N. 145 ORDINANZA (Atto di promovimento) 16 gennaio 2003

Ordinanza  emessa  il  16 gennaio  2003  dal  tribunale di Torino nel
procedimento penale a carico di Mamadou Ndiaye

Straniero  -  Espulsione  amministrativa - Reato di trattenimento nel
  territorio  dello Stato in violazione dell'ordine di allontanamento
  impartito  dal  questore  -  Arresto  obbligatorio  in  flagranza -
  Irragionevole  restrizione  della  liberta' personale - Lesione dei
  diritti  inviolabili  dell'uomo  e  della  tutela  della condizione
  giuridica  dello  straniero,  regolata  dalla  legge in conformita'
  delle norme e dei trattati internazionali (in particolare artt. 5 e
  6  della  Convenzione  europea  per  la  salvaguardia  dei  diritti
  dell'uomo e delle liberta' fondamentali) - Violazione del principio
  del buon andamento della pubblica amministrazione.
- D.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 14, comma 5-quinquies, aggiunto
  dalla legge 30 luglio 2002, n. 189.
- Costituzione, artt. 2, 3, 10, 13 e 97.
(GU n.13 del 2-4-2003 )
                            IL TRIBUNALE

    Ha    pronunciato    la    seguente    ordinanza   nel   processo
sopraemarginato,  a carico di straniero arrestato per il reato di cui
all'art. 14,  comma 5-ter,  d.lgs.  n. 286/1998 come modificato dalla
legge  n. 189/2002  e  presentato  a  questo  giudice, nei termini di
legge, per la convalida dell'arresto e la contestuale celebrazione di
giudizio direttissimo.
    Sentite   le   parti   avendo  la  difesa  prospettato  dubbi  di
costituzionalita' (p.m. si rimette);
    Osta alla pronuncia di convalida, il dubbio di costituzionalita',
ad avviso di questo giudice non manifestamente infondato, che investe
la previsione dell'arresto obbligatorio in relazione al reato de quo,
consistente   nel   trattenersi,   senza   giustificato  motivo,  sul
territorio  dello Stato, oltre il termine assegnato con provvedimento
adottato dal questore a sensi dell'art. 14, comma 5-bis, T.U. cit.
    Sebbene  non  paia  fondata  la  questione  inerente  la presunta
compressione  del diritto di difesa prevedendo la stessa legge che lo
straniero  -  anche fisicamente espulso - possa previa autorizzazione
ad  hoc  fare  rientro per partecipare al processo, gli altri aspetti
(ed ulteriori) sussistono.
Contrasto con gli artt. 3 e 13 Cost.
    Trattasi   di  arresto  obbligatorio  in  flagranza  previsto  in
relazione  a figura contravvenzionale, sanzionata con la modesta pena
dell'arresto da sei mesi ad un anno, pena la cui entita' non consente
l'emissione di misura cautelare.
    La   previsione   della   obbligatorieta'   dell'arresto   appare
ingiustificatamente   "eccentrica"   rispetto  all'ordinario  sistema
processuale  italiano,  che vede la privazione della liberta', in via
obbligatoria,  circoscritta a delitti la cui gravita' si evince dalla
pena  edittale  stabilita nella reclusione non inferiore nel minimo a
cinque   anni,   in   via  facoltativa,  legata  alla  necessita'  di
fronteggiare  fattispecie,  pur  sempre  delittuose, dunque connotate
dall'elemento   psicologico  del  dolo,  considerate  di  particolare
gravita'  per  l'allarme  sociale dalle medesime destato (artt. 380 e
381  c.p.p.).  Sul  punto  merita  rammentare  che gia' in passato la
Corte,  nella  sentenza  n. 39/70, pur decidendo in relazione a reato
punito  con  la  sola  ammenda (art. 220 Tulps), ha comunque statuito
osservando che l'obbligatorieta' della misura coercitiva deve trovare
fondamento  nella  necessita'  di  fronteggiare  "reati  e situazioni
(obiettive  e  subbiettive)  di singolare gravita'", si' da risultare
ancorata a "ragionevoli motivi di prevenzione".
