N. 111 ORDINANZA (Atto di promovimento) 19 dicembre 2002

Ordinanza  emessa  il  19  dicembre  2002 dal tribunale di Torino nel
procedimento penale a carico di Agoub Ahmed

Straniero  -  Espulsione  amministrativa - Reato di trattenimento nel
  territorio    dello    Stato,    in   violazione   dell'ordine   di
  allontanamento,  entro  il  termine di cinque giorni, impartito dal
  questore  -  Arresto  obbligatorio  in  flagranza  - Violazione dei
  diritti  fondamentali,  in  particolare  della liberta' personale -
  Disparita'  di  trattamento rispetto ad ipotesi di reato analoghe o
  piu'  gravi  -  Contrasto con il principio della presunzione di non
  colpevolezza  -  Carenza  del requisito della necessita' ed urgenza
  per  l'adozione da parte della polizia giudiziaria di provvedimenti
  provvisori   destinati  ad  incidere  sulla  liberta'  personale  -
  Violazione   del   principio   di  buon  andamento  della  pubblica
  amministrazione.
- Decreto    legislativo    25    luglio   1998,   n. 286,   art. 14,
  comma 5-quinquies, aggiunto dalla legge 30 luglio 2002, n. 189.
- Costituzione,  artt. 2,  3,  13,  commi  primo  e  terzo, 27, comma
  secondo, e 97, primo comma.
(GU n.12 del 26-3-2003 )
                            IL TRIBUNALE

        Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  nella  causa penale
contro Agoub Ahmed, nato a Dovar Laharga (Marocco) il 2 aprile 1975.
    Si   procede   nei  confronti  di  Agoub  per  il  reato  di  cui
all'art. 14,  comma  5-ter, d.lgs. n. 286/1998, cosi' come modificato
dalla   legge   n. 189/2002,   vale  a  dire  per  non  avere,  senza
giustificato  motivo, ottemperato all'ordine del questore di lasciare
entro cinque giorni il territorio dello Stato.
    Arrestato alle ore 21 del giorno 17 dicembre 2002 nella flagranza
del  reato,  Agoub  e' stato tempestivamente messo a disposizione del
p.m.,  mediante conduzione alla casa circondariale, e poi altrettanto
tempestivamente  presentato  a  questo giudice per la convalida ed il
successivo giudizio direttissimo.
    Prima  che  il  giudice provvedesse sulla convalida, la difesa ha
sollevato  la questione di legittimita' costituzionale che segue, che
il  giudice  medesimo,  sempre  per  le  ragioni che si esporranno di
seguito, ritiene rilevanti e non manifestamente infondate.
    Questione  di  legittimita'  costituzionale  sull'art. 14,  comma
5-quinquies,  del  d.lgs.  n. 286/1998,  nel  testo  oggi in vigore a
seguito delle modifiche introdotte con la legge n. 189/2002.
    1. -   La  questione  e'  rilevante  in questo procedimento e, in
particolare, in questa sua fase, perche' i presupposti previsti dalla
legge  per  la  convalida  del provvedimento restrittivo paiono tutti
sussistere,  come  accennato,  sicche' l'alternativa se convalidare o
meno  dipende per intero da quella che sara' la pronuncia della Corte
costituzionale che con questa ordinanza si chiede.
    Ne'  la  rilevanza  viene  meno  soltanto  perche', non potendosi
provvedere  sulla  convalida  nei  termini  di  legge,  per via della
presente  ordinanza, l'arrestato va comunque rimesso in liberta': "La
rilevanza  della  questione  -  spiega la sent. n. 54/1993 di codesta
Corte   -  permane,  trattandosi  di  stabilire  se  la  liberazione"
dell'arrestato   "debba   considerarsi  conseguente  all'applicazione
dell'art. 391,   settimo   comma,  ovvero,  piu'  radicalmente,  alla
caducazione  con  effetto retroattivo della disposizione in base alla
quale" l'arresto e' stato eseguito.
    2. - Quanto  alla  non manifesta infondatezza, la disposizione in
discorso    pare   confliggere   con   diverse   disposizioni   della
Costituzione.
    2.1.  - In primo luogo con l'art. 3 Cost., sotto il profilo della
disparita' di trattamento.
    Nel   nostro  ordinamento  l'arresto  obbligatorio  in  flagranza
(art. 380 c.p.p.) e' previsto solo ed esclusivamente per delitti e di
consistente gravita': in linea generale quando si tratti di reati per
i quali sia prevista la pena dell'ergastolo o quella della reclusione
ad  almeno  cinque anni di reclusione; a questa ipotesi si aggiungono
altri  casi specificamente previsti, per illeciti sanzionati con pene
inferiori,  la  piu'  modesta  delle quali va pur sempre da uno a sei
anni di reclusione.
