N. 31 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 27 marzo 2003
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 27 marzo 2003 (della Regione Veneto) Impiego pubblico - Piano di formazione del personale delle pubbliche amministrazioni - Dovere di predisposizione annuale secondo contenuti predeterminati ed obbligo per gli «enti pubblici non economici» di trasmissione al Dipartimento della funzione pubblica e al Ministero dell'economia - Denunciata violazione dell'autonomia regionale - Invasione della competenza legislativa residuale in materia di ordinamento del personale delle Regioni. - Legge 16 gennaio 2003, n. 3, art. 4 (che aggiunge l'art. 7-bis al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165). - Costituzione, artt. 114, 117, commi secondo, lett. g), e quarto, e 118 (nonche' 2, 3, 5, 81, 97, 119 e 120). Impiego pubblico - Norme in materia di mobilita' del personale delle pubbliche amministrazioni - Procedura per l'assegnazione di personale in disponibilita', o interessato da processi di mobilita', alle amministrazioni statali e regionali che intendano bandire concorsi per la copertura di posti vacanti - Obbligo di dare preventiva comunicazione dell'esigenza di nuove assunzioni, sospensione delle procedure concorsuali, obbligo di assumere il personale assegnato e nullita' delle assunzioni effettuate in violazione delle suddette prescrizioni - Denunciata esorbitanza dalle competenze legislative spettanti allo Stato - Invasione della potesta' legislativa residuale in materia di ordinamento del personale regionale - Incidenza sull'autonomia amministrativa delle Regioni. - Legge 16 gennaio 2003, n. 3, art. 7, comma 1 (che aggiunge l'art. 34-bis al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165). - Costituzione, artt. 114, 117, commi secondo, lett. g), e quarto, e 118 (nonche' 2, 3, 5, 81, 97, 119 e 120). Impiego pubblico - Norme in materia di utilizzazione degli idonei di pubblici concorsi - Denunciata possibile violazione dell'autonomia legislativa e amministrativa regionale. - Legge 16 gennaio 2003, n. 3, art. 9. - Costituzione, artt. 114, 117 e 118 (nonche' 2, 3, 5, 81, 97, 119 e 120). Ricerca scientifica - Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico - Delega al Governo per la trasformazione in fondazioni ed attribuzione al Ministro della salute (sentita la Conferenza permanente per i rapporti Stato-Regioni) del potere di individuare l'organizzazione a «rete» degli istituti dedicati a particolari discipline - Denunciata invasione della potesta' legislativa regionale concorrente in materia di tutela della salute - Carattere dettagliato della emananda disciplina delegata - Esorbitanza dall'ambito dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, nonche' dalle esigenze di rispetto del principio di eguaglianza - Violazione dell'autonomia legislativa e amministrativa regionale. - Legge 16 gennaio 2003, n. 3, artt. 42 e 43. - Costituzione, artt. 114, 117, commi secondo, lett. m), e terzo, e 118 (nonche' 2, 3, 5, 81, 97, 119 e 120). Farmacia - Norme di semplificazione in materia di sedi farmaceutiche - Farmacie convenzionate in gestione provvisoria - Conseguimento della titolarita' da parte del gestore in presenza di determinati requisiti - Disciplina dettagliata della relativa procedura - Denunciata invasione delle competenze legislative e amministrative regionali in materia di tutela della salute. - Legge 16 gennaio 2003, n. 3, art. 46. - Costituzione, artt. 114, 117 e 118 (nonche' 2, 3, 5, 81, 97, 119 e 120).(GU n.21 del 28-5-2003 )
Ricorso della Regione del Veneto, in persona del presidente pro tempore della giunta regionale, autorizzato mediante deliberazione della giunta stessa 10 marzo 2003, n. 580, rappresentata e difesa, come da procura speciale a margine del presente atto, dagli avv. prof. Maria Bertolissi di Padova, Romano Morra di Venezia e Luigi Manzi di Roma, presso quest'ultimo domiciliata in Roma, via E. Confalonieri 5, Contro il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, presso la quale e' domiciliato ex lege, in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, per la declaratoria di illegittimita' costituzionale per violazione degli artt. 2, 3, 5, 81, 97, 114, 117, 118, 119 e 120 Cost. - degli artt. 4, 7, 9, 42, 43 e 46 della legge 16 