N. 26 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 7 marzo 2003
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 7 marzo 2003 (della Regione Veneto) Imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) - Norme della legge finanziaria 2003 - Riforma dell'IRPEF Previsione di una quota di deduzione dal reddito imponibile e rimodulazione delle detrazioni di imposta - Effetti sulla debenza delle addizionali IRPEF regionali e comunali - Denunciata diminuzione delle risorse a disposizione delle Regioni, non bilanciata da misure compensative. - Legge 27 dicembre 2002, n. 289, art. 2. - Costituzione, art. 119, comma quarto. Imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) - Norme della legge finanziaria 2003 - Sospensione temporanea degli aumenti delle addizionali all'IRPEF per Comuni e Regioni, in attesa del raggiungimento di un accordo sul c.d. federalismo fiscale - Denunciata compressione dell'autonomia finanziaria e della potesta' legislativa regionale - Contrasto con i principi di coordinamento della finanza pubblica rinvenibili nella disciplina vigente. - Legge 27 dicembre 2002, n. 289, art. 3. - Costituzione, artt. 114, 117, comma terzo, 118 e 119. Imposta regionale sulle attivita' produttive (IRAP) - Norme della legge finanziaria 2003 - Previsione di riduzioni dell'IRAP sotto forma di deduzioni dalla base imponibile - Proroga delle agevolazioni transitorie (mediante riduzione delle aliquote) stabilite per i soggetti operanti nel settore agricolo - Denunciata diminuzione delle risorse a disposizione delle Regioni, non bilanciata da misure compensative - Impedimento alla possibilita' per le Regioni stesse di assumere decisioni di spesa. - Legge 27 dicembre 2002, n. 289, artt. 5 e 19. - Costituzione, artt. 114, 117, comma terzo, 118 e 119. Finanza pubblica - Norme della legge finanziaria 2003 - Provvedimenti di riconoscimento di debito delle pubbliche amministrazioni - Prevista trasmissione agli organi di controllo e alla competente Procura della Corte dei conti - Denunciata previsione di norma di dettaglio, invasiva della potesta' regionale concorrente in materia di «armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario» Incerta finalita' del nuovo incombente. - Legge 27 dicembre 2002, n. 289, art. 23. - Costituzione, artt. 97 e 117. Bilancio e contabilita' pubblica - Norme della legge finanziaria 2003 - Acquisto di beni e servizi da parte delle Amministrazioni pubbliche - Obbligo di espletare procedure ad evidenza pubblica per l'aggiudicazione delle pubbliche forniture e degli appalti pubblici di servizi di valore superiore a 50.000 euro - Limitazione ad ipotesi eccezionali del ricorso alla trattativa privata, con obbligo di darne comunicazione alla sezione regionale della Corte dei conti - Previsione di responsabilita' amministrative per la violazione dei suddetti obblighi - Qualificazione di tali disposizioni come «norme di principio e di coordinamento» per le Regioni - Denunciata esorbitanza dalle competenze statali di tipo esclusivo e di tipo concorrente - Invasione della potesta' legislativa residuale spettante alle Regioni in materia di appalti pubblici e di disciplina sostanziale degli illeciti amministrativi e contabili di amministratori e dipendenti regionali - Contraddittorieta' - Contrasto con il principio di buon andamento della p.a. - Legge 27 dicembre 2002, n. 289, art. 24. - Costituzione, artt. 97 e 117, commi secondo, lett. e), g), l) e p), terzo, e quarto. Finanza pubblica - Norme della legge finanziaria 2003 - Disciplina del pagamento e della riscossione di somme di modesto ammontare - Rinvio a successivi regolamenti ministeriali delegati e contestuale individuazione legislativa dei relativi contenuti - Denunciata invasione della potesta' legislativa concorrente spettante alle Regioni in materia di «armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario». - Legge 27 dicembre 2002, n. 289, art. 25. - Costituzione, art. 117, comma terzo. Impiego pubblico - Norme della legge finanziaria 2003 - Assunzioni di personale e dotazioni organiche delle Regioni - Obbligo di rideterminazione degli organici secondo il principio di invarianza della spesa, individuazione provvisoria delle dotazioni in attesa della rideterminazione, blocco temporaneo delle assunzioni a tempo indeterminato, potere del Presidente del Consiglio dei ministri (previo accordo tra Governo, Regioni e autonomie locali in sede di Conferenza unificata) di fissare criteri e limiti per l'assunzione di personale a tempo indeterminato - Denunciata compressione dell'autonomia legislativa e amministrativa in rapporto alle esigenze organizzative delle Regioni - Fissazione di parametri slegati dalle concrete realta' regionali - Violazione dei principi di eguaglianza e di buon andamento della p.a. - Esorbitanza dalle competenze statali - Invasione della potesta' residuale spettante alle Regioni in materia di ordinamento del personale regionale. - Legge 27 dicembre 2002, n. 289, art. 34. - Costituzione, artt. 3, 97, 114, 117, commi secondo, terzo e quarto, e 118. Previdenza e assistenza sociale - Norme della legge finanziaria 2003 - Fondo di rotazione per il finanziamento dei datori di lavoro che realizzano, nei luoghi di lavoro, servizi di asili nido e micro-nidi - Istituzione, contenuto delle domande e criteri per la concessione dei finanziamenti - Denunciata esorbitanza dalla competenza legislativa statale - Invasione della potesta' legislativa residuale delle Regioni in materia di assistenza e beneficenza - Compressione dell'autonomia finanziaria regionale. - Legge 27 dicembre 2002, n. 289, art. 91, commi 1, 2, 3 e 4. - Costituzione, artt. 117, comma quarto, e 119.(GU n.17 del 30-4-2003 )
