N. 98 SENTENZA 26 - 28 marzo 2003

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Atto   di  rimessione  della  questione  -  Asserita  contraddittoria
  motivazione - Eccezione di inammissibilita' - Infondatezza.
Imposta  comunale  sull'incremento di valore degli immobili (INVIM) -
  Base   imponibile   -  Immobili  esenti  dall'imposta  decennale  -
  Individuazione del valore iniziale in quello della data di acquisto
  -   Lamentata   violazione   del   principio  di  eguaglianza,  per
  trattamento  analogo  di  situazioni  disomogenee  - Non fondatezza
  della questione.
- D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, art. 6, settimo comma.
- Costituzione, artt. 3 e 53.
(GU n.13 del 2-4-2003 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Riccardo CHIEPPA;
  Giudici:  Gustavo  ZAGREBELSKY,  Valerio  ONIDA,  Carlo MEZZANOTTE,
Fernanda   CONTRI,  Guido  NEPPI  MODONA,  Piero  Alberto  CAPOTOSTI,
Annibale   MARINI,  Franco  BILE,  Giovanni  Maria  FLICK,  Francesco
AMIRANTE,  Ugo  DE  SIERVO, Romano VACCARELLA, Paolo MADDALENA, Alfio
FINOCCHIARO;
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 6, settimo
comma,  del  decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972,
n. 643  (Istituzione  dell'imposta comunale sull'incremento di valore
degli  immobili),  promosso  con  ordinanza  del 10 luglio 2001 dalla
Commissione  tributaria  provinciale  di  Milano sul ricorso proposto
dalla  Ge Power Controls Holding Italia s.p.a. contro l'Agenzia delle
entrate  Ufficio del registro di Milano 1 - Atti privati, iscritta al
n. 210  del  registro  ordinanze  2002  e  pubblicata  nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 20, 1a serie speciale, dell'anno 2002.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera  di consiglio del 15 gennaio 2003 il giudice
relatore Annibale Marini.

                          Ritenuto in fatto

    1. - Con  ordinanza del 10 luglio 2001, depositata il 27 novembre
2001,  la  Commissione tributaria provinciale di Milano ha sollevato,
in  riferimento  agli  artt. 3  e 53 della Costituzione, questione di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 6, settimo comma, del decreto
del  Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 643 (Istituzione
dell'imposta comunale sull'incremento di valore degli immobili).
    Nel giudizio a quo, avente ad oggetto l'impugnazione di un avviso
di  accertamento  INVIM,  la  societa'  ricorrente lamenta che taluni
immobili,   esenti   dall'INVIM   decennale  ai  sensi  dell'art. 25,
lettera d),  del d.P.R. n. 643 del 1972, in considerazione della loro
natura  di  beni  strumentali,  siano stati assoggettati all'INVIM da
trasferimento,  in  quanto  oggetto  di  un  atto  di conferimento di
azienda, assumendo come valore iniziale, ai fini della determinazione
della  base  imponibile,  quello  della  data dell'acquisto invece di
quello  riferibile  alla  scadenza  dell'ultimo  decennio di possesso
ininterrotto  dei  beni  stessi con conseguente vanificazione, in tal
modo,  sempre  ad  avviso  della  medesima  ricorrente, del beneficio
dell'esenzione  dei  beni  strumentali  dall'INVIM decennale e la sua
trasformazione in una mera sospensione dell'imposizione.
    Il rimettente - pur condividendo nella sostanza le argomentazioni
della  societa'  ricorrente  -  osserva  che la normativa vigente non
contempla   "alcuna   diversita'   nella  determinazione  della  base
imponibile    applicabile   con   riferimento   agli   immobili   che
beneficiavano  dell'esenzione  d'imposta" di cui si tratta, cosicche'
correttamente  l'ente impositore avrebbe assunto come valore iniziale
quello riferibile alla data di acquisto dei beni.
    Ne  risulterebbe  tuttavia  violato  -  ad  avviso  del  medesimo
rimettente  -  il  principio  di  eguaglianza  tributaria di cui agli
artt. 3  e  53  della  Costituzione, in quanto posizioni contributive
sostanzialmente  disomogenee, come "quella del contribuente che perda
il  beneficio  dell'esenzione  dall'INVIM  decennale  di cui godeva e
quella  del  contribuente  che  di tale beneficio non ha mai goduto",
verrebbero  ad essere disciplinate in modo analogo, oltretutto con un
ingiustificato aggravio fiscale per il contribuente gia' beneficiario
dell'esenzione.
    2. - E'  intervenuto  in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,   concludendo   per  la  declaratoria  di  inammissibilita'  o
infondatezza della questione.
    Ad avviso della parte pubblica, l'ordinanza di rimessione sarebbe
contraddittoria  -  cosi'  da  rendere la questione inammissibile per
difetto  di  rilevanza  -  in  quanto  il  giudice  a quo mostrerebbe
chiaramente   di  condividere  l'assunto  della  societa'  ricorrente
secondo   la   quale  il  plusvalore  dell'immobile  strumentale,  al
compimento  del  decennio, sarebbe comunque da considerare "tassato",
pur  mancando la percezione del tributo. Muovendo da tale premessa lo
stesso  giudice,  secondo  l'Avvocatura, avrebbe dovuto coerentemente
accogliere   il  ricorso  e  non  gia'  sollevare  una  questione  di
legittimita' costituzionale.
    Si  tratterebbe,  peraltro, di una premessa ermeneutica del tutto
implausibile,    non   potendo   dubitarsi   -   ad   avviso   ancora
dell'Avvocatura  - che la "precedente tassazione", cui fa riferimento
l'art. 6,   primo   comma,   del  d.P.R.  n. 643  del  1972  ai  fini
dell'individuazione  del  valore iniziale dell'immobile, debba essere
"una   tassazione  effettiva  e  non  meramente  eventuale".  Con  la
conseguenza che, in caso di alienazione di immobile esente, in quanto
strumentale,  dall'INVIM decennale, il valore iniziale da prendere in
considerazione  per  determinare  la  base  imponibile  dell'INVIM da
trasferimento   dovrebbe   essere  quello  riferibile  alla  data  di
acquisto.
    Nel  merito,  la questione sarebbe comunque infondata, risultando
la  disciplina censurata del tutto ragionevole, ove si tenga presente
il  carattere  unitario  del  tributo,  a  prescindere dalle distinte
modalita'  applicative  previste  dagli artt. 2 e 3 del d.P.R. n. 643
del 1972, ed il principio di continuita' ad esso inerente.
    La  soluzione  prospettata dal rimettente - oltre a richiedere un
intervento  inammissibilmente  manipolativo  - introdurrebbe, d'altro
canto,   ad   avviso   ancora   dell'Avvocatura,  una  disciplina  di
ingiustificato  favore  per  gli  immobili strumentali appartenenti a
societa'  rispetto a quelli appartenenti ad imprenditori individuali,
rimanendo   questi   ultimi,  diversamente  dai  primi,  assoggettati
all'INVIM da trasferimento secondo le regole generali.

