N. 92 SENTENZA 26 - 28 marzo 2003

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale.

Parametro  del  giudizio  -  Modifica  sopravvenuta  -  Decisione con
  riguardo al testo anteriore alla riforma.
- Legge cost. 18 ottobre 2001, n. 3; Cost., titolo V, parte II.
Termini normativi della questione - Sopravvenute modifiche nelle more
  del  giudizio  - Ininfluenza rispetto a talune censure proposte con
  ricorso della Regione Siciliana.
Imposte  e  tasse  -  Emersione di basi imponibili - Maggiori entrate
  derivanti  dall'applicazione  di  disposizioni  per  incentivare il
  lavoro  irregolare  -  Ricorso  della  Regione  Siciliana - Assunta
  lesione  dell'autonomia  finanziaria  regionale  -  Interpretazione
  della  norma  censurata  alla  luce  delle  norme  statutarie  e di
  attuazione statutaria in materia finanziaria - Non fondatezza della
  questione.
- Legge 23 dicembre 2000, n. 388, art. 5.
- Statuto Regione Siciliana, art. 36; d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074,
  art. 2; Costituzione, artt. 3 e 81, quarto comma.
Imposte  e  tasse  -  Riduzione  delle accise - Crediti di imposta da
  utilizzare  in  compensazione  -  Ricorso della Regione Siciliana -
  Assunta   lesione   dell'autonomia   finanziaria   regionale,   per
  decurtazione del gettito di imposte spettante alla Regione, nonche'
  del principio di eguaglianza - Non fondatezza della questione.
- Legge 23 dicembre 2000, n. 388, artt. 23 e 25.
- Statuto Regione Siciliana, art. 36; d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074,
  art. 2; Costituzione, art. 3.
Imposte  e tasse - Imposte sul reddito - Compartecipazione dei Comuni
  ad una quota del relativo gettito - Ricorso della Regione Siciliana
  -  Assunta  lesione  dell'autonomia  finanziaria  regionale  -  Non
  fondatezza della questione.
- Legge 23 dicembre 2000, n. 388, art. 67.
- Statuto Regione Siciliana, art. 36; d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074,
  art. 2; Costituzione, art. 81, quarto comma.
(GU n.13 del 2-4-2003 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Riccardo CHIEPPA;
  Giudici:  Gustavo  ZAGREBELSKY,  Valerio  ONIDA,  Carlo MEZZANOTTE,
Fernanda   CONTRI,  Guido  NEPPI  MODONA,  Piero  Alberto  CAPOTOSTI,
Annibale   MARINI,  Franco  BILE,  Giovanni  Maria  FLICK,  Francesco
AMIRANTE, Ugo DE SIERVO, Romano VACCARELLA, Paolo MADDALENA;
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio  di legittimita' costituzionale degli artt. 5, 23, 25 e
67 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, recante "Disposizioni per la
formazione  del  bilancio  annuale  e  pluriennale dello Stato (legge
finanziaria  2001)"  promosso  con  ricorso  della Regione siciliana,
notificato  il  27 gennaio  2001,  depositato  in  cancelleria  il 31
successivo ed iscritto al n. 12 del registro ricorsi 2001.
    Visto  l'atto  di  costituzione  del Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  19 novembre  2002  il giudice
relatore Paolo Maddalena;
    Uditi gli avvocati Michele Arcadipane e Giovanni Carapezza Figlia
per  la  Regione  siciliana e l'avvocato dello Stato Giancarlo Mando'
per il presidente del Consiglio dei ministri.

                          Ritenuto in fatto

    1. - La Regione siciliana, con ricorso n. 12 del 2001, notificato
il  27 gennaio  2001  e  depositato  il  successivo  31  gennaio,  ha
sollevato questione di legittimita' costituzionale degli artt. 5, 23,
25  e  67 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, recante "Disposizioni
per  la  formazione  del  bilancio  annuale e pluriennale dello Stato
(legge  finanziaria  2001)",  in  relazione all'art. 36 dello statuto
speciale  della Regione siciliana (r.d. l.gs. 15 maggio 1946, n. 455,
convertito   in   legge   costituzionale   26 febbraio  1948,  n. 2),
all'art. 2  del  d.P.R.  26 luglio 1965, n. 1074 (Norme di attuazione
dello Statuto della Regione siciliana in materia finanziaria), e agli
artt. 3 e 81, quarto comma, della Costituzione.
