N. 80 ORDINANZA (Atto di promovimento) 10 - 11 dicembre 2002

Ordinanze  da  80  a 85 - di identico contenuto - emesse il 10 e l'11
dicembre  2002  dal  Tribunale  di  Bologna  nei  procedimenti penali
rispettivamente  a  carico  di: Farid Gribi (R.O. 80/2003); Abdl Afid
(R.O.  81/2003);  Babo  Omar  (R.O.  82/2003);  Ben Rhoma Tarek (R.O.
83/2003); Luaty Monde (R.O. 84/2003); Yakoubi Hafed (R.O. 85/2003).

Straniero  -  Espulsione  amministrativa - Reato di trattenimento nel
  territorio dello Stato in violazione dell'ordine di allontanamento,
  entro il termine di cinque giorni, impartito dal questore - Arresto
  obbligatorio in flagranza - Lesione del principio di ragionevolezza
  - Disparita' di trattamento rispetto ad ipotesi di reato analoghe o
  piu'  gravi - Carenza del requisito della necessita' ed urgenza per
  l'adozione  da  parte  della  polizia  giudiziaria di provvedimenti
  provvisori destinati ad incidere sulla liberta' personale.
- D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 14, comma 5-quinquies, aggiunto
  dalla legge 30 luglio 2002, n. 189.
- Costituzione, artt. 3 e 13, terzo comma.
(GU n.11 del 19-3-2003 )
                            IL TRIBUNALE

    Visti gli atti relativi all'arresto di Farid Gribi, generalizzato
in  atti  sull'eccezione  di  costituzionalita' relativa all'art. 14,
comma 5-quinquies,   d.lgs.   n. 289/1998   proposta   dal  difensore
dell'imputato;
    Sentito il pubblico ministero;
    Premesso  che  l'arrestato e' stato espulso con provvedimento del
prefetto  di  Bologna  in  data  22 novembre  2002 ed in pari data il
questore  di  Bologna  gli ha ordinato di allontanarsi dal territorio
dello stato entro 5 giorni ai sensi dell'art. 14, comma 5-bis, d.lgs.
n. 286/1998,  come modificato dalla legge n. 189/2002; e che egli non
ha   ottemperato  l'ordine,  venendo  arrestato  a  Bologna  in  data
9 dicembre  2002  ai  sensi  dell'art. 14,  comma 5-quinquies, d.lgs.
n. 286/1998;
    Osservato  che  sussistono  dubbi  di legittimita' costituzionale
dell'arresto  obbligatorio  come  previsto  dalla norma citata per le
ragioni  esposte  nelle  due  ordinanze allegate, da intendersi parte
integrante  della presente ordinanza, cui si rinvia sia per i rilievi
circa  la  non  manifesta  infondatezza,  sia  per la rilevanza della
questione;
                              P. Q. M.
    Visto l'art. 23, legge n. 87/1953;
    Dichiara  non  manifestamente  infondata e rilevante nel presente
giudizio  la  questione  di legittimita' costituzionale dell'art. 14,
comma 5-quinquies.  d.lgs.  n. 286/1998  come  modificato dalla legge
n. 189/2002 per contrasto con gli articoli 13, terzo comma, e 3 della
Costituzione;
    Sospende il giudizio in corso;
    Ordina la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;
    Dispone  che  la  presente ordinanza sia notificata al Presidente
del Consiglio dei ministri e comunicata ai Presidenti delle Camere.
        Bologna, addi' 10 dicembre 2002
                        Il giudice: Magliaro
                                                             Allegato
                        TRIBUNALE DI BOLOGNA
                       Seconda sezione penale
    Il  giudice sulla richiesta del p.m. di convalida dell'arresto di
Simic   Milica,   nata   a   Belgrado   il   21 aprile  1969  per  la
contravvenzione  prevista  e punita dall'art. 14, comma 5-ter, d.lgs.