    A  questo si deve aggiungere che anche l'arresto facoltativo, nel
nostro  ordinamento,  e'  previsto  solo  ed  esclusivamente  per dei
delitti.
    Il  reato  per  il quale e' previsto l'arresto obbligatorio della
cui  legittimita'  costituzionale  si  dubita  e' invece una semplice
contravvenzione,  punita  con  sanzioni oltretutto assai piu' modesta
rispetto ad altre contravvenzioni previste dal nostro ordinamento: in
altri  termini,  quella  di  cui  all'art. 14,  comma  5-ter,  d.lgs.
286/1998  e'  l'unica contravvenzione nella legge italiana alla quale
si  accompagni l'obbligo dell'arresto in flagranza, laddove per tutte
le altre contravvenzioni, anche se punite con sanzioni detentive fino
a   tre  volte  piu'  elevate,  non  e'  previsto  nemmeno  l'arresto
facoltativo.
    Anzi,  per  essere  piu'  precisi nella legge italiana vi e' oggi
un'altra    contravvenzione    assistita    da    un    provvedimento
"pre-cautelare":  si  tratta  del reato di cui all'art. 13, comma 13,
del  medesimo  d.lgs.  286/1998,  quale recentemente modificato dalla
legge piu' volte menzionata: ma questo elemento a poco giova rispetto
alla  coerenza  nei  confronti  del sistema della norma in questione,
perche'   questa  prevede  un  arresto  obbligatorio,  mentre  quella
contravvenzione   e'   accompagnata   da   un  arresto  semplicemente
facoltativo  (art. 13  comma  13-ter):  e  tutto  cio'  malgrado  per
entrambi gli illeciti sia prevista la stessa pena edittale e malgrado
quello  di  cui  all'art. 13  esiga,  per  forza di cose, un elemento
intenzionale  certamente  piu' consistente (trattandosi di un rientro
nel territorio italiano a seguito di espulsione eseguita).
    Certo   e'   vero   che  al  legislatore  compete  un  potere  di
determinazione  discrezionale  insindacabile,  ma  nel caso di specie
questa  sfera  sembra esser stata superata, considerando che entra in
gioco  il  diritto  alla  liberta'  personale  - cosa  che  impone il
rispetto rigoroso del principio di coerenza del sistema, alla stregua
dei  dettami  costituzionali  -  e  che,  come si vedra' fra poco, la
misura  in  discorso  non  ostacola  in  alcun  modo il protrarsi del
pregiudizio  a  carico del bene giuridico tutelato dalla norma penale
alla   quale  essa  si  accompagna  -  bene  giuridico  rappresentato
dall'interesse dell'ordinamento al rispetto dell'ordine di espulsione
emesso dall'autorita' di pubblica sicurezza e, piu' in generale, alla
permanenza   sul   territorio   nazionale   solamente  dei  cittadini
extracomunitari in regola con le norme sul soggiorno.
    2.2.  -  Un secondo, autonomo profilo di incostituzionalita' pare
infatti  ravvisabile  in  relazione  all'art. 13, terzo comma, Cost.,
laddove  consente  la  limitazione della liberta' personale solamente
"in casi eccezionali di necessita' ed urgenza".
    Nel  nostro  ordinamento  l'arresto  in  flagranza ad opera della
polizia  giudiziaria  ha  natura  di  "provvedimento provvisorio" (v.
Corte   cost.   sent.   n. 109/1999),  di  carattere  "precautelare",
finalizzato   dunque  alla  successiva  applicazione,  da  parte  del
giudice, di un provvedimento propriamente cautelare.
    Da  qui il serio dubbio circa l'utilita' della misura in discorso
-  e  quindi  della sua necessita' ed urgenza - ove si consideri che,
pacificamente,  sulla base dell'ordinamento vigente, ad essa non puo'
far   seguito   alcuna   misura   cautelare,   nemmeno  di  carattere
interdittivo   (essendo  le  misure  cautelari  consentite  solo  nei
confronti  di  ipotesi  di  delitto),  sicche'  ad  essa non puo' che
succedere,  in  sede di convalida, un ordine di immediata liberazione
da  parte  del  giudice  (e ancor prima, ai sensi dell'art. 121 disp.
att.  c.p.p., da parte del p.m., visto che, come icasticamente spiega
codesta  Corte  nella sua sentenza da ultimo citata, la materia della
liberta'  personale  "non  tollera  franchigie  temporali a favore di
alcuna autorita'").