    1.1. - La  Regione  ricorrente  censura, in primo luogo, l'art. 5
(Emersione  di  basi imponibili e riduzione del carico tributario sui
redditi di impresa), della legge n. 388 del 2000, in virtu' del quale
le  "maggiori  entrate"  - determinate con decreto del Ministro delle
finanze  da  adottare  entro  il 31 marzo 2002 (art. 5, comma 2) "che
risulteranno  dall'aumento delle basi imponibili dei tributi erariali
...  per  effetto  dell'applicazione  delle disposizioni per favorire
l'emersione,  di  cui all'art. 116 della stessa legge, sono destinate
ad un fondo istituito presso lo stato di previsione del Ministero del
tesoro,  del  bilancio e della programmazione economica, finalizzato,
con  appositi  provvedimenti, alla riduzione dell'imposta sul reddito
delle  persone  giuridiche  e  dell'imposta sul reddito delle persone
fisiche  gravanti  sul reddito d'impresa". La riduzione e' effettuata
con   priorita'   temporale   nelle  aree  e  nei  territori  di  cui
all'art. 10, comma 7, della legge medesima.
    Tale  disposizione  sarebbe  lesiva  del  principio  di autonomia
finanziaria  della  Regione  siciliana previsto dallo statuto e dalle
correlate  norme  di  attuazione in materia finanziaria, le quali - a
parte  i  casi  di  "nuove  entrate  tributarie,  il  cui gettito sia
destinato  con  apposite  leggi  alla  copertura  di  oneri diretti a
soddisfare  particolari  finalita'  contingenti  e continuative dello
Stato specificate nelle leggi medesime" - prevedono che spettano alla
Regione siciliana, oltre le entrate dalla stessa deliberate, tutte le
entrate  tributarie erariali riscosse nell'ambito del suo territorio,
dirette o indirette, comunque denominate.
    Nella  specie,  ad  avviso  della Regione, il citato art. 5 della
legge  n. 388  del 2000 non rientra nella deroga sopra richiamata, in
quanto   non  configura  ne'  un'imposta  di  nuova  istituzione  ne'
un'entrata   derivante  da  un  aumento  di  aliquota  di  un'imposta
preesistente,  ma  detta  una specifica disciplina nel presupposto di
una   emersione  di  basi  imponibili,  le  quali,  qualora  tutti  i
contribuenti  avessero correttamente adempiuto gli obblighi tributari
sugli  stessi  gravanti,  avrebbero  gia'  costituito  presupposto di
imposte  di spettanza regionale; pertanto, il riservare allo Stato il
conseguente  gettito,  destinandolo  ad  una  generalizzata riduzione
dell'IRPEG  e dell'IRPEF, determinerebbe un pregiudizio economico per
la  Regione,  poiche', con la disposizione censurata, verrebbe, nella
sostanza,  introdotta  una  sostituzione di un'imposta spettante alla
Regione  medesima  con  una  nuova  fattispecie  tributaria assegnata
viceversa allo Stato. Ulteriore profilo di illegittimita' della norma
deriverebbe  dalla  preventivata  destinazione delle maggiori entrate
alla futura riduzione dell'IRPEG e dell'IRPEF sui redditi di impresa,
con  conseguente percezione da parte della Regione stessa di un minor
gettito,   in   riferimento  a  tributi  statutariamente  di  propria
competenza.
    1.2. - Sempre  in riferimento ai menzionati parametri, la Regione
ricorrente  impugna  gli  artt. 23  (Riduzioni dell'accisa per alcuni
impieghi  agevolati)  e 25 (Agevolazioni sul gasolio per autotrazione
impiegato dagli autotrasportatori) della legge n. 388 del 2000, nella
parte  in  cui  prevedono,  a  favore  di  determinate  categorie  di
contribuenti, agevolazioni mediante crediti di imposta o rimborsi, da
utilizzare  in  compensazione,  ai  sensi  dell'art. 17  del  decreto
legislativo  9 luglio  1997,  n. 241  (Norme di semplificazione degli
adempimenti  dei  contribuenti in sede di dichiarazione dei redditi e
dell'imposta  sul  valore  aggiunto,  nonche'  di modernizzazione del
sistema di gestione delle dichiarazioni).
    La censura regionale si incentra sul rilievo che il sistema della
compensazione  verrebbe  ad  incidere,  per quanto attiene ai tributi
erariali  riscossi nell'ambito della Regione siciliana, su risorse di
pertinenza  della  Regione  medesima  e  configurerebbe,  quindi, una
lesione della sua autonomia finanziaria.
    Sussisterebbe,  inoltre,  ad avviso della Regione, una violazione
del  principio  costituzionale  di  uguaglianza  (art. 3  Cost.), dal
momento che la disposizione in questione, in difetto di una esplicita
previsione  di restituzionealla Regione di un ammontare identico alle
minori  entrate  affluite  all'erario  regionale  per  effetto  delle
compensazioni  operate  dai contribuenti, come avvenuto in precedenti
occasioni  (restituzione  del contributo straordinario per l'Europa),
determinerebbe   nella   specie   una  discriminazione  arbitraria  e
ingiusta.