Ricorso della Regione Veneto, in persona del Presidente pro tempore della giunta regionale, autorizzato mediante deliberazione della giunta stessa 14 febbraio 2003, n. 331, rappresentata e difesa, come da procura speciale a margine del presente atto, dagli avv. prof. Mario Bertolissi di Padova, Romano Morra di Venezia e Luigi Manzi di Roma, presso quest'ultimo domiciliata in Roma, via F. Confalonieri n. 5; Contro il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, presso la quale e' domiciliato ex lege, in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, per la declaratoria di illegittimita' costituzionale per violazione degli artt. 2, 3, 5, 81, 97, 114, 117, 118, 119 e 120 Cost.; degli artt. 2, 3, 5 19, 23, 24, 25, 34, 91 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2003)». Fatto e diritto 1. - Prima di prospettare nel modo piu' semplice e chiaro possibile, senza inutili complicazioni, i profili di illegittimita' costituzionale degli artt. 2, 3, 5, 19, 23, 24, 25, 34 e 91 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, meglio nota come «Finanziaria 2003», la difesa della Regione del Veneto ritiene opportuno svolgere alcune brevi riflessioni introduttive. L'attuale formulazione delle disposizioni contenute nel titolo V della nostra Carta costituzionale e' il frutto di due interventi di riforma posti in essere negli ultimi anni, tra i quali il piu' organico e significativo e' stato realizzato con la legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, volti - non lo si puo' seriamente negare, e da nessuno e' mai stato negato - ad ampliare l'ambito dell'autonomia regionale e delle comunita' locali, modificando il sistema di distribuzione delle competenze e delle funzioni legislative, amministrative e finanziarie tra i diversi enti che compongono la Repubblica italiana. Tutto questo si e' realizzato nel rispetto del procedimento di revisione costituzionale di cui all'art. 138 Cost. e, quindi, e' il frutto della volonta' sovrana del Parlamento e degli elettori chiamati a pronunciarsi attraverso il referendum previsto dalla disposizione ora richiamata. Il Parlamento nell'approvazione del nuovo testo del titolo V - come e' ovvio - ha dovuto valutare le implicazioni derivanti da una nuova distribuzione dei poteri sul territorio e dal riconoscimento di una maggiore autonomia, anche finanziaria, delle regioni: il che implica l'adesione a nuovi valori costituzionali o, comunque, una diversa graduazione dei valori esistenti. Del resto, va sempre ricordato come, in uno Stato democratico di diritto, all'attribuzione di funzioni si accompagna l'attribuzione delle corrispondenti responsabilita' e quando, per qualsiasi motivo, c'e' una scissione tra esercizio delle funzioni e responsabilita', la democraticita' dello Stato rischia di venire meno. Non si possono, quindi, attribuire nuovi poteri e nuove competenze alle regioni pretendendo, nel contempo, di incidere unilateralmente sulle loro risorse, privandole di fatto di ogni potere di decisione, ma lasciandole agli occhi dei cittadini responsabili dell'esercizio delle funzioni loro attribuite. Per garantire l'esercizio delle funzioni costituzionalmente previste con l'assunzione delle relative responsabilita' in capo, rispettivamente, allo Stato, alle regioni e agli enti locali, il legislatore costituzionale ha riscritto l'art. 119 Cost. e ha inserito, tra le materie di legislazione concorrente, l'«armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario»: ecco perche' leggere il titolo V della Costituzione, ignorando o dimenticando le disposizioni ora ricordate, significa alterare la nostra stessa forma di Stato. Una breve analisi della disposizione costituzionale citata spieghera' forse meglio quanto ora affermato. E' appena il caso di ricordare, infatti, che l'art. 119, nel suo secondo comma, prevede che «i comuni, le province, le citta' metropolitane e le regioni hanno risorse autonome. Stabiliscono e applicano tributi ed entrate propri, in armonia con la Costituzione e secondo i principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario. Dispongono di compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibile al loro territorio»; e vale la pena di ricordare, altresi', che tale disposto e' significativamente preceduto dalla dichiarazione di cui al primo comma, secondo la quale «i comuni, le province, le citta' metropolitane e le regioni hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa». La lettera della disposizione, che riecheggia il testo dell'art. 114 Cost. - ritenuto pietra angolare del nuovo sistema di identificazione degli elementi costitutivi della Repubblica (in questo senso, tra gli altri, si vedano: F. Gallo, Le risorse per l'esercizio delle funzioni amministrative e l'attuazione del nuovo art. 119, in AA.VV., Il sistema amministrativo dopo la riforma del Titolo V della Costituzione, a cura di G. Berti e G.C. De Martin, Roma, 2002, 142 s., e i contributi di F. Teresi, S. Gambino, F. Pizzetti, A. Ruggeri, sul tema de Il sistema normativo nella Repubblica delle autonomie, in AA.VV., La funzione normativa di Comuni, Province e Citta' nel nuovo sistema costituzionale, a cura di A. Piraino, Palermo, 2002, 43 s.), potrebbe far pensare ad una piena equiparazione delle regioni agli altri enti locali sotto il profilo della sua autonomia finanziaria. Una tale conclusione sarebbe peraltro del tutto affrettata per la semplice, ma decisiva, ragione che solo le regioni, oltre lo Stato ovviamente, sono titolari di potesta' legislativa. L' art. 119, comma 2, la' dove dispone espressamente che gli enti locali e le regioni «stabiliscono e applicano» i tributi propri «secondo i principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario», opera un richiamo implicito all'art. 117, comma 3, che, come gia' ricordato, ricomprende il coordinamento tra le materie di legislazione concorrente. Quest'ultima disposizione prevede che in tali materie «spetta alle regioni