n. 286/1998 come modificato dalla legge n. 189/2002;
    Premesso   che   l'arrestata   e'   stato  espulsa  con  regolare
provvedimento  del  Prefetto  di Bologna in data 10 ottobre 2002, che
successivamente  in data 10 ottobre 2002 il Questore di Bologna le ha
ordinato di allontanarsi dal territorio dello Stato entro 5 giorni ai
sensi  dell'art. 14,  comma 5-bis, d.lgs. n. 286/1998 come modificato
dalla  legge n. 189/2002,  e  che ella non ha ottemperato all'ordine,
venendo   arrestata   a   Bologna   il   29 novembre  2002  ai  sensi
dell'art. 14, comma 5-quinquies, d.lgs. n. 286/1998;
    Dato  che  l'arrestata  e'  priva di documenti di identificazione
validi  ed  e  stata  sottoposta  a rilievi dattiloscopici per la sua
identificazione, in base ai quali si e' accertato che la stessa - con
le  generalita'  con  le quali e' stata arrestata o eventualmente con
diverse  generalita'  - non ha precedenti penali definitivi a carico,
ne'  pendenze  giudiziarie,  ne'  segnalazioni  di polizia relative a
fatti di reato rilevati a suo carico;
    Osservato  che sussistono dubbi sulla legittimita' costituzionale
dell'arresto     obbligatorio     come     previsto     dall'art. 14,
comma 5-quinquies  d.lgs.  n. 286/1998  - come modificato dalla legge
n. 189/2002 - e che la questione di legittimita' di tale norma appare
non  manifestamente infondata e va sollevata d'ufficio per le ragioni
che  seguono,  con essenziale riferimento ai parametri costituzionali
di cui agli articoli 13 e 3 Costituzione;
    Quanto  al parametro dell'art. 13, terzo comma, Costituzione, che
consente  provvedimenti  limitativi della liberta' personale da parte
della  p.s.  solo  "in  casi  eccezionali  di  necessita'  ed urgenza
indicati  tassativamente  dalla  legge",  la  previsione dell'arresto
obbligatorio   contenuta   nell'art. 14,   comma 5-quinquies   appare
contrastarvi per le seguenti ragioni:
        la   tutela   costituzionale   della  liberta'  personale  e'
assoluta:  essa viene definita come inviolabile al primo comma, ne e'
consentita  la  limitazione  solo  con  provvedimento  dell'autorita'
giudiziaria  e  nei  casi  previsti  dalla legge al secondo comma, al
terzo  comma  ne e' consentita una eccezionale limitazione temporanea
ad   opera   della   p.s.   solo   se   successivamente   convalidata
dall'autorita'  giudiziaria  e nei casi "eccezionali di necessita' ed
urgenza"  previsti  dalla  legge.  Al  terzo comma - diversamente dal
secondo - e' prevista quindi una riserva di legge qualificata poiche'
al legislatore ordinario non spetta di determinare liberamente i casi
in  cui  la  liberta' personale puo' venire provvisoriamente limitata
dalla  ps,  ma  puo' farlo solo nei casi eccezionali di necessita' ed
urgenza;
        la  giurisprudenza  costituzionale  ha chiarito le nozioni di
eccezionalita',  necessita'  ed  urgenza  che  giustificano l'arresto
obbligatorio.  Proprio  perche' l'art. 14, comma 5-quinquies, prevede
l'obbligatorieta' dell'arresto ogni volta che si accerti la fragranza
della  contravvenzione  dell'art. 14,  comma  5-ter, le condizioni di
eccezionale  necessita'  ed urgenza della misura precautelare debbono
essere  valutate in astratto in relazione al reato a cui e' collegata
la  previsione  dell'arresto  obbligatorio e non ne e' consentita una
modulazione in relazione al caso concreto;
        la  condotta  contravvenzionale  a cui e' collegato l'arresto
obbligatorio  e'  quella  dello straniero gia' espulso dal territorio
nazionale  in  quanto  clandestino  ed  inottemperante  al successivo
ordine di allontanamento del Questore: si tratta cioe' di un reato di
mera  condotta,  di  doppia disobbedienza ad un ordine dell'autorita'
dato  prima nella forma del decreto di espulsione e dopo con l'ordine
di  allontanamento.  La struttura del reato non prevede quindi ne' la
lesione  o  la  messa  in  pericolo  di  un  bene  costituzionalmente
protetto,  ne'  una  condizione soggettiva di pericolosita' specifica
dell'autore,  che  non e' gia' imputato o condannato per altri reati,
non  e' socialmente pericoloso (vedi Corte cost. n. 64/1977 in cui la
legittimita'  dell'arresto era collegata al preesistente accertamento
giudiziale  delle  condizioni di pericolosita' sociale), ne' versa in
una  condizione  di  pericolosita'  specifica  per  le sue condizioni
personali  (vedi  Corte  cost.  n. 126/1972  in  cui  la legittimita'
dell'arresto  era  collegata  all'ubriachezza  in  atto):  va infatti
considerato  che  la clandestinita' sul territorio dello stato, cioe'
la  permanenza  dello  straniero  in  Italia senza i documenti che la
legittimano  formalmente, e' condizione che legittima l'espulsione ma
che  non integra alcun reato e che, proprio perche' e' collegata alla
formale  assenza  di  documenti, non puo' essere indice di per se' di
una  specifica  pericolosita' del soggetto (si pensi all'innumerevole
numero   di   "badanti"   che   per   periodi   lunghissimi  lavorano
irregolarmente    nelle    famiglie   italiane   in   condizioni   di
clandestinita',   per   i   quali   e'  evidente  l'assenza  di  ogni
pericolosita' sociale). Per quanto descritto nella fattispecie tipica
del  reato,  ne'  la  condotta  punita  ne' le condizioni dell'agente
appaiono  quindi assumere quei connotati di eccezionale necessita' ed
urgenza   che   giustificano  il  potere  limitativo  della  liberta'
personale   da   parte   della   p.s.   ai   sensi   del   comma   3,
dell'art. 13 Cost.;
        l'arresto  e'  in  questo caso obbligatoriamente previsto per
una  contravvenzione  punita con l'arresto da sei mesi ad un anno. Il
sistema  processuale  vigente  non  consente l'applicazione di misure
cautelari  personali per contravvenzioni (articoli 280 e 287 c.p.p.),
il  che rende evidente come in questo caso l'arresto non sia in alcun
modo  collegato alla successiva applicazione di una misura cautelare.