    1.3. - Da   ultimo,   la   Regione  siciliana  impugna  l'art. 67
(Compartecipazione  al  gettito  IRPEF  per i comuni per l'anno 2002)
della  legge  n. 388  del  2000,  che  rimette alle Regioni a statuto
speciale  l'attuazione  del principio di compartecipazione dei comuni
ad  una  quota del gettito IRPEF territorialmente imputabile in forza
del   domicilio   fiscale   dei  contribuenti,  sostenendo  che  cio'
configurerebbe, a carico della Regione, un onere nuovo, in precedenza
sostenuto  dallo  Stato  e  determinerebbe  uno  squilibrio dei conti
pubblici  regionali  in  dispregio  dell'art. 81, quarto comma, della
Costituzione,  che  impone  il  principio  generale  dell'obbligo  di
copertura delle nuove e maggiori spese.
    2. - Il  Presidente  del  Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  ha  chiesto  che il
ricorso venga respinto in quanto infondato.
    2.1. - In relazione alle censure mosse con riferimento all'art. 5
della  legge  n. 388  del  2000,  la  difesa erariale ritiene che "il
meccanismo  redistributivo  configurato  dalla  norma in esame appare
essere  totalmente  "neutrale"  in  ordine  al  relativo  gettito  di
spettanza  della  Regione  stessa,  che  non  e' destinato a rimanere
comunque   inciso  negativamente".  Peraltro,  sarebbe  nella  specie
ravvisabile   un'ipotesi  di  "nuova  entrata",  poiche'  "tali  sono
incontestabilmente  quelle specificamente considerate e derivanti dal
previsto    aumento    delle    basi    imponibili   in   conseguenza
dell'applicazione  delle  disposizioni  per  favorire l'emersione del
lavoro  irregolare",  entrate "finalizzate dalla legge alla copertura
degli  oneri diretti alla specifica finalita' di riduzione del carico
fiscale  sui  redditi  di impresa, con priorita' temporale nelle zone
disagiate".
    2.2. - Con riferimento alle questioni relative ai citati artt. 23
e  25  della  legge n. 388 del 2000, la difesa erariale ritiene che i
temuti  effetti  di  minor gettito per la Regione siciliana derivanti
dalle previste "compensazioni" ex art. 17 del d.lgs. n. 241 del 1997,
sarebbero   neutralizzati   dalla   norma,  contenuta  nell'art. 158,
comma 2,  della  legge  n. 388  del  2000,  la  quale prevede che "le
disposizioni  della  presente  legge sono applicabili nelle regioni a
statuto  speciale  ...  compatibilmente  con  le norme dei rispettivi
statuti".
    2.3. - In  relazione  all'ultima  censura,  relativa  all'art. 67
della   legge   n. 388   del  2000,  che  introdurrebbe,  secondo  la
prospettazione  regionale,  il principio del finanziamento dei comuni
da  parte  della  Regione in luogo dello Stato, l'Avvocatura generale
ritiene  che  la  norma  non  implichi, con particolare riguardo alla
Sicilia (alla quale continua a competere l'IRPEF riscossa nel proprio
territorio),  la  necessaria  riduzione  delle  risorse  di spettanza
regionale,   in  corrispondenza  con  la  prevista  compartecipazione
comunale al gettito relativo, giacche' il chiaro disposto del comma 6
del    medesimo   articolo 67,   prevede   che   l'attuazione   della
compartecipazione  comunale  all'IRPEF  deve  avvenire in conformita'
alle disposizioni statutarie delle Regioni a statuto speciale, "anche
al  fine della regolazione dei rapporti finanziari tra Stato, Regioni
e comuni".
    2.4. - Nell'imminenza   dell'udienza,   la   difesa  erariale  ha
presentato  memoria,  con  la  quale,  ad integrazione di quanto gia'
dedotto  nell'atto  di  costituzione,  sono  rappresentate  ulteriori
osservazioni.
    Con riferimento alla censura formulata dalla Regione in relazione
all'art. 5  della  legge n. 388 del 2000, l'Avvocatura generale dello
Stato,  nel  sottolineare  le  trasformazioni  introdotte dalla legge
18 ottobre   2001,   n. 383   (Primi   interventi   per  il  rilancio
dell'economia)  -  a  sua  volta oggetto di modifiche per effetto del
decreto-legge  25 settembre  2001,  n. 350  (Disposizioni  urgenti in
vista  dell'introduzione  dell'euro  in  materia  di  tassazione  dei
redditi  di  natura  finanziaria,  di emersione di attivita' detenute
all'estero,  di cartolarizzazione e di altre operazioni finanziarie),
convertito,  con  modificazioni, nella legge 23 novembre 2001, n. 409
-,  ha  posto in evidenza che sulla base dell'intervenuta modifica e'
ora   prevista   una   diversa  finalizzazione  del  fondo,  con  una
destinazione  delle  maggiori  entrate, per una quota, alla riduzione
della   "pressione   contributiva"  e,  per  la  quota  residua,  "al
riequilibrio dei conti pubblici".
    Sul  punto,  l'Avvocatura  sostiene  che,  qualora non si dovesse
ritenere  cessata  la materia del contendere in ordine alla questione
di  cui  all'art. 5  della  legge  n. 388  del  2000,  stante  il ius
superveniens,  si  dovrebbe  comunque  concludere  per l'infondatezza
della questione.
