N. 96 SENTENZA 26 - 28 marzo 2003

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale.

Parametri  del  giudizio  -  Sopravvenuta  modifica  -  Decisione con
  riguardo alla originaria formulazione delle norme evocate.
- Costituzione, artt. 117 e 118; legge cost. 18 ottobre 2001, n. 3.
Ambiente  (tutela  dell') - Gestione dei rifiuti urbani - Istituzione
  di  osservatori  provinciali,  senza  oneri  a carico della finanza
  pubblica  -  Ricorso  della  Regione  Veneto  -  Lamentata indebita
  formulazione   di   norme   di  dettaglio,  anziche'  dei  principi
  fondamentali   spettanti   alla  competenza  dello  Stato,  nonche'
  attribuzione  diretta  alle  Province di funzioni amministrative di
  interesse   non   esclusivamente  locale  -  Non  fondatezza  della
  questione.
- Legge 23 marzo 2001, n. 93, art. 10, comma 5.
- Costituzione, artt. 117, primo comma, e 118, primo comma.
Ambiente  (tutela  dell') - Gestione dei rifiuti urbani - Istituzione
  di  osservatori  provinciali  -  Ricorso  della  Regione  Veneto  -
  Lamentata  violazione  del  principio di efficienza ed economicita'
  degli uffici istituendi - Inammissibilita' della questione.
- Legge 23 marzo 2001, n. 93, art. 10, comma 5.
- Costituzione, art. 97, primo comma.
(GU n.13 del 2-4-2003 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Riccardo CHIEPPA;
  Giudici:  Gustavo  ZAGREBELSKY,  Valerio  ONIDA,  Carlo MEZZANOTTE,
Fernanda   CONTRI,  Guido  NEPPI  MODONA,  Piero  Alberto  CAPOTOSTI,
Annibale   MARINI,  Franco  BILE,  Giovanni  Maria  FLICK,  Francesco
AMIRANTE,  Ugo  DE  SIERVO, Romano VACCARELLA, Paolo MADDALENA, Alfio
FINOCCHIARO;
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel   giudizio   di   legittimita'  costituzionale  dell'articolo 10,
comma 5,  della  legge  23 marzo  2001,  n. 93 (Disposizioni in campo
ambientale),  promosso con ricorso della Regione Veneto notificato il
3 maggio  2001, depositato in cancelleria il 9 successivo ed iscritto
al n. 26 del registro ricorsi 2001.
    Visto  l'atto  di  costituzione  del Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  17 dicembre  2002  il giudice
relatore Carlo Mezzanotte;
    Uditi  l'avvocato  Salvatore  Di  Mattia  per la Regione Veneto e
l'avvocato  dello Stato Franco Favara per il Presidente del Consiglio
dei ministri.

                          Ritenuto in fatto

    1. - Con  ricorso ritualmente notificato e depositato, la Regione
Veneto   ha   promosso   questione   di  legittimita'  costituzionale
dell'articolo 10,   comma 5,   della   legge   23 marzo  2001,  n. 93
(Disposizioni  in  campo ambientale), nella parte in cui "impone alle
Province  di  istituire  degli  osservatori  provinciali sui rifiuti,
senza   oneri   aggiuntivi   a   carico   della   finanza  pubblica",
denunciandone il contrasto con gli artt. 117, primo comma, 118, primo
comma e 97, primo comma, della Costituzione.
    La  ricorrente  premette  che  con  la legge regionale 21 gennaio
2000, n. 3 (Nuove norme in materia di gestione dei rifiuti), adottata
in  seguito al decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 (Attuazione
delle  direttive  91/156/CEE  sui  rifiuti,  91/689/CEE  sui  rifiuti
pericolosi e 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio),
ha istituito, presso l'Agenzia regionale di prevenzione dell'ambiente
del  Veneto  (ARPAV)  - sezione di Castelfranco Veneto, una struttura
denominata  "Osservatorio  regionale sui rifiuti". Tale struttura, il
cui  funzionamento  ha richiesto e richiede notevoli oneri in termini
finanziari e di risorse umane, provvede ad una pluralita' di compiti,
tra i quali quelli di gestione della sezione regionale del catasto di
cui   all'art. 11,   comma 2,   del   d.lgs.   n. 22   del  1997,  di
organizzazione  della  raccolta  e  dell'elaborazione  dei dati sulla
gestione dei rifiuti urbani e speciali, nonche' di collaborazione con
gli  enti  locali  per l'organizzazione e l'elaborazione della "banca
dati regionale".
