N. 64 ORDINANZA 12 - 14 marzo 2003

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Processo  penale  - Formazione e valutazione della prova - Attuazione
  della   riforma   costituzionale   dell'art.  111  Cost.  -  Regime
  transitorio  -  Non utilizzabilita', neppure ai limitati fini delle
  contestazioni,  delle  dichiarazioni non acquisite al fascicolo del
  dibattimento,  alla  data  di  entrata  in  vigore della disciplina
  transitoria  -  Asserita  irragionevole differenziazione basata sul
  criterio  temporale, con lesione del diritto di difesa e violazione
  del  principio  del  contraddittorio - Manifesta infondatezza della
  questione.
- Legge 1 marzo 2001, n. 63, art. 26.
- Costituzione, artt. 3, 24 e 111.
(GU n.11 del 19-3-2003 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Riccardo CHIEPPA;
  Giudici:  Gustavo  ZAGREBELSKY,  Valerio  ONIDA,  Carlo MEZZANOTTE,
Guido  NEPPI MODONA, Piero Alberto CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco
BILE,  Giovanni  Maria FLICK, Ugo DE SIERVO, Romano VACCARELLA, Paolo
MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 26 della legge
1  marzo  2001,  n. 63  (Modifiche  al  codice  penale e al codice di
procedura  penale  in materia di formazione e valutazione della prova
in attuazione della legge costituzionale di riforma dell'articolo 111
della  Costituzione)  promosso  con  ordinanza del 28 maggio 2001 dal
Tribunale  di  Milano  nel  procedimento  penale  a carico di B.P. ed
altri,  iscritta  al  n. 891 del registro ordinanze 2001 e pubblicata
nella  Gazzetta  Ufficiale della Repubblica n. 44, 1a serie speciale,
dell'anno 2001.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera  di consiglio del 29 gennaio 2003 il giudice
relatore Giovanni Maria Flick.
    Ritenuto  che il Tribunale di Milano ha sollevato, in riferimento
agli  artt. 3, 24 e 111 della Costituzione, questione di legittimita'
costituzionale   dell'art. 26   della   legge  1  marzo  2001,  n. 63
(Modifiche  al  codice  penale  e  al  codice  di procedura penale in
materia  di  formazione e valutazione della prova in attuazione della
legge    costituzionale    di    riforma    dell'articolo 111   della
Costituzione),  "nella  parte  in  cui,  nella fase del giudizio, non
consente  l'utilizzabilita'  ai  fini  delle  contestazioni  ai sensi
dell'art. 500  cod.  proc.  pen.,  delle dichiarazioni rese nel corso
delle  indagini preliminari o dell'udienza preliminare che, alla data
di entrata in vigore della legge n. 63 del 2000, non siano gia' state
acquisite al fascicolo per il dibattimento";
        che   il   giudice   a   quo  premette  che,  nel  corso  del
dibattimento, il pubblico ministero aveva chiesto di poter esaminare,
nella  qualita'  di  testimoni,  alla luce della normativa introdotta
dalla  legge  n. 63 del 2001, tutti gli imputati di reato connesso ai
sensi  dell'art. 12,  lett.  a),  del codice di rito, i quali avevano
reso  dichiarazioni  a carico di altri coimputati ma avevano definito
la propria posizione con sentenza irrevocabile;
        che,  accolta  la richiesta e disposto l'esame nelle forme di
cui  all'art. 197-bis  cod.  proc. pen., nel corso della audizione di
una di tali persone - nei confronti della quale era stata pronunciata
sentenza   di   applicazione   della   pena  su  richiesta,  divenuta
irrevocabile   -   il  pubblico  ministero  aveva  chiesto  di  poter
utilizzare,  ai  fini  delle  contestazioni, le dichiarazioni rese da
detta  persona  nel  corso delle indagini; peraltro i difensori degli
imputati  si  erano  opposti, deducendo l'inutilizzabilita' di quelle
dichiarazioni,   secondo   quanto  disposto  dal  novellato  art. 64,
comma 3-bis;  cod.  proc.  pen.,  perche'  non  precedute, all'epoca,
dall'avvertimento  previsto  dal  comma 3,  lett.  c), della medesima
norma:   disciplina,  quest'ultima,  che  risulterebbe  di  immediata
applicazione  nel  procedimento  in  corso,  proprio  in  forza della
disposizione  transitoria  dettata dall'art. 26 della legge n. 63 del
2001;
        che,  a parere del giudice a quo, i rilievi della difesa sono
corretti, in quanto effettivamente l'art. 64, comma 3-bis; cod. proc.