Esso  si  affianca  ad  altri  eccezionali  casi in cui e' consentito
l'arresto  a  prescindere  dalla  successiva  applicazione  di misura
cautelare,   ma  si  discosta  da  tali  ipotesi  per  aspetti  molto
rilevanti. Significativo e' il raffronto con le ipotesi di arresto in
flagranza  previsto  per il delitto p.p. dall'art. 189 c.d.s. (la cui
pena edittale e' inferiore ai limiti che consentono l'applicazione di
misure  cautelari)  e  per  le  contravvenzioni p.p. dai commi 1 e 2,
art. 4, legge n. 110/1975 o dai commi 4 e 5 dello stesso articolo, in
questo  caso  se  aggravate dalla finalita' di discriminazione o odio
etnico, razziale ecc. Nella prima ipotesi l'arresto e' consentito per
consentire  "la possibilita' di un intervento immediato di chi si sia
dato  alla fuga, abbia abbandonato le vittime di incidenti stradali a
lui riconducibili ed abbia messo in pericolo la sicurezza individuale
e  collettiva"  (C. cost.  n. 305/1996).  Nel  secondo caso l'arresto
consente  che  le  forze  di  p.s.  limitino la liberta' personale di
soggetti in possesso di armi o oggetti atti ad offendere nel corso di
riunioni  pubbliche  (comma 4  e 5)  o  con  armi  od oggetti atti ad
offendere   fuori  dalla  propria  abitazione  il  cui  possesso  sia
destinato  specificamente  a  finalita'  di  discriminazione  o  odio
razziale   (comma 1   e 2   aggravati   dall'art. 3,   comma 1,  d.l.
n. 122/1993),  condotte  entrambe  evidentemente  riconducibili ad un
pericolo per la sicurezza individuale e collettiva evitabile soltanto
con   la   materiale  apprensione  del  soggetto  armato  ed  il  suo
allontanamento dal luogo pericoloso. In entrambi i casi, l'arresto e'
previsto   come   facoltativo  e  non  come  obbligatorio  (art. 189,
comma 6 c.s.d.  e art. 6, comma 2, legge n. 654/1975). In entrambe le
ipotesi  citate di arresto consentito a prescindere dalla conseguente
applicabilita'  di  misura  cautelare  si  tratta  di condotte attive
(lesioni  personali con conseguente fuga e porto di armi in occasioni
o  con  finalita'  non  consentite),  che  concretamente  pongono  in
pericolo  la  sicurezza  individuale  e  collettiva e necessariamente
dolose,  mentre  l'arresto  previsto  dall'art. 14, comma 5-quinquies
riguarda un reato di mera condotta omissiva, che non pone in concreto
pericolo la sicurezza altrui, punibile anche a titolo di colpa per la
negligente  non  ottemperanza  all'ordine.  Mentre  nelle  prime  due
ipotesi   l'arresto  e'  quindi  previsto  per  casi  in  cui  appare
necessario  ed  urgente  bloccare  l'autore di condotte pericolose da
parte  della  p.s.  che  lo sorprenda in flagranza, n. 91 caso di cui
all'art. 14,  comma  5-quinquies,  non  emerge  alcuna  necessita' ed
urgenza  di procedere all'arresto dell'autore di una condotta colposa
e  priva  di  concreta  pericolosita'.  Sul  punto va aggiunto che il
giudice  delle  leggi  nella  sentenza  n. 305/1996  ha confermato la
legittimita'  dell'arresto previsto dall'art. 189 c.d.s., ancorandola
alla  sua facoltativita', in quanto tale arresto "richiede pur sempre
la  sussistenza,  nei singoli casi concreti, dei presupposti ai quali
l'art. 381,  comma 4  subordina  in  via  generale l'adozione di tale
misura".  Nel caso qui in esame invece l'obbligatorieta' dell'arresto
prescinde  da  ogni  valutazione  sulla  concreta pericolosita' della
condotta,   con   la   conseguenza   che   la   misura   puo'  essere
costituzionalmente  rientrante nella previsione dell'art. 13, comma 3
Cost.  solo  se  si  ritiene  eccezionalmente  necessario  ed urgente
limitare  la  liberta'  di  uno  straniero tutte le volte in cui egli
abbia violato l'ordine di allontanamento del questore successivo alla
sua espulsione dal territorio nazionale;
        l'arresto  obbligatorio  non potrebbe neppure trovare ragione
nell'eccezionale  necessita'  ed  urgenza  di poter procedere al rito
direttissimo  imposto  dallo  stesso  art. 14,  comma 5-quinquies per
l'accertamento  della  contravvenzione  dell'art. 14, comma 5-ter. Il
rito  direttissimo  nel  nostro  ordinamento non e' infatti vincolato
alla  necessaria  presenza  dell'imputato  in  udienza,  come  appare
dall'art. 449 c.p.p.,   che  lo  prevede  in  tutti  i  casi  in  cui
l'imputato - non arrestato ne' detenuto - abbia reso confessione, nei
casi   previsti   dall'art. 450 c.p.p.,  comma 2,  che  espressamente
dispone  le  regole processuali per l'ipotesi di citazione a giudizio
dell'imputato  a  piede  libero,  oltre  che  nei casi previsti dallo
stesso  d.lgs.  n. 286/1998  come modificato dalla legge n. 189/2002,
che  all'art. 13, comma 13-ter prevede ipotesi di arresto facoltativo
disponendo  che  in  ogni  caso quindi anche quando la facoltativita'
dell'arresto  non  sia  stata  esercitata  e  quindi l'imputato resti
libero - contro l'autore del fatto si proceda con rito direttissimo;
        non  puo'  infine  ritenersi  che l'eccezionale necessita' ed
urgenza  dell'arresto  sia  collegata  alla  necessita'  di  eseguire
l'espulsione  dell'arrestato, che di per se' puo' essere eseguita con
accompagnamento  alla frontiera in via generale, ed in modo del tutto
autonomo ed indipendente dall'arresto, ai sensi dell'art. 13, comma 4
d.lgs. n. 286/1998 come modificato dalla legge n. 189/2002.