    Cio'  nonostante  -  osserva  la  ricorrente  - e' intervenuto il
denunciato  art. 10,  comma 5,  della  legge  n. 93  del 2001, che ha
imposto  alle Province l'istituzione, senza oneri aggiuntivi a carico
della finanza pubblica, di "Osservatori Provinciali sui rifiuti".
    Ad   avviso   della   difesa   regionale   la   norma   censurata
contrasterebbe,  in  primo  luogo,  con gli artt. 117, primo comma, e
118,  primo  comma,  Cost.,  giacche'  "lo  Stato  non ha la potesta'
legislativa  di  imporre l'istituzione di Osservatori Provinciali sui
rifiuti,  in  quanto si tratta di normativa di dettaglio". Secondo la
ricorrente  non potrebbe dubitarsi, alla luce della normativa vigente
e  degli  orientamenti  espressi dalla giurisprudenza costituzionale,
che  la materia della tutela dell'ambiente dagli inquinamenti rientri
nell'elenco  dell'art. 117,  terzo comma, Cost. e che, dunque, spetti
alle  Regioni una potesta' legislativa concorrente, in relazione alla
quale  lo  Stato  potrebbe  formulare solo i principi generali. Nella
specie,  prosegue  la  ricorrente,  la  disciplina statale che impone
l'istituzione  di  osservatori  provinciali sui rifiuti costituirebbe
normativa  di  dettaglio,  come  sarebbe comprovato dal fatto che con
essa  non si viene soltanto a configurare, in astratto, un obbligo di
raccogliere  dati  sui  rifiuti  e  di  trasmetterli all'osservatorio
nazionale  di  cui  all'art. 26  del  d.lgs.  n. 22  del  1997, ma si
perviene   anche  a  "scegliere  la  Provincia  quale  ente  pubblico
obbligato  ed  il  territorio  provinciale  quale ambito territoriale
ottimale  di  riferimento dei dati". L'ulteriore riprova che lo Stato
non  avrebbe  la  potesta'  legislativa  di  imporre l'istituzione di
osservatori  provinciali  sui  rifiuti  - prosegue la ricorrente - si
ricaverebbe  dalla  circostanza  che  l'art. 85 del d.lgs. n. 112 del
1998,  nel  settore  della tutela del suolo dai rifiuti, ha riservato
allo  stesso  le  sole funzioni amministrative gia' attribuitegli dal
d.lgs.  n. 22  del  1997,  e  tra  queste figurerebbero unicamente le
funzioni  e  gli  uffici  -  suscettibili  di  essere disciplinati in
dettaglio   dallo   Stato   -   dell'osservatorio  nazionale  di  cui
all'art. 26 del medesimo decreto.
    La  ricorrente  lamenta  altresi'  la  violazione  del  principio
fondamentale, di cui all'art. 118, primo coma, Cost., che consente di
attribuire   direttamente  agli  enti  locali  le  sole  funzioni  di
interesse   esclusivamente   locale,  tra  le  quali  non  potrebbero
ritenersi incluse quelle dell'osservatorio provinciale.
    Precisa  al  riguardo  la  Regione  che  l'espressione "interesse
esclusivamente  locale"  utilizzata dall'art. 118 Cost., in virtu' di
una   interpretazione   sistematica   condotta  in  riferimento  alla
dimensione  della  popolazione,  del  territorio  e  della  struttura
organizzativa  degli  enti  locali  e desumibile da una pluralita' di
norme,  indurrebbe  a  reputare che lo Stato possa attribuire a detti
enti   soltanto  funzioni  e  uffici,  da  un  lato,  preordinati  al
perseguimento di interessi pubblici affidati esclusivamente agli enti
locali  stessi e, dall'altro, esercitabili - proprio in ragione delle
dimensioni  della  popolazione,  del  territorio  e  della  struttura
organizzativa - con sufficiente razionalita' ed efficienza.