    Infatti,  la  norma  in contestazione, limitandosi a prevedere la
destinazione  delle  maggiori  entrate,  conseguenti  all'incentivato
incremento  delle  basi  imponibili,  al  fondo  istituito  presso il
bilancio  dello Stato non si discosta di per se' da quanto prevede il
richiamato art. 2 del d.P.R. n. 1074 del 1965.
    Ne'  ha  pregio,  secondo  l'Avvocatura,  l'argomentazione  della
Regione  secondo  la  quale  i  maggiori  imponibili gia' esistevano,
almeno  allo  stato  potenziale,  quali  presupposti  dei  tributi di
spettanza  della  Regione, in quanto essi, in realta', erano di fatto
"sommersi"  e pertanto non influenti ai fini della determinazione del
relativo gettito fiscale di spettanza regionale.
    In  ordine  alla  censura riferita agli artt. 23 e 25 della legge
n. 388  del  2000, l'Avvocatura ritiene che essa sia da rigettare, in
quanto le impugnate disposizioni, anche in relazione alla clausola di
cui  all'art. 158,  comma 2, della legge n. 388 del 2000, secondo cui
"le  disposizioni della presente legge sono applicabili nelle regioni
a  statuto  speciale  ... compatibilmente con le norme dei rispettivi
statuti", escludono che possa esser posto in discussione il principio
dell'integrita'   del   gettito  delle  imposte  erariali  localmente
riscosse spettanti alla Regione.
    In  ordine  all'ultima  censura  riferita all'art. 67 della legge
n. 388  del  2000,  la  difesa  erariale  ritiene  che  la  paventata
decurtazione  del gettito di spettanza regionale per la necessita' di
finanziare   i   comuni   siciliani,  in  luogo  dello  Stato,  senza
contestuale copertura del relativo onere, sia infondata.
    Infatti,  il  comma 6 dell'art. 67, da leggere in coerenza con la
piu'  generale  disposizione  di  compatibilita' di cui all'art. 158,
comma 2,  della  medesima legge n. 388 del 2000, enuncia un principio
opposto  a  quello  prospettato  dalla  Regione; e cioe' quello della
neutralita'  finanziaria  della compartecipazione comunale al gettito
IRPEF nei riguardi della Sicilia, tenuto anche conto della previsione
di     "regolazioni    finanziarie",    conseguenti    alla    stessa
compartecipazione  comunale,  tra  i  tre  diversi livelli di governo
coinvolti (Stato, Regioni e comuni).

                       Considerato in diritto

    1. - In  via  preliminare,  occorre  rilevare  che  il ricorso in
epigrafe  e' stato proposto anteriormente all'entrata in vigore della
legge  costituzionale  18 ottobre  2001,  n. 3 (Modifiche al titolo V
della parte seconda della Costituzione), talche' si pone la questione
circa  l'influenza  del  nuovo  titolo  V  della  parte seconda della
Costituzione  in  relazione  all'odierno  giudizio.  Va  qui ribadito
l'orientamento gia' espresso da questa Corte con le sentenze n. 422 e
n. 376  del  2002, in base alle quali la questione deve essere decisa
avendo  riguardo  esclusivamente alle disposizioni costituzionali nel
testo anteriore alla riforma.
    2. - Le  questioni  proposte  con  il ricorso investono, in primo
luogo,  l'art. 5 (Emersione di basi imponibili e riduzione del carico
tributario  sui  redditi  di  impresa)  della legge 23 dicembre 2000,
n. 388,  recante "Disposizioni per la formazione del bilancio annuale
e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2001)"; secondo il quale
le   "maggiori  entrate  che  risulteranno  dall'aumento  delle  basi
imponibili  dei  tributi  erariali  ... per effetto dell'applicazione
delle  disposizioni  per  favorire  l'emersione,  di cui all'art. 116
della  stessa  legge,  sono destinate ad un fondo istituito presso lo
stato  di  previsione  del Ministero del tesoro, del bilancio e della
programmazione   economica  [ora,  Ministero  dell'economia  e  delle
finanze],  finalizzato,  con  appositi  provvedimenti, alla riduzione
dell'imposta  sul reddito delle persone giuridiche e dell'imposta sul
reddito  delle  persone  fisiche  gravanti sul reddito d'impresa". La
riduzione  e'  effettuata  con  priorita'  temporale nelle aree e nei
territori  di cui all'art. 10, comma 7, della legge medesima, e cioe'
nei  territori individuati dall'art. 4 della legge n. 388 del 2000, e
nelle aree di cui all'obiettivo 1 del regolamento del Consiglio della
comunita'  europea  n. 1260/1999, del 21 giugno 1999. Ai commi 2 e 3,
lo  stesso  articolo 5 prevede poi che con decreto del Ministro delle
finanze  vengono determinate le maggiori entrate di cui al precedente
comma 1,  derivanti  dall'emersione  del lavoro irregolare, e che, in
relazione  alle  stime  del  maggior gettito cosi' determinato, viene
disposta,  a  decorrere  dal  2002,  la  riduzione delle imposte come
previsto dal medesimo comma 1.