gennaio 2003, n. 3, recante «Disposizioni ordinamentali in materia di pubblica amministrazione», pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 15 del 20 gennaio 2003, S.O. n. 5. Fatto e diritto 1. - Con la legge 16 gennaio 2003, n. 3, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 15 del 20 gennaio 2003, S.O. n. 5, sono state dettate disposizioni ordinamentali in materia di pubblica amministrazione, alcune delle quali (e segnatamente quelle contenute negli artt. 4, 7, 9, 42, 43 e 46) la Regione del Veneto ritiene non rispettino l'autonomia regionale e siano, di conseguenza, costituzionalmente illegittime. Si evidenzia per altro che la Regione del Veneto ha precedentemente impugnato, con ricorso del 21 febbraio 2003, gli artt. 2, 3, 5, 19, 23, 24, 25, 34 e 91 della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (finanziaria 2003), denunciando la violazione di precetti costituzionali per motivi e con argomentazioni in parte analoghi a quelli che si illustreranno in questa sede. 2. - Venendo all'analisi puntuale dei profili di illegittimita' costituzionale delle disposizioni impugnate, va subito detto che la minuziosa disciplina contenuta negli artt. 4, 7, 9, 42, 43 e 46 della legge 16 gennaio 2003, n. 3, sembra sia stata posta in essere ignorando l'entrata in vigore della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3. Per quanto riguarda, piu' in particolare, i primi tre articoli citati, la violazione del dettato costituzionale appare particolarmente evidente, poiche' l'oggetto di queste disposizioni rientra nell'ambito dell'ordinamento del personale della Regione, materia di competenza regionale ai sensi del quarto comma dell'art. 117. Ad ogni modo, per comprendere quanto siano dettagliate le disposizione contenute negli artt. 4 e 7 e' utile riportarne qui di seguito il testo. Con l'art. 4 e' stato aggiunto un articolo 7-bis al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, recante alcune disposizioni in materia di formazione del personale, in cui si prescrive alla quasi totalita' delle amministrazioni pubbliche, comprese le Regioni e gli enti regionali, di predisporre un piano di formazione del personale, disciplinandone peraltro anche il contenuto. Si legge, infatti, al primo comma dell'articolo citato che «le amministrazioni di cui all'art. 1, comma 2, con esclusione delle Universita' e degli enti di ricerca, nell'ambito delle attivita' di gestione delle risorse umane e finanziarie, predispongono annualmente un piano di formazione del personale, compreso quello in posizione di comando o fuori ruolo, tenendo conto dei fabbisogni rilevati, delle competenze necessarie in relazione agli obiettivi, nonche' della programmazione delle assunzioni e delle innovazioni normative e tecnologiche. Il piano di formazione indica gli obiettivi e le risorse finanziarie necessarie, nei limiti di quelle, a tale scopo, disponibili, prevedendo l'impiego delle risorse interne, di quelle statali e comunitarie, nonche' le metodologie formative da adottare in riferimento ai diversi destinatari». Nel successivo secondo comma si precisa poi che «le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, nonche' gli enti pubblici non economici, predispongono entro il 30 gennaio di ogni anno il piano di formazione del personale e lo trasmettono, a fini informativi, alla Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica e al Ministro dell'economia e delle finanze. Decorso tale termine e, comunque, non oltre il 30 settembre, ulteriori interventi in materia di formazione del personale, dettati da esigenze sopravvenute e straordinarie, devono essere specificatamente comunicati alla Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica e al Ministro dell'economia e delle finanze. Il Dipartimento della funzione pubblica assicura il raccordo con il Dipartimento per l'innovazione e le tecnologie relativamente agli interventi di formazione connessi all'uso delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione». Il comma 2 dell'art. 4 della legge impugnata non si applica alle Regioni, ma qualora della dizione «enti pubblici non economici» si volesse dare un'interpretazione estremamente lata ne deriverebbe una grave violazione dell'autonomia regionale. L'art. 7 della legge 16 gennaio 2003, n. 3 detta alcune