    Con  cio'  si  sostiene  che,  in  riferimento  agli  osservatori
provinciali sui rifiuti, l'attivita' di raccolta ed elaborazione dati
sarebbe  volta a soddisfare interessi pubblici affidati anche ad enti
diversi dalla Provincia e principalmente alla Regione per l'esercizio
delle   funzioni   programmatorie   concernenti  l'intero  territorio
regionale. Inoltre, le dimensioni della popolazione, del territorio e
della  struttura  organizzativa  delle  Province,  assume  la Regione
Veneto,  non sarebbero tali da garantire uno svolgimento razionale ed
efficiente  dell'attivita'  di  raccolta  dati sui rifiuti, non fosse
altro  perche'  alle  medesime  viene imposto di reperire le relative
risorse   finanziarie   "all'interno   delle  entrate  attuali,  gia'
insufficienti  ed  inadeguate  addirittura per i tradizionali compiti
dell'Ente".  Peraltro,  che  la  dimensione regionale sia quella piu'
idonea  a  garantire  la razionalita' ed efficienza nell'attivita' di
raccolta ed elaborazione dati sui rifiuti sarebbe confermato, secondo
la ricorrente, nell'art. 11 del d.lgs. n. 22 del 1997, che ha imposto
l'istituzione di sezioni regionali del Catasto nazionale dei rifiuti.
    La  Regione  si  duole  infine  della  violazione  del  principio
fondamentale,  di  cui  all'art. 97,  primo  comma,  Cost.,  del buon
andamento   dell'attivita'  amministrativa,  sotto  i  profili  della
razionalita',  efficienza  ed  economicita',  quali obiettivi che, in
riferimento  alle funzioni e agli uffici di osservatorio sui rifiuti,
solo la Regione sarebbe in grado di assicurare.
    Quanto  ai  principi di razionalita' ed efficienza dell'attivita'
amministrativa,  la  ricorrente  osserva  che  la  Regione dispone di
maggiori  risorse  e  quindi  possiede  gli  strumenti  necessari per
svolgere al meglio le attivita' di osservatorio.
    In  riferimento  poi  al  principio  di  economicita' dell'azione
amministrativa,  si  rammenta  quanto gia' evidenziato nella premessa
del ricorso e cioe' lo svolgimento da piu' di tre anni dell'attivita'
di  osservatorio regionale sui rifiuti, con notevoli oneri in termini
finanziari  e  di  risorse  umane.  Sicche',  ove  si  imponesse alle
Province  di  istituire strutture analoghe, si avrebbe "un'inutile ed
ingiustificata duplicazione di organismi e di spesa pubblica".
    Del  resto,  si  argomenta nel ricorso, che la Regione sia l'ente
piu'   idoneo   a   garantire   la   razionalita',   l'efficienza   e
l'economicita'  dell'attivita' di raccolta e di elaborazione dati sui
rifiuti  troverebbe conferma nel fatto che l'art. 11 del d.lgs. n. 22
del  1997  ha  imposto l'istituzione proprio di sezioni regionali del
Catasto  nazionale dei rifiuti. Pertanto, ad avviso della ricorrente,
per  superare  la dedotta incostituzionalita' della norma denunciata,
la   si   dovrebbe   interpretare  nel  senso  che  l'istituzione  di
osservatori  provinciali sui rifiuti sia imposta esclusivamente nelle
Regioni che non abbiano gia' attivato osservatori regionali.
    2. - Si e' costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,   il   quale   ha   chiesto  che  il  ricorso  sia  dichiarato
inammissibile ovvero, in ogni caso, respinto.
