N. 105 SENTENZA 26 marzo - 1 aprile 2003

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Imposte  e  tasse  -  Imprese a regime di contabilita' semplificata -
  Parametri   per  la  determinazione  dei  ricavi  -  Indiscriminata
  applicazione  dei  medesimi  parametri e coefficienti presuntivi di
  ricavi   a  realta'  territoriali  e  contesti  diversi  -  Mancata
  previsione  di  ispezione in contraddittorio - Lamentata disparita'
  di   trattamento   in   favore  degli  imprenditori  in  regime  di
  contabilita'   ordinaria  e  lesione  del  principio  di  capacita'
  contributiva - Non fondatezza della questione.
- Legge  28  dicembre 1995, n. 549, art. 3, commi 181, 182, 183, 184,
  185, 186, 187, 188 e 189.
- Costituzione, artt. 3 e 53.
Imposte  e  tasse  -  Imprese a regime di contabilita' semplificata -
  Parametri  per  la  determinazione  dei ricavi - Determinazione dei
  parametri  attuativi della legge ad opera di decreto del Presidente
  del  Consiglio dei ministri - Lamentata lesione del principio della
  riserva  di  legge per le prestazioni tributarie e del principio di
  eguaglianza - Manifesta infondatezza della questione.
- Legge  28  dicembre 1995, n. 549, art. 3, commi 181, 182, 183, 184,
  185, 186, 187, 188 e 189.
- Costituzione, artt. 3 e 23.
Imposte  e  tasse  -  Imprese a regime di contabilita' semplificata -
  Parametri  per  la  determinazione  dei ricavi - Determinazione dei
  parametri  attuativi della legge ad opera di decreto del Presidente
  del  Consiglio  dei  ministri  - Lamentata lesione del principio di
  difesa   e   della  capacita'  contributiva  -  Totale  carenza  di
  motivazione - Manifesta inammissibilita' della questione.
- Legge  28  dicembre 1995, n. 549, art. 3, commi 181, 182, 183, 184,
  185, 186, 187, 188 e 189.
- Costituzione, artt. 24 e 53.
(GU n.14 del 9-4-2003 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Riccardo CHIEPPA;
  Giudici:  Gustavo  ZAGREBELSKY,  Valerio  ONIDA,  Carlo MEZZANOTTE,
Fernanda   CONTRI,  Guido  NEPPI  MODONA,  Piero  Alberto  CAPOTOSTI,
Annibale   MARINI,  Franco  BILE,  Giovanni  Maria  FLICK,  Francesco
AMIRANTE,  Ugo  DE  SIERVO, Romano VACCARELLA, Paolo MADDALENA, Alfio
FINOCCHIARO;
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nei  giudizi  di  legittimita' costituzionale dell'art. 3, commi 181,
182,  183,  184,  185,  186,  187, 188 e 189, della legge 28 dicembre
1995,  n. 549  (Misure  di razionalizzazione della finanza pubblica),
promossi   con   ordinanze   del  10 luglio  2001  dalla  Commissione
tributaria   provinciale  di  Sassari  e  del  28  giugno 2001  (n. 4
ordinanze)  dalla  Commissione  tributaria  provinciale  di  Catania,
iscritte ai nn. 92, 298, 299, 300 e 301 del registro ordinanze 2002 e
pubblicate  nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 11 e 25, 1a
serie speciale, dell'anno 2002.
    Visti  gli  atti  di  intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera  di consiglio del 15 gennaio 2003 il giudice
relatore Romano Vaccarella.

                          Ritenuto in fatto

    1. - Nel  corso  di  un  processo  tributario,  intrapreso da una
farmacista di Cargeghe avverso un avviso di accertamento dell'Ufficio
delle  entrate  di Sassari col quale veniva rettificato, determinando
maggiori  ricavi,  il  reddito  d'impresa  ed  il  volume  di  affari
dichiarato  dalla  contribuente  in  relazione  all'anno 1995 ai fini
IRPEF,  IVA e CSSN, la Commissione tributaria provinciale di Sassari,
con   ordinanza   del  10 luglio  2001,  ha  sollevato  questione  di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 3,  commi 181, 182, 183, 184,
185,  186,  187,  188  e  189,  della  legge 28 dicembre 1995, n. 549
(Misure  di  razionalizzazione  della  finanza pubblica) per asserito
contrasto con gli articoli 3 e 53 della Costituzione.