la potesta' legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legge dello Stato». E' sempre l'art. 119 della Costituzione a stabilire un immediato collegamento tra funzioni e risorse, prevedendo, al suo quarto comma, che «le risorse derivanti dalle fonti di cui ai commi precedenti consentono ai comuni, alle province, alle citta' metropolitane e alle regioni di finanziare integralmente le funzioni pubbliche loro attribuite». In tal modo viene esplicato un concetto fondamentale: cioe' che l'autonomia finanziaria e' l'elemento fondamentale di garanzia nei confronti delle altre autonomie sancite dagli artt. 114, 117 e 118 Cost. Questo complesso sistema delle autonomie che stabilisce valori, compiti, poteri e responsabilita' non puo' essere travolto dallo Stato invocando la necessita' di realizzare gli obiettivi di finanza pubblica. Nel compiere la scelta politica di dettare un nuovo titolo V della Costituzione, nell'ambito del quale la posizione di Stato, regioni ed enti locali, tutti componenti essenziali della Repubblica, viene concepita in modo diverso rispetto al passato assetto istituzionale, il Parlamento doveva aver ben presenti le esigenze di contenimento della spesa pubblica e il rispetto degli obblighi di bilancio che discendono dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea e, in particolare, alla sua adesione all'unione monetaria, oltre che dall'art. 81 della nostra Carta fondamentale. Questi stessi obiettivi devono, quindi, essere raggiunti nel rispetto della Costituzione e dei valori in essa stabiliti e non possono in alcun modo costituire motivo per giustificare una compressione degli spazi di autonomia in questa riconosciuti. Per altro va detto che il cronico determinarsi di disavanzi «eccessivi» nei bilanci di tutti gli enti pubblici e' un fenomeno manifestatosi in passato in Italia, in modo ancor piu' significativo rispetto ad oggi, all'interno di un sistema contabile e finanziario del tutto accentrato. Non si tratta pero' qui di stabilire quale sia il modello di Stato piu' idoneo a garantire il contenimento della spesa pubblica, per la semplice, ma ancor decisiva, ragione che questa scelta e' gia' stata compiuta dalla nostra Costituzione. Non e', dunque, ammissibile che il legislatore ordinario ponga in essere degli atti normativi come se la distribuzione dei poteri tra Stato, regioni ed enti locali fosse rimasta immutata, sulla base di valutazioni che attengono a profili politico-istituzionali gia' frutto di una sovrana manifestazione di volonta' espressa attraverso il procedimento di riforma costituzionale; ne' sono ammissibili letture delle disposizioni della Carta fondamentale che si allontanino a tal punto dalla lettera del testo e dal rispetto dai valori sanciti dalla nostra Costituzione da stravolgere il disegno del sistema delle autonomie, tracciato con la legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3. La Regione del Veneto intende, invece, illustrare come la legge «finanziaria per il 2003», con gli artt. 2, 3, 5, 19, 23, 24, 25, 34 e 91, qui impugnati, ignori la riforma del titolo V della Costituzione e ritiene che tali disposizioni debbano, di conseguenza, essere dichiarate incostituzionali da codesto ecc.mo Collegio. 2. - Con l'art. 2 della legge 27 dicembre 2002, n. 289 si e' dato avvio al programma di riforma fiscale partendo dalle modifiche della disciplina relativa all'imposta sul reddito delle persone fisiche. Il principio sul quale si fonda la riforma dell'IRPEF e' quello della cosiddetta «no tax area» - introdotto attraverso l'inserimento dell'art. 10-bis nel testo unico delle disposizioni sull'imposta sul reddito delle persone fisiche, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 - in forza del quale e' prevista una quota di deduzione dal reddito imponibile, che dovrebbe comportare un risparmio di imposta. A seguito della previsione della «no tax area» sono state poi rimodulate tutte quelle disposizioni che disciplinano l'attribuzione delle detrazioni di imposta con una logica che non si discosta di molto dall'applicazione del nuovo principio. Il comma 4 dell'art. 2 della finanziaria affronta il problema dei possibili effetti del nuovo sistema sulle addizionali IRPEF, stabilendo che «la deduzione di cui all'art. 10-bis del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, introdotto dal comma 1 del presente articolo, non rileva ai fini della determinazione della base imponibile delle addizionali all'imposta sul reddito delle persone fisiche, fermo restando, comunque, quanto previsto dall'art. 50, comma 2, secondo periodo, del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, e dall'articolo 1, comma 4, del decreto legislativo 28 settembre 1998, n. 360». Ora l'art. 50, comma 2, secondo periodo, del d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446 e l'art. 1, comma 4, del d.lgs. 28 settembre 1998, n. 360, fatti espressamente salvi dalla disposizione sopra riportata, prevedono che l'addizionale, rispettivamente regionale e comunale, e' dovuta se per lo stesso anno l'IRPEF, al netto delle detrazioni e dei crediti riconosciuti rilevanti dal citato testo unico, e' dovuta. In altre parole l'applicazione della «no tax area» non incide sul calcolo delle addizionali IRPEF, a patto pero' che l'imposta sia dovuta: quindi, quando, a seguito delle detrazioni previste dal nuovo art. 10-bis, il contribuente non deve versare l'imposta sul reddito delle persone fisiche non deve nemmeno versare l'addizionale regionale e comunale. L'art. 2 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, dunque, attraverso la riforma dell'IRPEF, determina una diminuzione delle risorse a disposizione delle regioni e nel fare questo non prevede alcuna forma compensativa, cosi' ponendosi in contrasto con l'art. 119 della Costituzione, in particolare con il comma 4 di detto articolo ove si stabilisce che «le risorse derivanti dalle fonti di cui ai commi precedenti consentono ... alle regioni di finanziare integralmente le funzioni pubbliche loro attribuite». 