    La  difesa  erariale osserva, anzitutto, che, prima ancora che la
Regione Veneto provvedesse ad emanare un'organica legge in materia di
gestione  dei  rifiuti (legge regionale n. 3 del 2001), lo Stato, con
l'art. 26  del citato d.lgs. n. 22 del 1997, si era gia' dotato di un
osservatorio nazionale sui rifiuti e all'assenza di "sedi periferiche
per il supporto dell'attivita' di osservatorio nazionale", e cioe' di
una  "rete" di corrispondenti per la raccolta dei dati sul territorio
nazionale,  ha  posto  rimedio  il denunciato art. 10, comma 5, della
legge   n. 93   del  2001,  il  quale,  facendo  ricorso  "al  modulo
organizzativo  dell'avvalimento",  ha chiamato a collaborare gli enti
Province.  Si  tratterebbe,  ad  avviso dell'Avvocatura, di soluzione
organizzativa  -  nel  quadro  di una armoniosa cooperazione tra enti
territoriali  -  razionale,  economica  e  di  "buon  senso", proprio
perche'  sulle  Province  ricadono  i  compiti  piu'  impegnativi  in
materia.  Del  resto,  argomenta  la parte resistente, l'informazione
ambientale   ha   assunto   rilevanza  costituzionale  nel  senso  di
rappresentare  uno  strumento indispensabile per la tutela del valore
"ambiente",  in connessione con i principi costituzionali dell'azione
preventiva  e  di  precauzione; tant'e' che non si e' ritenuta lesiva
delle  competenze  regionali  la  pretesa  dello  Stato  di  ottenere
informazioni  dalla  Regione  stessa o da altri enti finalizzate alla
protezione del paesaggio.
    Nondimeno,   rammenta   ancora   la   difesa   dello   Stato,  la
giurisprudenza costituzionale (in particolare, la sentenza n. 356 del
1994)  ha  sottolineato  l'importanza del ruolo affidato alle agenzie
per  la  protezione  dell'ambiente per rendere agevole ed omogenea la
raccolta  e l'elaborazione di dati e di informazioni sulla situazione
ambientale,  in  forza  dell'esigenza  "di  omogeneita' dei metodi di
rilevazione  e  di elaborazione da adottare", anche per il necessario
collegamento  tra  i  sistemi  informativi  di  carattere nazionale e
quelli predisposti a livello comunitario.
    L'Avvocatura  evidenzia  quindi come la Regione ricorrente non si
dolga  dell'incostituzionalita'  dell'art. 26  del  d.lgs.  n. 22 del
1997,  che  ha  istituito  l'osservatorio  nazionale sui rifiuti, ne'
contesti  l'esigenza  di  dotare  detto  osservatorio  di una rete di
"terminali   locali",  esprimendo,  invero,  la  preferenza  per  una
differente  soluzione  organizzativa  e  cioe'  per  l'avvalimento di
strutture   regionali   anziche'  provinciali;  preferenza  originata
proprio  dal  fatto  che  nel  Veneto  e'  gia'  stato  istituito  un
osservatorio regionale sui rifiuti. Tutto cio' indurrebbe a ritenere,
secondo  la  difesa erariale, che i primi due motivi del ricorso, che
offrono  sostegno  a  detta  "preferenza",  siano "esorbitanti e poco
pertinenti".  Da  un lato infatti, il legislatore statale non avrebbe
posto  una  norma  di  "dettaglio",  cui  la  Regione  e'  tenuta  ad
attenersi,  bensi' avrebbe inteso fornire una soluzione organizzativa
"ad  una  esperienza  propria  (ossia  dello  Stato)", come quella di
supportare  localmente  l'attivita'  dell'osservatorio  nazionale dei
rifiuti;  dall'altro,  essa  denoterebbe  una  certa  ostilita' verso
qualsiasi  rapporto  "diretto"  tra  Stato (in senso stretto) ed enti
locali,  contrastando  implicitamente i principi di cooperazione e di
sussidiarieta' di cui all'art. 4, comma 3, della legge n. 59 del 1997
e  la  norma  di principio enunciata dall'art. 4, comma 3, del d.lgs.