                       Considerato in diritto

    1. - La  Commissione  tributaria provinciale di Milano dubita, in
riferimento  agli artt. 3 e 53 della Costituzione, della legittimita'
costituzionale dell'art. 6, settimo comma, del decreto del Presidente
della  Repubblica  26 ottobre  1972, n. 643 (Istituzione dell'imposta
comunale  sull'incremento  di  valore degli immobili), nella parte in
cui - in applicazione del principio generale espresso dal primo comma
dello  stesso  art. 6 - individua come valore iniziale, ai fini della
determinazione  della  base  imponile  dell'INVIM,  per  gli immobili
esenti  dall'INVIM  decennale  ai  sensi dell'art. 25, secondo comma,
lettera d),  del  medesimo  d.P.R.,  quello  della  data  di acquisto
piuttosto  che  quello della data di scadenza dell'ultimo decennio di
possesso.
    Tale  disposizione  si  porrebbe  in  contrasto  -  ad avviso del
rimettente  -  con  il principio di eguaglianza tributaria, in quanto
sottoporrebbe   ad   un   analogo   trattamento   fiscale   posizioni
contributive  sostanzialmente disomogenee, quali sarebbero quella del
contribuente   che   perde  il  beneficio  dell'esenzione  dall'INVIM
decennale  di  cui in precedenza godeva e quella del contribuente che
di tale beneficio non ha, invece, mai goduto.
    2. - Va preliminarmente disattesa l'eccezione di inammissibilita'
sollevata     dall'Avvocatura     in     ragione    della    asserita
contraddittorieta' della motivazione dell'ordinanza di rimessione.
    Il    rimettente    aderisce,   infatti,   in   modo   inequivoco
all'orientamento  ermeneutico  -  non  implausibile e del resto ormai
consolidato  nella  giurisprudenza di legittimita' - secondo il quale
la  norma  impugnata  non  puo'  che  essere  interpretata  nel senso
prospettato    dall'ente    impositore    e,   laddove   afferma   la
"condivisibilita'"  delle  argomentazioni  della societa' ricorrente,
intende  evidentemente riferirsi non alla possibilita' di una diversa
interpretazione  -  che  appunto esclude - bensi' alla sostanza delle
critiche  mosse  dalla  medesima  ricorrente  riguardo  alla  pretesa
iniquita'   delle   conseguenze   che  dalla  disposizione  censurata
discenderebbero.
    3. - Nel merito, la questione non e' fondata.
    Premesso  il  carattere  unitario dell'imposta sull'incremento di
valore degli immobili, pur se applicabile con due distinte modalita',
va  rilevato  che  la  modalita' applicativa prevista dall'art. 3 del
decreto  istitutivo  dell'INVIM  per  gli  immobili appartenenti alle
societa'   (la   cosiddetta   INVIM  decennale)  si  aggiunge,  senza
sostituirla,  a  quella  prevista dal precedente art. 2, come risulta
palese  dal  tenore  letterale  della norma, secondo cui l'imposta si
applica   ai   suddetti   immobili   "oltre  che  nei  casi  previsti
dall'articolo  precedente,  al  compimento  di ciascun decennio dalla
data dell'acquisto".
    Va  altresi'  evidenziata,  in conformita' alla giurisprudenza di
legittimita',  la  finalita'  sostanzialmente  antielusiva dell'INVIM
decennale,  il cui fondamento risiede nella circostanza che, nel caso
di  immobili  intestati  a societa', gli stessi effetti pratici della
cessione   dell'immobile   possono   essere   raggiunti  mediante  il
trasferimento  di  quote  o  azioni  societarie, cosi' sfuggendo alla
modalita' applicativa basata sul trasferimento dell'immobile.
    Deve  percio'  ritenersi  che  l'esenzione dall'imposta (rectius:
