi
  e  criteri  direttivi della legge delega n. 81/1987 (in ragione del
  mancato  adeguamento  della  normativa codicistica all'art. 5 della
  Convenzione  europea  per  la  salvaguardia dei diritti dell'uomo e
  delle   liberta'   fondamentali)   -   Compressione  del  principio
  solidaristico  su  cui  e'  fondato  l'istituto  della  riparazione
  dell'ingiusta  detenzione  -  Contrasto  con l'inviolabilita' della
  liberta' personale.
- Codice di procedura penale, art. 314.
- Costituzione,  artt. 2,  3,  13 e 76 (in relazione all'art. 2 della
  legge 16 febbraio 1987, n. 81).
(GU n.9 del 5-3-2003 )
                         LA CORTE DI APPELLO

    Ha  emesso  la seguente ordinanza nel procedimento di riparazione
per  ingiusta  detenzione  iscritto  al n. 165/01 R.I.D., promosso da
Priolo Salvatore, nato a Palermo il 12 ottobre 1956, ivi residente in
via S. Sonnino n. 13, elettivamente domiciliato in Palermo; in via G.
La Farina n. 13/A, presso lo studio dell'avv. V. Giambruno, dal quale
e' rappresentato e difeso, ricorrente;
    Contro  Ministero  dell'economia  e delle finanze, in persona del
Ministro   pro   tempore,   rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura
distrettuale dello Stato di Palermo resistente;
    E nei confronti del Pubblico Ministero in persona del Procuratore
generale presso la Corte di appello di Palermo.
    La  Corte,  esaminati gli atti e sciogliendo la riserva di cui al
verbale che precede, osserva:

                        In fatto e in diritto

    Premessa  di essere stato tratto in arresto a seguito d'ordinanza
del  g.i.p.  presso  il  Tribunale di Palermo del 14 gennaio 1998 per
reati  in  tema  di  stupefacenti  e  di  essere stato prosciolto dai
delitti ascritti con sentenza irrevocabile del Tribunale della stessa
citta'  del  7  ottobre  1999,  con la quale era stato dichiarato non
doversi   procedere   suoi   confronti  per  ostacolo  di  precedente
giudicato, con ricorso del 23 novembre 2001 Priolo Salvatore ha adito
questa Corte perche' fosse liquidata una somma quale equa riparazione
per  l'ingiusta detenzione sofferta dal 2 febbraio 1998 all'8 ottobre
1999.
    L'amministrazione  resistente  ha  chiesto  che  l'indennizzo, se
dovuto,  fosse quantificato soltanto in relazione al concreto periodo
di  custodia  cautelare  sofferto,  mentre il p.g. ha concluso per il
rigetto  del  ricorso,  non  rientrando  la  fattispecie in esame tra
quelle previste dall'art. 314 c.p.p.
    All'odierna  udienza  camerale  le  parti  hanno  insistito nelle
conclusioni adottate.
    Come  gia'  detto, il ricorrente ha chiesto la liquidazione di un
indennizzo  per  l'ingiusta  custodia cautelare subita in relazione a
reati  dai  quali  e' stato prosciolto ai sensi dell'art. 649 c.p.p.,
essendo stato accertato che in ordine agli stessi fatti il Priolo era
stato  gia'  condannato dalla Corte di Assise di appello di Palermo a
pena  detentiva,  interamente  scontata  in  epoca anteriore al nuovo
provvedimento  restrittivo  adottato nei suoi confronti nel corso del
secondo procedimento.
    L'art. 314  c.p.p.  stabilisce  che  chi  e' stato prosciolto con
sentenza  irrevocabile  perche'  il fatto non sussiste, per non avere
commesso  il  fatto,  perche' il fatto non costituisce reato o non e'
previsto dalla legge come reato, ha diritto a un'equa riparazione per
la  custodia cautelare subita, qualora non vi abbia dato o concorso a
darvi causa per dolo o colpa grave.
    Lo  stesso  diritto spetta al prosciolto per qualsiasi causa o al
condannato che nel corso del processo sia stato sottoposto a custodia
cautelare,  quando  con  decisione  irrevocabile sia accertato che il
provvedimento  che sia disposto la misura e' stato emesso o mantenuto
senza  che  sussistessero  le  condizioni  di applicabilita' previste
dagli artt. 273 e 280 c.p.p.
    Le  disposizioni citate si applicano, alle medesime condizioni, a
favore  delle persone nei cui confronti sia pronunciato provvedimento
d'archiviazione ovvero sentenza di non luogo a procedere.
    Nulla e' detto dell'ipotesi, qui ricorrente, in cui la detenzione
sia  stata  sofferta  a seguito di un'ordinanza di custodia cautelare
adottata  per reati in ordine ai quali il destinatario sia stato gia'
giudicato e; come nella specie, abbia gia' scontato la pena detentiva
inflitta in esito al primo processo.