18 agosto  2000,  n. 267  (Testo  unico  delle leggi sull'ordinamento
degli  enti  locali).  Non vi sarebbe peraltro, secondo l'Avvocatura,
alcuna  norma  costituzionale che inibisca "allo Stato di colloquiare
ed  interagire  direttamente  con  gli  enti  locali"  e cio' sarebbe
particolarmente  evidente nel settore della tutela dell'ambiente, che
piu'  di  altri  e'  ispirato  alla  sussidiarieta',  integrazione  e
cooperazione  fra  diversi  livelli di governo e nel quale sono stati
superati  "modelli rigidi improntati alla garanzia e alla separazione
delle reciproche sfere di competenza".
    In  riferimento  poi  alla  doglianza che prospetta la violazione
dell'art. 97   Cost.,   la  difesa  erariale  ne  sostiene  anzitutto
l'inammissibilita'  -  non  superabile  neppure  facendo ricorso alla
generica  evocazione  del  canone di razionalita' - giacche' con essa
sarebbero  state  dedotte soltanto considerazioni di opportunita'. In
ogni caso la doglianza stessa sarebbe, per le medesime argomentazioni
svolte, manifestamente infondata.

                       Considerato in diritto

    1. - Viene    all'esame    della    Corte    la    questione   di
costituzionalita'  dell'articolo 10,  comma 5,  della  legge 23 marzo
2001,  n. 93  (Disposizioni  in  campo  ambientale), denunciato dalla
Regione  Veneto nella parte in cui "impone alle Province di istituire
degli  osservatori  provinciali sui rifiuti, senza oneri aggiuntivi a
carico della finanza pubblica".
    Nel  premettere  che  con  legge  della Regione Veneto 21 gennaio
2000,  n. 3 (Nuove norme in materia di gestione dei rifiuti) e' stato
istituito   l'osservatorio   regionale  sui  rifiuti,  la  ricorrente
sostiene  che  la disposizione censurata contrasterebbe anzitutto con
gli   articoli 117,   primo   comma,   e   118,  primo  comma,  della
Costituzione,  violando  il  principio  fondamentale secondo cui allo
Stato,  nelle  materie  oggetto  di  potesta'  legislativa  regionale
concorrente,  spetta  unicamente  stabilire i principi fondamentali e
non  gia'  il potere di formulare norme di dettaglio, quali sarebbero
invece quelle contenute nella disposizione denunciata.
    Sussisterebbe  inoltre  la violazione dell'art. 118, primo comma,
Cost.,  giacche'  lo  Stato non potrebbe attribuire direttamente alle
Province  funzioni  amministrative  quando,  come nel caso di specie,
tali funzioni non siano di interesse esclusivamente locale.
    Sarebbe  infine leso anche l'art. 97, primo comma, Cost., perche'
"l'esercizio  delle  funzioni  e  degli  uffici  di  osservatorio sui
rifiuti  da  parte  delle  Province  e' meno razionale, efficiente ed
economico di quanto realizzerebbe la Regione".
    2. - Poiche'   il   ricorso   e'   stato  proposto  anteriormente
all'entrata  in  vigore  della  legge costituzionale 18 ottobre 2001,
n. 3  (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione),
gli  evocati  artt. 117 e 118 Cost., secondo quanto gia' affermato da
questa  Corte  in piu' occasioni (tra le altre, si vedano le sentenze
n. 422  e  n. 376  del  2002),  devono  essere  applicati  nella loro
originaria formulazione.
    Cio'  chiarito,  la  questione  e'  in parte infondata e in parte
inammissibile.
    3. - Per  meglio  comprendere  la  portata  delle  censure  della
ricorrente  occorre  richiamare,  sia  pure per sommi capi, il quadro
normativo entro il quale esse si collocano.
    3.1. - In  tema  di  tutela  dell'ambiente  l'art. 69 del decreto
legislativo  31 marzo  1998,  n. 112,  attuativo  della delega di cui
all'art. 1, comma 4, lettera c), della legge 15 marzo 1997, n. 59, ha
riservato  allo  Stato  "i  compiti  di rilievo nazionale", enumerati
espressamente dal comma 1 alle lettere da a) a p), e "le attivita' di
vigilanza,   sorveglianza,   monitoraggio   e   controllo"   ad  essi
finalizzate (comma 3).
