N. 70 SENTENZA 12 - 14 marzo 2003

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Titoli  di  credito - Assegno bancario - Pagamento dopo la levata del
  protesto - Esclusione per il traente del diritto alla cancellazione
  dall'archivio  informatico  dei  protesti  -  Lamentata irrazionale
  disparita'   di   trattamento,   rispetto   al  debitore  cambiario
  adempiente,  con  incidenza  sul diritto di difesa - Non fondatezza
  della questione.
- Legge  12  febbraio  1955,  n. 77, art. 4, comma 1, come sostituito
  dall'art. 2, comma 1, della legge 18 agosto 2000, n. 235.
- Costituzione, artt. 3 e 24.
(GU n.11 del 19-3-2003 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Riccardo CHIEPPA;
  Giudici:  Gustavo  ZAGREBELSKY,  Valerio  ONIDA,  Carlo MEZZANOTTE,
Fernanda   CONTRI,  Guido  NEPPI  MODONA,  Piero  Alberto  CAPOTOSTI,
Annibale  MARINI,  Franco  BILE, Giovanni Maria FLICK, Ugo DE SIERVO,
Romano VACCARELLA, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 4, comma 1,
della  legge 12 febbraio 1955, n. 77 (Pubblicazione degli elenchi dei
protesti  cambiari),  come  sostituito  dalla  legge  18 agosto 2000,
n. 235  (Nuove  norme  in  materia di cancellazione dagli elenchi dei
protesti  cambiari),  promosso  con  ordinanza del 30 luglio 2002 dal
giudice  di  pace di Sansepolcro nel procedimento civile vertente tra
Viciani  Lorenzo  e  la Camera di commercio, industria, artigianato e
agricoltura di Arezzo, iscritta al n. 457 del registro ordinanze 2002
e  pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale  della Repubblica n. 41, 1a
serie speciale, dell'anno 2002.
    Visto l'atto di costituzione di Viciani Lorenzo nonche' l'atto di
intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  28 gennaio  2003  il  giudice
relatore Romano Vaccarella;
    Uditi  l'avv.  Alberto  Rubechi  per Viciani Lorenzo e l'avvocato
dello  Stato Massimo Salvatorelli per il Presidente del Consiglio dei
ministri.

                          Ritenuto in fatto

    1. - Nel  corso  di  un  procedimento civile promosso, davanti al
giudice  di  pace  di  Sansepolcro,  da Lorenzo Viciani nei confronti
della  Camera  di  commercio, industria, artigianato e agricoltura di
Arezzo,  ai sensi dell'art. 4, comma 4, della legge 12 febbraio 1955,
n. 77   (Pubblicazione   degli   elenchi  dei  protesti  cambiari)  -
sostituito  dall'articolo 2,  comma 1,  della  legge  18 agosto 2000,
n. 235  (Nuove  norme  in  materia di cancellazione dagli elenchi dei
protesti  cambiari)  -,  a  seguito  della  reiezione,  da  parte del
presidente  di detto ente camerale, dell'istanza di cancellazione dal
registro   informatico   di  cui  all'art. 3-bis  del  decreto  legge
18 settembre   1995,  n. 381  (Disposizioni  urgenti  in  materia  di
finanziamento  delle  camere di commercio) - convertito in legge, con
modificazioni,  dall'art. 1,  comma 1,  della legge 15 novembre 1995,
n. 480  -,  iscrizione  avvenuta per mancato pagamento di due assegni
bancari,  il  giudice  adito,  con  ordinanza  del 30 luglio 2002, ha
sollevato  questione  di  legittimita' costituzionale, in riferimento
agli  artt. 3 e 24 della Costituzione, dell'art. 4 della citata legge
12 febbraio  1955,  n. 77, nella parte in cui - mentre prevede che il
debitore,  contro cui sia stato levato protesto per mancato pagamento
di  una  cambiale o di un vaglia cambiario, ha diritto di ottenere la
cancellazione  del  proprio  nome  dal  predetto registro informatico
qualora,  entro  il termine di dodici mesi dalla levata del protesto,
provveda   al   pagamento  della  cambiale  o  del  vaglia  cambiario
protestato  (unitamente  agli interessi maturati ed alle spese per il
protesto,  per  il precetto e per il processo esecutivo eventualmente
promosso)  - non consente, invece, al traente di un assegno bancario,
o  agli  altri  soggetti  legittimati,  di  adire il presidente della
camera  di  commercio,  industria,  artigianato  e  agricoltura,  per
ottenere  la  cancellazione  del  proprio  nome dal medesimo registro
informatico.
