N. 31 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 27 marzo 2003

Ricorso  per  questione  di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 27 marzo 2003 (della Regione Veneto)

Impiego  pubblico - Piano di formazione del personale delle pubbliche
  amministrazioni   -   Dovere  di  predisposizione  annuale  secondo
  contenuti  predeterminati  ed  obbligo  per  gli «enti pubblici non
  economici»  di trasmissione al Dipartimento della funzione pubblica
  e al Ministero dell'economia - Denunciata violazione dell'autonomia
  regionale  -  Invasione  della  competenza legislativa residuale in
  materia di ordinamento del personale delle Regioni.
- Legge  16  gennaio 2003, n. 3, art. 4 (che aggiunge l'art. 7-bis al
  decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165).
- Costituzione,  artt. 114, 117, commi secondo, lett. g), e quarto, e
  118 (nonche' 2, 3, 5, 81, 97, 119 e 120).
Impiego  pubblico - Norme in materia di mobilita' del personale delle
  pubbliche   amministrazioni   -  Procedura  per  l'assegnazione  di
  personale   in   disponibilita',   o  interessato  da  processi  di
  mobilita',  alle  amministrazioni statali e regionali che intendano
  bandire  concorsi  per  la  copertura di posti vacanti - Obbligo di
  dare  preventiva  comunicazione  dell'esigenza di nuove assunzioni,
  sospensione  delle  procedure  concorsuali,  obbligo di assumere il
  personale  assegnato  e  nullita'  delle  assunzioni  effettuate in
  violazione  delle  suddette  prescrizioni  - Denunciata esorbitanza
  dalle competenze legislative spettanti allo Stato - Invasione della
  potesta'  legislativa  residuale  in  materia  di  ordinamento  del
  personale regionale - Incidenza sull'autonomia amministrativa delle
  Regioni.
- Legge  16  gennaio 2003, n. 3, art. 7, comma 1 (che aggiunge l'art.
  34-bis al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165).
- Costituzione,  artt. 114, 117, commi secondo, lett. g), e quarto, e
  118 (nonche' 2, 3, 5, 81, 97, 119 e 120).
Impiego  pubblico - Norme in materia di utilizzazione degli idonei di
  pubblici  concorsi - Denunciata possibile violazione dell'autonomia
  legislativa e amministrativa regionale.
- Legge 16 gennaio 2003, n. 3, art. 9.
- Costituzione,  artt. 114, 117 e 118 (nonche' 2, 3, 5, 81, 97, 119 e
  120).
Ricerca  scientifica  -  Istituti  di  ricovero  e  cura  a carattere
  scientifico - Delega al Governo per la trasformazione in fondazioni
  ed  attribuzione  al  Ministro  della salute (sentita la Conferenza
  permanente  per i rapporti Stato-Regioni) del potere di individuare
  l'organizzazione  a  «rete»  degli  istituti dedicati a particolari
  discipline   -  Denunciata  invasione  della  potesta'  legislativa
  regionale concorrente in materia di tutela della salute - Carattere
  dettagliato   della  emananda  disciplina  delegata  -  Esorbitanza
  dall'ambito  dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i
  diritti  civili  e  sociali, nonche' dalle esigenze di rispetto del
  principio  di eguaglianza - Violazione dell'autonomia legislativa e
  amministrativa regionale.
- Legge 16 gennaio 2003, n. 3, artt. 42 e 43.
- Costituzione,  artt.  114, 117, commi secondo, lett. m), e terzo, e
  118 (nonche' 2, 3, 5, 81, 97, 119 e 120).
Farmacia  - Norme di semplificazione in materia di sedi farmaceutiche
  -  Farmacie  convenzionate  in gestione provvisoria - Conseguimento
  della  titolarita'  da parte del gestore in presenza di determinati
  requisiti  -  Disciplina  dettagliata  della  relativa  procedura -
  Denunciata  invasione delle competenze legislative e amministrative
  regionali in materia di tutela della salute.
- Legge 16 gennaio 2003, n. 3, art. 46.
- Costituzione,  artt. 114, 117 e 118 (nonche' 2, 3, 5, 81, 97, 119 e
  120).