    Alle  Regioni  ed  agli  enti locali sono state quindi conferite,
secondo  quanto  disposto  dal  successivo art. 70, tutte le restanti
funzioni amministrative.
    Il  medesimo d.lgs. n. 112 del 1998, nel disciplinare la gestione
dei  rifiuti  (sezione  V), ha posto, nell'art. 85, quale criterio di
attribuzione  delle  funzioni  e dei compiti la riserva allo Stato di
quelli  gia'  indicati  nel  d.lgs.  5 febbraio  1997,  n. 22, il cui
art. 18   enumerava,  tra  le  altre,  le  funzioni  di  indirizzo  e
coordinamento, di pianificazione generale e coordinamento (e cioe' di
determinazione  dei  criteri  generali  per la elaborazione dei piani
regionali),  nonche'  di organizzazione e di predisposizione di norme
tecniche.
    Identificati   i   compiti   di   rilievo   nazionale   riservati
esclusivamente  allo  Stato,  lo  stesso  d.lgs.  n. 22  del  1997 ha
attribuito  alle  Regioni,  all'art. 19,  le  funzioni  inerenti alla
programmazione  mediante  la  predisposizione  dei  piani  regionali,
l'elaborazione e l'approvazione dei piani di bonifica, la definizione
dei  criteri  per  la  localizzazione  degli impianti di smaltimento,
mentre  ha demandato alle Province, all'art. 20, le funzioni relative
all'individuazione   delle  zone  idonee  alla  localizzazione  degli
impianti  di  smaltimento  e recupero, le funzioni di controllo sulla
complessiva attivita' di gestione, di intermediazione e commercio dei
rifiuti.   Le   stesse  Province  sono  state  altresi'  qualificate,
nell'art. 23,  come  "ambiti  territoriali  ottimali"  (ATO)  per  la
gestione dei rifiuti urbani.
    3.2. - Il  delineato  quadro  normativo e l'articolato riparto di
attribuzioni  che  ne  risulta  forniscono conferma del fatto che nel
valore  costituzionale dell'ambiente sono raccolti ed intrecciati tra
loro    interessi    molteplici   che   mettono   capo a   competenze
differenziate, distribuite tra enti locali, Regioni e Stato, al quale
spettano  soltanto  funzioni  che  richiedono una disciplina uniforme
sull'intero territorio nazionale.
    Proprio   in   vista   di   tali   esigenze   unitarie  l'art. 26
dell'anzidetto  d.lgs.  n. 22  del  1997  ha istituito l'osservatorio
nazionale, organismo rivolto a garantire l'attuazione della normativa
sui  rifiuti,  "con  particolare  riferimento  alla prevenzione della
produzione  della  quantita'  e  della  pericolosita'  dei rifiuti ed
all'efficacia,  all'efficienza ed all'economicita' della gestione dei
rifiuti,  degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio, nonche' alla
tutela della salute pubblica e dell'ambiente".
    L'art. 26  attribuisce  specificamente all'osservatorio nazionale
la  vigilanza  sulla gestione dei rifiuti, l'elaborazione di proposte
di intervento nella materia, la raccolta di dati statistici: compiti,
questi,  che sono indubbiamente espressione, nel settore della tutela
dall'inquinamento   da   rifiuti,   delle   funzioni   di  vigilanza,
sorveglianza,  monitoraggio  e  controllo,  che il ricordato art. 69,
comma 3,  del  d.lgs.  n. 112 del 1998 riserva, in via generale, allo
Stato.