3. - Un'ulteriore compressione dell'autonomia finanziaria regionale discende dall'art. 3 della legge impugnata, il quale stabilisce che, «in funzione dell'attuazione del Titolo V della parte seconda della Costituzione e in attesa della legge quadro sul federalismo fiscale», gli aumenti delle addizionali all'imposta sul reddito delle persone fisiche per i comuni e le regioni, nonche' la maggiorazione dell'aliquota dell'imposta regionale sulle attivita' produttive, deliberati successivamente al 29 settembre 2002 e che non siano confermativi delle aliquote in vigore per l'anno 2002, sono sospesi fino a quando non si raggiunga un accordo ai sensi del d.lgs. 28 agosto 1997, n. 281, in sede di Conferenza unificata tra Stato, regioni ed enti locali sui meccanismi strutturali del federalismo fiscale. Prevedendo la sospensione delle addizionali fino a che non si arrivi all'accordo sul cosiddetto federalismo fiscale, lo Stato dimostra di considerare gli artt. 119 e 117, comma 3, in cui e' prevista, tra le materie di legislazione concorrente, l'«armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario», come disposizioni prive di un'efficacia precettiva immediata, che attendono l'intervento del legislatore (statale) per essere attuate. Una tale interpretazione del dettato costituzionale, che lascia all'iniziativa e, dunque, alla volonta' statale l'esercizio della potesta' legislativa delle regioni, costrette ad attendere la formulazione dei principi fondamentali in apposite leggi statali per porre in essere la loro normativa di dettaglio, e' stata respinta dalla stessa giurisprudenza costituzionale ancora nella vigenza del precedente formulazione dell'art. 117 Cost. (cfr. sent. n. 39 del 1971 e 69 del 1983, con cui si e' negata l'illegittimita' costituzionale della legge 16 maggio 1970, n. 281 che aveva sancito la piena fungibilita' tra leggi cornice e principi desunti dalla legislazione statale vigente). Le affermazioni dell'ecc.ma Corte costituzionale su questo punto sono chiarissime e, quindi, sperando di non annoiare il Collegio, che ben conosce la sua giurisprudenza, si ritiene utile richiamare brevemente solo quanto detto sul punto con riferimento al nuovo titolo V della Costituzione. Nella sentenza 26 giugno 2002, n. 282 si precisa, infatti, che «la nuova formulazione dell'art. 117, terzo comma, rispetto a quella previgente dell'art. 117, primo comma, esprime l'intento di una piu' netta distinzione fra la competenza regionale a legiferare in queste materie e la competenza statale, limitata alla determinazione dei principi fondamentali della disciplina. Cio' non significa pero' che i principi possano trarsi solo da leggi statali nuove, espressamente rivolte a tale scopo. Specie nella fase della transizione dal vecchio al nuovo sistema di riparto delle competenze, la legislazione regionale concorrente dovra' svolgersi nel rispetto dei principi fondamentali comunque risultanti dalla legislazione statale gia' esistente». Ora dalla legislazione primaria vigente si possono rinvenire dei principi di coordinamento della finanza pubblica in tema di potere di utilizzo della leva fiscale delle regioni. Quanto all'IRAP, si fa riferimento al dettato dell'art. 16 del d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446 che, nel disciplinare la determinazione dell'imposta, prevede al terzo comma che, «a decorrere dal terzo anno successivo a quello di emanazione del presente decreto, le regioni hanno facolta' di variare l'aliquota di cui al comma 1 fino ad un massimo di un punto percentuale. La variazione puo' essere differenziata per settori di attivita' e per categorie di soggetti passivi». L'art. 50 del d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446 sopra citato prevede l'istituzione dell'addizionale regionale all'imposta sul reddito delle persone fisiche e dispone al terzo comma che «l'aliquota di compartecipazione dell' addizionale regionale di cui al comma 1 e' fissata allo 0,9 per cento. Ciascuna regione, con proprio provvedimento, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale non oltre il 30 novembre dell'anno precedente a quello cui l'addizionale si riferisce, puo' maggiorare l'aliquota suddetta fino all'1,4 per cento». Va ancora ricordato che l'art. 4 del d.l. 15 aprile 2002, n. 63, convertito con modificazioni dalla legge 15 giugno 2002, n. 112, obbliga le regioni a ricorrere all'aumento dei tributi per la copertura dei maggiori fabbisogni di spesa sanitaria. In tale norma si dispone l'estensione agli anni 2002, 2003 e 2004 delle disposizioni dell'art. 40 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, il quale, a sua volta, lega le integrazioni del finanziamento della spesa nel settore sanitario - previste nell'accordo tra Governo, regioni e province autonome di Trento e Bolzano dell'8 agosto 2001 - al rispetto, da parte di ogni singola regione, degli impegni indicati ai punti 19, 2 e 15 dell'Accordo stesso. In particolare, l'art. 2 di tale accordo dispone che le regioni applichino direttamente misure di contenimento della spesa attraverso «l'introduzione di strumenti di controllo della domanda, la riduzione della spesa sanitaria o in altri settori, ovvero l'applicazione di un'addizionale regionale all'IRPEF o altri strumenti fiscali previsti dalla normativa vigente, nella misura necessaria a coprire l'incremento di spesa». Non puo' essere seriamente messo in dubbio che il potere di manovra fiscale sia coessenziale al riconoscimento dell'autonomia finanziaria e sia, al contempo, il presupposto per l'esercizio delle funzioni legislative e amministrative costituzionalmente riconosciute, di cui la regione