    1.1. - In  punto  di  fatto,  il giudice rimettente riferisce che
l'avviso  di  accertamento  impugnato,  richiamando  l'art. 39, primo
comma,  lettera d) del d.P.R. n. 600 del 29 settembre 1973, motiva lo
scostamento  dei ricavi dichiarati dalla farmacista rispetto a quelli
attribuibili  in  base  ai parametri previsti dal d.P.C.m. 29 gennaio
1996,   ritenendo   sussistere   una  presunzione  grave,  precisa  e
concordante   che  legittimerebbe  l'ufficio  a  procedere  ai  sensi
dell'art. 3,  comma 181,  della  legge n. 549 del 1995. Nel corso del
giudizio,  la ricorrente aveva lamentato che "i commi 181 e 189 della
citata legge n. 549 del 1995 violerebbero il principio di uguaglianza
contenuto nell'art. 3 della Costituzione in quanto non prevederebbero
l'utilizzo differenziato dei parametri in relazione alla dislocazione
territoriale delle attivita' imprenditoriali omettendo di considerare
le differenti realta' economiche che ne derivano e che influiscono in
maniera  determinante  sulla  capacita'  di  reddito  di  coloro  che
svolgono identica professione o impresa"; cio' che sarebbe tanto piu'
vero   per   le   imprese  operanti  in  Sardegna,  quale  territorio
riconosciuto come particolarmente disagiato.
    Costituitosi in giudizio, l'Ufficio delle entrate, richiamando le
circolari  ministeriali  nn. 117/1996  e  203/1999, ha dedotto che il
contribuente   sarebbe   tutelato   da   un  contraddittorio  diretto
preliminare  che  avrebbe consentito all'Amministrazione di conoscere
le specifiche caratteristiche dell'attivita' esercitata.
    Di  contro,  la  ricorrente aveva rilevato come per le imprese in
contabilita'  semplificata  (compilanti  il quadro G del Mod. 740), a
differenza  di  quelle in regime di contabilita' ordinaria, non fosse
prevista  alcuna  ispezione contabile nella fase di instaurazione del
contraddittorio,   con  un'evidente  disparita'  di  trattamento  tra
soggetti  imprenditoriali  risolto in una posizione di maggior favore
per   gli  imprenditori  in  regime  di  contabilita'  ordinaria.  La
questione  assumerebbe  peraltro  maggior  rilievo nel caso di specie
nella  misura in cui l'art. 3, comma 189, della legge n. 549 del 1995
ha esteso l'applicazione delle disposizioni sui parametri (pubblicate
il 26 gennaio 1996) anche al periodo d'imposta in corso alla data del
31 dicembre  1995, allorche' l'opponente non aveva la possibilita' di
optare  per  il  regime  ordinario posto che la detta opzione avrebbe
dovuto  essere  effettuata,  ai  sensi dell'art. 18, comma sesto, del
d.P.R.  n. 600  del 1973, all'inizio del precedente periodo d'imposta
senza  che  la  disposizione  censurata  ne consentisse l'esercizio a
decorrere dal 1 gennaio 1995.
    1.2. - Con   riguardo   alla  rilevanza  ed  alla  non  manifesta
infondatezza,  osserva  il  giudice  rimettente che l'omissione nella
norma  impugnata di ogni valutazione dei fattori di diversita' legati
alle  singole  realta' territoriali con la conseguente indiscriminata
applicazione  dei  medesimi  parametri  e  coefficienti presuntivi di
ricavi  aziendali  ad  imprese  che  svolgono la propria attivita' in
contesti  molto  diversi  (ad  es.  la gestione di una farmacia in un
piccolo  paese  sardo, come nel caso di specie, e in un grosso centro
urbano)  determina  una  violazione  dei  principi  costituzionali di
uguaglianza e capacita' contributiva sanciti negli artt. 3 e 53 della
Costituzione.