    La  disposizione  in  esame  -  come anche quelle contenute negli
artt. 23,  25  e  67 della legge n. 388 del 2000 - viene censurata in
relazione  all'art. 36 dello statuto speciale della Regione siciliana
(r.d.lgs.    15 maggio   1946,   n. 455,   convertito   nella   legge
costituzionale  26 febbraio  1948,  n. 2)  ed  all'art. 2  del d.P.R.
26 luglio  1965,  n. 1074  (Norme  di  attuazione dello Statuto della
Regione  siciliana in materia finanziaria), nonche' in relazione agli
artt. 3 e 81, quarto comma, della Costituzione.
    2.1. - Per  quanto riguarda l'art. 5 della legge n. 388 del 2000,
occorre  rilevare,  che  nelle  more  della trattazione del giudizio,
profonde  modifiche sono state apportate dalla legge 18 ottobre 2001,
n. 383 (Primi interventi per il rilancio dell'economia).
    Tale   legge   ha  dettato  nuove  disposizioni  per  incentivare
l'emersione  del  lavoro  sommerso,  ed  in  particolare,  al comma 6
dell'art. 1  della  legge n. 383 del 2001, ha confermato che "restano
fermi,  in  alternativa,  per  gli  interessati, i regimi connessi ai
piani  di  riallineamento  retributivo  e  di  emersione  del  lavoro
irregolare" di cui all'art. 116 della legge n. 388 del 2000.
    La  stessa  legge,  al  comma 8  dell'art. 1 - che e' stato, poi,
sostituito  dall'art. 21, comma 1-bis, del decreto-legge 25 settembre
2001,   n. 350   (Disposizioni  urgenti  in  vista  dell'introduzione
dell'euro in materia di tassazione dei redditi di natura finanziaria,
di emersione di attivita' detenute all'estero, di cartolarizzazione e
di  altre  operazioni finanziarie), aggiunto, in sede di conversione,
dalla  legge  23 novembre  2001,  n. 409  - ha confermato la prevista
affluenza  al  fondo  delle  maggiori  entrate derivanti dal recupero
della  base  imponibile  connessa  ai  programmi  di emersione, ed ha
disposto  l'abrogazione  dei  commi 2  e  3  del  medesimo art. 5. In
secondo  luogo,  ha previsto che il fondo di cui al citato art. 5 sia
destinato,  non  piu' alla riduzione dell'IRPEG e dell'IRPEF, ma alla
riduzione  della  pressione  contributiva e al riequilibrio dei conti
pubblici. Infine, l'art. 3, comma 4, della medesima legge ha disposto
che  con  decreto  ministeriale,  da  emettere  sentita la Conferenza
unificata  di  cui all'art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997,
n. 281   (Definizione   ed   ampliamento   delle  attribuzioni  della
Conferenza  permanente  per  i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le
Province autonome di Trento e Bolzano ed unificazione, per le materie
ed  i compiti di interesse comune delle regioni, delle province e dei
comuni,  con  la  Conferenza  Stato-citta' ed autonomie locali), sono
determinate  le regolazioni contabili degli effetti finanziari per lo
Stato,  le Regioni e gli enti locali conseguenti all'attuazione delle
disposizioni di cui al citato art. 1 della legge medesima.
    Il   quadro   normativo,   come   si  nota,  appare  notevolmente
modificato.  Se  e' vero, infatti, che viene confermata la previsione
di  un  apposito fondo destinato ad essere alimentato con le maggiori
entrate  risultanti  sia  dall'aumento  che  dal  recupero delle basi
imponibili,  connesso  ai programmi di emersione, e' altrettanto vero
che  viene modificata la finalizzazione del fondo stesso, il quale, a
decorrere  dall'entrata  in  vigore  della  nuova  legge, non e' piu'
diretto  alla  riduzione  dell'IRPEG  e dell'IRPEF, ma alla riduzione
della pressione contributiva ed al riequilibrio dei conti pubblici.
    Sennonche',  le  modifiche  intervenute  non  sono  tali  da  far
superare tutte le censure mosse dalla Regione siciliana. Infatti, se,
a  partire  dalla  nuova  legge,  non puo' piu' prendersi in esame il
motivo  secondo  il  quale la Regione subirebbe un pregiudizio per la
destinazione  del  fondo  alla  riduzione  dell'IRPEG  e  dell'IRPEF,
sopravvive,  invece,  la  censura  secondo  la  quale "il considerare
riservato  allo Stato il conseguente gettito" risultante dall'aumento
delle  basi  imponibili per effetto delle disposizioni sull'emersione
"comporta  un  pregiudizio  economico  per  la  regione violandone le
attribuzioni in materia finanziaria", talche' non v'e' spazio per una
pronunzia  preclusiva  dell'esame del merito della questione medesima
(sentenza n. 1031 del 1988).