e' responsabile nei confronti dei cittadini. Una disposizione come quella dell'art. 3 della legge finanziaria, che subordina al raggiungimento di un futuro accordo in sede di Conferenza unificata tra Stato, regioni ed enti locali gli aumenti delle addizionali, impedisce di ipotizzare una qualsiasi politica regionale autonoma e, lungi da essere «in funzione dell'attuazione del titolo V della parte seconda della Costituzione», come solennemente esordisce l'articolo impugnato, determina un grave arretramento rispetto al passato, in violazione degli artt. 114, 117, comma3, 118 e 119 Cost. 4. - L'art. 5 della legge 27 dicembre 2002, n. 289 prevede una serie di riduzioni dell'IRAP sotto forma di deduzioni dalla base imponibile, mentre l'art. 19 della stessa legge prevede proroghe di agevolazioni per il settore agricolo con una riduzione dell'aliquota IRAP con riferimento alla competenza 2002 (ed effetti di cassa nei due anni successivi). Senza voler entrare nella complessa problematica relativa alla classificazione di un tributo come statale, regionale o locale, e' indubbio che l'IRAP e' un'imposta ricadente nell'area del sistema tributario regionale. Non si comprende, dunque, come una disposizione di legge ordinaria dello Stato, che stabilisce una riduzione del tributo senza per altro prevedere alcuna forma compensativa per la finanza regionale, possa essere conforme al testo e alla ratio degli artt. 114, 117, comma 3, 118 e 119 Cost., nei termini piu' volte delineati. Gli artt. 5 e 19 della finanziaria si inseriscono, dunque, in un quadro volto a ridurre le risorse delle regioni, cancellando contemporaneamente ogni loro possibilita' di porre in essere una qualsiasi decisione di spesa e sono, quindi, contrari a Costituzione. 5. - Il mancato rispetto della competenza regionale nell'ambito della materia «armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario», di cui al terzo comma dell'art. 117 Cost., si riscontra anche nell'art. 23, comma 5, della legge 27 dicembre 2002, n. 289. La disposizione impugnata stabilisce che «i provvedimenti di riconoscimento di debito posti in essere dalle amministrazioni pubbliche di cui all'art. 1, comma 2, del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, sono trasmessi agli organi di controllo ed alla competente procura della Corte dei conti» La disciplina posta dal comma 5 dell'art. 23 della legge finanziaria, come si puo' vedere, e' molto specifica e non lascia, dunque, margini, alla potesta' legislativa della regione. Gia' nella vigenza del precedente titolo V della Costituzione la giurisprudenza costituzionale definiva i principi che si impongono alla legislazione regionale concorrente come quei generali criteri che informano la disciplina legislativa statale del settore (sent. n. 49 del 1958 e n. 46 del 1968) e precisava che questi «devono riguardare in ogni caso il modo di esercizio della potesta' legislativa regionale e non comportare l'inclusione o l'esclusione di singoli settori della materia nell'ambito di essa» (sent. n. 70 del 1981). La disposizione impugnata non contiene, quindi, certamente principi fondamentali, ma detta una norma di semplice dettaglio. Peraltro la disposizione in discorso pone in capo alle pubbliche amministrazioni un nuovo incombente - la trasmissione agli organi di controllo e alla procura della Corte dei conti dei provvedimenti di riconoscimento di debito - di cui non e' chiara la finalita'. Non si dice, infatti, ne' quali siano le attivita' che l'organo di controllo o la procura contabile possano porre in essere una volta presa visione dell'atto ne' quali conseguenze derivino dal mancato invio. Anche dell'art. 23 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, dunque, deve essere dichiarata l'illegittimita' costituzionale per violazione degli artt. 97 e 117 della Costituzione. 6. - L'art. 24 della legge finanziaria al suo primo comma estende a tutti i contratti di valore superiore a 50.000 euro i criteri di gara previsti dal d.lgs. 24 luglio 1992, n. 358 e 17 marzo 1995, n. 157. Il comma 5 del medesimo articolo stabilisce, inoltre, che «anche nelle ipotesi in cui la vigente normativa consente la trattativa privata, le pubbliche amministrazioni possono farvi ricorso solo in casi eccezionali e motivati, previo esperimento di una documentata indagine di mercato, dandone comunicazione alla sezione regionale della Corte dei conti». Nel comma 9 dell'art. 24 si afferma esplicitamente che «le disposizioni di cui ai commi 1, 2 e 5 costituiscono, per le regioni, norme di principio e di coordinamento». In primo luogo, si deve rilevare un'incompetenza dello Stato a porre in essere disposizioni, come quelle citate, che attengano all'evidenza pubblica. Nonostante il legislatore statale faccia esplicito riferimento a «ragioni di trasparenza e concorrenza», non vi e' dubbio che la disciplina della procedura di scelta del contraente per l'acquisto di beni e servizi non rientra nell'ambito della materia di competenza esclusiva statale di cui alla lettera e) del secondo comma dell'art. 117 Cost., non essendo la tutela della concorrenza il bene giuridico riguardato in via diretta dalla disciplina dei procedimenti ad evidenza pubblica. La materia, per altro, non e' compresa nemmeno in nessuna delle attribuzioni oggetto di potesta' legislativa concorrente di cui all'art. 117, comma 3. In ragione di cio', si puo' dire che la disciplina degli appalti pubblici, ove naturalmente non si applichi la normativa comunitaria, rientra nella competenza legislativa residuale della regione, di cui al quarto comma dell'art. 117. Per quanto si e' detto, appare del tutto evidente l'illegittimita' costituzionale dell'art. 24 della legge 27 dicembre 2002, n. 289. In particolare, appare privo di senso, nell'ambito del disegno costituzionale tracciato dalla legge cost. n. 3 