disposizioni in materia di mobilita' del personale, aggiungendo un art. 34-bis al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, il cui primo comma recita: «le amministrazioni pubbliche di cui all'art. 1, comma 2, con esclusione delle amministrazioni previste dall'art. 3, comma 1, ivi compreso il Corpo nazionale dei vigili del fuoco, prima di avviare le procedure di assunzione di personale, sono tenute a comunicare ai soggetti di cui all'art. 34, commi 2 e 3, l'area, il livello e la sede di destinazione per i quali si intende bandire il concorso nonche', se necessario, le funzioni e le eventuali specifiche idoneita' richieste». Il comma successivo disciplina la procedura di assegnazione del personale in mobilita': «la Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze e le strutture regionali e provinciali di cui all'art. 34, comma 3, provvedono, entro quindici giorni dalla comunicazione, ad assegnare il personale collocato in disponibilita' ai sensi degli articoli 33 e 34, ovvero interessato ai processi di mobilita' previsti dalle leggi e dai contratti collettivi. Le predette strutture regionali e provinciali, accertata l'assenza negli appositi elenchi di personale da assegnare alle amministrazioni che intendono bandire il concorso, comunicano tempestivamente alla Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica, le informazioni inviate dalle stesse amministrazioni. Entro quindici giorni dal ricevimento della predetta comunicazione, la Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, provvede ad assegnare alle amministrazioni che intendono bandire il concorso il personale inserito nell'elenco previsto dall'art. 34, comma 2, nonche' collocato in disponibilita' in forza di specifiche disposizioni normative». L'articolo prosegue stabilendo che le amministrazioni possono provvedere a organizzare percorsi di qualificazione del personale assegnato ai sensi del comma 2 e, decorsi due mesi dalla comunicazione di cui al comma 1, possono procedere all'avvio della procedura concorsuale per le posizioni per le quali non sia intervenuta l'assegnazione di personale ai sensi del comma 2, e sancisce la nullita' di tutte le assunzioni effettuate in violazione dell'articolo stesso. L'art. 9, comma 1, della legge 16 gennaio 2003, n. 3, stabilisce alcune regole relative all'utilizzazione degli idonei di concorsi pubblici, che riteniamo non debbano applicarsi alle Regioni, ma che se diversamente si dovesse opinare determinerebbero un'evidente violazione del dettato costituzionale. Il secondo comma del medesimo articolo precisa inoltre che «le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano provvedono alle finalita' del presente capo secondo le rispettive competenze previste dai relativi statuti e dalle norme di attuazione». La disposizione che a prima vista potrebbe sembrare posta a tutela dell'autonomia regionale, e' in realta' poco piu' che una formula di stile che riecheggia espressioni utilizzate in passato in varie leggi cornice statali. La semplice lettura delle lunghe disposizioni ora riportate e' sufficiente per comprendere come esse non rispettino certo il quadro delle competenze legislative dello Stato e delle Regioni, tracciato dall'art. 117 della nostra Costituzione. Quest'ultimo prevede, infatti, al primo comma una serie di limiti comuni alla potesta' legislativa statale e regionale (il rispetto della Costituzione, dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali), per poi indicare le materie oggetto, rispettivamente al secondo e al terzo comma, di competenza legislativa esclusiva dello Stato e di competenza legislativa concorrente, mentre il quarto comma detta una sorta di clausola di chiusura, in cui si stabilisce che «spetta alle Regioni la potesta' legislativa in riferimento ad ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato». Si tratta, quindi, di vedere se l'oggetto della disciplina dettata dagli artt. 4, 7 e 9 della legge 16 gennaio 2003, n. 3, sia ricompresa negli elenchi delle materie di legislazione esclusiva statale o concorrente. Tra le materie in cui lo Stato ha legislazione esclusiva troviamo, alla lettera g), «ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali». La materia dell'ordinamento del personale regionale non e' indicata nemmeno nell'elenco del terzo comma