pen.  -  nel  sancire la inutilizzabilita' delle dichiarazioni contra
alios non precedute dall'avvertimento di cui al comma 3, lett. c) del
medesimo  articolo  -  introduce "un principio di carattere generale,
che non risulta derogato da alcuna delle norme successive"; principio
che,  pertanto,  preclude  la possibilita' di utilizzare "a qualsiasi
fine"  - e quindi anche per le contestazioni di cui all'art. 500 cod.
proc.  pen.  - le dichiarazioni precedentemente rese, quale indagato,
da  persona  che  abbia  poi  assunto  l'ufficio di testimone a norma
dell'art. 197-bis,  del  codice  di  rito  (per  esser  stata  la sua
posizione  definita  con  sentenza irrevocabile di applicazione della
pena su richiesta);
        che   tale   epilogo,  peraltro,  deriverebbe  proprio  dalla
richiamata  disciplina  transitoria, nella parte in cui la stessa non
ha previsto "alcuna possibilita' di recupero e parziale utilizzazione
(neppure  ai  limitati  fini delle contestazioni) delle dichiarazioni
rese  dagli  imputati di reato connesso o collegato che, alla data di
entrata  in  vigore  della  predetta  legge n. 63 del 2001, non siano
state acquisite al fascicolo del dibattimento";
        che,  alla  stregua di queste considerazioni, la disposizione
impugnata  si  porrebbe in contrasto con l'art. 3 della Costituzione,
in  quanto atti formati con le medesime modalita' e nella vigenza del
medesimo  regime  normativo,  sarebbero suscettibili di utilizzazione
differenziata, a seconda che sia avvenuta o meno la loro acquisizione
al  fascicolo  del  dibattimento, e, dunque, in forza di un "criterio
temporale  che  non  presenta  alcuna  ragionevole giustificazione in
relazione  alla  ratio  della  norma,  improntata all'esigenza di non
dispersione del materiale probatorio";
        che  risulterebbe  violato  altresi' l'art. 24 della medesima
Carta,  in  quanto  il  diritto  di  difesa "trova esplicazione anche
mediante  la  verifica  di  attendibilita'  del teste per mezzo delle
contestazioni";
        che,  infine,  sarebbe  del  pari  ravvisabile una violazione
dell'art. 111   della   Costituzione,   in  quanto  le  dichiarazioni
precedentemente  rese  dal  teste  verrebbero  ad essere sottratte al
contraddittorio,    limitando    la    possibilita'    di   valutarne
l'attendibilita';
        che  nel  giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio
del  ministri, rappresentato e difeso dalla Avvocatura generale dello
Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata.