    Osserva  inoltre  il  giudice  a  quo  che  l'art. 3,  comma 181,
lettera a),    della   legge   28 dicembre   1995,   n. 549   dispone
l'applicazione  generalizzata dei parametri e coefficienti presuntivi
dei   ricavi  aziendali  ai  soggetti  che,  in  regime  naturale  di
contabilita'   semplificata,   non   abbiano  optato  per  quello  di
contabilita'  ordinaria.  La  successiva  lettera b) dispone, invece,
che,  per  i soggetti in regime di contabilita' ordinaria, i medesimi
parametri  si  applichino  solo  se  dal verbale di ispezione risulti
l'inattendibilita'  della  contabilita'  da rilevarsi alla stregua di
criteri  da  precisare con regolamento da emanarsi mediante d.P.R. ai
sensi  dell'art. 17,  comma 2,  della  legge  23 agosto 1988, n. 400,
entro  90  giorni dalla data di entrata in vigore della legge de qua.
Secondo   il   giudice   rimettente,  tale  disposizione  genera  una
irragionevole  disparita' di trattamento radicata nel fatto che, alla
data  di  entrata  in  vigore  della  legge,  le imprese in regime di
contabilita'  semplificata  non  avrebbero  potuto piu' optare per il
regime  di contabilita' ordinaria per l'esercizio 1995, non avendo la
norma  previsto  alcuna  rimessione  nel  termine  gia'  scaduto  per
l'esercizio  del  diritto  di  opzione.  Anche  sotto tale aspetto il
rimettente  individua  una  violazione  dei principi consacrati negli
articoli 3 e 53 della Costituzione.
    Denuncia,  pertanto,  innanzi  al  Giudice  delle leggi l'art. 3,
commi 181--189,   della   legge   28 dicembre   1995,  n. 549  e,  in
particolare:  1)  il  comma 186  nella parte in cui non prevede che i
parametri  debbano  necessariamente  essere  elaborati  tenendo conto
delle  differenze  esistenti  tra  le  imprese operanti nelle diverse
regioni  e,  comunque,  a  livello  territoriale  o  locale;  2)  del
comma 181,  lettera a),  nella  parte  in cui non prevede che, per le
imprese  ed  i  professionisti  in  contabilita'  semplificata,  tali
parametri  debbano  essere  applicati  solo  qualora  dal  verbale di
ispezione,  redatto  ai  sensi  dell'art. 33  del d.P.R. 29 settembre
1973, n. 600, risulti l'inattendibilita' della contabilita'.
    1.3. - Intervenuto  in  giudizio  a  mezzo  dell'Avvocatura dello
Stato,  il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri preliminarmente
eccepisce  l'inammissibilita'  della  questione laddove assolutamente
non risulta motivata con riferimento all'art. 53 Cost.
    Sarebbe  del  pari  inammissibile,  ovvero  infondata nel merito,
quanto ai profili dedotti in relazione all'art. 3 della Costituzione.
    In   particolare,   osserva   il   deducente  che  la  "denuncia,
testualmente  riferita  al  comma 186  (il quale riguarda le forme di
approvazione  e  di  pubblicazione  dei  parametri  de  quibus), deve
intendersi  attinente  -  in  effetti - al precedente comma 184 dello
stesso  art. 3,  legge  n. 549  del  1995",  il  quale "espressamente
prescrive   che   i   parametri  debbano  elaborarsi  "in  base  alle
caratteristiche   e   alle  condizioni  d'esercizio  della  specifica
attivita'  svolta  ,  con  cio' manifestamente alludendo ai connotati
concreti   dell'impresa   esercitata   ed   agli   elementi  -  anche
territoriali  e  di  mercato  - che la diversifichino nell'ambito del
"tipo  di  appartenenza".  Di  tanto avrebbe tenuto conto il d.P.C.m.
