N. 101 ORDINANZA (Atto di promovimento) 23 dicembre 2002
Ordinanza emessa il 23 dicembre 2002 dal tribunale di Sorveglianza di Bari sull'istanza proposta da S. S. Ordinamento penitenziario - Misure alternative alla detenzione - Detenzione domiciliare - Concessione alla condannata, madre di figlio, con lei convivente, portatore di "handicap" grave, senza limiti di eta' - Mancata previsione - Disparita' di trattamento rispetto alla situazione analoga della madre di prole di eta' inferiore ai dieci anni. - Legge 26 luglio 1975, n. 354, art. 47-ter, comma 1, lett. a). - Costituzione, art. 3.(GU n.12 del 26-3-2003 )
IL TRIBUNALE Visti gli atti e le risultanze dell'udienza tenuta in data odierna presso il Tribunale di Sorveglianza di Bari nel procedimento instaurato per l'istanza di applicazione della detenzione domiciliare ai sensi dell'art. 47-ter, comma 1, lettera a) e c), l.p. proposta da: S. S. nata il 26 settembre 1955 in S. Severo, attualmente detenuta nella casa circondariale di Foggia in esecuzione della pena detentiva di cui alla sentenza del g.i.p. presso il Tribunale di Foggia del 16 febbraio 1998 e della Corte d'appello di Bari del 25 ottobre 2001 (reato di detenzione a fini di spaccio di sostanza stupefacente commesso nel 1997 e detenzione a fini di spaccio di sostanza stupefacente in concorso, reato continuato commesso nel 1995; fine pena: 18 settembre 2006); Verificata preliminarmente la regolarita' delle comunicazioni relative ai prescritti avvisi al rappresentante del p.m., all'interessato e al difensore; O s s e r v a Con ordinanza di questo Tribunale di sorveglianza del 23 luglio 2002, veniva concessa alla condannata la detenzione domiciliare ai sensi dell'art. 47-ter, comma 1-bis, l.p. in relazione all'esecuzione penale della sentenza del g.i.p. presso il Tribunale di Foggia del 16 febbraio 1998, con riferimento ad una pena detentiva di durata inferiore ad anni due e non relativa ad uno dei reati di cui all'art. 4-bis l.p., titolo ad esecuzione sospesa da parte del competente organo del pubblico ministero in attesa della decisione di questo Tribunale di sorveglianza sul merito delle istanze di concessione di misure alternative alla detenzione avanzate dalla S. (affidamento in prova al S. S. detenzione domiciliare). In quell'occasione, il Tribunale di sorveglianza riteneva formulabile una prognosi positiva riguardo all'esito della misura detentivo domiciliare, rigettando invece l'istanza di concessione dell'affidamento in prova al S.S. in considerazione della natura dei procedimenti penali pendenti a carico della S., del precedente fallimento di analoga misura (revocata in relazione ad altra pena da parte di questo Tribunale di sorveglianza in data 9 dicembre 1997) e del tenore non del tutto tranquillizante del rapporto del commissariato di Pubblica Sicurezza di S. Severo del 17 maggio 2002 agli atti di quel procedimento. Tra le prescrizioni imposte alla detenuta domiciliare era prevista la facolta' di uscire del domicilio per il tempo strettamente necessario a recarsi presso la competente struttura sanitaria specializzata per le terapie necessarie per se' e per il figlio disabile, con obbligo di dare avviso all'autorita' preposta alla vigilanza sia prima di uscire dal domicilio sia immediatamente dopo il rientro nello stesso nonche' di esibire ex post all'autorita' preposta alla vigilanza idonea documentazione comprovante l'avvenuto espletamento e la durata delle terapie (si confronti la prescrizione n. 8 dell'ordinanza citata). In data 5 agosto 2002, la misura aveva inizio, venendo interrotta quasi subito a causa dell'arresto della S., in data 19 agosto 2002, per un ordine di carcerazione relativo all'esecuzione della pena di tre anni di reclusione inflitta con la sentenza della Corte d'appello di Bari del 25 ottobre 2001. Conseguentemente, il magistrato di sorveglianza di Foggia, con decreto del 20 agosto 2002, sospendeva l'esecuzione della detenzione domiciliare ai sensi dell'art. 51-bis l.p., essendo la pena complessiva da scontare ampiamente superiore al limite massimo di due anni stabilito dall'art. 47-ter, comma 1-bis, l.p., e trasmetteva gli atti a questo Tribunale di sorveglianza per la decisione definitiva in ordine alla prosecuzione o alla cessazione della misura, decisione intervenuta con ordinanza 10 settembre 2002 con la quale veniva disposta la cessazione della detenzione domiciliare applicata alla condannata. Il magistrato di sorveglianza di Foggia veniva nuovamente investito della questione a seguito delle istanze avanzate dal difensore di fiducia della S., depositate in data 8 ottobre 2002, volte ad ottenere la concessione della detenzione domiciliare ai sensi dell'art. 47-ter, comma 1, lettere a) e c), l.p., istanze che venivano respinte in via monocratica e rimesse a questo Tribunale di sorveglianza per la decisione definitiva oggetto del presente procedimento. S. S. deve espiare una pena detentiva residua (relativa alla commissione di reati non compresi nell'elenco di cui all'art. 4-bis, l.p.) inferiore ai quattro anni di reclusione, essendo il fine pena attualmente fissato alla data del 18 