dalla  modalita'  applicativa)  di  cui  all'art. 3  (ma non anche da
quella  di  cui  all'art. 2)  degli  incrementi  di  valore  dei beni
strumentali,  disposta  dall'art. 25,  secondo comma, lettera d), del
d.P.R.  n. 643  del  1972, trovi la sua principale giustificazione in
una    non    irragionevole   valutazione   del   legislatore   circa
l'insussistenza, riguardo a tali immobili, di un effettivo rischio di
elusione,  cosi'  da rendere sufficiente il loro assoggettamento - al
pari  di  quelli  appartenenti  alle  persone  fisiche  -  alla  sola
modalita' applicativa di cui all'art. 2.
    Se  tale  e'  la ratio della esenzione di cui si tratta, non puo'
allora  dubitarsi  della  coerenza sistematica della norma censurata,
la'  dove  prevede  che,  in  caso  di  trasferimento  degli immobili
strumentali, ai fini della determinazione della base imponibile debba
assumersi  come  valore  iniziale  quello  della data di acquisto. E'
questa,  infatti,  una  logica  conseguenza della scelta, operata dal
legislatore,  di  assoggettare  i  suddetti immobili al solo prelievo
all'atto del loro trasferimento, e non anche al prelievo periodico.
    La  tesi  del  rimettente  -  secondo  cui  sarebbero in tal modo
sottoposte   ad   un   trattamento  fiscale  sostanzialmente  analogo
situazioni  non omogenee, quali sarebbero quella del contribuente che
perde  il  beneficio  dell'esenzione  dall'INVIM  decennale di cui in
precedenza godeva e quella del contribuente che di tale beneficio non
ha  invece  mai  goduto  - si rivela percio' destituita, in fatto, di
qualsiasi fondamento, nel senso che il trattamento fiscale resta, nei
due  casi, diverso. Mentre, infatti, per gli immobili non strumentali
appartenenti alle societa', l'imposta e' applicata, oltre che in caso
di  trasferimento, anche allo scadere di ciascun decennio, per quelli
strumentali  l'obbligo  di  pagamento  sorge  -  come  per le persone
fisiche   -   solamente   in  occasione  di  un  atto  volontario  di
trasferimento,  in  cio' solo sostanziandosi l'esenzione riconosciuta
dall'art. 25, secondo comma, lettera d).
    Che  l'ammontare  dell'imposta  applicata con le modalita' di cui
all'art. 2  del decreto istitutivo possa poi risultare - a parita' di
ogni  altra  condizione  - uguale o superiore alla somma dei prelievi
decennali ex art. 3 e' circostanza di mero fatto, irrilevante ai fini
del giudizio di legittimita' costituzionale e comunque tutt'altro che
incompatibile  con  la  ratio di una disciplina che - diversamente da
quanto  il  rimettente  ritiene - non e' sicuramente finalizzata, per
quanto  sin  qui  osservato,  a sottrarre a qualsiasi imposizione gli
incrementi di valore riferibili agli immobili strumentali.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara  non fondata la questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 6,   settimo   comma,  del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica 26 ottobre 1972, n. 643 (Istituzione dell'imposta comunale
sull'incremento  di valore degli immobili), sollevata, in riferimento
agli  artt. 3  e  53 della Costituzione, dalla Commissione tributaria
provinciale di Milano con l'ordinanza in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 26 marzo 2003.
                       Il Presidente: Chieppa
                        Il redattore: Marini
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 28 marzo 2003.
               Il direttore della cancelleria:Di Paola
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