    2.2.  -  Passando  al  merito  della censura, la questione non e'
fondata.
    Certamente, come afferma la Regione, il caso in esame non rientra
nella  previsione  di  cui  all'art. 2  del  d.P.R. n. 1074 del 1965,
secondo  la  quale  spettano  alla  Regione tutte le entrate riscosse
nell'ambito  del proprio territorio "ad eccezione delle nuove entrate
tributarie  il  cui  gettito  sia  destinato  con apposite leggi alla
copertura   di  oneri  diretti  a  soddisfare  particolari  finalita'
contingenti  o  continuative  dello  Stato  specificate  nelle  leggi
medesime".
    Infatti,   non   si  tratta  nella  specie  di  "nuove  entrate",
considerato che il maggior gettito in questione deriva - in relazione
ai  contratti di riallineamento retributivo di cui all'art. 116 della
legge  n. 388  del 2000 - dall'emersione di pagamenti di tributi gia'
dovuti,  che  hanno  la  loro  fonte "nelle previgenti, ed invariate,
disposizioni  che  li disciplinano" (sentenza n. 198 del 1999), e non
da  una  nuova  imposta  o  dall'aumento  dell'aliquota di un'imposta
preesistente  o  comunque da un atto impositivo nuovo (sentenza n. 49
del 1972).
    La  censurata  norma va letta in riferimento alla disposizione di
cui  all'art. 158, comma 2, della stessa legge finanziaria n. 388 del
2000,  secondo la quale le norme in questione "sono applicabili nelle
regioni  a  statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di
Bolzano compatibilmente con le norme dei rispettivi statuti".
    La   questione  proposta  dalla  Regione  siciliana  si  risolve,
pertanto,   nell'ambito   interno   all'interpretazione  della  legge
denunciata,  la  quale  non  prevede  e  non  consente,  essa stessa,
l'attribuzione allo Stato di entrate tributarie erariali in contrasto
con  le norme statutarie e di attuazione in materia finanziaria della
Regione (sentenza n. 430 del 1996).
    A cio' va aggiunto che ad escludere la fondatezza della doglianza
regionale  vi  e'  anche  la disposizione di cui all'art. 3, comma 4,
della legge 18 ottobre 2001, n. 383 (Primi interventi per il rilancio
dell'economia),  la  quale  prevede  che con decreto ministeriale, da
emettere   sentita  la  Conferenza  unificata,  sono  determinate  le
regolazioni  contabili  degli  effetti  finanziari  per  lo Stato, le
Regioni   e   gli   enti  locali,  conseguenti  all'attuazione  delle
disposizioni  in parola. Il che significa che la Regione non ha nulla
da  temere  anche  per  il caso in cui, in sede di applicazione della
normativa,  dovessero  in concreto rilevarsi riduzioni del gettito di
sua  spettanza, poiche', appunto, in tal caso, ben potra' provvedersi
attraverso  regolazioni  contabili  per  far  conseguire alla Regione
quanto  di  pertinenza  (sentenza  n. 138  del  1999,  punto  16  del
considerato in diritto).
    3. - Passando  all'esame delle questioni riferite agli artt. 23 e
25 della legge n. 388 del 2000, occorre rilevare, in via preliminare,
che,  nelle  more della trattazione del giudizio, talune disposizioni
del  citato  art. 25  sono state modificate dall'art. 1, comma 5, del
decreto-legge  30  giugno 2001,  n. 246  (Disposizioni  in materia di
accise  sui prodotti petroliferi, di modalita' di presentazione delle
dichiarazioni  periodiche  IVA, nonche' di differimento di termini in
materia  di  spesa  farmaceutica e di contributo unificato sugli atti
giudiziari),  convertito,  con  modificazioni,  nella  legge 4 agosto
2001,  n. 330, e dall'art. 8 del decreto-legge 1 ottobre 2001, n. 356
(Interventi   in   materia   di  accise  sui  prodotti  petroliferi),
convertito, con modificazioni, nella legge 30 novembre 2001, n. 418.
    Anche  in  questo  caso,  il quadro normativo sopravvenuto non e'
tale da modificare sostanzialmente le norme oggetto di censura.
    Infatti, la principale disposizione di cui al citato art. 25, che
al   comma 4   prevede,   a   favore   di  determinate  categorie  di
contribuenti,  il  rimborso  di  quanto  spettante "anche mediante la
compensazione di cui all'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio
1997, n. 241 e successive modificazioni", e' rimasta immutata.
    Non   sussistono   pertanto   i  presupposti  per  una  pronunzia
preclusiva dell'esame del merito della medesima questione.
    3.1. - Nel merito le censure non sono fondate.