    Quanto  al  parametro  dell'art. 3  Costituzione,  che  impone al
legislatore   il   rispetto  del  limite  della  ragionevolezza  come
qualificato   nelle   sentenze   C. cost.   n. 26/1979;  n. 103/1982;
n. 409/1989;  n. 341/1994 (vedi anche C. cost. n. 53/1958 secondo cui
"non  si  controlla l'uso del potere discrezionale del legislatore se
si  dichiara  che  il principio dell'uguaglianza e' violato quando il
legislatore  assoggetta  ad  una indiscriminata disciplina situazioni
che   esso  stesso  considera  e  dichiara  diverse),  la  previsione
dell'arresto  obbligatorio  contenuta  nell'art. 14 comma 5-quinquies
appare contrastarvi per le seguenti ragioni:
        l'art. 13,  comma 13,  del d.lgs. n. 286/1998 come modificato
dalla  legge  n. 189/2002, prevede la contravvenzione dello straniero
che, espulso e materialmente accompagnato alla frontiera, rientri nel
territorio  nazionale, punendola con l'arresto da sei mesi ad un anno
(si  tratta della prima disobbedienza ad un ordine, ma la condotta di
rientro  e'  attiva  e  manifesta una intenzionalita' particolarmente
forte  dello  straniero  poiche' segue alla materiale attivita' della
pubblica  amministrazione  che  lo  ha  accompagnato  alla  frontiera
coattivamente,  con  rilevante impegno di risorse umane e materiali).
Tale  contravvenzione  e'  punita  con  l'arresto nella stessa misura
rispetto   alla  contravvenzione  prevista  dall'art. 14  comma 5-ter
(disobbedienza  reiterata  di  due  ordini, ma con condotta meramente
omissiva  e  anche  colposa),  il  che  e'  indice  inequivoco  della
valutazione   del   legislatore   di  pari  gravita'  delle  condotte
considerate.  Mentre  nel  primo  caso  l'arresto  e'  previsto  come
facoltativo   (art. 13,  comma 13-ter),  nel  secondo  caso  esso  e'
previsto come obbligatorio (art. 14, comma 5-quinquies);
    l'art. 13,  comma 13-bis  del  d.lgs. n. 286/1998 come modificato
dalla  legge n. 189/2002,  prevede  il  delitto  dello  straniero che
rientri in Italia dopo l'espulsione sta in sede giudiziale, punendolo
con  la  reclusione  da uno a quattro anni. In questo caso di delitto
con  pena  edittale  fino  a  quattro anni e' previsto l'arresto come
facoltativo  dall'art. 13,  comma 13-ter,  mentre nel caso piu' lieve
della contravvenzione dell'art. 14, comma 5-ter, punita con l'arresto
fino  a  un  anno  l'arresto e' previsto come obbligatorio dal citato
art. 14, comma 5-quinquies;
        dall'esame  delle disposizioni sopra citate emerge quindi che
anche all'interno del d.lgs. n. 286/1998, come modificato dalla legge
n. 189/2002,  la  previsione  dell'arresto obbligatorio contenuta nel
comma 5-quinquies,  dell'art. 14  e'  irragionevole,  sia  poiche'  a
situazioni   di   analoga  gravita'  (art. 13,  comma 13)  conseguono
modalita'  d'arresto  facoltative  e  quindi  piu'  lievi,  senza che
emergano   apprezzabili   ragioni  che  giustifichino  il  differente
trattamento della libera personale dell'arrestato nelle due "ipotesi,
sia perche' a situazioni di maggiore gravita' (art. 13, comma 13-bis)
conseguono addirittura modalita' di arresto facoltative e quindi piu'
lievi,  senza  che  vi  siano ragioni specifiche che giustifichino il
piu'   lieve  trattamento  di  reati  piu'  gravi  nella  fase  della
previsione delle misure precautelari.
