N. 102 ORDINANZA (Atto di promovimento) 10 maggio 2002
Ordinanza del 10 maggio 2002 (pervenuta alla Corte costituzionale il 12 febbraio 2003) emessa dal g.u.p. del tribunale di Catania nel procedimento penale a carico di Chaffi Abbes ed altri Processo penale - Incompatibilita' del giudice - Nullita' del decreto di rinvio al giudizio - Nuova trattazione dell'udienza preliminare da parte dello stesso giudice che ha pronunciato il decreto - Mancanza di apposita causa di incompatibilita' - Richiamo alle pronunce della Corte costituzionale nn. 112/2001 e 224/2001 - Indicazione solo numerica dei parametri costituzionali invocati. - Codice di procedura penale, art. 34, comma 1. - Costituzione, artt. 3, 24, 111.(GU n.12 del 26-3-2003 )
IL GIUDICE PER L'UDIENZA PRELIMINARE Letta la richiesta avanzata all'udienza in data 10 maggio 2002 dalla difesa di Chaffi Abbes + 2 nel procedimento n. 3434/1999 R.G. g.i.p., di remissione alla Corte costituzionale al fine di esaminare l'art. 34, comma 1, c.p.p., con riferimento agli artt. 3, 24 e 111 Cost., nella parte in cui detta norma non prevede l'incompatibilita' del giudice dell'udienza preliminare che avendo gia' pronunziato rinvio a giudizio, si trovi, a seguito di varie vicende processuali, a dover riesaminare la medesima fattispecie e con riferimento agli stessi imputati, ai fini di una nuova pronunzia del decreto che dispone il giudizio; Osserva quanto segue Con decreto in data 18 febbraio 2000 questo giudice per l'udienza preliminare dispose il rinvio a giudizio di Chaffi Abbes e dei coimputati, con riferimento al delitto di cui all'art. 609-bis c.p. Con ordinanza in data 18 maggio 2000 il Tribunale di Catania, in composizione collegiale, dichiarava la nullita' del decreto che dispone il giudizio nei confronti degli imputati con trasmissione ex novo degli atti al giudice per l'udienza preliminare per la rinnovazione della predetta fase processuale con, se del caso, nuova pronunzia del decreto che dispone il giudizio. Orbene, ritiene questo giudice che la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 34, comma 1, c.p.p., nella parte in cui lo stesso non contempla l'incompatibilita' a svolgere le funzioni di giudice per l'udienza preliminare con riferimento allo stesso imputato ed alla stessa imputazione, del giudice che gia' in una precedente fase, abbia svolto identica funzione, non appai manifestamente infondata e, conseguentemente, necessiti di essere sottoposta al vaglio di costituzionalita' da parte della Corte costituzionale. Premesso infatti che il regime delle incompatibilita' processuali delineato dall'art. 34 c.p.p., presenta carattere tassativo e, conseguentemente, detta norma non appare suscettibile di interpretazione analogica ad opera del giudice, e che, d'altra parte, non appare nemmeno configurabile un obbliga di astensione del giudice a tenore dell'art. 36 c.p.p., con particolare riferimento all'ipotesi sub H) "c.d. ragioni di convenienza" essendo, dette ragioni, per ormai consolidata giurisprudenza, esclusivamente di natura extra processuale, devesi osservare come, a parere di questo giudice, la questione appare suscettibile di essere esaminata alla luce dei principi delineati e degli orientamenti traibili dalla recente sentenza n. 224 del 4 luglio 2001 della Corte costituzionale, che ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 34 c.p.p., nella parte in cui non prevede l'incompatibilita' a svolgere le funzioni di g.u.p., da parte del giudice che abbia pronunziato o concorso a pronunziare sentenza, successivamente annullata, nei confronti dello stesso imputato e per il medesimo fatto. Non puo' non osservarsi come la Corte costituzionale, con ordinanza in data 27 aprile 2001, abbia dichiarato manifestamente infondata la questione, prospettata, sotto il profilo della violazione degli artt. 3, 24 e 111 Cost., dell'art. 34 c.p.p., nella parte in cui non prevede che il giudice per l'udienza preliminare che abbia emesso decreto che dispone il giudizio, possa, in caso di regressione del procedimento, svolgere nuovamente le funzioni di giudice per l'udienza preliminare nei confronti dello stesso imputato e per l'identica fattispecie. Tuttavia, devesi osservare come la Corte, nella cennata ordinanza di rigetto, ribadendo il carattere processuale dell'atto conclusivo dell'udienza preliminare e non invece di valutazioue del "merito del procedimento", abbia tuttavia rilevato comedetta decisione fosse svincolata dalle modifiche apportate all'udienza preliminare dalla legge 16 dicembre 1999, n. 479 e dalla nuova configurazione e dai nuovi contenuti assunti da detta fase processuale a seguito della citata novella, in quanto il decreto successivamente annullato, era stato pronunziato all'esito di udienza preliminare celebrata anteriormente all'entrata in vigore della legge n. 479/1999. Orbene, la recente sentenza n. 224/2001, nel dichiarare costituzionalmente illegittimo l'art. 34 c.p.p., laddove non prevede l'incompatibilita' a svolgere le funzioni di g.u.p. del giudice che abbia pronunziato o concorso a pronunziare sentenza, successivamente annullata, nei confronti dello stesso imputato e per lo stesso fatto, appare manifestamente tenere conto, nel corso della motivazione, delle nuove caratteristiche assunte dall'udienza preliminare a seguito della citata novella e della gia' disposta incompatibilita' in