    Ritiene  la  Regione  che  gli  artt. 23  e 25 della citata legge
finanziaria  n. 388  del 2000 siano lesivi della sua autonomia, nella
parte in cui i medesimi, dopo aver disposto la riduzione delle accise
-  imposte  riservate  allo  Stato,  gravanti su prodotti petroliferi
destinati  ad  alcuni  impieghi  (autovetture da noleggio da piazza e
autoambulanze,  ex  art. 23,  sostitutivo  dei  punti  12  e 13 della
tabella  A  allegata  al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504,
recante  "Testo  unico  delle disposizioni legislative concernenti le
imposte  sulla  produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e
amministrative")  o  utilizzati da alcuni soggetti (autotrasportatori
ex  art. 25)  -, prevedono, rispettivamente, che le agevolazioni sono
concesse   anche   mediante  crediti  di  imposta  da  utilizzare  in
compensazione,  ai  sensi  dell'art. 17  del  d.lgs. n. 241 del 1997,
ovvero  mediante  rimborsi, da utilizzare anch'essi in compensazione,
ai  sensi  del  medesimo  articolo.  Con cio', secondo la ricorrente,
verrebbe indebitamente decurtato il gettito dei tributi di pertinenza
della  stessa  Regione, con pregiudizio dell'autonomia finanziaria di
quest'ultima.  Inoltre,  tale decurtazione del gettito determinerebbe
una  discriminazione  arbitraria  ed  ingiusta  ai danni della stessa
Regione e violerebbe l'art. 3 della Costituzione.
    Il  problema  va inquadrato nell'ambito del cosiddetto versamento
unitario  dei  tributi,  introdotto  dal  citato  decreto legislativo
n. 241  del  1997  -  menzionato,  come  si  e'  visto,  dagli stessi
articoli 23  e  25  in  esame  -,  il  quale  prevede  un  sistema di
versamenti  unitari  delle  imposte  e  delle altre somme dovute allo
Stato,  alle  Regioni  ed  agli  enti previdenziali, con facolta' per
tutti  i  contribuenti  di operare la compensazione dei crediti. Tale
sistema  prevede  infatti una successiva attivita' tecnico-contabile,
da  parte  di  un'apposita  struttura  di gestione, individuata nella
Agenzia  delle  entrate  (cfr.  art. 22  del d.lgs. n. 241 del 1997),
volta  a  ricondurre  al  lordo  le  somme  riguardo  alle  quali  il
contribuente  si  sia  avvalso  della  facolta' di compensazione, e a
consentire,  in  tempi tecnici compatibili, le necessarie regolazioni
finanziarie sulle contabilita' di pertinenza, a copertura delle somme
compensate  dai  contribuenti (sentenza n. 156 del 2002). In pratica,
l'Agenzia   delle   entrate   procede,  con  cadenza  quotidiana,  al
riversamento  a  tutti gli enti destinatari, ivi comprese le Regioni,
delle somme relative ai tributi di rispettiva spettanza.
    Ed e' evidente che in questo ambito trova soluzione anche l'altra
questione,  adombrata  dalla  Regione, relativa a presunti pregiudizi
derivabili  da  possibili  ritardi,  tenuto  conto  che, nell'attuale
configurazione   delle   modalita'   per   l'attribuzione  agli  enti
destinatari  delle  somme  a  ciascuno  di  essi  spettanti  (decreto
ministeriale  22 maggio 1998, n. 183), non puo' dirsi ravvisabile uno
iato  di significato apprezzabile tra minore entrata e riconoscimento
della relativa spettanza regionale (sentenza n. 405 del 2000).
    E'  da  aggiungere  che  le  leggi di bilancio per il 2001 (legge
23 dicembre 2000, n. 389, recante "Bilancio di previsione dello Stato
per  l'anno  finanziario  2001 e bilancio pluriennale per il triennio
2001-2003")  e  per  il 2002 (legge 28 dicembre 2001, n. 449, recante
"Bilancio  di  previsione  dello  Stato per l'anno finanziario 2002 e
bilancio  pluriennale  per  il  triennio 2002-2004") - nelle quali e'
prevista   una  apposita  unita'  previsionale  di  base  nell'ambito
dell'allegata   tabella   numero   2   -   consentono,  comunque,  la
possibilita'  del  ricorso  a regolazioni contabili tra lo Stato e la
Regione siciliana.
    Deve dunque concludersi su questo punto affermando che non esiste
una lesione delle norme costituzionali invocate.
    4. - Infine,  ad  avviso  della  Regione siciliana sarebbe lesivo
della  sua  autonomia  anche l'art. 67 della citata legge finanziaria
n. 388    del    2000.   Tale   disposizione,   nel   prevedere   una
compartecipazione   dei  comuni  ad  una  quota  del  gettito  IRPEF,
territorialmente  imputabile  alla  Regione  in  forza  del domicilio
fiscale  dei  contribuenti,  prefigurerebbe un'attribuzione ai comuni
della Regione siciliana di quote di gettito tributario spettanti alla
Regione  medesima,  violando,  in  tal modo, le norme statutarie e di
attuazione  dello  statuto  stesso,  poste  a garanzia dell'autonomia
della  Regione e determinando in particolare uno squilibrio dei conti
pubblici  regionali  in  contrasto con l'art. 81, quarto comma, della
Costituzione, nell'accezione della finanza pubblica allargata.