    Che  la  questione  e' rilevante per la pronuncia sulla convalida
dell'arresto   poiche'  l'eventuale  declaratoria  di  illegittimita'
costituzionale   dello   stesso  farebbe  venir  meno  il  fondamento
normativo della richiesta di convalida proposta dal pm. Infatti nella
fattispecie  Simic  Milica  e'  stata  tratta in arresto perche' tale
misura  e' prevista come obbligatoria dall'art. 14, comma 5-quinquies
d.lgs.  n. 286/1998,  mentre  ella  non  sarebbe  stata  passibile di
arresto  se  tale  misura  fosse  stata  prevista come facoltativa in
quanto  non  sussistono  nella  fattispecie  le  condizioni richieste
dall'art. 381, comma 4, della gravita' del fatto (il reato contestato
e'  una  contravvenzione  punita  da  sei  mesi a un anno), ne' della
pericolosita'   del   soggetto   desunta   dalla   sua  pericolosita'
(l'arrestata  e'  priva  di  pregiudizi penali ed e' qui per la prima
volta  accusata  di  una  contravvenzione;  il  fatto  che  ella  sia
clandestina  sul  territorio nazionale non e' previsto come reato dal
nostro  ordinamento)  o  dalle  circostanze  del  fatto  (la condotta
contestata  e'  meramente  passiva,  di  disobbedienza  ad  un ordine
dell'autorita).
    Ritenuto  quindi  conclusivamerite  la  questione di legittimita'
costituzionale  dell'art. 14,  comma 5-quinquies, d.lgs. n. 286/1998,
come  modificato  dalla legge n. 189/2002, nella parte in cui prevede
come  obbligatorio  l'arresto  per  il  reato  previsto dall'art. 14,
comma 5-ter,  appare  non  manifestamente  infondata  e rilevante nel
giudizio di convalida in corso, per cui va sollevata d'ufficio per le
ragioni sopra esposte;
                              P. Q. M.
    Visto l'art. 23, legge n. 87/1953;
    Ritenuta  non  manifestamente  infondata e rilevante nel presente
giudizio  la  questione  di legittimita' costituzionale dell'art. 14,
comma 5-quinquies  d.lgs.  n. 286/1998  come  modificato  dalla legge
n. 189/2002,  per  contrasto  con  gli  articoli 13,  terzo comma e 3
Costituzione;
    Sospende il giudizio in corso;
    Ordina la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;
    Dispone  che  la  presente ordinanza sia notificata al Presidente
del Consiglio dei ministri e comunicata ai Presidenti delle Camere.
        Bologna, addi' 30 novembre 2002
                          Il giudice: Betti
                        TRIBUNALE DI BOLOGNA
                       Seconda sezione penale
    Il  giudice sulla richiesta del p.m. di convalida dell'arresto di
Harabayh  Aitem, nato a Tunisi il 1 gennaio 1978, arrestato a Bologna
il   26 novembre  2002,  ai  sensi  dell'art. 14,  comma 5-quinquies,
d.lgs. n. 286/1998 - come modificato dalla legge n. 189/2002 - per la
contravvenzione  prevista  e  punita dall'art. 14, comma 5-ter stessa
legge;
    Premesso  che  l'arrestato e' stato espulso con provvedimento del
Prefetto  di  Bologna  in  data  20 novembre  2002  e in pari data il
questore  di  Bologna  gli ha ordinato di allontanarsi dal territorio
dello  Stato  entro cinque giorni ai sensi dell'art. 14, comma 5-bis,
d.lgs.  n. 286/1998,  come modificato dalla legge n. 189/2002; che in
sede  di  convalida  egli  ha  dichiarato  di  essere  in procinto di
lasciare  il  territorio  nazionale,  essendo  l'ordine  a suo carico
scaduto solo il giorno precedente quello dell'arresto;
    Oservato che:
        il   decreto   legislativo   n. 286/1998   come  recentemente
modificato   dalla   legge  n. 189/2002  prevede  l'espulsione  dello
straniero  che sia entrato nel territorio dello stato sottraendosi ai
controlli  di  frontiera  o  vi  si  sia trattenuto senza permesso di
soggiorno valido (art. 13, comma 2, lett. A-B);
        l'espulsione  e'  disposta dal prefetto ed e' sempre eseguita
dal  questore  con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza
pubblica  (art. 13, comma 4), salvo nei casi concernenti lo straniero
il cui permesso di soggiorno sia scaduto da piu' di sessanta giorni e
non  ne  sia  stato  chiesto  il  rinnovo,  per il quale l'espulsione
eseguita  mediante  accompagnamento  alla  frontiera viene sostituita
dall'intimazione  a lasciare il territorio dello stato entro quindici
giorni (art. 13, comma 5);
        la  regola  fissata  dal  comma 4,  dell'art. 13, puo' essere
derogata   quando   non   e'   possibile  eseguire  con  immediatezza
l'espulsione   mediante  accompagnamento  alla  frontiera  ovvero  il
respingimento, perche' occorre procedere al soccorso dello straniero,
accertamenti   supplementari   in   ordine   alla   sua  identita'  o