(GU n.21 del 28-5-2003 )
    Ricorso  della  Regione del Veneto, in persona del presidente pro
tempore  della  giunta  regionale, autorizzato mediante deliberazione
della  giunta  stessa  10 marzo 2003, n. 580, rappresentata e difesa,
come  da  procura  speciale  a  margine del presente atto, dagli avv.
prof.  Maria  Bertolissi  di  Padova, Romano Morra di Venezia e Luigi
Manzi  di  Roma,  presso  quest'ultimo  domiciliata  in  Roma, via E.
Confalonieri 5,
    Contro  il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  presso  la quale e'
domiciliato  ex  lege,  in  Roma,  via  dei Portoghesi, n. 12, per la
declaratoria  di  illegittimita'  costituzionale per violazione degli
artt. 2,  3,  5,  81,  97,  114,  117,  118,  119 e 120 Cost. - degli
artt. 4, 7, 9, 42, 43 e 46 della legge 16 gennaio 2003, n. 3, recante
«Disposizioni  ordinamentali in materia di pubblica amministrazione»,
pubblicata  nella  Gazzetta Ufficiale n. 15 del 20 gennaio 2003, S.O.
n. 5.

                           Fatto e diritto

    1.  -  Con  la  legge  16  gennaio  2003,  n. 3, pubblicata nella
Gazzetta  Ufficiale  n. 15 del 20 gennaio 2003, S.O. n. 5, sono state
dettate   disposizioni   ordinamentali   in   materia   di   pubblica
amministrazione,  alcune delle quali (e segnatamente quelle contenute
negli  artt. 4,  7, 9, 42, 43 e 46) la Regione del Veneto ritiene non
rispettino   l'autonomia   regionale   e   siano,   di   conseguenza,
costituzionalmente illegittime.
    Si   evidenzia   per   altro   che   la  Regione  del  Veneto  ha
precedentemente  impugnato,  con  ricorso  del  21 febbraio 2003, gli
artt. 2,  3, 5, 19, 23, 24, 25, 34 e 91 della legge 27 dicembre 2002,
n. 289  (finanziaria  2003),  denunciando  la  violazione di precetti
costituzionali  per  motivi  e con argomentazioni in parte analoghi a
quelli che si illustreranno in questa sede.
    2.  -  Venendo all'analisi puntuale dei profili di illegittimita'
costituzionale  delle  disposizioni impugnate, va subito detto che la
minuziosa disciplina contenuta negli artt. 4, 7, 9, 42, 43 e 46 della
legge  16  gennaio  2003,  n. 3,  sembra  sia  stata  posta in essere
ignorando  l'entrata  in vigore della legge costituzionale 18 ottobre
2001, n. 3.
    Per  quanto  riguarda,  piu' in particolare, i primi tre articoli
citati,    la    violazione   del   dettato   costituzionale   appare
particolarmente  evidente,  poiche'  l'oggetto di queste disposizioni
rientra  nell'ambito  dell'ordinamento  del  personale della Regione,
materia   di   competenza   regionale   ai  sensi  del  quarto  comma
dell'art. 117.
    Ad  ogni  modo,  per  comprendere  quanto  siano  dettagliate  le
disposizione  contenute  negli artt. 4 e 7 e' utile riportarne qui di
seguito il testo.
    Con  l'art. 4  e'  stato  aggiunto  un  articolo 7-bis al decreto
legislativo  30  marzo  2001,  n. 165, recante alcune disposizioni in
materia  di  formazione del personale, in cui si prescrive alla quasi
totalita'  delle amministrazioni pubbliche, comprese le Regioni e gli
enti  regionali, di predisporre un piano di formazione del personale,
disciplinandone peraltro anche il contenuto.
    Si  legge,  infatti,  al primo comma dell'articolo citato che «le
amministrazioni  di  cui  all'art. 1,  comma  2, con esclusione delle
Universita'  e  degli enti di ricerca, nell'ambito delle attivita' di
gestione delle risorse umane e finanziarie, predispongono annualmente
un piano di formazione del personale, compreso quello in posizione di
comando  o  fuori ruolo, tenendo conto dei fabbisogni rilevati, delle
competenze  necessarie  in  relazione  agli  obiettivi, nonche' della
programmazione  delle  assunzioni  e  delle  innovazioni  normative e
tecnologiche.  Il  piano  di  formazione  indica  gli  obiettivi e le
risorse  finanziarie  necessarie, nei limiti di quelle, a tale scopo,
disponibili,  prevedendo  l'impiego  delle risorse interne, di quelle
statali  e  comunitarie, nonche' le metodologie formative da adottare
in riferimento ai diversi destinatari».
