N. 189 ORDINANZA (Atto di promovimento) 12 novembre 2002

Ordinanza  emessa  il  12  novembre  2002 dal giudice per le indagini
preliminari  del Tribunale di Modena nel procedimento penale a carico
di Restivo Caponcello Massimo

Processo penale - Chiusura delle indagini preliminari - Archiviazione
  per   intervenuta   estinzione   del   reato  -  Valutazione  sulla
  concedibilita' delle circostanze attenuanti generiche e giudizio di
  comparazione  tra piu' circostanze del reato - Mancata previsione -
  Disparita'  di  trattamento  di  situazioni  analoghe - Lesione del
  principio di buon andamento della pubblica amministrazione.
- Codice di procedura penale, art. 411.
- Costituzione, artt. 3 e 97.
(GU n.15 del 16-4-2003 )
                            IL TRIBUNALE

    1.  -  In  data 24 settembre 2001 il p.m. presentava richiesta di
archiviazione  nel  procedimento penale iscritto al n. 3810/00 r.n.r.
della  locale procura a carico di Restivo Massimo per il reato di cui
all'art. 640 e 61 n. 7 c.p.
    Presentata opposizione dalla parte offesa, veniva fissata udienza
camerale ex art. 409 c.p.p.
    All'esito  dell'udienza,  superato il profilo di inammissibilita'
dell'opposizione  non  presentata personalmente dalla parte offesa ma
dal  difensore  non munito di procura speciale (rientrando nei poteri
del giudice valutare l'opposizione come memoria difensiva ex art. 121
c.p.p.),  emergeva  all'attenzione  del  ricorrente  una questione di
legittimita'  costituzionale  da ritenersi rilevante e non infondata,
con  conseguente  obbligo  di  trasmissione  degli  atti  alla  Corte
costituzionale.
    Il  caso  in  esame  puo'  essere  cosi'  riassunto:  le indagini
preliminari   avevano   evidenziato   gli   estremi   di  una  truffa
contrattuale  perpetrata  negli  anni  1991,  1992, 1993 e 1994 da un
sedicente  consulente  finanziario che prospettando alle parti offese
profitti cospicui derivanti dalle sue attivita' finanziarie, di fatto
avevano  causato  la  perdita  di oltre 300.000.000 di lire; il p.m.,
pertanto,  aveva  ravvisato  la  sussistenza  dell'aggravante  di cui
all'art. 61  n. 7  c.p.  che  rende procedibile d'ufficio il reato in
esame;  concludeva,  peraltro,  che,  essendosi il fatto da ritenersi
consumato  nel  marzo  1995,  ed essendo il termine prescrizionale di
anni  cinque,  ai  sensi  dell'art. 157  n. 4  c.p.,  il  reato cosi'
ipotizzato  era  da  considerarsi  estinto  e  con  tale  motivazione
chiedeva l'archiviazione del procedimento.
    Invero,  e  con  riferimento  alla rilevanza della questione, dal
fascicolo  processuale  emerge con evidenza che la dazione dei danari
nel  corso degli anni 1991-1994 e' avvenuta sulla base di un rapporto
fiduciario   che   rende  inevitabile  l'integrazione  dell'ulteriore
aggravante  di cui all'art. 61 n. 11 c.p.; tale aggravante produrebbe
un innalzamento del limite edittale della pena oltre i cinque anni di
reclusione  con  conseguente applicazione dell'art. 157 n. 3 c.p. che
prevede il termine prescrizionale di anni dieci.
    D'altronde,   ritiene   il  remittente  che  nel  caso  in  esame
potrebbero non solo concedersi all'indagato le circostanze attenuanti
generiche, ma anche valutarle equivalenti alle aggravanti contestate,
con  conseguente declaratoria di estinzione del reato per intervenuta
prescrizione.