    Una  tale  fattispecie non rientra, infatti, nella previsione del
primo  comma della disposizione indicata perche', secondo la costante
interpretazione della Suprema Corte, la stessa attribuisce il diritto
soggettivo  all'equa  riparazione  soltanto nel caso di perdita della
liberta'  risultata  senza  titolo,  per  essere  stato l'interessato
liberato  dall'accusa  nel  merito,  con una delle formule catalogate
dall'art. 314  (Cass. n. 1295 del 1995; nn.1414 e 1525 del 1993), ne'
da'  luogo  ad  una  situazione assimilabile a quella contemplata dal
comma  secondo  della stessa disposizione che riconosce il diritto al
"prosciolto per qualsiasi causa", oltre che al condannato.
    In   quest'ultima   ipotesi,   invero,   occorre   la   decisione
irrevocabile con la quale sia stata: accertata l'illegittimita' della
sofferta  custodia  cautelare  per  difetto  di  una  o  piu'  tra le
condizioni  di  cui  agli  artt. 273 e 280 del codice di rito penale,
decisione che nella specie non sussiste.
    E   la  diversita'  della  situazione  di  chi  abbia  subito  la
detenzione  a  causa  di  una  misura  cautelare,  che in seguito sia
risultata iniqua a seguito del proscioglimento adottato con una delle
formule  indicate dall'art. 314.1, rispetto a quella di chi sia stato
raggiunto  da  un provvedimento restrittivo per un reato in ordine al
quale  sia  stato  in precedenza giudicato e, addirittura, abbia gia'
scontato  la  pena  detentiva  inflitta  e  la precedente sentenza di
condanna,  non  appare  tale  da  giustificare  un  trattamento cosi'
discriminatorio;  al  punto che la prima situazione venga qualificata
ingiusta  e  meritevole di equa riparazione e 1a seconda venga invece
dal legislatore completamente ignorata.
    Questa  disparita'  di  trattamento  tra le due situazioni appare
ancor piu' manifesta, se si considera che la nuova custodia cautelare
conseguente  ad  un  reato  per il quale l'interessato gia' sia stato
condannato  ed  abbia  scontato  la relativa pena inflitta offende la
liberta'   della  persona  in  misura  certamente  non  minore  della
detenzione  cautelare  ingiusta  ex  art. 314.1  c.p.p.,  comportando
anch'essa  una  limitazione della liberta' personale di certo iniqua,
perche' adottata per un fatto il cui accertamento e' precluso.
    Ne'  d'altra  parte  puo'  ritenersi  che la fattispecie in esame
possa  essere ricondotta nella previsione dell'art. 314 del codice di
rito  a seguito della sentenza n. 310 del 1996, con la quale la Corte
costituzionale  ha dichiarato l'illegittimita' di tale disposizione e
nella  parte in cui non prevede il diritto all'equa riparazione anche
per  la  detenzione  ingiustamente  patita  a  causa d'erroneo ordine
d'esecuzione.
    Nel  caso  in  esame,  infatti, non si e' in presenza, come nella
fattispecie esaminata dal giudice delle leggi, della privazione della
liberta' personale per effetto di un ordine d'esecuzione erroneo, per
essere  stato  adottato  sull'errata  premessa  che  la  sentenza  di
condanna  fosse divenuta definitiva, ma di una custodia cautelare che
e'  divenuta  illegittima  solo  ex  post, per effetto della sentenza
irrevocabile  di proscioglimento, con la quale, in base agli elementi
acquisiti, e' emerso che il Priolo e' stato sottoposto a procedimento
penale  per  il medesimo fatto per il quale era stato precedentemente
giudicato con sentenza di condanna divenuta irrevocabile.
    Orbene,   la   limitazione   del  diritto  alla  riparazione  per
l'ingiusta  detenzione  alle  sole  ipotesi di perdita della liberta'
risultata  senza  titolo,  per  essere  stato  l'interessato liberato
dall'accusa  nel  merito  con  una  delle  formule  ivi  indicate,  e
l'esclusione  di  tale  diritto  per  chi abbia subito una detenzione
altrettanto  ingiusta  in base ad un provvedimento cautelare adottato
per  un  fatto  in  ordine  al  quale  il destinatario era stato gia'
giudicato  con  sentenza definitiva, ad avviso del collegio determina
un'irragionevole  disparita'  di  trattamento  tale,  da far dubitare
della  legittimita' dell'art. 314.1 con riferimento alla disposizione
di cui all'art. 3 della Costituzione.
    Peraltro,  la disposizione in esame non appare in armonia neppure
con gli artt. 2, 13 e 76 della Costituzione.
    Sotto  quest'ultimo  profilo,  infatti,  la Corte costituzionale,
trattando  della  detenzione  ingiustamente  patita  a  seguito di un
ordine  d'esecuzione  illegittimo  (sentenza  n. 310  del  1996),  ha
rilevato  che  l'art. 2  della  legge  delega  n. 81  del  1987,  nel
prevedere  che  il  nuovo  codice  si debba adeguare alle norme delle
convenzioni  internazionali  ratificate  dall'Italia  e  relative  ai
diritti  della  persona  e  al  processo  penale,  sembra  imporle la
necessita'  di  evitare  ogni  discriminazione  tra le due situazioni
delineate,  giacche'  proprio  la Convenzione per la salvaguardia dei
diritti   dell'uomo   e   delle   liberta'  fondamentali,  ratificata
dall'Italia  con la legge n. 848 del 1955, stabilisce, all'art. 3, il
diritto  alla  riparazione  a  favore  della  vittima di arresto o di
detenzioni ingiuste senza distinzione di sorta.