settembre 2006. La difesa avanza istanza di concessione della detenzione domiciliare ai sensi dell'art. 47-ter, comma 1, lettera c) l.p., assumendo che le condizioni di salute della condannata siano gravi e comunque tali da richiedere costanti contatti con i presidi sanitari territoriali. Orbene, dalla documentazione medica depositata dalla difesa ed acquisita da questo Tribunale di sorveglianza emerge la sussistenza di patologie della S. che, valutate con l'ausilio dell'esperto medico del Collegio, non paiono tali da integrare i presupposti previsti dalla norma in esame - ne' questo collegio reputa necessario disporre un accertamento peritale sulle condizioni di salute dell'istante essendo la documentazione sanitaria agli atti sufficiente ai fini della presente decisione. La S., infatti, risulta affetta da "cardiopatia ipertensiva in obesa, spondilosi lombare, sindrome ansioso-depressiva reattiva" (si confronti la relazione sanitaria di tali patologie, "necessita di controlli specialistici e sostegno psicologico" (si veda la relazione sanitaria citata) e non di quei "costanti contatti con i presidi sanitari territoriali" con riguardo a "condizioni di salute particolarmente gravi" che costituiscono il piu' rigoroso presupposto sancito dalla norma citata - giova ricordare che, tenendo conto dell'esigenza di tali periodici controlli sanitari, questo Tribunale di sorveglianza aveva concesso alla condannata la facolta' di allontanarsi dall'abitazione, durante la fruizione della detenzione domiciliare, nei limiti di cui alla prescrizione n. 8 dell'ordinanza del 23 luglio 2002. La difesa invoca anche l'applicazione della detenzione domiciliare ai sensi dell'art. 47-ter, comma 1, lettera a) l.p., prevista (quando la pena residua da espiare non superi i quattro anni) per la condannata che sia incinta o madre di prole di eta' inferiore ad anni dieci con lei convivente, reputando tale norma suscettibile di applicazione in via analogica in bonam partem alla Scirocco, madre di un figlio di eta' superiore al limite previsto dall'articolo citato, ma gravemente disabile, poiche' paralizzato gli arti inferiori (con riconoscimento dell'invalidita' civile totale e permanente con necessita' di accompagnamento) ed abbisognevole della costante presenza della madre anche per compiere le piu' comuni funzioni fisiologiche; nemmeno il padre e' in grado di assisterlo in quanto ristretto in carcere in espiazione di una lunga pena detentiva. Questo collegio non reputa applicabile l'art. 47-ter, comma 1, lettera a), legge n. 354/1975 al caso in esame, trattandosi di norma che, prevedendo l'esecuzione penale in forma alternativa alla detenzione, si qualifica come eccezionale rispetto alla regola generale che prevede l'espiazione della pena detentiva in carcere e, in quanto tale, e' insuscettibile di applicazione analoga, neppure in bonam partem. Tuttavia, questo collegio reputa condivisibile quanto evidenziato dal difensore dell'istante, con atto manoscritto del 19 novembre 2002, laddove si richiede a questo Tribunale di sorveglianza di "valutare l'opportunita' di porre una questione di leggittimita' costituzionale in ordine al disposto dell'art. 47-ter, comma 1, lettera a), l.p. (n.d.r.) nella parte in cui non prevede la concessione del beneficio oltre che nei confronti di madre di prole di eta' inferiore ai 10 anni, anche nei confronti di genitrice di figlio portatore di grave forma di handicap tanto da risultare invalido al 100%, sicche' da necessitare della costante presenza della madre" - per quanto la difesa non abbia esplicitato con quale norma costituzionale assuma esistere il contrasto. Invero, la norma in esame e' sospettata di incostituzionalita' perche' confligge con il principio di uguaglianza e ragionevolezza sancito dall'art. 3 della Costituzione in quanto riserva un trattamento difforme a situazioni analoghe laddove stabilisce che possa essere espiata in forma detentivo domiciliare la pena detentiva, inferiore ai quattro anni, inflitta ad una madre di prole di eta' inferiore ai dieci anni, con lei conviventi, e non anche quando la prole sia di eta' superiore al limite menzionato, ma, a causa di un'invalidita' totale e permanente, sia abbisognevole di assistenza continua da parte della madre convivente. Non si vede, infatti, come possa giustificarsi una tale disparita' di trattamento tra situazioni familiari assolutamente equiparabili: in caso la condannata e' madre di un figlio incapace perche' minore degli anni dieci, ma con un certo margine di autonomia, almeno sul piano fisico; nell'altro, la condannata ha un figlio totalmente ed irreversibilmente incapace, ancorche' maggiorenne, in condizioni psico-fisiche tali da richiedere la costante presenza della madre anche per compiere le piu' comuni funzioni fisiologiche. Ed anzi, il figlio affetto da handicap totalmente invalidante ha la necessita' di essere assistito dalla madre ancor piu' di un bambino di eta' inferiore agli anni dieci. Giova considerare che il legislatore, nel prevedere la concedibilita' del beneficio previsto dall'art. 47-ter, comma 1, lettera a), legge n. 354/1975, alla madre