    1.1. - Quanto   alla   rilevanza   della  questione,  il  giudice
rimettente  rileva  che  l'attore, avendo emesso due assegni bancari,
presentati  per  il  pagamento  in  data  21  e  24 dicembre  2001, e
successivamente   protestati,   per   difetto   di  provvista,  aveva
provveduto  al  pagamento  delle somme portate dai titoli, oltre agli
interessi  maturati,  alle  spese di protesto ed alla penale, pari al
dieci  per  cento  della somma dovuta e non pagata, in data 8 gennaio
2002, ossia nel termine (sessanta giorni) di cui all'art. 8, comma 1,
della  legge 15 dicembre 1990, n. 386 (Nuova disciplina sanzionatoria
degli  assegni  bancari)  -  sostituito  dall'art. 33,  comma 1,  del
decreto  legislativo  30 dicembre  1999, n. 507 (Depenalizzazione dei
reati   minori   e   riforma  del  sistema  sanzionatorio,  ai  sensi
dell'art. 1  della  legge  25  giugno 1999,  n. 205). L'attore aveva,
quindi,  presentato  istanza  al  presidente  della  locale camera di
commercio, in data 24 gennaio 2002, per ottenere la cancellazione del
proprio  nome  dal registro informatico dei protesti, ma si era visto
respingere  l'istanza,  con  la  motivazione che non ricorreva alcuna
delle  ipotesi in cui la legge consente la cancellazione del protesto
di  un  assegno  bancario, ai sensi dell'art. 4, comma 2, della legge
n. 77  del  1955  (illegittima  od  erronea levata del protesto), non
essendo  estensibile  al protesto di assegno bancario la disposizione
del  comma 1  dello  stesso art. 4, il quale prevede la cancellazione
del  protesto  per  mancato  pagamento  soltanto con riferimento alla
cambiale ed al vaglia cambiario.
    1.2. - Quanto alla non manifesta infondatezza della questione, il
giudice  rimettente  sostiene  che  la  norma dell'art. 4 della legge
n. 77  del  1955,  nella  parte  in cui nega al traente di un assegno
bancario,  protestato  per  mancato  pagamento,  la  possibilita'  di
ottenere  la  cancellazione del proprio nome dal registro informatico
dei protesti, e' in contrasto:
        a) con  l'art. 3  della  Costituzione,  poiche' determina una
ingiustificata  disparita'  di  trattamento  rispetto al debitore che
abbia  provveduto,  nel  termine  di  dodici  mesi  ivi  previsto, al
pagamento  di  una  cambiale  o di un vaglia cambiario protestato per
mancato  pagamento,  ed equipara ingiustificatamente la posizione del
traente  dell'assegno  bancario  protestato,  che  abbia  eseguito il
pagamento  nel  termine  (60  giorni) di cui all'articolo 8, comma 1,
della  legge  15 dicembre  1990, n. 386 - sostituito dall'art. 33 del
decreto  legislativo 30 dicembre 1999, n. 507 -, a quella del traente
che non vi abbia provveduto;
        b) con  l'art. 24  della  Costituzione,  poiche'  comprime il
diritto  di  difesa  del  traente  che  abbia  eseguito  il pagamento
dell'assegno bancario dopo il protesto nel termine di cui innanzi.
    Il  rimettente  ricorda  che  la  Corte  costituzionale,  in  due
precedenti   occasioni   (con  sentenza  26  giugno 1990,  n. 317,  e
ordinanza 12 gennaio 1993, n. 14), ha dichiarato non fondata identica
questione   di   legittimita'   costituzionale,  ma  osserva  che  la
diversita' di regime giuridico e sanzionatorio fra cambiale e assegno
bancario,  in  considerazione  della  quale  la  Corte ha respinto le
censure  di  incostituzionalita', si e' nel frattempo quasi del tutto
annullata, per effetto di alcune norme di legge; in particolare:
        a)  della legge n. 386 del 15 dicembre 1990, art. 8, la quale
prevede  che  l'avvenuto  pagamento  dell'assegno,  degli interessi e
della penale sollevano il traente da ogni conseguenza sanzionatoria;
        b)  del  decreto  legislativo  n. 507  del  30 dicembre 1999,
art. 33, che ha depenalizzato il reato di emissione di assegni emessi
senza   provvista,   sottoponendolo   cosi'   ora   al   procedimento
sanzionatorio disciplinato dalla legge 24 novembre 1981, n. 689;
        c)  dell'art. 4 della legge 12 febbraio 1955, n. 77, comma 2,
che  ha introdotto la possibilita' di cancellare il nome del debitore
protestato   dall'archivio  informatico  di  cui  all'art. 3-bis  del
decreto-legge  18 settembre  1995,  n. 381, nel caso in cui la levata
del  protesto  sia  stata  fatta  in  modo erroneo o illegittimo, non
distinguendo fra cambiale e assegno;
        d)  dell'art. 17,  comma 1, della legge 7 marzo 1996, n. 108,
come  modificato  dalla  legge 18 agosto 2000, n. 235, secondo cui il
debitore  protestato,  che  abbia  adempiuto  all'obbligazione per la
quale  il  protesto  e'  stato  levato,  ha  diritto  ad  ottenere la
riabilitazione,  trascorso  un  anno,  ove non abbia subito ulteriore
protesto,  anche  qui  senza  fare  alcuna  distinzione tra assegni e
cambiali;
        e)  dell'art. 17,  comma 2, della legge 7 marzo 1996, n. 108,
come  modificato  dalla  legge 18 agosto 2000, n. 235, nella parte in
cui prevede, non distinguendo gli effetti protestati, che il debitore
protestato riabilitato possa ottenere la cancellazione definitiva dei
dati  relativi  al  protesto  anche  dal  registro informatico di cui
all'art. 3-bis del decreto-legge 18 settembre 1995, n. 381.