    Nella legge italiana vi e' un solo caso nel quale e' consentito -
ma  comunque  non  imposto  -  l'arresto,  senza  che poi sia data la
possibilita'   di   applicare   una   misura   cautelare:  si  tratta
dell'ipotesi  in  cui  il  conducente di un veicolo, dopo un sinistro
stradale  che abbia dato luogo a lesioni, si dia alla fuga. Ma qui il
fondamento  del  potere restrittivo in flagranza e' palese: si tratta
di fermare, immediatamente, chi si sta dileguando, sottraendosi cosi'
alla  propria  eventuale  responsabilita'  penale e civile per quanto
appena accaduto.
    Nel  caso  che  qui  interessa  pero',  come  gia' accennato, con
l'arresto  non viene mosso alcun concreto ed effettivo passo verso il
ristoro  del bene giuridico protetto dalla norma sostanziale. In ogni
caso   infatti,  l'arresto  non  puo'  preludere  ad  una  espulsione
effettiva   e   concreta:   non  solo  perche'  e'  proprio  a  causa
dell'impossibilita' di far luogo a questa che l'autorita' di pubblica
sicurezza  ha  in  precedenza  adottato  il  piu'  blando  ordine  di
allontanamento  (v.  art. 14, comma 5-bis, d.lgs. 286/1998), ma anche
perche',  se  davvero  nel  frattempo tale autorita' fosse riuscita a
rimuovere  gli ostacoli che le avevano impedito di mettere alla porta
lo  straniero,  nulla  le  impedirebbe  di  farlo,  immediatamente, a
prescindere dall'arresto (v. art. 13, commi 1, 2 e 3, d.lgs. cit.).
    E  nemmeno  - tornando nella prospettiva dell'ipotesi eccezionale
dianzi  trattata,  relativa  all'arresto  facoltativo di chi, dopo un
sinistro  stradale  che  abbia causato lesioni, si dia alla fuga - si
puo'  sospettare che la misura restrittiva in discorso sia necessaria
per   assicurare  un  proficuo  accertamento  delle  responsabilita',
mediante  l'instaurazione  del  successivo,  altrettanto obbligatorio
rito  direttissimo:  e questo non solo perche' il codice di procedura
penale  e  diverse  leggi  speciali  contemplano  ipotesi di giudizio
direttissimo  nei  confronti  di soggetti a piede libero, addirittura
per  reati  per  i quali l'arresto non e' possibile, ma anche perche'
nel  caso  in  discorso  la "disponibilita' materiale" dell'indagato,
procurata  mediante  l'arresto,  in ogni caso non sarebbe assicurata,
ne'  per  il processo ne' tanto meno per l'eventuale esecuzione della
pena,  per le ragioni che appresso si esporranno, e comunque perche',
a  differenza  del  caso eccezionale dianzi prospettato, essa a nulla
gioverebbe   ai  fini  dell'accertamento  processuale  (sotto  questo
aspetto  l'unica  utilita'  processuale  che viene in mente e' quella
dell'accertamento   del   motivo   della  permanenza  sul  territorio
nazionale  dell'arrestato,  mediante  il  suo  interrogatorio,  ma si
tratta  di  una  mera  eventualita',  posto  che  l'indagato  si puo'
avvalere   della  facolta'  di  non  rispondere  e  puo'  addirittura
rifiutarsi  di  comparire;  ne'  il  sistema conosce casi analoghi di
privazione  della  liberta'  ai  fini dell'interrogatorio, tutt'altra
cosa essendo l'accompagnamento coattivo di cui all'art. 132 c.p.p.).
    Tantomeno l'arresto in questione puo' giovare, come accennato, ai
fini  della effettiva esecuzione della eventuale sanzione definitiva,
dal  momento  che,  non  essendo applicabile alcuna misura cautelare,
l'arrestato  puo'  addirittura  evitare  di  assistere al giudizio di
primo  grado  nella  forma  del  processo  per  direttissima,  avendo
pacificamente  diritto,  per le ragioni gia' indicate, subito dopo la
convalida   dell'arresto,   alla  propria  immediata  liberazione,  e
comunque potendo chiedere un termine per apprestare la propria difesa
(fino a cinque giorni: art. 558, comma 7, c.p.p.).
    2.3. - Le considerazioni fin qui svolte portano a sollevare altri
rilievi  sul  piano  della  legittimita' costituzionale. A cominciare
dall'art. 27, secondo comma, Cost.