    4.1. - Anche l'art. 67, nelle more della definizione del ricorso,
e'  stato oggetto di modifiche legislative, per effetto dell'art. 25,
comma 5,  della legge 28 dicembre 2001, n. 448, recante "Disposizioni
per  la  formazione  del  bilancio  annuale e pluriennale dello Stato
(legge  finanziaria  2002)"  e  dell'art. 31,  comma 9,  della  legge
27 dicembre 2002, n. 289, recante "Disposizioni per la formazione del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2003)".
    Tuttavia, anche in questo caso le intervenute modifiche non hanno
variato sostanzialmente le norme oggetto di censura.
    Infatti,  e'  rimasto pressoche' immutato il comma 6, che rimette
alle  Regioni a statuto speciale, e tra esse, alla Regione Siciliana,
l'attuazione  delle  disposizioni in materia di compartecipazione dei
comuni  ad una quota del gettito IRPEF territorialmente imputabile in
forza   del   domicilio   fiscale   dei  contribuenti.  Le  modifiche
intervenute   riguardano  prevalentemente  il  comma 3  del  medesimo
art. 67,  nella  parte  in  cui estende la predetta compartecipazione
all'IRPEF  per  i comuni, oltre che per il 2002, come originariamente
previsto, anche per il 2003.
    Si  deve  dunque  ritenere  che permane l'interesse della Regione
ricorrente alla definizione del presente giudizio.
    4.2. - Nel merito, la questione non e' fondata.
    Secondo  la  Regione  siciliana,  la  disposizione  censurata  si
porrebbe  in  contrasto,  sia  con  gli  artt. 36 dello statuto della
Regione  siciliana  e 2 del d.P.R. 1074 del 1965, di attuazione dello
statuto   medesimo,   per  violazione  del  principio  dell'autonomia
finanziaria  regionale,  sia,  in  particolare, con l'art. 81, quarto
comma,   della   Costituzione,  in  quanto  la  norma  in  questione,
prefigurando  una  riduzione  delle risorse di propria competenza per
l'attuazione  della compartecipazione dei comuni siciliani al gettito
IRPEF  senza  indicare  i  mezzi  con cui fare fronte al nuovo onere,
determinerebbe uno squilibrio dei conti pubblici della Regione.
    Tale doglianza non ha, pero', motivo di esistere.
    Infatti,  il  comma 6  dell'art. 67  della  legge n. 388 del 2000
prevede  che  all'attuazione  del sistema della compartecipazione dei
comuni  all'IRPEF  si  provvede  "in  conformita'  alle  disposizioni
contenute"  negli statuti regionali, "anche al fine della regolazione
dei  rapporti  finanziari  tra  Stato,  regioni e comuni". Si tratta,
dunque,  di una clausola di salvaguardia la quale opera nel senso che
la  regolazione finanziaria dei rapporti tra Stato, Regione Siciliana
e  comuni  dovra'  essere  effettuata in modo che non si determinino,
comunque,  effetti  negativi  o  squilibri  per  la finanza regionale
siciliana.
    Come  si  nota,  la  determinazione  delle  concrete modalita' di
attuazione  del  "sistema  delle compartecipazioni", tenuto conto del
complesso intreccio dei rapporti esistenti in materia (sentenza n. 66
del  2001),  e'  rimessa  all'iniziativa  dello Stato e della Regione
Siciliana. Ed e' ovvio che all'attuazione di tale disposizione dovra'
provvedersi  nel  rispetto  del  principio  costituzionale  di  leale
cooperazione (sentenza n. 98 del 2000).
    In  quanto  tale, la norma in esame non appare costituzionalmente
illegittima   e  lesiva  degli  interessi  finanziari  della  Regione
Siciliana.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara  non fondate le questioni di legittimita' costituzionale
degli  artt. 5,  23,  25  e  67 della legge 23 dicembre 2000, n. 388,
recante  "Disposizioni  per  la  formazione  del  bilancio  annuale e
pluriennale  dello  Stato  (legge finanziaria 2001)", sollevate dalla
Regione  siciliana,  in  relazione all'art. 36 dello statuto speciale
della  Regione siciliana (r.d.lgs. 15 maggio 1946, n. 455, convertito
in  legge  costituzionale  26 febbraio  1948,  n. 2),  all'art. 2 del
d.P.R.  26 luglio  1965,  n. 1074  (Norme di attuazione dello Statuto
della  Regione siciliana in materia finanziaria) e agli artt. 3 e 81,
quarto comma, della Costituzione, con il ricorso in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 26 marzo 2003.
                       Il Presidente: Chieppa
                       Il redattore: Maddalena
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 28 marzo 2003.
               Il direttore della cancelleria:Di Paola
03C0328