    Considerato  che  -  pur  essendo  in astratto ipotizzabili altre
opzioni  ermeneutiche - la ricostruzione del quadro normativo operata
dal  giudice  a  quo;  stante anche l'assenza di diritto vivente, non
puo'  ritenersi  in se' implausibile, cosi' da consentire l'esame nel
merito della questione proposta;
        che,  peraltro, le censure proposte sono manifestamente prive
di  fondamento,  perche'  il  giudice  rimettente,  isolando  un solo
profilo della complessa normativa che la questione coinvolge, finisce
per   trascurare   le   articolate   interferenze  di  sistema  e  le
peculiarita'   che,  a  fronte  di  esso,  caratterizzano  il  regime
transitorio;
        che,  a  quest'ultimo  proposito,  infatti,  questa  Corte ha
rilevato  come  la  stessa  legge  costituzionale  n. 2 del 1999, nel
modificare  l'art. 111  della  Carta fondamentale, avesse nell'art. 2
espressamente   demandato   alla   legge   il   compito  di  regolare
l'applicazione  dei principi, contenuti nella novella costituzionale,
ai procedimenti in corso alla data della sua entrata in vigore: cosi'
da  "congegnare  un  sistema  di "passaggio che, per un verso, non si
limitasse  a  sancire  la  conservazione, sia pure medio tempore, del
pregresso  sistema, nella parte in cui questo fosse incompatibile con
i  nuovi  principi  e le nuove regole; e che, per un altro verso, sul
piano  logicamente  reciproco, non vanificasse totalmente l'attivita'
probatoria  gia'  espletata, rendendo meccanicisticamente operante un
diverso   modello  processuale,  con  effetti  di  dispersione  delle
risultanze  processuali,  pur  ritualmente acquisite secondo la legge
del tempo" (v. sentenza n. 381 del 2001);
        che cio' deve affermarsi anche in riferimento alla disciplina
transitoria   dettata   dall'art. 26  della  legge  n. 63  del  2001,
attuativa  proprio  della  richiamata  riforma costituzionale: con il
conseguente  venir meno della stessa giustificazione logica su cui si
fondano    i    rilievi   posti   a   fondamento   del   quesito   di
costituzionalita';
        che,  infatti,  il  rimettente,  nel  prospettare la asserita
"incoerenza"   del  regime  transitorio,  omette  di  considerare  la
complessiva  eterogeneita'  dei moduli processuali che, attraverso la
sollecitata  pronuncia  additiva,  mirerebbe  a "combinare" fra loro,
giacche',  mentre  e'  chiamato ad applicare il "nuovo" sistema - che
consente   l'audizione   come   "teste   assistito"   del  coimputato
"patteggiante",  prima  incompatibile  con  l'ufficio  di testimone -
intenderebbe  continuare  comunque  ad  avvalersi  degli atti assunti
sotto  la  vigenza  del  "vecchio"  modello,  sia  pure ai fini delle
contestazioni:  atti,  in  particolare,  consistenti  nella specie in
dichiarazioni  erga  alios,  non  soltanto  prive  del  preliminare e
pregiudiziale  avviso  di  cui  all'art. 64,  comma 3, lett. c), cod.
proc.  pen., ma, anche e soprattutto, rese nella qualita' di indagato
e,  dunque,  in  posizione  non  certo  corrispondente  a quella - di
testimone   assistito -  ricoperta  da  chi  dovrebbe  "ricevere"  la
contestazione;  un  regime, quest'ultimo, che soltanto il legislatore
sarebbe abilitato ad introdurre;
        che,  d'altra  parte, questa Corte ha gia' ritenuto del tutto
ragionevole   la   scelta   del  legislatore  di  individuare,  nella
intervenuta  acquisizione  delle  dichiarazioni  al  fascicolo per il
dibattimento, il "fatto processuale" che contrassegna il passaggio da
un  regime  all'altro  (v.  la  richiamata sentenza n. 381 del 2001);
sicche'  le censure formulate a tal proposito dal giudice rimettente,
non  evidenziando profili nuovi o diversi da quelli allora esaminati,
non possono che indurre alle medesime conclusioni di infondatezza;
        che,   di   conseguenza,   una  volta  superati  i  dubbi  di
ragionevolezza  in  merito  alla  disposizione transitoria oggetto di
impugnativa,  vengono  meno anche i rilievi che l'ordinanza svolge in
punto  di  lesione del diritto di difesa e di asserita violazione del
principio  del  contraddittorio,  giacche', giustificandosi la scelta
normativa  con  l'esigenza  di calibrare il passaggio tra due modelli
processuali  non  poco  difformi,  i  vizi  denunciati  si  traducono
soltanto  in  censure di opportunita' di quella scelta, evidentemente
estranee ai limiti del sindacato riservato a questa Corte;
        che,  pertanto,  la questione proposta deve essere dichiarata
manifestamente infondata.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara   la   manifesta   infondatezza   della   questione   di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 26  della legge 1 marzo 2001,
n. 63  (Modifiche al codice penale e al codice di procedura penale in
materia  di  formazione e valutazione della prova in attuazione della
legge    costituzionale    di    riforma    dell'articolo 111   della
Costituzione), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 della
Costituzione, dal Tribunale di Milano con l'ordinanza in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 12 marzo 2003.
                       Il Presidente: Chieppa
                         Il redattore: Flick
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 14 marzo 2003.
               Il direttore della cancelleria:Di Paola
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