dell'art. 117 Cost. ed e', quindi, da considerare oggetto della piu' ampia potesta' legislativa regionale. Il legislatore statale non puo', dunque, dettare alcuna disciplina relativa all'ordinamento e all'organizzazione del personale di enti diversi dallo Stato o dagli enti nazionali. Come si e' accennato supra, del resto, lo Stato ha violato sotto il medesimo profilo l'art. 117 Cost. con l'art. 34 della legge finanziaria 2003, prevedendo l'obbligo per tutte le pubbliche amministrazioni, comprese le Regioni, di effettuare la rideterminazione delle dotazioni organiche ed imponendo blocchi alle assunzioni. Solo per completezza si osserva che anche la disciplina dettata dalla disposizione in discorso non ha nemmeno le caratteristiche proprie di una normativa articolata per principi fondamentali, ma si spinge al dettaglio con la fissazione di criteri molto rigidi. In conclusione, le disposizioni di cui agli artt. 4, 7 e 9 della legge 16 gennaio 2003, n. 3 si pongono in contrasto con gli artt. 114, 117 e 118 Cost., nella misura in cui comprimono l'autonomia legislativa e amministrativa regionale, da questi sancita. 3. - Quanto alle disposizioni contenute negli artt. 42 e 43 della legge 16 gennaio 2003, n. 3, concernenti la delega al Governo per la trasformazione degli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico in fondazioni, nonche' l'organizzazione a rete degli stessi istituti dedicati a particolari discipline, esse chiaramente violano l'ambito di competenza legislativa regionale in materia di sanita'. Si tratta di disposizioni che - gia' di per se' stesse molto puntuali - delegano il Governo ad adottare un decreto legislativo che dovra' disciplinare minutamente la trasformazione degli istituti di cui si e' detto in fondazioni e l'organizzazione di queste ultime, ponendo in essere una disciplina di ultimo dettaglio. Quale spazio puo' essere, dunque, lasciato alla Regione per legiferare sul punto? La materia della tutela della salute, entro la quale va fatto rientrare questo ordine di disposizioni, e' tra le materie, ex art. 117, terzo comma Cost., di legislazione concorrente, nelle quali «spetta alle Regioni la potesta' legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato». Non si puo' certo dire che le disposizioni contenute negli articoli 42 e 43 della legge 16 gennaio 2003, n. 3, siano tali da riservare allo Stato la produzione di soli «principi fondamentali». Anche in passato, vigente il vecchio testo dell'art. 117 Cost., la giurisprudenza costituzionale definiva i principi che si impongono alla legislazione regionale concorrente come quei generali criteri che informano la disciplina legislativa statale del settore (sent. n. 49 del 1958 e n. 46 del 1968) e precisava che questi «devono riguardare in ogni caso il modo di esercizio della potesta' legislativa regionale e non comportare l'inclusione o l'esclusione di singoli settori della materia nell'ambito di essa» (sent. n. 70 del 1981). Ora, la difesa della Regione del Veneto sa bene che il legislatore statale puo' dettare, accanto ai principi fondamentali, norme nell'ambito della tutela della salute a vario titolo: vuoi invocando la propria competenza esclusiva nella determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale (art. 117, comma 2, lettera m), vuoi affermando di dover garantire il rispetto del principio di eguaglianza (come ricordava, ad esempio, L. Paladin, Diritto regionale, Padova, 2000, 142 s.), ma ritiene che cio' non possa comportare l'annullamento di ogni ambito di autonomia regionale. Del resto, la trasformazione degli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico in fondazioni e l'organizzazione a rete di quelli dedicati a particolari discipline non rientra nell'ambito della determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni di cui alla lettera m del secondo comma dell'art. 117 e neppure sembra che debba essere necessariamente il legislatore nazionale ad occuparsene fin nel dettaglio per evitare violazioni del principio di eguaglianza. Ne' vale a superare le eccezioni di illegittimita' prospettate la previsione di cui al secondo comma dell'art. 42, che prevede l'acquisizione del parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano sullo schema di decreto legislativo per la trasformazione