29 gennaio  1996  che,  nella nota allegata, effettua una valutazione
statistica riferita a gruppi omogenei di contribuenti applicando, per
la  parte  non colta dal metodo statistico, un fattore di adeguamento
personalizzato   riferito   alle  "diverse  situazioni  gestionali  e
dall'influenza    della   localizzazione."   Pertanto   sospetta   di
illegittimita'  costituzionale  non  potrebbe  mai essere la norma di
legge,  ma, al piu', la relativa disposizione di attuazione la quale,
per  il  rango  subprimario  assegnatole nella gerarchia delle fonti,
sfuggirebbe   al   controllo   della  Corte  costituzionale,  con  la
necessita'   di   dichiarare   l'inammissibilita'   della   questione
testualmente riferita al comma 186 dell'art. 3 cit.
    Con   riguardo   al   merito,  l'Avvocatura  rileva  la  evidente
ragionevolezza   del   diverso  sistema  di  accertamento  tributario
riservato  alle  imprese,  rispettivamente  in regime di contabilita'
ordinaria   e   semplificata,   osservando   come   per   le   prime,
caratterizzate  da  una  sistematica  e puntuale rappresentazione dei
fatti  di  gestione, sia ben possibile subordinare l'applicazione dei
parametri   di   determinazione   presuntiva  degli  imponibili  alla
constatata    inattendibilita'    delle    registrazioni   analitiche
effettuate; cio' che non pare invece realizzabile per le seconde, per
le quali il sistema semplificato di rilevamento dei fatti di gestione
giustifica  di  per se' controlli ed accertamenti condotti secondo un
criterio  statistico  di  verosimiglianza, seppure mitigato da alcuni
correttivi.
    Per   altro   verso,   ritiene   l'Avvocatura  che  (benche'  non
esplicitamente riferita dal rimettente al comma 189 dell'art. 3 cit.,
secondo  il  quale  le  disposizioni  sui  parametri  presuntivi sono
applicabili  per  gli  accertamenti  relativi al periodo d'imposta in
corso   al   31 dicembre   1995)   la   questione   di   legittimita'
costituzionale  sollevata con riguardo alla ritenuta irragionevolezza
dell'applicabilita'  del  complesso di norme nei confronti di imprese
minori  alle  quali,  per  il 1995, era ormai preclusa la facolta' di
optare per il regime di contabilita' ordinaria e' infondata.
    Ed infatti, ferma la garanzia della tutela giudiziale mediante la
contestazione  dell'illegittimita'  dell'accertamento presuntivo, "e'
certo  che  irragionevole  dovrebbe  riconoscersi l'affidamento - non
tutelato  - del contribuente nella mancanza d'esercizio (ancorche' in
forme  nuove)  dei  poteri  d'accertamento  tributario  a fronte d'un
regime di contabilita' (semplificata) pur sempre riconducibile ad una
libera scelta dello stesso soggetto passivo d'imposta".
    2. - Nel corso di quattro distinti processi tributari, intrapresi
da  altrettanti  contribuenti  avverso  gli  avvisi  di  accertamento
notificati dell'Ufficio distrettuale delle imposte dirette di Catania
con  i  quali  venivano  rettificati, determinando maggiori ricavi, i
redditi  d'impresa  ed  il  volume  di affari dichiarati in relazione
all'anno 1995  ai  fini  IVA, IRPEF e CSSN, la Commissione tributaria
provinciale   di  Catania,  con  ordinanze  del  28  giugno 2001,  ha
sollevato   d'ufficio   questione   di   legittimita'  costituzionale
dell'art. 3,  commi 181,  182,  183,  184,  185, 186, 187, 188 e 189,
della  legge 28 dicembre 1995, n. 549, per asserito contrasto con gli
articoli 3, 23, 24 e 53, primo comma, della Costituzione.
    2.1. - In  punto  di  fatto,  il  giudice a quo riferisce che, ad
avviso dei ricorrenti, l'accertamento operato dall'Ufficio sulla base
dei   parametri   di   cui  all'art. 3,  commi 181-189,  della  legge
28 dicembre 1995, n. 549 ed emanati con d.P.C.m. 29 gennaio 1996, era
da considerarsi nullo in quanto erroneo per non aver tenuto conto dei
criteri   variabili   a   seconda   della   fattispecie  concreta  in
valutazione.  Di  contro,  l'Ufficio  distrettuale II.DD. chiedeva il
rigetto  del  ricorso,  ribadendo  la  legittimita' dell'accertamento
effettuato secondo i criteri di cui al comma 181 dell'art. 3 cit.