di prole di eta' inferiore ai dieci anni, con lei convivente, non ha posto il limite del decesso o dell'assoluta impossibilita' a dare assistenza alla prole dell'altro genitore sancito alla successiva lettera b) del comma 1 dello stesso articolo. Ebbene, il ricongiungimento familiare tra la madre ed il figlio incapace viene favorito a prescindere dalla possibilita' per il minore di essere affidato ad altri familiari secondo due possibili finalita': 1) quella di garantire al figlio minore di anni dieci la vicinanza costante proprio della madre, presenza indispensabile per il regolare sviluppo psico-fisico del bambino e, in tal caso, bene ha fatto il legislatore ad escludere dalla previsione normativa la situazione della condannata madre di prole di eta' superiore ai dieci anni, ma in condizioni di invalidita' fisica totale e permanente tali da richiedere assistenza continua, poiche' non vi e' necessita' della presenza della madre al fine di assicurare la normale crescita psico-fisica di un figlio di eta' superiore al limite discrezionalmente fissato dal legislatore nella norma in esame, eta' oltre la quale, evidentemente, tale sviluppo psico-fisico puo' considerarsi gia' compiuto; 2) quella di assicurare puramente e semplicemente il ricongiungimento familiare del figlio incapace con la madre e, secondo questa interpretazione, la norma de qua realizza ingiustificatamente un trattamento diverso e peggiore nei confronti della condannata madre di figli conviventi che, sebbene di eta' anagrafica superiore al limite fissato dal legislatore per la concessione della vita a causa di handicap invalidanti. La seconda interpretazione della norma in argomento sopra riportata pare la piu' condivisibile ove si tenga conto delle piu' recenti riforme dell'Ordinamento Penitenziario tese a valorizzare, quando possibile, il ricongiungimento familiare attraverso due istituti, non a caso applicabili anche nei confronti del padre detenuto, qualora la madre sia deceduta o impossibilitata e non vi sia modo di affidare la prole ad altri che al padre, istituti introdotti dalla legge n. 40/2001: la detenzione domiciliare speciale ai sensi dell'art. 47-quinquies l.p. concedibile, se vi e' la "possibilita' di ripristinare la convivenza con i figli" e quando non ricorrano le condizioni di cui all'art. 47-ter l.p. (e, dunque, la pena sia durata superiore ai quattro anni), alla madre di prole di eta' non superiore ad anni dieci, norma che ha esplicito riferimento "al fine di provvedere alla cura e alla assistenza dei figli"; l'assistenza all'estero dei figli minori ex art. 21-bis l.p., norma che consente alle condannate ed alle internate di essere ammesse alla cura e all'assistenza all'esterno dei figli di eta' non superiore agli anni dieci. Alla luce delle considerazioni sin qui svolte, ritenuta la rilevanza dell'applicazione della norma citata nel procedimento de quo - applicazione che potrebbe comportare la scarcerazione della condannata per espiare la pena in forma alternativa alla detenzione - questo collegio reputa non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 47-ter, comma 1, lettera a), legge n. 354/1975, per contrasto con l'art. 3 della Costituzione, nella parte in cui non prevede la concessione del beneficio della detenzione domiciliare, oltre che nei confronti di madre di prole di eta' inferiore ai 10 anni, con lei convivente, anche nei confronti della condannata madre di figlio convivente portatore di grave forma di handicap tanto da risultare invalido al 100% e da necessitare della costante presenza della madre, senza limite di eta'. Di conseguenza, conformemente al dettato costituzionale ed alla legge n. 87/1953, questo collegio ritiene necessario investire della questione la Corte costituzionale cui gli atti devono essere trasmessi, previa sospensione del procedimento in corso.
P. Q. M. Visti gli artt. 3 e 134 della Costituzione, 23 della legge n. 87/1953, 47 e ss. della legge n. 354/1975, 678 c.p.p.; Dichiara con riferimento all'art. 3 della Costituzione ed in relazione al presente procedimento, rilevante e non manifestante infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 47-ter, comma 1, lettera a), della legge n. 354/1975 nella parte in cui non prevede la concessione del beneficio della detenzione domiciliare, oltre che nei confronti della condannata madre di figlio convivente portatore di grave forma di handicap tanto da risultare invalido al 100% e da necessitare della costante presenza della madre, senza limite di eta'; Dispone la trasmissione degli atti del presente procedimento alla Corte costituzionale per la decisione relativa alla citata censura di incostituzionalita'; Ordina sospendersi il procedimento in corso, mandando alla cancelleria per gli adempimenti di competenza e per la comunicazione della presente ordinanza al procuratore generale presso la Corte d'appello di Bari, al Presidente del Consiglio dei ministri ed ai Presidenti di Camera e Senato. Cosi' deciso in Bari, nella camera di consiglio del Tribunale di sorveglianza, in data 17 dicembre 2002. Il Presidente: Prencipe Il magistrato estensore: Salsi 03C0205