    Nel   successivo   secondo   comma   si   precisa   poi  che  «le
amministrazioni  dello  Stato, anche ad ordinamento autonomo, nonche'
gli enti pubblici non economici, predispongono entro il 30 gennaio di
ogni  anno  il  piano di formazione del personale e lo trasmettono, a
fini  informativi,  alla  Presidenza  del  Consiglio  dei  ministri -
Dipartimento  della  funzione  pubblica e al Ministro dell'economia e
delle  finanze.  Decorso  tale  termine  e, comunque, non oltre il 30
settembre,   ulteriori   interventi  in  materia  di  formazione  del
personale,  dettati  da esigenze sopravvenute e straordinarie, devono
essere  specificatamente comunicati alla Presidenza del Consiglio dei
ministri  -  Dipartimento  della  funzione  pubblica  e  al  Ministro
dell'economia   e  delle  finanze.  Il  Dipartimento  della  funzione
pubblica assicura il raccordo con il Dipartimento per l'innovazione e
le  tecnologie  relativamente  agli interventi di formazione connessi
all'uso delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione».
    Il  comma 2 dell'art. 4 della legge impugnata non si applica alle
Regioni,  ma  qualora  della dizione «enti pubblici non economici» si
volesse  dare un'interpretazione estremamente lata ne deriverebbe una
grave violazione dell'autonomia regionale.
    L'art.   7  della  legge  16  gennaio  2003,  n. 3  detta  alcune
disposizioni  in  materia  di mobilita' del personale, aggiungendo un
art. 34-bis  al  decreto  legislativo  30  marzo 2001, n. 165, il cui
primo  comma recita: «le amministrazioni pubbliche di cui all'art. 1,
comma  2,  con esclusione delle amministrazioni previste dall'art. 3,
comma  1, ivi compreso il Corpo nazionale dei vigili del fuoco, prima
di  avviare  le  procedure  di assunzione di personale, sono tenute a
comunicare  ai  soggetti  di cui all'art. 34, commi 2 e 3, l'area, il
livello  e  la sede di destinazione per i quali si intende bandire il
concorso   nonche',   se  necessario,  le  funzioni  e  le  eventuali
specifiche idoneita' richieste».
    Il  comma  successivo disciplina la procedura di assegnazione del
personale  in  mobilita': «la Presidenza del Consiglio dei ministri -
Dipartimento  della  funzione  pubblica, di concerto con il Ministero
dell'economia  e delle finanze e le strutture regionali e provinciali
di  cui all'art. 34, comma 3, provvedono, entro quindici giorni dalla
comunicazione,  ad assegnare il personale collocato in disponibilita'
ai  sensi  degli  articoli 33 e 34, ovvero interessato ai processi di
mobilita'  previsti  dalle  leggi  e  dai  contratti  collettivi.  Le
predette strutture regionali e provinciali, accertata l'assenza negli
appositi  elenchi  di personale da assegnare alle amministrazioni che
intendono   bandire  il  concorso,  comunicano  tempestivamente  alla
Presidenza  del  Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione
pubblica, le informazioni inviate dalle stesse amministrazioni. Entro
quindici  giorni  dal  ricevimento  della  predetta comunicazione, la
Presidenza  del  Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione
pubblica, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze,
provvede  ad  assegnare alle amministrazioni che intendono bandire il
concorso  il  personale  inserito  nell'elenco previsto dall'art. 34,
comma  2,  nonche' collocato in disponibilita' in forza di specifiche
disposizioni normative».
    L'articolo  prosegue  stabilendo  che  le amministrazioni possono
provvedere  a  organizzare  percorsi  di qualificazione del personale
assegnato   ai   sensi   del  comma  2  e,  decorsi  due  mesi  dalla
comunicazione  di  cui  al comma 1, possono procedere all'avvio della
procedura   concorsuale  per  le  posizioni  per  le  quali  non  sia
intervenuta  l'assegnazione  di  personale  ai  sensi  del comma 2, e
sancisce  la nullita' di tutte le assunzioni effettuate in violazione
dell'articolo stesso.