    Sotto il profilo, poi, degli altri due parametri indicati, l'art.
314,  nella  parte  in  cui  non consente il riconoscimento dell'equa
riparazione anche a chi abbia subito un periodo di custodia cautelare
per   un   fatto   dal  quale  sia  stato  poi  prosciolto  ai  sensi
dell'art. 649  c.p.p,  appare  in  contrasto  sia  con l'art. 2 della
Costituzione,  perche'  l'istituto  della  riparazione  dell'ingiusta
detenzione  costituisce  espressione  del principio solidaristico che
ispira  l'intera  Carta  costituzionale,  con  la  conseguenza che la
limitazione  del  suo  ambito  d'applicabilita'  comporterebbe  anche
un'illegittima  compressione  di  quel  principio,  sia con l'art. 13
della  Carta  fondamentale,  che indicando la liberta' personale come
"inviolabile",  ne  impone il ristoro nel caso di violazione; ristoro
che  pero'  non  sarebbe possibile riconoscere nel caso in esame, nel
quale  l'illegittimita' della privazione della liberta', personale e'
stata  riconosciuta  ex  post  con  una  sentenza  che  ha prosciolto
l'interessato  con  una  formula diversa da quelle di merito indicate
nell'art. 314.1 c.pp.
    Non  sembra,  peraltro,  che  l'istituto  della  riparazione  per
ingiusta detenzione, cosi' come delineato dall'art. 314, possa essere
esteso  al caso in questione per effetto d'interpretazione analogica,
perche' tra le ipotesi in esame non sussistono gli estremi dell'eadem
ratio,  nell'un  caso  vertendosi  in  ipotesi d'accertata innocenza,
nell'altro  di  responsabilita' penale per la quale sussiste tuttavia
un  impedimento a procedere per effetto della preclusione processuale
di cui all'art. 649 c.p.p.
    Ne',  d'altra  parte,  puo'  ritenersi  che nel caso concreto sia
possibile  il  ricorso  alla disciplina della riparazione dell'errore
giudiziario;  perche'  l'art. 643  c.p.p,  presuppone  un giudizio di
revisione,  che  nella specie non ha avuto luogo. Nessun rilievo, del
resto,  puo' attribuirsi alla legge n. 117 del 1988, sul risarcimento
dei  danni  cagionati  nell'esercizio  delle  funzioni  giudiziarie e
responsabilita'  civile  dei  magistrati,  perche' l'art. 14 di detta
legge prevede espressamente che le disposizioni in essa contenute non
pregiudicano  il  diritto  alla riparazione a favore delle vittime di
errori giudiziari e di ingiusta detenzione.
    E'  appena  il caso d'aggiungere, infine, che la questione non e'
priva  del  requisito  della  rilevanza,  perche'  non  e'  possibile
giudicare  sul  merito della richiesta di riparazione senza risolvere
pregiudizialmente il dubbio di legittimita' costituzionale.
    Alla stregua di tali considerazioni, ritiene pertanto la Corte di
dovere  sollevare d'ufficio, ex art. 23.3 della legge n. 87 del 1953,
previa   sospensione  del  processo,  la  questione  di  legittimita'
costituzionale  dell'art. 314  c.p.p. nella parte in cui non consente
il  riconoscimento di un'equa riparazione anche a chi abbia subito un
periodo  di  custodia  cautelare per un fatto dal quale sia stato poi
prosciolto  ai sensi dell'art. 649 c.p.p., in relazione agli artt. 2,
3, 13 e 76 della Costituzione.
                              P. Q. M.
    Visto l'art. 23 legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Sospende  il giudizio in corso e dispone l'immediata trasmissione
degli  atti  alla  Corte  costituzionale  perche'  si  pronunci sulla
questione  di  legittimita' costituzionale dell'art. 314 c.p.p. nella
parte  in  cui  non consente il riconoscimento di un'equa riparazione
anche  a  chi  abbia  subito  un periodo di custodia cautelare per un
fatto  dal  quale  sia  stato  poi  prosciolto ai sensi dell'art. 649
c.p.p., in relazione agli artt. 2, 3, 13 e 76 della Costituzione.
    Ordina  che, a cura della cancelleria, l'ordinanza sia notificata
alle  parti ed al Procuratore Generale in sede, nonche' al Presidente
del Consiglio dei ministri.
    Dispone, altresi', che l'ordinanza sia comunicata dal cancelliere
ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.
        Palermo, addi' 15 ottobre 2002
                      Il Presidente: Rotigliano
                                     Il consigliere estensore: Virga
03C0142