nazionalita',  ovvero  all'acquisizione  di  documenti per il viaggio
ovvero  per  l'indisponibilita' di vettore o altro mezzo di trasporto
idoneo (art. 14, comma 1);
        in  tal  caso  il  questore  dispone  che  lo  straniero  sia
trattenuto  per  il tempo strettamente necessario presso il centro di
permanenza temporanea e assistenza piu' vicino;
        come  rimedio  ulteriore  ed  estremo,  qualora non sia stato
possibile   trattenere   lo   straniero  nel  centro,  o  trattenerlo
ulteriormente  (essendo decorso il termine massimo di giorni 30+30 di
cui  al  comma 5, dell'art. 14), il Questore ordina allo straniero di
lasciare  il  territorio  dello  stato  entro  cinque giorni (art.14,
comma 5-bis);
        orbene,  implicitamente  confermando che la clandestinita' in
se'  non  e' reato ma solo l'inottemperanza al relativo provvedimento
di   espulsione,   il  legislatore  ha  contemplato  diverse  ipotesi
sanzionatorie per l'inosservanza dei diversi tipi di espulsione;
        la  disobbedienza  che  si  realizzi  per  la prima volta, di
regola,  e'  un illecito contravvenzionale (l'eccezione e' costituita
dalla  trasgressione  all'espulsione disposta dal giudice a titolo di
sanzione  sostitutiva o alternativa alla detenzione; art. 16, commi 1
e 5);  le  condotte  sanzionate  sono il rientro nel territorio dello
stato   senza  speciale  autorizzazione  del  ministero  dell'interno
(art. 13,  comma 13) e il trattenimento ingiustificato nel territorio
dello stato in violazione dell'ordine impartito dal questore ai sensi
dell'art. 14,  comma 5-bis;  per  entrambe le contravvenzioni la pena
prevista  e'  l'arresto  da sei mesi ad un anno ed e' previsto che si
proceda   a  nuova  espulsione  con  accompagnamento  alla  frontiera
(art. 13, comma 13, in fine e art. 14, comma 5-ter in fine);
        la  reiterazione  della  condotta disobbediente (ovverosia il
rientro  dello  straniero  gia',  denunciato  per  il  reato  di  cui
all'art. 13,  comma 13,  o il rinvenimento nel territorio dello Stato
dello  straniero espulso ai sensi dell'art. 14, comma 5-ter) realizza
un  delitto, punito con la reclusione da uno a quattro anni (art. 13,
comma 13-bis in fine e art. 14, comma 5-quater);
        quanto   agli   aspetti  processuali,  gli  articoli 13  e 14
prevedono per i reati in ciascuno di essi contemplati rispettivamente
l'arresto  facoltativo  in  flagranza  (art. 13, comma 13-ter; per la
violazione  dell'art. 13-bis  e'  consentito anche il fermo fuori dei
casi    di    flagranza)    e    l'arresto   obbligatorio   (art. 14,
comma 5-quinquies) e sempre il rito direttissimo;
    Ritenuto che:
        la  questione  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 14,
comma 5-quinquies  nella  parte  in  cui  prevede  come  obbligatorio
l'arresto   per   il   reato   di   cui  al  comma 5-ter  appare  non
manifestamente  infondata e rilevante e va sollevata d'ufficio per le
ragioni  che  seguono, con riferimento ai parametri costituzionali di
cui all'art. 3 Cost.;
        i  reati  contravvenzionali  previsti  dagli articoli 13 e 14
rivestono  quanto  meno pari gravita'; infatti sono sanzionati con la
medesima  pena  edittale,  prevedono  identiche conseguenze sul piano
amministrativo  (nuova espulsione con accompagnamento alla frontiera)
e  penale  (lo  straniero  che,  dopo  essere stato denunciato per la
contravvenzione,  viene  nuovamente  colto nel territorio dello Stato
commette  un  delitto punito con la reclusione da uno a quattro anni)
in caso di reiterazione della condotta;
        in  realta', a ben vedere, la condotta descritta all'art. 14,
comma 5-ter appare meno grave di quella di cui all'art. 13, comma 13;
in quest'ultimo caso lo straniero che, dopo essere stato accompagnato
coattivamente   alla   frontiera  a  mezzo  della  forza  pubblica  e
fisicamente  espulso  dal territorio dello Stato, vi rientra, pone in
essere  una  condotta  attiva  di trasgressione non solo ad un ordine
legalmente  dato  ma  anche ad attivita' che hanno impegnato lo Stato
con  risorse umane e materiali, e ha quindi mostrato un atteggiamento
volitivo  particolarmente  forte;  la  condotta  di  cui all'art. 14,
comma 5-ter  e' invece meramente omissiva, nel senso che lo straniero
"intimato"  si  limita  a  non adempiere l'ordine e a non presentarsi
alla frontiera nel termine indicato, atteggiamento che e' compatibile
anche con la semplice colpa;
        se  e' dunque corretto ritenere che la contravvenzione di cui
all'art. 14,  comma 5-ter  e'  di  gravita' pari o addirittura minore
rispetto  a  quella  di  cui  all'art. 13, comma 13, non vi e' alcuna