    2.2. - In  sede  di  scrutinio  della  rilevanza  e non manifesta
infondatezza  della  questione,  la Commissione rimettente rileva che
l'accertamento  compiuto  sulla base dei parametri di cui al d.P.C.m.
29 gennaio  1996  in  relazione  all'art. 3,  comma 181,  della legge
28 dicembre  del  1995, n. 549 non puo' ritenersi legittimo dal punto
di  vista costituzionale perche' in contrasto con gli artt. 3, 23, 24
e 53, primo comma, della Costituzione.
    In  particolare,  sussisterebbe  secondo il rimettente violazione
della  riserva  di  legge  di  cui  all'art. 23  Cost.  posto  che la
"prestazione  tributaria",  conseguente  all'accertamento  per cui e'
processo,  risulta fondata sul d.P.C.m. 29 gennaio 1996 che ha invece
natura   amministrativa.   Ne  discenderebbe  la  incostituzionalita'
dell'art. 3,  commi 181-189  della legge n. 549 del 1995, nella parte
in  cui rimette al Presidente del Consiglio dei ministri l'emanazione
dei  decreti  integrativi  della norma anziche' prevedere essa stessa
una   compiuta   disciplina   degli   elementi  che  fanno  scaturire
l'obbligazione tributaria.
    La   stessa   normativa  violerebbe,  inoltre,  il  principio  di
eguaglianza  sancito  dall'art. 3  Cost.  "dal momento che per alcune
categorie   di   soggetti   l'obbligazione   tributaria  personale  e
patrimoniale  non  scaturirebbe  da  una norma di legge, bensi' da un
decreto  del Presidente del Consiglio dei Ministri", in contrasto col
"diritto   di   vedere   usato  dall'Amministrazione  finanziaria  un
trattamento  identico,  ossia  normativamente  previsto  e  non  gia'
rimesso al Presidente del Consiglio dei ministri" il quale, peraltro,
non  e'  autorizzato  ad  emanare  norme in materia fiscale da alcuna
disposizione dell'ordinamento giuridico.
    La    Commissione    solleva,    pertanto,    la   questione   di
costituzionalita'  della norma menzionata "nella parte in cui demanda
al  Presidente  del Consiglio dei ministri l'emanazione dei parametri
attuativi  della  legge  stessa  e, dunque, da applicare da parte dei
competenti   Uffici   finanziari   negli  accertamenti  dagli  stessi
eseguiti,  in  relazione agli artt. 3, 23, 24 e 53 primo comma, della
Costituzione.
    2.3. - Costituitosi  in giudizio a mezzo dell'Avvocatura generale
dello Stato, il Presidente del Consiglio dei ministri preliminarmente
eccepisce   l'inammissibilita'  della  questione,  avendo  omesso  il
giudice  rimettente  qualsiasi motivazione circa la sua rilevanza. In
particolare,  non  avrebbe  preso  posizione  in  ordine ai motivi di
impugnazione  dell'avviso  di accertamento ne' avrebbe motivato circa
gli  effetti  che  sul giudizio a quo avrebbe l'invocata pronunzia di
incostituzionalita'.