    In  sintesi,  l'evoluzione legislativa successiva al 1993 mostra,
ad avviso del rimettente, una tendenziale volonta' del legislatore di
armonizzare  le normative della cambiale e dell'assegno bancario, per
cui  risulta essere ormai ingiustificato il trattamento differenziato
che   ancora   permane   quanto  alla  possibilita'  di  ottenere  la
cancellazione del protesto per mancato pagamento.
    2. - Si  e'  costituito  nel giudizio il sig. Lorenzo Viciani, il
quale   si   e'   limitato  a  concludere  per  la  dichiarazione  di
illegittimita' costituzionale della norma impugnata.
    3. - E'  intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,  concludendo  per  la  declaratoria  di  non  fondatezza della
questione,  in quanto e' tuttora valido cio' che aveva evidenziato la
Corte  costituzionale  nelle  su  richiamate  pronunce,  e  cioe' che
diversa e' "la funzione tipica dei due titoli di credito, costituendo
l'assegno  bancario  un mezzo di pagamento e la cambiale, invece, uno
strumento di credito" (ordinanza n. 14 del 1993).
    Quanto,  poi, al parametro dell'art. 24 Cost., la difesa erariale
osserva  che,  essendo negato dal legislatore, sul piano sostanziale,
un  diritto  alla  cancellazione  del protesto dell'assegno bancario,
manca  lo  stesso presupposto perche' si possa porre una questione di
diritto alla tutela giurisdizionale.
    4. - All'udienza pubblica del 28 gennaio 2003 l'avv. Rubechi, per
Lorenzo  Viciani,  ha  concluso  per  la fondatezza della questione e
l'avv. Massimo Salvatorelli, dell'Avvocatura generale dello Stato, ha
insistito per la dichiarazione di infondatezza.

                       Considerato in diritto

    1. - Il  giudice  di  pace  di Sansepolcro dubita, in riferimento
agli   artt. 3   e   24   Cost.,  della  legittimita'  costituzionale
dell'art. 4,  comma 1,  della  legge  12 febbraio  1955,  n. 77, come
sostituito  dall'art. 2, comma 1, della legge 18 agosto 2000, n. 235,
nella  parte  in cui esclude dalla disciplina della cancellazione del
protesto  (nel registro informatico di cui all'art. 3-bis del decreto
legge   18 settembre   1995,   n. 381,   convertito   in  legge,  con
modificazioni,  dall'art. 1,  comma 1,  della legge 15 novembre 1995,
n. 480)  il  traente di assegno bancario che, nel termine di sessanta
giorni  dalla  levata  del  protesto, abbia pagato quanto portato dal
titolo   (e  relativi  oneri  accessori  e  penale),  irrazionalmente
discriminandolo  rispetto  al debitore cambiario che abbia provveduto
al  pagamento del proprio debito (e dei relativi oneri accessori) nel
termine di dodici mesi dalla levata del protesto.
    2. - La questione non e' fondata.
    La  corte  osserva che, se e' vero, come rilevato dal rimettente,
che  l'evoluzione legislativa (in particolare, il decreto legislativo
30 dicembre  1999,  n. 507)  e'  nel  senso di un avvicinamento - sia
rispetto   all'originaria   disciplina,   di  cui  al  regio  decreto
21 dicembre   1933,   n. 1736  (Disposizioni  sull'assegno  bancario,
sull'assegno  circolare  e su alcuni titoli speciali dell'Istituto di
emissione,  del Banco di Napoli e del Banco di Sicilia), marcatamente
pubblicistica,  sia  anche rispetto alla successiva legge 15 dicembre
1990,  n. 386  - della disciplina legislativa dell'assegno bancario a
quella  della  cambiale, e' anche vero che permangono significative e
strutturali   diversita'   di   disciplina,  frutto  di  opzioni  non
irragionevoli del legislatore.