    Se  infatti, come si e' sin qui detto, l'arresto in questione non
ha  una  funzione  precautelare, ne' comunque puo' tornare utile alle
indagini,   all'accertamento  processuale,  all'eventuale  esecuzione
della  pena  od  al ripristino della legalita' violata commettendo il
reato  di  cui  all'art. 14,  comma 5-ter, d.lgs. n. 286/1998, riesce
inevitabile  dedurre  che  ci  si trovi di fronte ad un provvedimento
restrittivo  dal  contenuto sostanzialmente sanzionatorio: basato non
su  un accertamento giudiziale ma sulla semplice flagranza, e percio'
in violazione del principio della presunzione di innocenza.
    2.4.  -  Vengono inoltre in rilievo gli art. 2 e 13, primo comma,
Cost.
    La  liberta'  personale e' un diritto inviolabile dell'individuo.
In  quanto tale puo' soffrire restrizioni o limitazioni solamente ove
si   ponga  l'inderogabile  necessita'  di  soddisfare  un  interesse
pubblico    primario    costituzionalmente    rilevante,   sempreche'
l'intervento  limitativo  posto in essere sia strettamente necessario
alla tutela di quell'interesse (principio stabilito dalla Corte cost.
a  proposito  della liberta' e segretezza della corrispondenza, ma in
questi   termini   sicuramente  valido  per  un  diritto  inviolabile
altrettanto  pregnante quale quello alla liberta' personale): come in
precedenza   si   e'   osservato,   l'arresto  obbligatorio  previsto
dall'art. 14,  comma 5-quinquies, del d.lgs. n. 286/1998, proprio per
via  del contesto normativo nel quale si colloca, non costituisce una
difesa  anticipata  dell'interesse  alla cui difesa e' stata posta la
contravvenzione  di  cui all'art. 14, comma 5-ter, d.lgs. n. 286/1998
(se  non nella sua impropria funzione sanzionatoria di cui poco fa si
e'  detto),  cosi'  come non puo' servire, sempre per le ragioni gia'
espresse,  ai  fini  dell'accertamento  processuale,  delle  indagini
preliminari,   dell'esigenza   di  assicurare  il  responsabile  alla
giustizia.
    In  altre  parole,  con  la  misura in discorso il legislatore ha
collocato  nell'ordinamento  una restrizione della liberta' personale
che non puo' soddisfare l'interesse pubblico alla cui tutela e' stata
posta, e che di conseguenza e' ancor meno necessaria a tale fine.
    2.5.  -  Un  ulteriore  profilo  d'illegittimita'  costituzionale
appare  ravvisabile,  spostando  l'attenzione  verso il funzionamento
dell'apparato amministrativo e giudiziario, in relazione all'art. 97,
primo comma, Cost.
    Va  infatti tenuto presente che la misura in discorso impone alla
polizia  giudiziaria,  al  sistema carcerario - ed anche all'apparato
giurisdizionale, inteso nel suo complesso e non soltanto in relazione
alla  funzione  giurisdizionale  che  gli  compete  -  una  serie  di
incombenti   che,   partendo  dall'arresto  medesimo,  giungono  sino
all'apprestamento  del giudizio di convalida: si tratta evidentemente
di  attivita'  che  comportano costi e sottrazioni di risorse umane e
strutturali  ad  altri  compiti,  alle  quali  non corrisponde alcuna
utilita' - per le ragioni gia' esposte - ne' pratica, ne' giuridica.
                              P. Q. M.
    Visti  gli  artt. 134 Cost., 23 e seguenti legge n. 87/1953, 391,
ultimo comma, c.p.p.;
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 14,  comma  5-quinquies,  del
d.lgs.  n. 286/1998,  come  introdotto dalla legge n. 189/2002, nella
parte  in cui prevede l'arresto obbligatorio dell'autore del reato di
cui  all'art. 14,  comma  5-ter,  dello stesso d.lgs., per violazione
degli  artt. 2,  3, 13, primo e terzo comma, 27, secondo comma, e 97,
primo comma, della Costituzione;
    Dispone  la  trasmissione  degli atti del procedimento alla Corte
costituzionale;
    Manda  alla  cancelleria  per  la  notificazione  della  presente
ordinanza  al  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri e per la sua
comunicazione  ai  Presidenti  della Camera dei deputati e del Senato
della Repubblica;
    Ordina  l'immediata  liberazione  di Agoub ove non detenuto anche
per altra causa;
    Sospende  il  giudizio  di  convalida sino all'esito del giudizio
incidentale di legittimita' costituzionale.
        Torino, addi' 19 dicembre 2002
                        Il giudice: Macchioni
03C0215