    L'art. 9,  comma 1, della legge 16 gennaio 2003, n. 3, stabilisce
alcune  regole  relative  all'utilizzazione  degli idonei di concorsi
pubblici,  che  riteniamo non debbano applicarsi alle Regioni, ma che
se  diversamente  si  dovesse  opinare  determinerebbero  un'evidente
violazione del dettato costituzionale.
    Il  secondo  comma  del medesimo articolo precisa inoltre che «le
Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano provvedono alle
finalita' del presente capo secondo le rispettive competenze previste
dai relativi statuti e dalle norme di attuazione».
    La  disposizione  che  a  prima  vista  potrebbe sembrare posta a
tutela  dell'autonomia  regionale,  e'  in  realta' poco piu' che una
formula  di stile che riecheggia espressioni utilizzate in passato in
varie leggi cornice statali.
    La  semplice  lettura  delle lunghe disposizioni ora riportate e'
sufficiente  per comprendere come esse non rispettino certo il quadro
delle  competenze  legislative dello Stato e delle Regioni, tracciato
dall'art. 117 della nostra Costituzione.
    Quest'ultimo prevede, infatti, al primo comma una serie di limiti
comuni  alla  potesta'  legislativa  statale e regionale (il rispetto
della    Costituzione,   dei   vincoli   derivanti   dall'ordinamento
comunitario  e  dagli  obblighi  internazionali), per poi indicare le
materie  oggetto,  rispettivamente  al  secondo  e al terzo comma, di
competenza   legislativa   esclusiva  dello  Stato  e  di  competenza
legislativa  concorrente,  mentre  il quarto comma detta una sorta di
clausola  di  chiusura, in cui si stabilisce che «spetta alle Regioni
la   potesta'   legislativa   in  riferimento  ad  ogni  materia  non
espressamente riservata alla legislazione dello Stato».
    Si  tratta,  quindi,  di  vedere  se  l'oggetto  della disciplina
dettata  dagli  artt. 4, 7 e 9 della legge 16 gennaio 2003, n. 3, sia
ricompresa  negli  elenchi  delle  materie  di legislazione esclusiva
statale o concorrente.
    Tra  le  materie  in  cui  lo  Stato  ha  legislazione  esclusiva
troviamo,    alla   lettera   g),   «ordinamento   e   organizzazione
amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali».
    La  materia  dell'ordinamento  del  personale  regionale  non  e'
indicata  nemmeno  nell'elenco del terzo comma dell'art. 117 Cost. ed
e',   quindi,  da  considerare  oggetto  della  piu'  ampia  potesta'
legislativa regionale.
    Il   legislatore   statale   non  puo',  dunque,  dettare  alcuna
disciplina   relativa   all'ordinamento   e   all'organizzazione  del
personale di enti diversi dallo Stato o dagli enti nazionali.
    Come  si e' accennato supra, del resto, lo Stato ha violato sotto
il  medesimo  profilo  l'art. 117  Cost.  con  l'art. 34  della legge
finanziaria   2003,  prevedendo  l'obbligo  per  tutte  le  pubbliche
amministrazioni,    comprese    le    Regioni,   di   effettuare   la
rideterminazione  delle dotazioni organiche ed imponendo blocchi alle
assunzioni.
    Solo  per  completezza si osserva che anche la disciplina dettata
dalla  disposizione  in  discorso  non  ha nemmeno le caratteristiche
proprie  di una normativa articolata per principi fondamentali, ma si
spinge al dettaglio con la fissazione di criteri molto rigidi.
    In  conclusione, le disposizioni di cui agli artt. 4, 7 e 9 della
legge  16  gennaio  2003,  n. 3  si  pongono  in  contrasto  con  gli
artt. 114,   117   e  118  Cost.,  nella  misura  in  cui  comprimono
l'autonomia   legislativa   e  amministrativa  regionale,  da  questi
sancita.
    3. - Quanto alle disposizioni contenute negli artt. 42 e 43 della
legge  16 gennaio 2003, n. 3, concernenti la delega al Governo per la
trasformazione   degli  istituti  di  ricovero  e  cura  a  carattere
scientifico  in  fondazioni,  nonche'  l'organizzazione  a rete degli
stessi  istituti  dedicati a particolari discipline, esse chiaramente
violano  l'ambito  di  competenza legislativa regionale in materia di
sanita'.