degli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico in fondazioni. Il rispetto dell'ambito di competenza regionale nella legislazione concorrente si realizza, infatti, quando la Regione ha la possibilita' di porre in essere norme di dettaglio accanto ai principi fondamentali dettati dalle leggi statali e non puo' ridursi ad una semplice espressione di un parere in sede di Conferenza permanente per l'emanazione di un atto avente forza di legge del Governo che va a disciplinare minutamente la materia. Si noti peraltro come il Governo potrebbe anche emanare il decreto legislativo senza aver acquisito il parere. Afferma, sul punto, l'art. 42, comma 2: «sullo schema di decreto legislativo di cui al comma 1 il Governo acquisisce il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, che si esprime entro quaranta giorni dalla richiesta. Il Governo acquisisce altresi' il parere delle competenti Commissioni parlamentari, che deve essere espresso entro quaranta giorni dalla trasmissione dello schema di decreto. Decorsi inutilmente i termini predetti, il decreto legislativo e' emanato anche in mancanza dei pareri». Gli articoli 42 e 43 della legge 16 gennaio 2003, n. 3 determinano, dunque, una violazione dell'autonomia legislativa e amministrativa regionale, delineata dagli artt. 114, 117 e 118 della nostra Costituzione. 4. - Le osservazioni svolte sulla illegittimita' costituzionale degli artt. 42 e 43 della legge 16 gennaio 2003, n. 3, possono essere riprodotte anche per l'art. 46 della medesima legge, recante disposizioni sulla semplificazione in materia di sedi farmaceutiche. L'articolo citato prevede una sorta di sanatoria, stabilendo che i farmacisti che gestiscono in via provvisoria una sede farmaceutica rurale o urbana, ai sensi dell'art. 129 del testo unico delle leggi sanitarie e i farmacisti a cui e' stata attribuita la gestione provvisoria, nel rispetto di quanto disposto dalla legge 16 marzo 1990, n. 48, anche se hanno superato i limiti di eta' previsti, «hanno diritto a conseguire per una sola volta la titolarita' della farmacia, purche' alla data di entrata in vigore della presente legge risultino assegnatari della gestione provvisoria da almeno due anni e non sia stata pubblicata la graduatoria del concorso per l'assegnazione della relativa sede farmaceutica». Al secondo comma vengono poi previsti specificatamente i casi nei quali tale «sanatoria» non opera: sono esclusi dal beneficio, infatti, i farmacisti che, alla data di entrata in vigore della stessa legge, abbiano gia' trasferito la titolarita' di altra farmacia da almeno dieci anni, nonche' chi abbia gia' ottenuto, da almeno dieci anni, altri benefici o sanatorie. Non solo, l'art. 46 disciplina anche i termini di presentazione delle domande e dell'accertamento necessario alla concessione del beneficio. Si legge nel terzo comma dell'articolo citato che «le domande devono pervenire, a pena di decadenza, alle Regioni e alle Province autonome di Trento e di Bolzano entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge», mentre al successivo comma 4 si precisa: «l'accertamento dei requisiti e delle condizioni previsti dai commi 1, 2 e 3 e' effettuato entro un mese dalla presentazione delle domande». Il livello di dettaglio di queste disposizioni e' davvero estremo e certo non c'e' alcuno spazio entro il quale la Regione possa dettare una propria disciplina non solo di tipo legislativo, ma finanche amministrativo. Siamo, quindi, di fronte ad una concezione dei rapporti tra Stato e Regioni in materia di tutela della salute estremamente centralistica.
P. Q. M. Si chiede che l'ecc.ma Corte costituzionale voglia dichiarare, nei termini e nelle proposizioni suindicati, l'illegittimita' costituzionale degli artt. 4, 7, 9, 42, 43 e 46 della legge 16 gennaio 2003, n. 3, recante «Disposizioni ordinamentali in materia di pubblica amministrazione», pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 15 del 20 gennaio 2003, S.O. n. 5, per violazione degli artt. 2, 3, 5, 81, 97, 114, 117, 118, 119 e 120 della Costituzione. Si allega: deliberazione della giunta regionale del Veneto n. 580 del 10 marzo 2003, di autorizzazione alla proposizione del ricorso. Padova - Roma, addi' 18 marzo 2003. Avv. prof. Mario Bertolissi - avv. Romano Morra - avv. Luigi Manzi 03C0341