    Nel  merito,  la  questione  sarebbe  infondata  in quanto sia la
dottrina  che  la  giurisprudenza  dominante  interpretano il dettato
l'art. 23  Cost.  nel  senso della previsione di una riserva di legge
relativa;   pertanto,   le  disposizioni  tributarie  possono  essere
legittimamente  contenute  anche  in  atti  normativi di tipo e forza
diversi   dalla   legge  e  di  rango  inferiore  purche'  -  secondo
l'insegnamento  della  Corte costituzionale (sentenze n. 47 del 1957,
n. 36  del  1959,  n. 51  del 1960, n. 129 del 1969, n. 11 del 1997 e
n. 215  del  1998)  -  l'imposizione  abbia  base  in  una  legge che
stabilisca   criteri   idonei   a   regolare   eventuali  margini  di
discrezionalita'  lasciati alla P.A. nella determinazione in concreto
della  prestazione  e  ne  determini direttamente l'oggetto (sentenza
n. 250   del  1992).  Individuati  i  soggetti  obbligati  e  fissato
adeguatamente    l'oggetto    dell'imposta,    nonche'    il   modulo
procedimentale    per   l'emanazione   dei   relativi   provvedimenti
amministrativi  (sentenze  n. 507  del 1988 e n. 34 del 1986), non e'
necessario che la legge detti la restante disciplina dell'imposizione
tributaria.  Senza  dire,  poi,  che,  ad avviso di larga parte della
dottrina,  l'art. 23 Cost. riguarderebbe soltanto le norme tributarie
c.d.  impositive  o  sostanziali e non anche quelle - tra le quali le
norme  impugnate  -  che disciplinano la riscossione e l'accertamento
del  tributo,  le quali ultime attengono al solo momento realizzativo
della pretesa tributaria.
    Nella   specie,   le   norme  impugnate  delineano  ogni  aspetto
fondamentale   dell'accertamento   fiscale   fondato   su   parametri
presuntivi,  definendone  la  tipologia  di  accertamento  (analitico
presuntivo  ex  art. 39,  primo  comma,  del d.P.R. n. 600 del 1973),
l'ambito di applicazione soggettivo ed oggettivo (art. 3, commi 181 e
182),  le modalita' di determinazione dell'aliquota media ai fini del
calcolo della maggiore imposta dovuta (comma 183), i criteri generali
di  elaborazione  dei  parametri  (comma  184),  il  procedimento  di
accertamento  (comma 185) e l'ambito temporale di applicazione (comma
189).  Stante l'ampia determinazione degli elementi dell'accertamento
fiscale ad opera della legge, anche la censura relativa alla presunta
violazione dell'art. 3 Cost. sarebbe manifestamente infondata.
    Inammissibile e' infine la questione con riguardo alle denunciate
violazioni  degli  artt. 24  e  53 della Costituzione posto che, alla
formale  enumerazione  dei  parametri,  non  e' seguita, ad opera del
giudice a quo, alcuna motivazione.

                       Considerato in diritto

    1. - La  Commissione  tributaria  provinciale  di  Sassari dubita
della  legittimita'  costituzionale dell'art. 3, commi 181, 182, 183,
184,  185,  186, 187, 188 e 189, della legge 28 dicembre 1995, n. 549
in relazione agli artt. 3 e 53 della Costituzione, in particolare:
        laddove  (comma  186)  non  prevede  che  i  parametri per la
determinazione  dei  ricavi,  dei  compensi  e  del  volume di affari
attribuibili  al  contribuente  in  base  alle caratteristiche e alle
condizioni  di  esercizio  della  specifica attivita' svolta, debbano
necessariamente  essere  elaborati  tenendo  conto  delle  differenze
esistenti  tra le imprese operanti nelle diverse regioni e, comunque,
a livello territoriale e locale; inoltre,
        laddove  (comma  181,  lettera a)  non  prevede  che,  per le
imprese   ed   i  professionisti,  in  contabilita'  semplificata,  i
parametri  debbano  essere  applicati  solo  qualora  dal  verbale di
ispezione,  redatto  ai  sensi  dell'art. 33  del d.P.R. 29 settembre
1973, n. 600, risulti l'inattendibilita' della contabilita'.
    A  sua  volta,  la  Commissione tributaria provinciale di Catania
dubita  -  nelle  quattro  ordinanze  di  cui  in  epigrafe  -  della
legittimita'  costituzionale  dell'art. 3,  commi 181, 182, 183, 184,
185,  186,  187,  188  e 189, della legge 28 dicembre 1995, n. 549 in
relazione agli artt. 3, 23, 24 e 53, primo comma, della Costituzione,
nella  parte  in cui demanda al Presidente del Consiglio dei ministri
l'emanazione dei parametri attuativi della legge stessa e, come tali,
applicabili   da   parte   dei  competenti  uffici  finanziari  negli
accertamenti dagli stessi eseguiti.