    Si  tratta  di  disposizioni  che  - gia' di per se' stesse molto
puntuali - delegano il Governo ad adottare un decreto legislativo che
dovra'  disciplinare  minutamente la trasformazione degli istituti di
cui  si  e'  detto in fondazioni e l'organizzazione di queste ultime,
ponendo in essere una disciplina di ultimo dettaglio.
    Quale  spazio  puo'  essere,  dunque,  lasciato  alla Regione per
legiferare sul punto?
    La  materia  della  tutela  della salute, entro la quale va fatto
rientrare  questo  ordine  di  disposizioni,  e'  tra  le materie, ex
art. 117, terzo comma Cost., di legislazione concorrente, nelle quali
«spetta  alle  Regioni  la  potesta'  legislativa,  salvo  che per la
determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione
dello Stato».
    Non  si  puo'  certo  dire  che  le  disposizioni contenute negli
articoli  42  e  43  della legge 16 gennaio 2003, n. 3, siano tali da
riservare allo Stato la produzione di soli «principi fondamentali».
    Anche  in  passato, vigente il vecchio testo dell'art. 117 Cost.,
la giurisprudenza costituzionale definiva i principi che si impongono
alla  legislazione  regionale  concorrente come quei generali criteri
che  informano  la  disciplina legislativa statale del settore (sent.
n. 49  del  1958  e  n. 46  del  1968) e precisava che questi «devono
riguardare   in  ogni  caso  il  modo  di  esercizio  della  potesta'
legislativa regionale e non comportare l'inclusione o l'esclusione di
singoli  settori  della materia nell'ambito di essa» (sent. n. 70 del
1981).
    Ora,   la  difesa  della  Regione  del  Veneto  sa  bene  che  il
legislatore  statale  puo' dettare, accanto ai principi fondamentali,
norme  nell'ambito  della  tutela  della  salute a vario titolo: vuoi
invocando  la  propria  competenza esclusiva nella determinazione dei
livelli  essenziali  delle prestazioni concernenti i diritti civili e
sociali  che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale
(art. 117, comma 2, lettera m), vuoi affermando di dover garantire il
rispetto del principio di eguaglianza (come ricordava, ad esempio, L.
Paladin,  Diritto  regionale,  Padova,  2000, 142 s.), ma ritiene che
cio'  non possa comportare l'annullamento di ogni ambito di autonomia
regionale.
    Del  resto, la trasformazione degli istituti di ricovero e cura a
carattere  scientifico  in  fondazioni  e  l'organizzazione a rete di
quelli  dedicati  a  particolari  discipline  non rientra nell'ambito
della  determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni di cui
alla  lettera  m del secondo comma dell'art. 117 e neppure sembra che
debba  essere necessariamente il legislatore nazionale ad occuparsene
fin   nel   dettaglio   per   evitare  violazioni  del  principio  di
eguaglianza.
    Ne' vale a superare le eccezioni di illegittimita' prospettate la
previsione   di  cui  al  secondo  comma  dell'art. 42,  che  prevede
l'acquisizione  del parere della Conferenza permanente per i rapporti
tra  lo  Stato,  le  Regioni  e  le  Province autonome di Trento e di
Bolzano  sullo  schema  di  decreto legislativo per la trasformazione
degli  istituti  di  ricovero  e  cura  a  carattere  scientifico  in
fondazioni.
    Il   rispetto   dell'ambito   di   competenza   regionale   nella
legislazione  concorrente  si realizza, infatti, quando la Regione ha
la  possibilita'  di  porre  in  essere norme di dettaglio accanto ai
principi  fondamentali dettati dalle leggi statali e non puo' ridursi
ad  una  semplice  espressione  di  un  parere  in sede di Conferenza
permanente  per  l'emanazione  di  un  atto avente forza di legge del
Governo che va a disciplinare minutamente la materia.
    Si  noti  peraltro  come  il  Governo  potrebbe  anche emanare il
decreto legislativo senza aver acquisito il parere.
