N. 76 ORDINANZA (Atto di promovimento) 29 novembre 2002

Ordinanza  emessa  il  29  novembre 2002 dal tribunale di Firenze nel
procedimento penale a carico di Militaru Ionut

Straniero  -  Espulsione  amministrativa - Reato di trattenimento nel
  territorio dello Stato in violazione dell'ordine di allontanamento,
  entro il termine di cinque giorni, impartito dal questore - Arresto
  obbligatorio  in flagranza - Rito direttissimo - Impossibilita' per
  il  giudice  di  emettere  una  pronuncia di merito (in conseguenza
  dell'obbligo  del  rilascio  del  nulla  osta  all'espulsione,  per
  l'inapplicabilita'   della   misura  della  custodia  cautelare  in
  carcere) - Violazione del principio di ragionevolezza - Lesione dei
  diritti   inviolabili  dell'uomo,  in  particolare  della  liberta'
  personale - Violazione del diritto di accesso ad un giusto processo
  e  del diritto di difesa - Contrasto con la Convenzione europea per
  la   salvaguardia   dei   diritti   dell'uomo   e   delle  liberta'
  fondamentali.
- Codice di procedura penale, art. 558, in combinato disposto con gli
  artt.  13 e 14 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, come
  modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189.
- Costituzione, artt. 2, 3, 10, 13, 24 e 111.
(GU n.10 del 12-3-2003 )
                            IL TRIBUNALE

    Vista   la  richiesta  di  convalida  dell'arresto,  operato  nei
confronti di Militaru Ionut in atti generalizzato;
    Interrogato l'imputato;