del 2001, il dettato del comma 9, che vorrebbe attribuire alle disposizioni dei commi 1, 2 e 5 la natura di «norme di principio e di coordinamento». Nel nuovo testo dell'art. 117 Cost. la potesta' legislativa regionale e' soggetta, in generale e in linea di principio, agli stessi limiti della legislazione statale, cioe' al «rispetto della Costituzione, nonche' dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali», come recita il primo comma dell'articolo ora citato (cosi', ad esempio, G. Falcon, Il nuovo titolo V della parte seconda della Costituzione, in Le Regioni, 2001, n. 1, 6 s.). In altre parole, l'assenza di qualsiasi limite espresso nelle materie di potesta' legislativa esclusiva regionale conduce a equiparare, quanto a forza normativa, legge regionale e legge statale ordinaria. Infatti, nel nuovo testo costituzionale sono scomparsi alcuni importanti limiti che, invece, la precedente disciplina poneva all'esercizio della potesta' legislativa regionale, tra cui, ad esempio, il limite dell'interesse nazionale (in tal senso, tra gli altri, P. Caretti, L'assetto dei rapporti tra competenza legislativa statale e regionale, alla luce del nuovo titolo V della Costituzione: aspetti problematici, in Le Regioni, 2001, n. 6, 1223). Per altro, anche a voler ragionare per assurdo, ritenendo che la materia degli appalti pubblici possa rientrare nell'ambito della tutela della concorrenza, cosa, come si e' spiegato, non sostenibile, il riferimento, contenuto nel comma 9, alle norme di principio e di coordinamento, apparirebbe del tutto in contrasto con il testo costituzionale, venendo in gioco una competenza statale esclusiva, in cui lo Stato detta la disciplina della materia e non pone in essere «norme di principio e di coordinamento». Per quanto specificamente attiene alla disposizione di cui all'art. 24, comma 5, va detto che essa appare confliggere anche con il principio di buon andamento della pubblica amministrazione, sancito dall'art. 97 della nostra Costituzione. Lo specifico precetto per cui le amministrazioni possono far ricorso alla trattativa privata, anche nelle ipotesi in cui la vigente normativa la ammette, «solo in casi eccezionali e motivati, previo esperimento di una documentata indagine di mercato», appare sostanzialmente ridondante rispetto alle previsioni comunitarie, nazionali e regionali gia' disciplinanti la materia, che assegnano a tale tipo di scelta del contraente sicuramente il carattere dell'eccezionalita' e prevedono tutta una serie di cautele in favore della trasparenza e dell'economicita'. In quest'ottica, l'obbligo di comunicazione alla sezione regionale della Corte dei conti del ricorso alla trattativa privata sembra un ulteriore adempimento «burocratico», che si unisce a tanti altri e che complica il procedimento amministrativo, senza che risulti nemmeno chiaro quale sia l'effetto di tale comunicazione. L'art. 24 al comma 4 prevede, inoltre, che «i contratti stipulati in violazione del comma 1 o dell'obbligo di utilizzare le convenzioni quadro definite dalla CONSIP S.p.a. sono nulli. Il dipendente che ha sottoscritto il contratto risponde, a titolo personale, delle obbligazioni eventualmente derivanti dai predetti contratti. La stipula degli stessi e' causa di responsabilita' amministrativa; ai fini della determinazione del danno erariale, si tiene anche conto della differenza tra il prezzo previsto nelle convenzioni anzidette e quello indicato nel contratto». Anche tale disposizione, in cui e' disciplinata una fattispecie di responsabilita' amministrativa appare in contrasto con l'art. 117 Cost. Infatti, leggendo gli elenchi di cui ai commi 2 e 3 dell'articolo ora citato, non si rinviene una materia in cui possa rientrare la disciplina sostanziale della responsabilita' amministrativa e contabile. Tra le materie di competenza esclusiva statale troviamo, alla lettera g), «ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali», che potrebbe riguardare (ispirati dalla lettura che ha sempre dato il giudice costituzionale della locuzione «ordinamento degli uffici») anche la normativa sull'illecito in discorso, ma solo con riferimento ai comportamenti dei dipendenti e degli amministratori statali o degli enti menzionati. La successiva lettera l) dell'art. 117, comma 2, recita «giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa»: il che ci consente di dire solo che, ferma la giurisdizione della Corte dei conti in materia, ai sensi dell'art. 103 Cost., le norme processuali in tema di responsabilita' amministrativa rientrano nella competenza dello Stato. Inoltre l'ordinamento degli enti locali e' disciplinato in via esclusiva dallo Stato solo relativamente a «legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di comuni, province e citta' metropolitane» (art. 117, comma 2, lett. p). La disciplina sostanziale degli illeciti amministrativi e contabili degli amministratori e dei dipendenti delle regioni, e sembrerebbe anche degli enti locali, cade, dunque, nell'ambito della potesta' legislativa regionale di cui al quarto comma dell'art. 117 Cost. (sul punto si veda: C. Pagliarin, Colpa grave ed equita' nel giudizio di responsabilita' innanzi alla Corte dei conti, Padova, 2002, 377): di qui l'incostituzionalita' anche del comma 4 dell'articolo 24 della finanziaria. 7. - Con l'art. 25 della legge 27 dicembre 2002, n. 289 il legislatore ordinario ha demandato a regolamenti di delegificazione, contenuti in decreti del Ministro dell'economia e delle finanze, l'adozione della disciplina relativa al pagamento e alla riscossione di somme di modesto ammontare, per altro accompagnando la «delega» con alcune previsioni estremamente puntuali. Per comprendere il livello di dettaglio della disposizione impugnata e' utile riprodurre qui il testo. Nel primo comma dell'art. 25 della finanziaria troviamo stabilito il rinvio alla fonte regolamentare: «con uno o piu' decreti del Ministro dell'economia e delle finanze, sono adottate ai sensi dell'art. 