    Tale  indagine di merito, peraltro, appare preclusa dall'art. 411
c.p.p.   e  dalla  giurisprudenza,  anche  costituzionale,  formatasi
intorno  alle ipotesi di estinzione del reato, mancanza di condizione
di  procedibilita'  e fatto non piu' previsto dalla legge come reato,
dove,  come  e'  stato  precisato,  il  giudice si limita a "prendere
visione  degli  atti  d'indagine,  senza esprimere alcuna valutazione
contenutistica,  di  merito,  sui  risultati  delle  indagini stesse"
(Corte costituzionale del 30 aprile 1999 n. 152).
    2. - In particolare, l'ipotesi relativa alla estinzione del reato
passa  inevitabilmente  attraverso l'esame delle cause indicate dagli
artt. 150   e   ss.  c.p.:  morte  del  reo,  amnistia,  oblazione  e
prescrizione.  Qui  i poteri valutativi del g.i.p. appaiono del tutto
disomogenei.
    Invero,  se  la  ratio  sottesa  alla  formulazione dell'art. 411
c.p.p.  puo'  rinvenirsi,  parallelamente  a  quanto  sostenuto dalla
giurisprudenza   costituzionale   (sentenza   n. 88   del  1991)  per
l'art. 408  c.p.p.,  nella  superfluita'  del  processo  intesa  come
inutilita' dell'accertamento giurisdizionale, va evidenziato come per
le  ipotesi  di  morte  del  reo e oblazione il g.i.p. possa emettere
decreto  di  archiviazione  constatando  la sussistenza della singola
causa  estintiva,  laddove,  nel  caso  di  amnistia  e prescrizione,
vengono  in  rilievo da un lato aspetti relativi alla possibilita' di
rinuncia  al  beneficio e dall'altro elementi valutativi tipici della
fase  processuale  piena che impediscono l'adozione del provvedimento
di archiviazione ed impongono l'esercizio dell'azione penale.
    Poiche' il caso sottoposto al remittente attiene alla valutazione
delle  circostanze  del  reato,  sotto  tale  profilo va segnalata la
evidente  disparita' di trattamento tra le situazioni processuali che
producono  sul piano sostanziale l'effetto finale dell'estinzione del
reato,  ma sul piano valutativo l'impossibilita' del previo esame del
fatto  circostanziale  determinante  ai  fini  della  produzione  del
predetto effetto estintivo.
    3.  -  I  parametri  che  si  assumono violati sono, a parere del
remittente, l'art. 3 e 97 della Costituzione.
    Invero,  occorre  partire  dalla constatazione che le circostanze
sono  elementi  di fatto di carattere personale, materiale e psichico
che,  pur  essendo  estranee  al  reato  riguardato nella sua essenza
ontologica,  hanno,  pero',  l'attitudine,  oltre che a qualificare e
graduare  la  responsabilita'  del  colpevole, anche a rendere piu' o
meno  grave,  in  se'  o  nelle  sue  conseguenze, il fatto criminoso
tipico;  esse  ineriscono alla struttura stessa del reato inteso come
entita'  naturalistica e giuridica composita (elementi costitutivi ed
elementi  accessori)  ed incidono sull'entita' non solo della pena in
concreto  irrogabile,  ma - quel che qui piu' conta - anche di quella
comminata in astratto dalla legge.
    Ed  allora l'incidenza di un provvedimento giurisdizionale su una
delle componenti non puo' non coinvolgere l'intera fattispecie legale
che  risulta  dalla  combinazione di fatto tipico, circostanze e pena
edittale.  E  poiche'  la  scansione  dei  termini  prescrizionali e'
collegata  dall'art. 157  c.p. proprio alla pena edittale prevista da
ciascuna  norma  incriminatrice,  diminuita  o  aumentata  in  misura
predeterminata  per effetto del concorso di eventuali circostanze, il
giudice,   cosi'  come  ha  sicuramente  l'obbligo,  ad  esempio,  di
dichiarare  l'abolitio  criminis,  la  morte  del  reo o l'intevenuto
pagamento  della  somma  a  titolo  di oblazione che siano nelle more
sopravvenuti,   dovrebbe   essere  parimenti  tenuto  a  prendere  in
considerazione, ai fini dell'applicazione della causa estintiva della
prescrizione,  la piu' favorevole pena edittale prevista per il reato
circostanziato.  L'attuale  impossibilita'  di  attivare  tale potere
valutativo  produce  una  sostanziale disparita' di trattamento nella
disciplina   delle   cause  di  estintive  del  reato  che  conducono
all'emissione del decreto di archiviazione.