    Va  evidenziato, in particolare, che l'avvicinamento di cui si e'
detto  si  riscontra  non tanto nella previsione di una condizione di
procedibilita'  connessa  allo  spirare  del  "termine  di grazia" di
sessanta  giorni  senza  che sia avvenuto il pagamento (condizione di
procedibilita' per l'azione penale: legge n. 386 del 1990; condizione
di   procedibilita'  per  la  sanzione  amministrativa  pecuniaria  e
inibitoria  della  facolta'  di  emettere  assegni:  legge n. 205 del
1999),  quanto  piuttosto  nell'irrilevanza  -  sotto  ogni profilo -
dell'assenza della provvista al momento dell'emissione.
    Tuttavia,  tale  circostanza  non  vale  a snaturare la peculiare
natura  dell'assegno  bancario  quale mezzo di pagamento, dal momento
che  -  pur  non  costituendo piu', in se', illecito sanzionabile sul
piano  penale  (art. 12  legge  n. 386  del 1990) l'omessa o inesatta
indicazione  della  data  di emissione - l'assegno continua ad essere
(art. 31  del  r.d. n. 1736 del 1933) immediatamente presentabile per
il  pagamento  ed  al  momento della presentazione deve sussistere la
provvista.
    Va    ritenuto,    conseguentemente,    che    appartiene    alla
discrezionalita'   del   legislatore   collegare   all'assenza  della
provvista  al  momento  della presentazione taluni effetti lato sensu
sanzionatori,  quali  la  levata  del  protesto e l'irrogazione della
penale   del   10%,  e  postergarne  altri  (sanzione  pecuniaria  ed
inibizione)  allo spirare del "termine di grazia", in tal modo, da un
lato,  favorendo  l'adempimento,  sia pure tardivo, dell'obbligazione
portata  dal  titolo,  ma  anche,  dall'altro  lato,  continuando  ad
attribuire rilevanza giuridica all'assenza della provvista al momento
della presentazione.
    Pertanto, il protrarsi - nonostante il successivo adempimento nel
"termine  di  grazia"  - dell'iscrizione nel registro informatico dei
protesti  per  il  tempo  necessario  per  la  riabilitazione, di cui
all'art. 17 della legge 7 marzo 1996, n. 108 (Disposizioni in materia
di  usura), costituisce una scelta del legislatore non irrazionale, e
come  tale  non  censurabile  da questa Corte, a fronte della diversa
soluzione  adottata per il debitore cambiario adempiente nel "termine
di  grazia",  al  quale  la legge riconosce un vero e proprio diritto
alla cancellazione dell'iscrizione.
    Totalmente  irrilevante,  ai  fini  della asserita irrazionalita'
della  disciplina,  e'  la  circostanza  che  la  legge  (ovviamente)
riconosca  anche  al  traente  di  assegno  bancario  il diritto alla
cancellazione  del  protesto  erroneamente o illegittimamente levato,
cosi'  come  irrilevante  e',  ai  medesimi fini, la circostanza che,
quanto  alla  cancellazione  del  protesto, il traente di assegno che
abbia adempiuto nel "termine di grazia" sia trattato allo stesso modo
del  traente  che  non  abbia  adempiuto,  il  quale, tuttavia, viene
assoggettato   alle  ulteriori  sanzioni  (pecuniaria  e  inibizione)
collegate all'inutile decorso del termine di grazia.
    In  definitiva,  non  sussiste  alcuna irrazionalita' nel diverso
trattamento riservato a due situazioni tra loro diverse, quale quella
del  traente di assegno bancario adempiente nel "termine di grazia" e
quella del debitore cambiario adempiente nel "termine di grazia".
    Ne  discende  che, in assenza di una violazione dell'art. 3 Cost.
per  aver  diversamente disciplinato sul piano sostanziale situazioni
diverse,  non sussiste alcuna violazione dell'art. 24 Cost., cio' che
presupporrebbe  un diritto sostanziale non riconosciuto al traente di
assegno bancario.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara  non fondata la questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 4,    comma 1,   della   legge   12 febbraio   1955   n. 77
(Pubblicazione  degli elenchi dei protesti cambiari), come sostituito
dall'art. 2, comma 1, della legge 18 agosto 2000, n. 235 (Nuove norme
in  materia  di  cancellazione  dagli elenchi dei protesti cambiari),
sollevata,  in  riferimento  agli  artt. 3 e 24 Cost., dal giudice di
pace di Sansepolcro con l'ordinanza in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 12 marzo 2003.
                       Il Presidente: Chieppa
                      Il redattore: Vaccarella
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 14 marzo 2003.
               Il direttore della cancelleria:Di Paola
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