    Questi   requisiti   devono   essere   presenti   anche   laddove
disposizioni  speciali prevedano l'arresto per reati che, come quello
in  questione,  sono  caratterizzati  da  modesta pena edittale e non
consentono l'emissione della misura cautelare.
    Infatti,  la  stessa  Corte,  in altra decisione, la n. 305/1996,
ritenendo  legittima  la previsione del comma 6 dell'art. 189 C.d.s.,
che  contempla  l'arresto, peraltro facoltativo, del conducente, che,
causato  incidente  con  danno  alle  persone,  si  dia alla fuga, ha
chiarito   come  tali  particolari  ragioni  di  prevenzione  possano
sussistere  anche  in relazione a figure particolari di reato, la cui
pena  sia  inferiore  a  quelle  di cui alle norme inerenti l'arresto
dettate  dal  codice di rito, facendo giustappunto riferimento ad una
ratio normativa improntata al "giudizio di disvalore nei confronti di
comportamenti  contrari  a  quel  minimo  di  solidarieta' umana, che
impone di non abbandonare le vittime di incidenti stradali".
    Non   si  puo'  che  concordare:  si  e',  in  relazione  a  tale
disposizione  speciale  inerente  la possibilita' di arresto per mera
contravvenzione,  in  presenza  di  previsione  di  privazione  della
liberta', la cui ragionevolezza si trae dal fine dell'identificazione
di  individui  che  hanno  tenuto  condotte  lesive  o pericolose per
l'incolumita' della persona e che, fuggendo, tendono a sottrarsi alle
loro responsabilita'.
    Non  si  vede  invece  quale  motivo  di eccezionale necessita' e
urgenza,  tale dunque da giustificare una disparita' di trattamento e
conferire ragionevolezza alla norma, possa sottendere alla previsione
dell'obbligatorieta'   dell'arresto   di   soggetto  espulso  che  si
trattenga  sul  territorio in violazione all'ordine di allontanarsene
(spesso,  non  si  dimentichi,  si  tratta di persone clandestine, ma
completamente  immuni da precedenti penali). Cio', soprattutto, se si
pone  mente  al  fatto  che,  a tutela dell'eventuale allarme sociale
determinato  dalla  permanenza  sul  territorio  di soggetto espulso,
l'amministrazione    puo',   anzi   deve,   procedere   coattivamente
all'espulsione:  ne'  un  arresto,  cui  nel giro di poche ore, segue
ineluttabilmente  -  se non ad opera del p.m. ex art. 121, disp. att.
c.p.p.,   ad  opera  del  giudice  adito  -  la  liberazione  imposta
dall'impossibilita'  di  applicazione di misura cautelare, puo' dirsi
in qualche modo funzionale alla effettivita' della stessa espulsione.
    Non  pare  poi si possa legare l'obbligatorieta' della privazione
della  liberta'  alla  previsione,  per  tali  fattispecie,  del rito
direttissimo.  L'instaurazione  di  tale  rito non presuppone, di per
se',  se non che sia evidente la prova, non anche che sia intervenuto
arresto.  Il  giudizio  direttissimo  e', ad esempio, previsto, senza
previo arresto, in relazione a reati che pongono in serio pericolo la
civile   convivenza   sociale   (reati   aggravati  da  finalita'  di
discriminazione razziale; art. 6 u.c.) ed e' in generale, adottabile,
a  sensi  dell'art. 449  c.p.p.,  nei  confronti di persona che abbia
confessato,  a  prescindere  da una precedente privazione di liberta'
della medesima.
    L'arresto  obbligatorio  per  la  fattispecie di cui si tratta si
pone dunque quale infondata anticipazione di pena detentiva per reato
contravvenzionale  e  di  natura  tale da non suscitare allarme nella
coscienza  sociale  per  la  lesione  di valori universali largamente
condivisi  e  costituzionalmente  garantiti (quali il citato rispetto
della persona e dei principi di solidarieta' umana).