    Tale disparita' assume ancora maggior ampiezza laddove si esamini
la  forte incidenza valutativa del g.i.p. che, ex art. 125 disp. att.
c.p.p.,   puo'  disporre  l'archiviazione  del  procedimento  laddove
ritenga  l'infondatezza  della notizia di reato "perche' gli elementi
acquisiti  nelle  indagini  preliminari  non  sono idonei a sostenere
l'accusa  in  giudizio".  Ed  invero,  in  tal  caso  il  g.i.p. puo'
spingersi  nella  valutazione prognostica a sondare la "tenuta" degli
elementi  di accusa in un ipotetico scenario di cognizione piena, per
poi  disporre la archiviazione in caso di fonti di prova deboli e non
univoche,  laddove,  in  caso  di  reato  circostanziato, non potendo
formulare  la  fondata  prognosi  di riconoscimento delle circostanze
attenuanti  generiche,  il  giudice  dovra'  attivare  il  meccanismo
dell'imputazione  coatta per condurre il procedimento alla cognizione
piena  e consentire la valutazione delle predette circostanze al fine
della dichiarazione di estinzione del reato.
    Nelle  due  ipotesi  in  esame,  pertanto, l'indagato si trova in
situazioni  entrambe  meritevoli di definizione analoga, ma nel primo
caso  l'art. 125  disp. att. c.p.p. fornisce al g.i.p. quei poteri di
valutazione  che non sono riconosciuti nella disciplina dell'art. 411
c.p.p. Anche per tale motivo appare violato l'art. 3 Cost.
    L'ulteriore  parametro  violato, infine, sembra quello ex art. 97
Cost.  del buon andamento dell'amministrazione sotto il profilo della
contrarieta'  ai canoni di corretta ed efficiente distribuzione delle
risorse  gestionali degli affari giurisdizionali con riferimento alla
situazione  processuale  sottoposta  al  vaglio  del  remittente  che
produrrebbe la necessita' di stimolare il p.m. ad esercitare l'azione
penale,  e  il  g.u.p.  a fissare l'udienza preliminare (o il giudice
monocratico  a  fissare  il  dibattimento)  e  solo all'esito di fase
processuale  applicare  l'art.  425,  comma  secondo,  c.p.p.,  o 531
c.p.p., con evidente, irrazionale e superfluo dispendio di risorse.
                              P. Q. M.
    Visti gli artt. 136 Cost., 23 legge 11 marzo 1953 n. 87;
    Dichiara  rilevante  e  non manifestamente infondata in relazione
agli  artt. 3  e 97 Cost. la questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 411  c.p.p.  nella  parte  in  cui  non prevede, al fine di
dichiarare  la  causa  di  estinzione del reato per prescrizione, che
possa   essere   compiuta  la  valutazione  di  concedibilita'  delle
circostanze  attenuanti  generiche  e il giudizio di comparazione tra
piu' circostanze del reato.
    Sospende  il  presente  giudizio  e dispone la trasmissione degli
atti alla Corte costituzionale.
    Dispone che copia della presente ordinanza sia comunicata, a cura
della  cancelleria,  al  Presidente  del  Senato, al Presidente della
Camera dei deputati e al Presidente del Consiglio dei ministri.
    Manda alla cancelleria per gli adempimenti di competenza.
        Modena, addi' 12 novembre 2002
           Il giudice per le indagini preliminari: Truppa
03C0360