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, disposizioni relative alla disciplina del pagamento e della riscossione di crediti di modesto ammontare e di qualsiasi natura, anche tributaria, applicabile a tutte le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, compresi gli enti pubblici economici», mentre nel secondo e nel terzo comma vengono dettati i contenuti di tali atti normativi: «con i decreti di cui al comma 1 sono stabiliti gli importi corrispondenti alle somme considerate di modesto ammontare, le somme onnicomprensive di interessi o sanzioni comunque denominate nonche' norme riguardanti l'esclusione di qualsiasi azione cautelativa, ingiuntiva ed esecutiva. Tali disposizioni si possono applicare anche per periodi d'imposta precedenti e non devono in ogni caso intendersi come franchigia» (comma 2); «sono esclusi i corrispettivi per servizi resi dalle pubbliche amministrazioni a pagamento» (comma 3). Il comma 4 detta, infine, disposizioni di ulteriore minuto dettaglio: «gli importi sono in ogni caso arrotondati all'unita' di euro. In sede di prima applicazione ai decreti di cui al comma 1, l'importo minimo non puo' essere inferiore a 12 euro». La disposizione, dunque, prevede un rinvio ad una fonte secondaria statale di disciplina e ha di per se' stessa un contenuto molto specifico e preciso. La disciplina sulle procedure e i presupposti del pagamento e della riscossione di somme di ammontare modesto rientra pero' nella materia «armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario», di cui al terzo comma dell'art. 117 Cost., oggetto di potesta' legislativa concorrente. L'art. 25 della legge 27 dicembre 2002, n. 289 si pone, dunque, in contrasto con la Costituzione in quanto non si limita certo a determinare i principi fondamentali, ma anzi, ponendo in essere disposizioni che esauriscono completamente la materia trattata e, per di piu', affidando ad altre fonti statali subordinate l'ulteriore disciplina, non lascia alcun margine di intervento alla legge regionale. 8. - Con l'art. 34 della legge finanziaria e' stato previsto l'obbligo per tutte le pubbliche amministrazioni, comprese le regioni, di effettuare la rideterminazione delle dotazioni organiche. A tal fine - precisa la disposizione ora richiamata - si dovra' tenere conto del processo di riforma delle amministrazioni, conseguente sia alla legge cosiddetta «Bassanini uno» (legge 15 marzo 1997, n. 59) sia alla legge sulla dirigenza statale (legge 6 luglio 2002, n. 137) sia, infine, ai processi di trasferimento delle funzioni alle regioni e agli enti locali, anche conseguenti alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3. Si stabilisce, comunque, che la spesa per il personale non possa venire aumentata, e che le dotazioni organiche rideterminate non debbano superare il numero dei posti di organico complessivi in atto alla data del 29 settembre 2002. Fino al perfezionamento dei provvedimenti di rideterminazione, le dotazioni organiche sono individuate in via provvisoria, in misura pari ai posti coperti alla data del 31 dicembre 2002, tenuto conto anche dei posti per i quali sono in corso di svolgimento procedure di reclutamento, mobilita' o riqualificazione del personale. Al comma 4 dell'art. 34 della legge 27 dicembre 2002, n. 289 e' previsto il blocco per l'anno 2003 delle assunzioni di tutte le pubbliche amministrazioni, tranne che per le assunzioni di personale riferite a figure professionali non sostituibili, la cui consistenza organica non sia superiore all'unita', oltre a quelle relative alle categorie protette. Il comma 11 prevede poi disposizioni specifiche per le regioni e gli enti locali. In tale comma si stabilisce, infatti, che «ai fini del concorso delle autonomie regionali e locali al rispetto degli obiettivi di finanza pubblica», con decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge finanziaria 2003, previo accordo tra Governo, regioni e autonomie locali da concludere in sede di Conferenza unificata, «sono fissati per le amministrazioni regionali (...) criteri e limiti per le assunzioni a tempo indeterminato per l'anno 2003». Tali assunzioni, fatto salvo il ricorso alle procedure di mobilita', «devono comunque essere contenute, fatta eccezione per il personale infermieristico del Servizio sanitario nazionale, entro percentuali non superiori al 50 per cento delle cessazioni dal servizio verificatesi nel corso dell'anno 2002 tenuto conto, in relazione alla tipologia di enti, della dimensione demografica, dei profili professionali del personale da assumere, della essenzialita' dei servizi da garantire e dell'incidenza delle spese del personale sulle entrate correnti». Il legislatore statale pone ulteriori limiti percentuali alle assunzioni con riferimento a diverse tipologie di enti locali: si legge, infatti, sempre al comma 11, che «non puo' essere stabilita, in ogni caso, una percentuale superiore al 20 per cento per i comuni con popolazione superiore ai 5000 abitanti e le province che abbiano un rapporto dipendenti-popolazione superiore a quello previsto dall'art. 119, comma 3, del decreto legislativo 25 febbraio 1995, n. 77, e successive modificazioni, maggiorato del 30 per cento o la cui percentuale di spesa del personale rispetto alle entrate correnti sia superiore alla media regionale per fasce demografiche». Si noti che il comma 11 dell'art. 34 prevede l'applicazione del «blocco assunzioni», di cui al comma 4, nelle more dell'adozione dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri. Segue poi la disciplina relativa a comuni e province con popolazione superiore ai 5000 abitanti che non abbiano rispettato il patto di stabilita', disciplina che