    2. - L'evidente   connessione  delle  questioni  sollevate  dalle
cinque  ordinanze  di  rimessione  impone  la  loro riunione in unico
giudizio.
    3. - Entrambe  le  questioni  poste  dalla Commissione tributaria
provinciale di Sassari sono infondate.
    3.1. - Il   rimettente   censura,  in  primo  luogo,  la  mancata
previsione,  ad  opera dell'art. 3, comma 186, della legge n. 549 del
1995, di una differenziazione dei parametri in relazione alle diverse
realta' territoriali in cui operano le imprese (art. 3 Cost.).
    In  realta'  (non gia' il comma 186, ma) il comma 184 dell'art. 3
cit.,  dispone  espressamente che i parametri devono essere elaborati
"in  base  alle  caratteristiche e alle condizioni di esercizio della
specifica  attivita'  svolta".  Sul  piano  operativo,  poi,  la nota
tecnica  allegata al d.P.C.m. emanato nel 1996 ai sensi del comma 186
dell'art. 3  cit.,  al  punto  1  ("Criteri  per  la costituzione dei
parametri"),  chiarisce  che  le tecniche statistiche di elaborazione
dei  parametri  sono  finalizzate,  tra  l'altro,  a  cogliere ... le
differenze  territoriali  e  locali" ed al punto 2 ("Applicazione dei
parametri  all'universo  dei  contribuenti")  prevede  "un fattore di
adeguamento  personalizzato in modo da tener conto della probabilita'
di   errore   nella   stima",  considerando  le  "diverse  situazioni
gestionali  e  dell'influenza  della  localizzazione per la parte non
colta" dalla stima.
    In  tale  quadro, la lamentata assenza di una differenziazione di
parametri  non  e'  certamente  riferibile  alla  legge  oggetto  del
presente  giudizio, ma semmai alle concrete modalita' applicative del
metodo  statistico  e  dei  suoi  correttivi;  sicche'  la censura e'
rivolta,  di  fatto,  avverso disposizioni subprimarie di attuazione,
come  tali sottratte al controllo di questa Corte, ma sindacabili dal
giudice competente per il merito.
    3.2. - La seconda censura - relativa alla mancata previsione, per
le  imprese  ed  i professionisti in contabilita' semplificata, della
sequenza  procedimentale,  prevista  invece  per  gli imprenditori in
regime di contabilita' ordinaria (ai quali i parametri sono applicati
solo  qualora dal verbale di ispezione, redatto ai sensi dell'art. 33
del  d.P.R.  29 settembre  1973,  n. 600,  risulti l'inattendibilita'
della   contabilita)   -  e'  sollevata  nei  confronti  dell'art. 3,
comma 181, lettera a).
    Il  meccanismo  di  accertamento in base ai "parametri", previsto
dalla    norma    impugnata,   costituisce   disciplina   transitoria
(applicabile  ai  soli  esercizi  1995, 1996 e 1997) collocata tra il
vecchio sistema dell'accertamento secondo i "coefficienti presuntivi"
di  cui  al  d.l.  n. 69  del  2 marzo 1989 ed il nuovo sistema degli
"studi  di settore" (in vigore dall'esercizio 1998). A differenza dei
coefficienti presuntivi, i "parametri" prevedono un sistema basato su
presunzione  semplice  la  cui  idoneita'  probatoria e' rimessa alla
valutazione   del   giudice  di  merito,  in  assenza  di  previsioni
"procedimentalizzate"  circa  la  partecipazione del soggetto passivo
alla   fase   istruttoria   che  precede  l'emanazione  dell'atto  di
accertamento  (anche  se,  in  realta',  le  circolari  n. 136/1999 e
n. 157/2000    prevedono    forme    di   contatto   preventivo   tra
amministrazione e contribuente assoggettato).