Contrasto con gli artt. 2 e 10, comma 2, Cost.
    L'obbligatoria  privazione  della  liberta' per reato bagatellare
non  pare  possa  trovare giustificazione nemmeno nella condizione di
straniero.
    Ove  si  voglia,  infatti,  superare il dettato dell'art. 3 Cost.
ancorando   la   "ragionevolezza"   della   previsione  alla  diversa
condizione  personale  del  soggetto,  resta  il  contrasto con altri
principi costituzionali.
    Quello  di solidarieta' espresso all'art. 2 Cost., che garantisce
i   valori   inviolabili   dell'uomo,   indipendentemente  dalla  sua
nazionalita'  e quello di cui all'art. 10, comma 2, Cost. che prevede
che  la  legge, nel regolare la condizione giuridica dello straniero,
deve  rispettare  i principi dettati dai trattati. E l'Italia ha, con
legge  4  agosto  1955,  n. 848,  ratificato  la  Convenzione  per la
salvaguardia  dei  diritti  dell'uomo  e delle liberta' fondamentali,
nella  quale  sono contenute norme che stabiliscono ampie garanzie in
materia di arresto (artt. 5 e 6).
Contrasto con l'art. 97 Cost.
    Si  e'  gia'  accennato  all'inutilita'  concreta dell'arresto in
vista  dell'espulsione.  Si deve aggiungere che da un arresto che non
puo'  che  protrarsi  per  poche  ore, e che peraltro e' obbligatorio
eseguire,   deriva,   per   gli   organi  di  Polizia  e  per  quelli
dell'Amministrazione  penitenziaria,  un  enorme  -  e, quel che piu'
conta,  sostanzialmente  gratuito  -  aggravio  di  lavoro (redazione
immediata  di  verbali,  di  informative  al  p.m.  e  al  difensore,
conduzione  in carcere; formalita' di ingresso in carcere, traduzione
dell'arrestato,   formalita'  per  la  liberazione,  con  conseguenti
ingiustificati costi per l'Erario, il che si pone in contrasto con il
principio  del  buon andamento della pubblica amministrazione sancito
nella norma de qua.
La questione e', oltre che non manifestamente infondata, rilevante.
    Infatti,   come   gia'  osservato  dalla  Corte  nella  decisione
n. 54/1993,  si  tratta  di  stabilire se la liberazione - che questo
giudice  con  il presente provvedimento altresi' dispone, non potendo
la  convalida in relazione alla quale sospende il procedimento, avere
luogo   nei  termini  di  legge  -  debba  avvenire  per  intervenuta
inefficacia  dell'arresto  medesimo,  ovvero  per la "caducazione con
effetto retroattivo della disposizione in base alla quale gli arresti
furono eseguiti".
                              P. Q. M.
    Visti gli artt. 134 Cost., 23 e segg. legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 14,  comma  5-quinquies,  del
d.lgs.  n. 286/1998  come  modificato  dalla legge n. 189/2002, nella
parte  in  cui  prevede che in relazione al reato di cui all'art. 14,
comma  5-ter,  sia obbligatorio l'arresto in flagranza, per contrasto
con gli artt. 3, 13, 2, 10 e 97 Cost.
    Sospende  di  conseguenza il giudizio di convalida sino all'esito
del  giudizio  incidentale  da  parte  della Corte costituzionale cui
dispone siano trasmessi gli atti.
    Ordina  l'immediata  liberazione  di  Mamadou  Ndyae  alias (vedi
dattilo allegati), se non detenuto per altra causa, rilasciando nulla
osta alla sua espulsione mediante accompagnamento alla frontiera.
    Manda   alla   cancelleria  per  la  notifica  dell'ordinanza  al
Presidente  del  Consiglio dei ministri, nonche' per la comunicazione
ai Presidenti del Senato e della Camera.
        Torino, addi' 16 gennaio 2003
                        Il giudice: Pennello
03C0254