non si ritiene necessario qui riprodurre. Dal contenuto dell'articolo della legge finanziaria ora citato emerge chiaramente la compressione dell'autonomia regionale per quanto attiene alle esigenze organizzative proprie dell'amministrazione, soprattutto la' dove vengono fissati a priori dei parametri (quale il tetto massimo del 50 per cento delle assunzioni) che prescindono da qualsiasi elemento concreto riferito alla singola realta' regionale, in violazione anche dei principi di eguaglianza, di cui all'art. 3 Cost., e di buon andamento della pubblica amministrazione, sancito dall'art. 97 Cost. Prima ancora vi e' da sottolineare come la materia dell'ordinamento del personale regionale non sia compresa ne' nell'elenco di cui al secondo comma dell'art. 117 ne' in quello del successivo terzo comma e sia, quindi, da considerare oggetto della piu' ampia potesta' legislativa regionale. I limiti posti alle assunzioni a tempo indeterminato dall'art. 34 della legge 27 dicembre 2003, n. 289 determinano, dunque, la violazione della competenza riservata alla regione ai sensi dell'art. 117, comma 4, della Costituzione. Solo per completezza si osserva che la disciplina dettata dalla disposizione in discorso non ha nemmeno le caratteristiche proprie di una normativa articolata per principi fondamentali, ma si spinge al dettaglio con la fissazione di criteri molto rigidi. Ne' vale ad evitare l'illegittimita' costituzionale dell'art. 34 della finanziaria 2003 la previsione dell'accordo tra Governo, regioni e autonomie locali, da concludere in sede di Conferenza unificata quale elemento prodromico all'emanazione dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri che disciplinano i criteri e i limiti per le assunzioni a tempo indeterminato. Le ragioni della censura permangono in primo luogo in quanto, come si e' detto, si versa nell'ambito della competenza regionale di cui al quarto comma dell'art. 117 Cost. e, secondariamente, in considerazione delle barriere gia' poste dal medesimo articolo in via assoluta («tali assunzioni ... devono, comunque, essere contenute ... entro percentuali non superiori al 50 per cento delle cessazioni dal servizio verificatesi nel corso dell'anno 2002», «non puo' essere stabilita, in ogni caso, una percentuale superiore al 20 per cento per i comuni con popolazione superiore a 5000 abitanti ...») e della previsione di una disciplina transitoria in cui si sancisce il «blocco assunzioni» (comma 4 richiamato dal comma 11). In conclusione, le disposizioni di cui all'art. 34 della legge finanziaria 2003 si pongono in contrasto con gli artt. 114, 118 e 117 Cost., nella misura in cui comprimono l'autonomia legislativa e amministrativa regionale, e con gli artt. 3 e 97 Cost. in quanto dettano una disciplina che prescinde da qualsiasi elemento concreto riferito alla singola realta'. 9. - L'art. 91 della legge 27 dicembre 2002, n. 289 istituisce il fondo di rotazione per il finanziamento dei datori di lavoro che realizzano, nei luoghi di lavoro, servizi di asilo nido e micronidi «al fine di assicurare un'adeguata assistenza familiare alle lavoratrici e ai lavoratori dipendenti con prole». E' disciplinato il contenuto della domanda di finanziamento che il datore di lavoro deve presentare al Ministero del lavoro e delle politiche sociali (comma 2) ed e' prevista l'emanazione di un decreto dello stesso Ministero in cui verra' definito il prospetto sulle informazioni da fornire e le relative modalita' di trasmissione (comma 3). Con decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il ministro dell'economia e delle finanze e con il ministro per le pari opportunita' dovranno anche essere fissati i criteri per la concessione dei finanziamenti (comma 4). Le disposizioni ora richiamate sono state poste in essere dallo Stato al di fuori della sua competenza legislativa. Va ricordato, infatti, che, nella vigenza del vecchio testo dell'art. 117 Cost., la giurisprudenza costituzionale ha chiarito che la disciplina degli asili nido rientra nell'ambito della materia dell'assistenza e beneficenza oggetto, all'epoca, di competenza legislativa concorrente (sent. 20 ottobre 1983, n. 319 e 9 maggio 1985, n. 139), aderendo alla definizione della materia data dal decreto del Presidente della Repubblica n. 616 (sul punto si veda, per tutti, L. Paladin, Diritto regionale, Padova, 2000, 141). Oggi l'assistenza non e' compresa negli elenchi delle materie di competenza legislativa esclusiva statale e di legislazione concorrente e, quindi, la sua disciplina dovra' essere dettata dal legislatore regionale, ai sensi del quarto comma dell'art. 117 Cost. E', dunque, incostituzionale anche la disposizione di cui all'art. 91 della legge finanziaria per il 2003 perche' la normativa relativa alla realizzazione e al finanziamento di asili nido ricade nell'ambito della potesta' legislativa cosiddetta residuale delle regioni. Ne' vale opporre che quelli in questione sarebbero finanziamenti aggiuntivi, dal momento che essi si fondano - allo stato delle cose - sulla compressione dell'autonomia finanziaria regionale, piuttosto che su una addizione coerente con una rigorosa lettura dell'art. 119 Cost.
P. Q. M. Si chiede che l'ecc.ma Corte costituzionale voglia dichiarare, nei termini e nelle proposizioni suindicati, l'illegittimita' costituzionale degli artt. 2, 3, 5, 19, 23, 24, 25, 34 e 91 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, recante «disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2003)» per violazione degli artt. 2, 3, 5, 81, 97, 114, 117, 118, 119 e 120 della Costituzione. Si allega: deliberazione della giunta regionale del Veneto n. 331 del 14 febbraio 2003, di autorizzazione alla proposizione del ricorso. Padova - Roma, addi' 21 febbraio 2003 Avv. Prof. Mario Bertolissi - Avv. Romano Morra - Avv. Luigi Manzi 03C0249