    Posta  la  differenza,  riconosciuta  anche  da  questa Corte (v.
sentenza n. 384 del 1997), tra il sistema di contabilita' ordinaria e
quello  di  contabilita'  semplificata,  e'  evidente  che,  per  gli
imprenditori   che  abbiano  scelto  quest'ultimo  regime  contabile,
l'assenza  di dati contabili documentali da verificare rende priva di
senso  la  previsione di un contraddittorio in una sede ispettiva, la
quale rimarrebbe, in fin dei conti, sprovvista di oggetto: sicche' la
questione   sollevata   con  riguardo  alla  mancata  previsione  del
meccanismo ispettivo non e' meritevole di accoglimento.
    Con  riguardo,  poi,  al  problema  della mancata possibilita' di
scelta  preventiva  del  sistema  di  contabilita',  merita di essere
condivisa la sostanzialmente uniforme giurisprudenza di legittimita',
elaborata  in  relazione ai coefficienti del "redditometro", la quale
nega  l'esistenza  di  un  problema  di retroattivita' con riguardo a
redditometri    contenuti    in    decreti    ministeriali    emanati
successivamente  al  periodo  di  imposta  da  verificare, poiche' il
potere  in concreto disciplinato e' quello di accertamento, sul quale
non viene ad incidere il momento della elaborazione.
    4. - La   questione   sollevata,  con  quattro  ordinanze,  dalla
Commissione  tributaria  provinciale  di  Catania, relativamente alla
violazione della riserva di legge ex art. 23 Cost., e' manifestamente
infondata.
    Il  rimettente  mostra  di  ignorare  che  -  secondo la costante
giurisprudenza  di  questa  Corte  -  la  riserva  di  legge  di  cui
all'art. 23   (riferibile   anche   alle   norme  procedimentali  che
disciplinano gli accertamenti presuntivi) pone al legislatore l'unico
obbligo  di  determinare  preventivamente  e sufficientemente criteri
direttivi   di   base   e   linee   generali   di   disciplina  della
discrezionalita'  amministrativa (v., da ultimo, ordinanze n. 323 del
2001 e n. 7 del 2000).
    Nel  caso  di  specie, come esattamente osservato dall'Avvocatura
dello  Stato,  "le  norme  impugnate valgono a delineare ogni aspetto
fondamentale   dell'accertamento   fiscale   fondato   su   parametri
presuntivi,  definendone  la  tipologia  di  accertamento  (analitico
presuntivo ex art. 39, comma 1, del d.P.R. n. 600 del 1973), l'ambito
di applicazione soggettivo ed oggettivo (art. 3, commi 181 e 182), le
modalita'  di  determinazione dell'aliquota media ai fini del calcolo
della  maggiore  imposta  dovuta  (comma  183), i criteri generali di
elaborazione   dei   parametri   (comma   184),  il  procedimento  di
accertamento  (comma 185) e l'ambito temporale di applicazione (comma
189)".  Cio'  che  rende  manifestamente infondata anche la questione
sollevata in relazione all'art. 3 Cost.
    4.1. - Manifestamente   inammissibili,   per  totale  carenza  di
motivazione, sono le questioni sollevate in riferimento agli artt. 24
e 53 Cost.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Riuniti i giudizi,
    Dichiara  non fondate le questioni di legittimita' costituzionale
dell'art. 3,  commi 181,  182,  183,  184,  185, 186, 187, 188 e 189,
della  legge  28 dicembre  1995,  n. 549 (Misure di razionalizzazione
della  finanza  pubblica) sollevate, in riferimento agli artt. 3 e 53
Cost.,  dalla  Commissione  tributaria  provinciale  di  Sassari  con
l'ordinanza in epigrafe;
    Dichiara  la  manifesta  infondatezza  della questione sollevata,
riguardo alla medesima norma, in riferimento agli artt. 3 e 23 Cost.,
dalla Commissione tributaria provinciale di Catania, con le ordinanze
in epigrafe;
    Dichiara la manifesta inammissibilita' della questione sollevata,
riguardo  alla  medesima  norma,  in  riferimento  agli artt. 24 e 53
Cost.,  dalla  Commissione  tributaria  provinciale di Catania con le
ordinanze in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 26 marzo 2003.
                       Il Presidente: Chieppa
                      Il redattore: Vaccarella
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 1 aprile 2003.
               Il direttore della cancelleria:Di Paola
03C0347