    3.3. - Nel sistema normativo del quale si sono riassunte le linee
portanti, come era a suo tempo non controvertibile che il legislatore
statale  fosse  competente  a  realizzare  un  osservatorio nazionale
investito  di  funzioni  di  vigilanza  e  che  fra  i propri compiti
annoverasse   anche  quello  di  definire  e  tenere  permanentemente
aggiornato  "un  quadro  di  riferimento  sulla  prevenzione  e sulla
gestione dei rifiuti" [art. 26, lettere a) e b), del d.lgs. n. 22 del
1997], cosi' ora deve essere ritenuto altrettanto sicuro il fatto che
appartiene   allo   Stato,   come   espressione  della  sua  potesta'
organizzativa,  la  scelta  del modello sulla base del quale ordinare
l'attivita'  dell'osservatorio  nazionale.  E la individuazione di un
modello  a  rete, quale quello previsto dalla disposizione censurata,
rientra appieno tra le possibili opzioni riservate allo Stato, ne' il
coinvolgimento  degli  enti  locali  nelle  funzioni di monitoraggio,
controllo e programmazione che gli sono proprie, viola alcun precetto
costituzionale.  L'apporto  di  questi  ultimi,  e  delle Province in
particolare,  per  l'acquisizione e l'elaborazione dei necessari dati
di  conoscenza utilizzabili a livello nazionale, si fonda infatti sul
principio  di  leale  cooperazione,  mentre  la  individuazione della
Provincia,  anziche'  della Regione, quale ente gravato di tale onere
collaborativo  si  giustifica  alla  luce del riparto di attribuzioni
sopra delineato.
    E'  certo vero che proprio in tema di gestione dei rifiuti, nella
disciplina  introdotta  dal  d.lgs.  n. 22 del 1997, le Regioni hanno
assunto  un ruolo cruciale. Basti pensare alle importanti funzioni di
programmazione  loro  conferite: in sede di predisposizione dei piani
regionali,  nel  promuovere la riduzione della quantita' dei volumi e
della pericolosita' dei rifiuti, esse stabiliscono la tipologia degli
impianti  di smaltimento e di recupero, determinano le condizioni e i
criteri  tecnici  per  la loro localizzazione nelle aree destinate ad
insediamenti  produttivi.  Tuttavia  gli ambiti territoriali ottimali
per  la  gestione  dei  rifiuti  urbani restano le Province; ed e' ad
esse,   come  ricordato,  che  spettano  le  funzioni  amministrative
relative  all'individuazione  delle  zone  idonee alla localizzazione
degli  impianti di smaltimento e recupero e quelle di controllo sulla
complessiva attivita' di gestione, di intermediazione e commercio dei
rifiuti.
    Non  meraviglia,  allora, che la Provincia sia stata scelta quale
primo   segmento   della   rete   dell'osservatorio   nazionale   per
l'assunzione,  la  raccolta  e la trasmissione di dati di conoscenza.
Tale  opzione  e'  infatti  del  tutto  coerente  con  indirizzi gia'
presenti  nella  disciplina  legislativa e ne costituisce il naturale
sviluppo  senza alterare in alcun modo l'assetto costituzionale delle
autonomie.  Le  Regioni  continuano  a  essere titolari dei poteri di
programmazione  e,  ove  previsti,  di  gestione  nel loro ambito; le
Province   conservano   integre   le   proprie  competenze.  La  sola
"innovazione"  introdotta  dalla  legge  consiste  nel fatto che quel
patrimonio   di  conoscenze  che  le  Province  stesse  possiedono  o
acquisiscono  nel  quotidiano  esercizio delle funzioni loro proprie,
quali  ambiti  territoriali  ottimali  per  la  gestione  dei rifiuti
urbani,  viene  impiegato  anche  per  soddisfare  le esigenze cui e'
preordinata   l'istituzione   dell'osservatorio  nazionale.  Si  trae
conferma  di  cio'  se  si  considera  che la disposizione denunciata
richiede  che  l'attivita' di supporto alle funzioni di monitoraggio,
di programmazione e di controllo spettanti all'osservatorio nazionale
venga  svolta  dalle  Province "senza oneri aggiuntivi a carico della
finanza  pubblica".  Tale  espressione non va intesa, come suppone la
ricorrente,  nel  senso  che  le  Province  siano  gravate  di  nuove
incombenze senza la conseguente provvista dei mezzi per farvi fronte,
ma  sta  a  significare che ad esse non sono imposti oneri finanziari
addizionali  rispetto  a  quelli  cui  sono gia tenute in forza della
legislazione  vigente.  In un quadro di cooperazione con lo Stato, la
disposizione  impugnata  esige  che  i  dati acquisiti dalle Province
nell'esercizio  delle  loro  funzioni, con i mezzi e col personale di
cui  sono gia' dotate, siano posti a disposizione dello Stato ai fini
del  monitoraggio,  della  vigilanza e della programmazione sul piano
nazionale.