fattispecie analoghe a quelle disciplinate dall'art. 34 c.p.p., e, si rileva, analoghe altresi' all'ipotesi prospettata nella presente ordinanza. Osserva infatti la Corte costituzionale, nella recente citata sentenza, come le norme sulla incompatibilita' del giudice, determinata da atti compiuti nel procedimento, siano poste a presidio dei valori costituzionali della terzieta' ed imparzialita' del giudice, risultando finalizzata ad evitare che la decisione del merito della causa possa essere, o anche solo "apparire", condizionata dalla c.d. "forza della prevenzione", cioe' dalla naturale tendenza a confermare una decisione gia' adattata in una fase precedente del giudizio. Sempre nella citata sentenza la Corte appare tracciare i confini tra le statuizioni "processuali" e quelle che invece, a prescindere dalle sentenze, comportano comunque una valutazione nel merito. Osserva la Corte come a seguito delle innovazioni apportate all'udienza preliminare dalla novella n. 479/1999 l'udienza preliminare abbia subito una profonda modificazione, sotto il profilo sia della quantita' che della qualita' degli elementi valutativi che vi possono trovare ingresso che dei poteri correlativamente attribuiti al giudice che, infine, delle decisioni che lo stesso e' chiamato ad adottare. La estrema sintesi puo' ricordarsi l'esigenza di completezza delle indagini preliminari, ora valutabile anche in sede di udienza preliminare, con correlativa facolta' per il giudice, di disporre l'integrazione delle indagini ex art. 421-bis c.p.p., l'analogo potere di integrazione concernente i mezzi di prova, con iniziativa anche ex officio di assunzione delle prove decisive ai fini di una pronunzia di proscioglimento (art. 422 c.p.p.); la nuova attivita' di indagine difensiva, disposta dalla recente legge 7 dicembre 2000, n. 397, costituiscono tutti elementi nuovi, che postulano, all'interno dell'udienza preliminare, l'incremento degli elementi valutativi, cui necessariamente corrispondente, quanto alla determinazione conclusiva, un approzzamento del "merito" da parte del giudice, privo dei caratteri della "sommarieta'", che, verosimilmente determinarono l'emissione da parte della Corte, dell'ordinanza di rigetto della identica questione oggi riproposta, ordinanza emessa in data 27 aprile 2001, n. 112. Inoltre, la nuova formulazione dell'art. 425 c.p.p., tracciando la regula juris posta a fondamento del rinvio a giudizio, postula, in positivo la sufficienza, non contradditorieta' ed idoneita' degli elementi acquisiti a sostenere l'accusa in giudizio, imponendosi, in caso contrario, la pronunzia di sentenza di proscioglimento. Detta sentenza, d'altra parte, puo' anche implicare il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, con correlativa applicazione anche della disciplina di cui all'art. 69 c.p., cosi' come nel merito appare incidere la sentenza di non luogo a procedere per difetto di imputabilita' (ora in certi casi consentita), che, come ritenuto dalla Corte - sent. n. 41 del 1993 - presuppone il necessario accertamento di responsabilita' in ordine al fatto di reato. Parrebbe quindi la Corte costituzionale, nella citata sentenza n. 224/2001, voler riconoscere all'atto conclusivo dell'udienza preliminare un carattere di valutazione del merito dell'accusa oramai sempre piu' indistinguibile, quanto ad intensita' e completezza del panorama valutativo, da quello tipico della sentenza, ipotesi questa testualmente disciplinata dall'art. 34 c.p.p. Peraltro, la particolare attenzione prestata dal legislatore alla fase decisionale dell'udieuza preliminare ed alla correlativa esigenze che detta fase sia scevra dal pericolo della forza pregiudicante determinata dal compimento, da parta del g.u.p. di atti di indagine preliminare, ancor prima emergeva del disposto del nuovo comma 2-bis dell'art. 34 c.p.p., aggiunto dall'art. 171 d.l. 19 febbraio 1998, n. 51. Per le considerazioni sopra svolte, e tenuto conto che questo giudice per l'udienza preliminare e' chiamato ad emettere il provvedimento conclusivo della fase ex novo, successivamente alla novella n. 479/1999 e che gia' il primo decreto che dispone il giudizio, successivamente annullato, era posteriore alla legge citata, essendo intervenuto in data 18 febbraio 2000 ed altresi' alla luce degli orientamenti espressi dalla Corte costituzionale nella citata sentenza n. 224/2001, nonche' nell'ordinanza in data 27 aprile 2001, n. 112, ritiene questo giudice, non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 34, comma 1, c.p.p. sollevata dalla difesa di Chaffi Abbes nel proc. 3434/1999 R.G. g.i.p.
P. Q. M. Solleva la questione di legittimita' costituzionle dell'art. 34 comma 1 c.p.p., con riferimento agli artt. 3, 24 e 111 Cost., nella parte in cui non prevede l'incompatibilita' del giudice per l'udienza preliminare che, avendo gia' pronunziato decreto che dispone il giudizio, si ritrovi, a seguito di varie vicende processuali, a dover riesaminare la medesima fattispecie e con riferimento agli stessi imputati, ai fini di una nuova pronunzia del decreto che dispone il giudizio. Dispone la sospensione del proc. n. 3434/1999 R.G. g.i.p. nei confronti di Chaffi Abbes. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 23 legge 11 marzo 1953, n. 87. Catania, addi' 10 maggio 2002 Il giudice per l'udienza preliminare: Chierego 03C0206