                            O s s e r v a

 t o      Che  in  forza  del  combinato  disposto degli articoli 558
c.p.p.  e  14,  comma  5-quinquies,  d.lgs.  n. 286/1998,  cosi' come
modificato   dalla   legge   n. 189/2002,   l'arresto  dell'imputato,
effettuato  in  relazione  al  reato di cui all'art. 14, comma 5-ter,
t.u.  cit.,  dovrebbe  essere  convalidato  da  questo  giudice  e si
dovrebbe  procedere  a giudizio direttissimo. Si ritiene tuttavia che
la  novella  alle  norme  del  testo  unico  presenti  dei profili di
incostituzionalita'  rilevanti  gia'  nella  fase della convalida, in
quanto  attinenti  alla  stessa  costituzionalita'  della  previsione
dell'arresto  obbligatorio per la fattispecie di cui si tratta, e che
pertanto la questione relativa sia rilevante anche in questa sede, ai
fini della decisione sulla convalida dell'arresto.
    Infatti, la novella prevede l'arresto per reati contravvenzionali
puniti  nel  massimo  con  un  anno di arresto, quindi con un massimo
edittale  lontano da quello generale previsto per le contravvenzioni,
il  che e' significativo di una valutazione di non eccessiva gravita'
da  parte  del  legislatore.  Nel codice di procedura penale, invece,
l'arresto in flagranza - misura fortemente restrittiva della liberta'
personale  -  in  generale  e salvi i casi tassativamente previsti al
secondo  comma  dell'art. 381 c.p.p., non e' consentito per i delitti
puniti  con  la pena della reclusione pari o inferiore, nel massimo a
tre  anni.  Ancor  piu' ristretti sono i casi di arresto obbligatorio
previsti  dall'art. 380 c.p.p.,  con  i  quali  occorre  istituire il
raffronto  in questo caso, dato che, come s'e' gia' detto, la novella
prevede  tale  categoria  di  arresto.  Il  sistema  penale, in altri
termini,  prescrive  l'obbligatorieta' della misura restrittiva della
liberta'  personale solo per reali, obiettive situazioni di singolare
gravita',  ma  in  questo  caso,  derogando  in maniera evidente alla
disciplina   generale,   introduce  l'arresto  obbligatorio  per  una
contravvenzione neppure particolarmente grave.
    Ne'  puo'  obiettarsi  che  il principio di ragionevolezza, prima
implicitamente   richiamato,   che   trova  la  sua  fonte  normativa
costituzionale  nell'art. 3  C., non puo' venire in rilievo in quanto
si  tratta di normativa dettata solo in relazione agli stranieri, dal
momento  che lo stesso art. 3 limita il suo ambito di applicazione ai
cittadini.  Infatti,  e'  del  tutto pacifico che la norma richiamata
deve  coordinarsi  con  l'art. 2  Cost.,  che  garantisce  i  diritti
inviolabili   dell'uomo   indipendentemente  dalla  nazionalita'.  Il
principio  di  ragionevolezza  pertanto  deve ritenersi applicabile a
tutti  gli  esseri  umani  in  quanto tali, quando si tratta di norme
relative  ai  diritti  inviolabili  dell'uomo,  quale  e' quello alla
liberta' personale, che l'art. 13 Cost. riconosce ad ogni individuo a
prescindere  dalla  cittadinanza, a differenza dell'art. 16 Cost. che
riconosce  il  diritto  di  circolare  e  soggiornare  nel territorio
nazionale soltanto ai cittadini italiani.
    Pertanto  la  previsione  dell'arresto  obbligatorio in flagranza
appare  abnorme  rispetto ai beni-interessi tutelati dalla norma e in
contrasto  con gli articoli 2 e 3 della Carta fondamentale, oltre che
ovviamente con l'art. 13 Cost.
    Quanto  al  rilevato  contrasto della previsione criminosa di cui
all'art.  14,  comma  5-ter,  con  l'art.  27  Cost.  che  prevede la
finalita'  rieducativa della pena, si osserva che la norma da un lato
prevede  la pena detentiva come conseguenza dell'inottemperanza di un
ordine  impartito  dalla pubblica amministrazione, dall'altro prevede
che  in  caso di espulsione il giudice "se non e' stato ancora emesso
il  provvedimento che dispone il giudizio" - come avviene nel caso di
giudizio    direttissimo    monocratico,   che   non   conosce   tale
provvedimento,  ben  diversa essendo la forma e la natura del decreto
di  presentazione  dell'arrestato  da parte del pubblico ministero di
cui  all'art.  558  c.p.p.  -  "pronuncia  sentenza  di  non  luogo a
procedere".  Non  si  ravvisano  estremi  di  incostituzionalita' per
contrasto  con  l'art.  27  Cost., in quanto siamo in presenza di una
condizione  di  procedibilita'  -  quella  della mancata espulsione -
prevista  per  ragioni  di  opportunita'  quando lo straniero e' gia'
stato  allontanato  dallo  Stato  e pertanto l'interesse di questo e'
gia'  stato  realizzato. Si tratta di una valutazione di opportunita'
che  non  ha  niente  a  che  vedere  con il principio della funzione
rieducativa  della  pena,  che  viene  in gioco nel momento in cui il