    Afferma,  sul punto, l'art. 42, comma 2: «sullo schema di decreto
legislativo  di  cui al comma 1 il Governo acquisisce il parere della
Conferenza  permanente  per  i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le
Province  autonome  di  Trento  e  di  Bolzano,  che si esprime entro
quaranta  giorni  dalla  richiesta. Il Governo acquisisce altresi' il
parere  delle  competenti  Commissioni  parlamentari, che deve essere
espresso  entro  quaranta  giorni  dalla trasmissione dello schema di
decreto.   Decorsi   inutilmente   i  termini  predetti,  il  decreto
legislativo e' emanato anche in mancanza dei pareri».
    Gli   articoli  42  e  43  della  legge  16  gennaio  2003,  n. 3
determinano,  dunque,  una  violazione  dell'autonomia  legislativa e
amministrativa  regionale, delineata dagli artt. 114, 117 e 118 della
nostra Costituzione.
    4.  -  Le osservazioni svolte sulla illegittimita' costituzionale
degli artt. 42 e 43 della legge 16 gennaio 2003, n. 3, possono essere
riprodotte   anche   per  l'art. 46  della  medesima  legge,  recante
disposizioni sulla semplificazione in materia di sedi farmaceutiche.
    L'articolo  citato prevede una sorta di sanatoria, stabilendo che
i  farmacisti che gestiscono in via provvisoria una sede farmaceutica
rurale  o  urbana, ai sensi dell'art. 129 del testo unico delle leggi
sanitarie  e  i  farmacisti  a  cui  e'  stata attribuita la gestione
provvisoria,  nel  rispetto  di  quanto disposto dalla legge 16 marzo
1990,  n. 48,  anche  se  hanno  superato  i limiti di eta' previsti,
«hanno  diritto  a conseguire per una sola volta la titolarita' della
farmacia, purche' alla data di entrata in vigore della presente legge
risultino assegnatari della gestione provvisoria da almeno due anni e
non   sia   stata   pubblicata   la   graduatoria  del  concorso  per
l'assegnazione della relativa sede farmaceutica».
    Al secondo comma vengono poi previsti specificatamente i casi nei
quali  tale  «sanatoria»  non  opera:  sono  esclusi  dal  beneficio,
infatti,  i  farmacisti  che,  alla  data  di entrata in vigore della
stessa  legge,  abbiano  gia'  trasferito  la  titolarita'  di  altra
farmacia  da  almeno  dieci anni, nonche' chi abbia gia' ottenuto, da
almeno dieci anni, altri benefici o sanatorie.
    Non  solo,  l'art. 46 disciplina anche i termini di presentazione
delle  domande  e  dell'accertamento  necessario alla concessione del
beneficio.
    Si  legge  nel  terzo  comma dell'articolo citato che «le domande
devono  pervenire,  a pena di decadenza, alle Regioni e alle Province
autonome  di  Trento e di Bolzano entro sessanta giorni dalla data di
entrata in vigore della presente legge», mentre al successivo comma 4
si precisa: «l'accertamento dei requisiti e delle condizioni previsti
dai  commi  1,  2 e 3 e' effettuato entro un mese dalla presentazione
delle domande».
    Il livello di dettaglio di queste disposizioni e' davvero estremo
e  certo  non  c'e'  alcuno  spazio  entro  il quale la Regione possa
dettare  una  propria  disciplina  non  solo  di tipo legislativo, ma
finanche amministrativo.
    Siamo, quindi, di fronte ad una concezione dei rapporti tra Stato
e   Regioni   in   materia   di   tutela  della  salute  estremamente
centralistica.
                              P. Q. M.
    Si  chiede  che  l'ecc.ma Corte costituzionale voglia dichiarare,
nei   termini   e  nelle  proposizioni  suindicati,  l'illegittimita'
costituzionale  degli  artt. 4,  7,  9,  42,  43  e 46 della legge 16
gennaio 2003, n. 3, recante «Disposizioni ordinamentali in materia di
pubblica  amministrazione», pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 15
del  20  gennaio 2003, S.O. n. 5, per violazione degli artt. 2, 3, 5,
81, 97, 114, 117, 118, 119 e 120 della Costituzione.
    Si allega:
        deliberazione della giunta regionale del Veneto n. 580 del 10
marzo 2003, di autorizzazione alla proposizione del ricorso.
        Padova - Roma, addi' 18 marzo 2003.
 Avv. prof. Mario Bertolissi - avv. Romano Morra - avv. Luigi Manzi
03C0341