ragione  che giustifichi la previsione di un arresto obbligatorio nel
primo caso e facoltativo nel secondo;
        ma   v'e'  di  piu';  l'art. 13,  comma 13-ter  prevede  come
facoltativo l'arresto anche in caso di commissione di uno dei delitti
previsti  dal  precedente  comma 13-bis;  e  fra essi, oltre a quello
dello straniero che, gia' denunciato per la contravvenzione di cui al
comma 13   e   nuovamente  espulso  con  nuovo  accompagnamento  alla
frontiera,  sia  rientrato  nel  territorio  dello Stato, vi e' anche
quello  di  violazione  dell'espulsione disposta dal giudice; orbene,
tale  espulsione  ai  sensi  dell'art. 16  del  decreto  puo'  essere
disposta  con  la sentenza, come sanzione sostitutiva di condanna per
reato  non colposo ad una pena detentiva entro il limite di due anni,
e  quindi anche in relazione a soggetti che hanno dimostrato gia', in
concreto,  di  essere  pericolosi,  tenuto  conto  dell'entita' della
condanna  loro  inflitta;  non  vi  e' alcun dubbio che tali soggetti
debbano  essere  ritenuti  piu'  pericolosi  e il loro reingresso nel
territorio  dello Stato piu' allarmante del semplice permanere di uno
straniero  la  cui unica "colpa" e' quella di avere trasgredito ad un
ordine  del  Questore  che  gli  intimava di uscire dallo Stato entro
cinque giorni;
        sembra   pertanto   indiscutibile   che   nel  sistema  degli
articoli 13  e 14  il  legislatore abbia trattato in maniera difforme
situazioni  quanto meno uguali (prevedendo l'arresto obbligatorio per
la   contravvenzione   di   cui  all'art. 14,  comma 5-ter  e  quello
facoltativo  per  la  contravvenzione di cui all'art. 13, comma 13) e
maniera  piu'  grave  reati di minore gravita' (la contravvenzione di
cui  all'art. 14, comma 5-ter rispetto ai delitti di cui all'art. 13,
comma 3-bis);
        peraltro   l'arresto   obbligatorio  e'  istituto  riservato,
nell'attuale  ordinamento,  solo  ai  delitti  e  fra  essi  a quelli
particolarmente   gravi   indicati   nell'art. 380   c.p.p.;  nessuna
contravvenzione  prevede  l'arresto  obbligatorio e solo una (art. 6,
d.l. n. 122/1993,  convertito  in legge n. 205/1993) lo consente come
facolta';  anche  in  tale  ultima  ipotesi, inoltre, la condotta che
viene  sanzionata  in  via  preprocessuale con l'arresto in flagranza
appare  di  notevole  pericolosita'  sociale  (porto  nelle pubbliche
riunioni  di  armi  o  strumenti  atti ad offendere e porto di armi o
strumenti  atti  ad  offendere  per  ragioni di odio razziale, etnico
ecc.)  in confronto alla condotta di chi contravviene all'obbligo del
Questore di lasciare il territorio dello Stato entro cinque giorni;
        ne'  la  disparita'  di  trattamento  sembra  trovare  alcuna
giustificazione di natura processuale o di politica criminale;
        infatti  da  un  lato,  poiche'  nel  nostro  ordinamento  e'
consentito  procedere  nella  contumacia  dell'imputato,  non  appare
necessario  garantirne  fisicamente  la  presenza  di  fronte al, ne'
l'obbligatorieta'  dell'arresto  e' necessariamente collegata al rito
processuale   adottabile  (rito  direttissimo),  giacche'  lo  stesso
decreto   legislativo   n. 286/1998   prevede  il  rito  direttissimo
obbligatorio  per  i reati di cui all'art. 13, commi 13-bis e 13-ter,
per  i  quali  -  come  detto - l'arresto e' facoltativo, in tal modo
introducendo  una deroga al generale principio secondo cui l'adozione
del rito direttissimo e' generalmente collegata all'arresto (peraltro
gia' il comma 5, dell'art. 449 c.p.p., prevede una ipotesi diversa di
rito  direttissimo,  collegato  alla  confessione dell'imputato e non
all'avvenuto arresto; analogamente l'art. 12-bis, d.l. 8 giugno 1992,
n. 302,  stabilisce  che  per  i  reati  concernenti  le  armi  e gli
esplosivi  il  pubblico  ministero  procede  al giudizio direttissimo
anche fuori dei casi previsti dagli articoli 449 e 558 c.p.p.);
        d'altro   lato,  va  rammentato  che  la  ratio  della  norma
incriminatrice  e'  quella  di  sanzionare  un  soggetto  che  si  e'
sottratto  all'esecuzione  volontaria  di  un  ordine dell'autorita',
ordine  che  e'  stato  emanato  perche'  egli si trova bensi' in una
condizione soggettiva particolare (senza documenti di identificazione
e  dunque  non  passibile  di  espulsione coatta verso un determinato
stato) ma in se' non illecita, non integrando alcuna ipotesi di reato
l'essere clandestino e non identificato; inoltre, scegliendo il reato
di   natura  contravvenzionale  (del  resto  conformemente  ad  altre