legislatore prevede un fatto come reato, collegandovi una sanzione di
natura  penale. Da questo punto di vista non e' la prima volta che la
legge  prevede  come  reato  contravvenzionale l'inottemperanza ad un
provvedimento amministrativo, basti pensare all'art. 650 c.p.
    Caso   mai  si  pone  un  altro  problema  di  costituzionalita',
derivante dall'utilizzazione da parte del legislatore delle forme del
giudizio direttissimo a seguito della convalida dell'arresto. Infatti
il  giudice a seguito della convalida dell'arresto non puo' applicare
nessuna  misura  cautelare  della  custodia in carcere e lo straniero
potra' essere espulso, in quanto dall'art. 13, terzo comma, del testo
unico   cit.,   cosi'  come  novellato,  risulta  evidente  che  solo
l'applicazione   di  tale  misura  costituisce  impedimento  assoluto
all'espulsione disposta dal questore; in caso di mancata applicazione
della  custodia  in carcere, il giudice deve rilasciare il nulla osta
all'espulsione,   salvo   che   sussistano   "inderogabili   esigenze
processuali    valutate    in    relazione   all'accertamento   della
responsabilita'  di  eventuali  concorrenti  nel reato ... etc." o si
tratti  dei  reati previsti dall'art. 407, secondo comma, lettera a),
c.p.p.  Nella  maggioranza  dei casi conseguentemente l'espulsione e'
certa  e  in base all'art. 13, comma 3-quater, non essendovi comunque
un  decreto  che  dispone il giudizio, non si avra' una decisione nel
merito.  Cio'  non  solo  rende  ancora  piu' irragionevole la misura
dell'arresto  obbligatorio, relativamente ad una fattispecie di reato
che  e'  una  contravvenzione  non  particolarmente  grave  che nella
maggior  parte  dei  casi  non  sara'  procedibile, ma impedisce allo
straniero   di  accedere  ad  un  giusto  processo  quanto  ai  fatti
contestati,  con  violazione  dell'art. 111 Cost., dell'art. 24 Cost.
quanto  al  diritto  di  difesa, ed ancora degli articoli 5 e 6 della
convenzione   per   la   salvaguardia   dei  diritti  dell'uomo,  con
conseguente  violazione  dell'art. 10 Cost., che prevedono il diritto
per  ogni  persona  privata  della  propria liberta' con un arresto a
presentare  ricorso  davanti  a  un  tribunale affinche' decida sulla
legittimita'  della propria detenzione, ed ancora il diritto a che la
sua  causa  sia  esaminata  imparzialmente, pubblicamente ed in tempo
ragionevole  da  parte  di  un  tribunale  indipendente  e imparziale
costituito dalla legge quanto al fondamento di ogni accusa penale.
    La  rilevanza  e  la  non  manifesta infondatezza delle eccezioni
sollevate  dalla difesa relativamente al contrasto con gli articoli 2
e   3  della  Costituzione,  nonche'  la  questione  di  legittimita'
costituzionale   sollevata   da  questo  giudice  in  relazione  agli
articoli 24,  111,  10  e  13  Cost.,  comportano  la sospensione del
giudizio   di   convalida.   Non   si   puo'  procedere  al  giudizio
direttissimo, che presuppone l'avvenuta convalida, che in questo caso
manca a causa della sospensione del relativo giudizio.
      Ulteriore  conseguenza  ad  avviso  di  questo  giudice  e'  la
restituzione  degli  atti al p.m. perche' proceda col rito ordinario,
non  potendosi  sospendere il giudizio direttissimo che ancora non si
e' istaurato.
    Quanto  alla  liberta'  personale  dell'imputato,  non  puo'  che
ribadirsi  che  non  e' consentita alcuna misura cautelare in materia
contravvenzionale e quindi lo si deve rimettere in liberta'.
                              P. Q. M.
    Visto l'art. 23, legge 11 marzo 1953, n. 87, ritenutala rilevante
per la decisione di questo giudizio di convalida e non manifestamente
infondata,   accoglie   l'eccezione  di  legittimita'  costituzionale
proposta  dal  difensore  dell'imputato  Militaru Ionut del combinato
disposto  dagli articoli 558 c.p.p., 13 e 14 d.lgs. n. 286/1998, come
modificato   dalla  legge  n. 189/2002,  nelle  parti  menzionate  in
motivazione,  per  contrasto  con  gli articoli 2 e 3 Cost. e solleva
d'ufficio   questione  di  legittimita'  costituzionale  delle  norme
suddette per contrasto con gli articoli 10, 13, 111, 24 Cost.
    Sospende  il  giudizio  ed  ordina l'immediata trasmissione degli
atti alla Corte costituzionale.
    Ordina la notifica, a cura della cancelleria, di questa ordinanza
al  Presidente  del  Consiglio dei ministri e la sua comunicazione ai
Presidenti delle due Camere del Parlamento.
    Ordina  restituirsi  gli  atti  al  pubblico  ministero affinche'
proceda con il riro ordinario.
    Ordina  rimettersi in liberta' Militaru Ionut se non detenuto per
altra causa.
        Firenze, addi' 29 novembre 2002
                         Il giudice: Pasqui
03C0162