N. 172 ORDINANZA (Atto di promovimento) 3 dicembre 2002

Ordinanza  emessa  il  3  dicembre 2002 dal tribunale di Venezia sez.
distaccata  di  S. Dona' di Piave nel procedimento penale a carico di
Gashi Besim

Straniero  - Espulsione amministrativa - Notificazione del decreto di
  espulsione  -  Obbligatorieta'  della  traduzione del decreto nella
  lingua  madre  o  in  una  lingua  effettivamente  conosciuta dallo
  straniero  -  Mancata  previsione  -  Contrasto  con  i principi di
  uguaglianza e di legalita' della legge penale.
- D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 13, comma 7.
- Costituzione, artt. 3, 13.
(GU n.14 del 9-4-2003 )
                         IL GIUDICE DI PACE

    A integrazione e motivazione della riserva di cui all'udienza del
5 novembre   2002,   in  relazione  alla  questione  di  legittimita'
costituzionale  sollevata dal difensore dell'imputato Gashi Besim nel
proc. n. 13250/2002;
    Ritenuto che:
        L'imputato  era  stato  tratto  in arresto in data 4 novembre
2002  in  esecuzione  del  disposto  di  cui all'art. 14, comma 5-ter
d.lgs. n. 286/1998, cosi' come modificato dalla legge n. 189/2002;
    Risultava   che   all'imputato  era  stato  notificato,  in  data
9 ottobre  2002,  ai  sensi  dell'art. 14,  comma  5-bis,  decreto di
espulsione  emesso dal questore di Udine, secondo le modalita' di cui
all'art. 13, settimo comma, stessa legge;
    Il  difensore  sollevava  questione  di  legittima costituzionale
relativamente  a tale articolo (peraltro non modificato dalla recente
legge  n. 186/2002),  in  relazione  agli  artt. 3,  10  e  13  della
Costituzione,  sulla base delle motivazioni di cui a verbale, laddove
e'   previsto   che  il  suddetto  decreto  possa  essere  notificato
all'imputato "... in una lingua a lui conosciuta, ovvero, ove non sia
possibile, in lingua francese, inglese o spagnola";
La questione non e' infondata.
    La norma di cui al suddetto art. 13, settimo comma, nel prevedere
che  il  decreto  di  espulsione possa essere notificato al cittadino
extracomunitario,  ed  avere ugualmente efficacia nei suoi confronti,
anche  se  redatto  in  una lingua diversa da quella a lui conosciuta
(lingua  inglese,  francese  o  spagnola),  introduce  di  fatto  una
presunzione  iuris  et  de jure in una materia (quella della liberta'
personale dell'individuo) in cui presunzioni, secondo i dettami della
Costituzione,  non  dovrebbero e non possono essere ammesse, dato che
entrerebbero  con  tutta  evidenza  in  conflitto  con  i principi di
legalita' e tassativita' della legge penale.
    La  norma  in  oggetto, infatti, nella sua concreta applicazione,
contempla  la  possibilita'  che una persona possa essere arrestata e
sottoposta  a restrizioni della liberta' personale, senza avere avuto
cognizione   precisa   dei  motivi  e  delle  disposizioni  di  legge
applicate:  cio'  perche' fa derivare appunto da una presunzione (che
l'arrestato  abbia  potuto  comprendere  in  tutti  i suoi elementi -
significato e conseguenze giuridiche - un atto emesso da un'autorita'
di  P.S.),  la  possibilita' del suo arresto e della sua carcerazione
per  aver violato le prescrizioni dell'atto stesso, nonostante questo
fosse  stato redatto in una lingua (seppur astrattamente) sconosciuta
all'interessato: ritenere infatti che chiunque possa aver compreso il
significato  di  un  atto di tale importanza, solo perche' redatto in
piu'  lingue  fra  le  piu'  diffuse  (appunto  inglese,  francese  o
spagnolo),   indipendentemente   dall'aver  verificato  quali  lingue
effettivamente   il   destinatario   possa   conoscere,   costituisce
indubbiamente  una  presunzione  inammissibile in diritto penale e in
contrasto  con  i  principi  di eguaglianza (art. 3 Cost.), legalita'
(art. 13 Cost.) e tassativita' della legge.
    Cio'  appare del tutto evidente con una ipotesi di scuola: ove si
dovesse  notificare  un  decreto di espulsione ai sensi dell'art. 13,
settimo  comma,  che  comporti  per  lui  le  conseguenze restrittive
attualmente  previste  dalla  normativa, ad un cittadino non vedente,
indipendentemente dalla sua lingua o nazionalita', e' chiaro che cio'
sarebbe  e  potrebbe  essere  fatto  solo previa traduzione materiale
dell'atto  in  caratteri  comprensibili  ad un non vedente (braille o
quant'altro),  cioe'  in  una  lingua  appunto  "da  lui conosciuta e
comprensibile",  senza  possibilita'  di  presumere che egli ne abbia
ugualmente avuto cognizione e conoscenza, magari perche' gli e' stato
letto e tradotto "oralmente" nella sua lingua.
    Ugualmente  quindi  deve  ritenersi  che,  ai fini della "legale"
applicazione  di  norme  che  prevedono la restrizione della liberta'
personale,  come conseguenza diretta della violazione di disposizione
contenute  in  provvedimenti  promananti  da  un'autorita' (di p.s. o
giudiziaria  o  amministrativa), vi sia la necessita' e certezza (non
solo  la presunzione), che l'interessato abbia compreso pienamente ed
interamente  le  prescrizioni  violate e contenute nell'atto cartaceo
notificatogli.
    In  conclusione, questo giudice ritiene per i motivi suddetti che
non   sia  manifestamente  infondata  la  questione  di  legittimita'
costituzionale,  in relazione agli artt. 3 e 13 Cost., della norma di
cui  art. 13  settimo  comma,  d.lgs n. 286/1998, laddove non prevede
l'obbligatorieta'   della   traduzione   del  decreto  di  espulsione
notificato  allo  straniero  nella  sua  lingua  madre, ovvero in una
lingua  a  lui  conosciuta,  ma  sulla  base  di  elementi  certi  ed
accertati.
                              P. Q. M.
    Dichiara   non   manifestamente   infondata   la   questione   di
legittimita' costituzionale sollevata e dispone la trasmissione degli
atti alla Corte costituzionale.
        San Dona' di Piave, addi' 3 dicembre 2002
                        Il giudice: Biagetti
03C0296