    L'art. 10,   comma 5,   lungi   dall'incidere   sulle  competenze
riservate  alla  Regione  dall'art. 19 del d.lgs. n. 22 del 1997, non
esclude  che  per  il  miglior  esercizio  delle  stesse possa essere
istituito un osservatorio su base regionale, come appunto ha ritenuto
di  fare  la  Regione  Veneto  con  la legge regionale n. 3 del 2000.
Sarebbe   d'altronde  pienamente  compatibile  con  l'istituzione  di
osservatori provinciali una disciplina regionale che prevedesse forme
di  raccordo  con  i  compiti ad essi devoluti, secondo uno schema al
quale  la  ricorrente  ha  gia'  mostrato  di  ispirarsi, giacche' la
menzionata  legge  regionale,  all'art. 5,  valorizza  l'attivita' di
collaborazione   con   gli   enti   locali   per  l'organizzazione  e
l'elaborazione della "banca dati regionale".
    In  conclusione,  non e' pertinente il richiamo che la ricorrente
fa  all'art. 117 Cost. per sostenere che non compete allo Stato porre
una  disciplina  di  dettaglio  quale  sarebbe  quella del denunciato
art. 10,  comma 5,  della  legge  n. 93  del  2001. Ferma l'esclusiva
riserva  allo  Stato  dell'istituzione  dell'osservatorio  nazionale,
nella  presente  fattispecie  non  viene  posta  alcuna disciplina di
dettaglio  ma,  sulla  premessa del naturale esercizio da parte delle
Province   delle   competenze   ad  esse  attribuite  dalla  legge  e
dell'osservanza  del principio di leale collaborazione, si fa gravare
sulle  Province  medesime il solo onere di consentire anche a livello
nazionale  l'utilizzazione  dei dati di conoscenza raccolti in ambito
locale.  Del  resto, se l'istituzione di organismi tecnici deputati a
svolgere  attivita' di raccolta ed elaborazione dati non comporta, di
per  se',  la lesione delle attribuzioni costituzionali delle Regioni
(sentenze  n. 412  e  n. 356  del  1994), a maggior ragione non viola
quelle  attribuzioni  una disposizione che si limiti a porre a carico
delle  Province  la trasmissione di dati gia' rilevati nell'esercizio
dei compiti ad esse devoluti dalla ricordata legislazione in materia.
Di  qui  pure  l'inconferenza del richiamo all'art. 118, primo comma,
Cost.,  evocato  dalla  ricorrente  a  sostegno del secondo motivo di
censura.
    4. - Inammissibile  e'  infine  il  motivo  di censura con cui si
denuncia  la  violazione dell'art. 97, primo comma, Cost., atteso che
esso,  per  come  prospettato,  riguarda  la valutazione della scelta
legislativa  in termini di efficienza ed economicita', rendendo cosi'
palese  l'estraneita'  della  doglianza  all'oggetto  del giudizio di
legittimita' costituzionale promovibile dalla Regione.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    1) Dichiara    non   fondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale  dell'articolo 10, comma 5, della legge 23 marzo 2001,
n. 93  (Disposizioni  in campo ambientale), sollevata, in riferimento
agli   articoli 117,   primo   comma,   e  118,  primo  comma,  della
Costituzione,  dalla  Regione  Veneto  con  il  ricorso  indicato  in
epigrafe;
    2)   Dichiara   inammissibile   la   questione   di  legittimita'
costituzionale   dello   stesso  articolo 10,  comma 5,  della  legge
23 marzo  2001,  n. 93,  sollevata,  in  riferimento all'articolo 97,
primo comma, della Costituzione, dalla Regione Veneto con il medesimo
ricorso.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 26 marzo 2003.
                       Il Presidente: Chieppa
                      Il redattore: Mezzanotte
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 28 marzo 2003.
               Il direttore della cancelleria:Di Paola
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