fattispecie  analoghe; v. art. 650 c.p. e art. 2, legge n. 1423/1956)
lo stesso legislatore ha qualificato la condotta in termini di minore
gravita',  rendendo  anche impossibile l'adozione di qualunque misura
cautelare;  e'  ben  vero  che  nella  sfera  della  discrezionalita'
legislativa  rientrano  le  scelte  sulla  qualita' e quantita' delle
sanzioni e sui presupposti di applicabilita' delle misure cautelari e
precautelari, ma e' altrettanto vero che l'uso della discrezionalita'
legislativa puo' essere censurato sotto il profilo della legittimita'
costituzionale  nei  casi  in  cui non sia stato rispettato il limite
della   ragionevolezza  (c.r.f.  sentenze  Corte  cost.  nn. 26/1979,
103/1982,  409/1989, 341/1994; secondo Corte cost. n. 53/1958 "non si
compiono  valutazioni di natura politica e nemmeno si controlla l'uso
del  potere  discrezionale  del  legislatore  se  si  dichiara che il
principio   dell'uguaglianza   e'   violato   quando  il  legislatore
assoggetta  ad  una  indiscriminata  disciplina  situazioni  che esso
stesso considera e dichiara diverse");
        ne'   puo'   dubitarsi   che  il  principio  di  uguaglianza,
nonostante il riferimento letterale dell'art. 3 Cost. ai "cittadini",
debba  ritenersi  esteso  anche  agli  stranieri, allorche' si tratti
della    tutela    dei    diritti    inviolabili   dell'uomo   (Corte
cost. n. 104/1969);
        nella  fattispecie  concreta la questione e' anche rilevante;
infatti  Harabayh  Aitem  e' stato privato della liberta' personale e
obbligatoriamente  arrestato,  a prescindere da qualunque valutazione
di  pericolosita',  per  la  violazione  dell'art. 14,  comma 5-ter e
condotto  avanti  al  giudice  per  la  convalida  dell'arresto  e il
giudizio direttissimo ai sensi dell'art. 558 c.p.p.;
        la  circostanza  che  la  mancata  convalida dell'arresto del
prevenuto  nel termine previsto dagli articoli 558 e 391 u.co. c.p.p.
determinera'  la  caducazione  della  misura, non puo' influire sulla
rilevanza   della   questione   di  legittimita',  come  puntualmente
osservato  dalla  Corte  cost. con sentenza n. 54/1993 nella quale si
legge  "il  provvedimento  di  liberazione dell'arrestato era imposto
dalla  disposizione  dell'art. 391,  settimo  comma, ultima parte del
codice  di  rito... poiche' tale disposizione ricollega la perdita di
efficacia  dell'arresto  alla  carenza,  per qualsiasi ragione, di un
provvedimento  positivo  di  convalida nello stesso termine, e' ovvio
che  l'impossibilita'  di rispettano conseguente all'elevazione della
questione  comportava  (o  avrebbe  di  li'  a  poco  ineludibilmente
comportato)  l'intervento di tale autonoma causa di carenza di valido
titolo di detenzione, a prescindere dall'esaurimento del procedimento
di  convalida,  che  ...  era  stato  contestualmente  sospeso.  Tale
procedimento  non  puo'  percio'  ritenersi  esaurito,  ne' di esso i
giudici  si  sono  spogliati:  e  la  sua  persistenza  nonostante la
liberazione  trova  ragione  nell'interesse generale ad una pronuncia
sulla  legittimita'  dell'arresto,  che ha pur sempre determinato una
privazione  della  liberta'.  La  rilevanza  della questione, dunque,
permane,  trattandosi  di  stabilire se la liberazione dell'arrestata
debba   considerarsi   conseguente   all'applicazione  dell'art. 391,
settimo  comma,  ovvero,  piu'  radicalmente,  alla  caducazione  con
effetto retroattivo della disposizione in base alla quale gli arresti
furono eseguiti".
    Sulla  base  delle  considerazioni fin qui svolte la questione di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 14, comma 5-quinquies, d.lgs.
n. 286/1998  come  modificato  dalla legge n. 189/2002 nella parte in
cui  prevede  come  obbligatorio  l'arresto per il reato previsto dal
comma 5-ter  in  relazione  all'art. 3  della costituzione appare non
manifestamente infondata e rilevante.
                              P. Q. M.
    Visto l'art. 23, legge n. 87/1953;
    Dichiara  non  manifestamente  infondata e rilevante nel presente
giudizio  la  questione  di legittimita' costituzionale dell'art. 14,
comma 5-quinquies  d.lgs.  n. 286/1998  come  modificato  dalla legge
n. 189/2002 per contrasto con l'art. 3 Costituzione;
    Sospende il giudizio in corso;
    Ordina la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;
    Dispone  che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia
notificata  al  Presidente del Consiglio dei ministri e comunicata ai
Presidenti delle due Camere del Parlamento.
        Bologna, addi' 27 novembre 2002
                         Il giudice: Zavatti
03C0189