N. 113 SENTENZA 26 marzo - 10 aprile 2003

Giudizio su conflitto di attribuzione tra Stato e Regione.

Ricorso della Regione Friuli-Venezia Giulia - Profili della questione
  - Deduzione non tempestiva - Inammissibilita'.
- Statuto  Regione  Friuli-Venezia  Giulia, artt. 5, numero 16, e 63,
  comma secondo.
Entrate  erariali - Importi corrispondenti alla riduzione di compensi
  a  dipendenti  pubblici  -  Versamenti all'erario statale imposti a
  enti  locali  e  aziende  del  servizio  sanitario  - Ricorsi delle
  Regioni   Friuli-Venezia  Giulia  e  Siciliana  -  Addotta  lesione
  dell'autonomia   finanziaria   e   delle   spettanze   regionali  -
  Impugnazione di un atto meramente esecutivo della legge presupposta
  - Inammissibilita' dei ricorsi.
- D.P.C.M. 16 ottobre 1998, n. 486, art. 2, comma 2.
- Statuto  Regione  Friuli-Venezia  Giulia, art. 4, numero 1 e numero
  1-bis;  Statuto  Regione Siciliana, art. 36; d.P.R. 26 luglio 1965,
  n. 1074.
- Costituzione, artt. 116 e 119.
(GU n.15 del 16-4-2003 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Riccardo CHIEPPA;
  Giudici:  Gustavo  ZAGREBELSKY,  Valerio  ONIDA,  Carlo MEZZANOTTE,
Fernanda   CONTRI,  Guido  NEPPI  MODONA,  Piero  Alberto  CAPOTOSTI,
Annibale   MARINI,  Franco  BILE,  Giovanni  Maria  FLICK,  Francesco
AMIRANTE, Ugo DE SIERVO, Romano VACCARELLA, Paolo MADDALENA;
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nei giudizi per conflitto di attribuzione sorti a seguito del decreto
del  Presidente  del  Consiglio  dei ministri 16 ottobre 1998, n. 486
(Regolamento  recante norme per le modalita' di versamento all'erario
dell'importo previsto dall'art. 1, comma 126, della legge 23 dicembre
1996,  n. 662),  promossi  con  ricorsi  della Regione Friuli-Venezia
Giulia  e  della  Regione Siciliana notificati il 12 e 15 marzo 1999,
depositati in cancelleria il 18 e 19 successivi ed iscritti ai nn. 12
e 14 del registro conflitti 1999.
    Visti  gli  atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  3 dicembre  2002  il  giudice
relatore Paolo Maddalena;
    Uditi  gli  avv.ti Mario Bertolissi per la Regione Friuli-Venezia
Giulia,  Liana  Cordone  e  Giovanni Corica per la Regione Siciliana,
nonche' l'avvocato dello Stato Giancarlo Mando' per il Presidente del
Consiglio dei ministri.

                          Ritenuto in fatto

    1. - Con  ricorso  notificato  il  12 marzo  1999 e depositato in
cancelleria  il successivo 18 marzo, la Regione Friuli-Venezia Giulia
ha  sollevato  conflitto di attribuzione nei confronti del Presidente
del Consiglio dei ministri (r. confl. n. 12 del 1999), in riferimento
all'art. 2,  comma  2,  del  decreto del Presidente del Consiglio dei
ministri  16 ottobre  1998,  n. 486 (Regolamento recante norme per le
modalita' di versamento all'erario dell'importo previsto dall'art. 1,
comma 126, della legge 23 dicembre 1996, n. 662), al fine di ottenere
la  dichiarazione  che  non  spetta allo Stato incamerare gli importi
corrispondenti  alla  riduzione  dei compensi attribuiti a dipendenti
pubblici,  che  siano  componenti  di  organi  di amministrazione, di
revisione  e  di  collegi  sindacali,  per  la parte riconducibile ai
versamenti  effettuati  dagli  enti  e  dalle  aziende  del  servizio
sanitario e dagli enti locali della regione.
    La  ricorrente  ritiene  che  la  predetta  disposizione  di  cui
all'art. 2,   comma   2,   del  citato  d.P.C.m.  violi  la  potesta'
legislativa  esclusiva  in materia di autorganizzazione, di autonomia
finanziaria  e  di  ordinamento  degli  enti  locali, attribuita alla
Regione  Friuli-Venezia  Giulia dall'art. 4, numero 1 e numero 1-bis,
della  legge  costituzionale  31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale
della Regione Friuli-Venezia Giulia).
    1.1. - In  particolare,  la  Regione  Friuli-Venezia Giulia, dopo
aver  ricostruito  il quadro normativo di riferimento, sottolinea che
l'art. 2,  comma  2,  del d.P.C.m. in questione appare "autonomamente
lesivo  dell'autonomia  finanziaria della regione, nella parte in cui
prevede  il  versamento  allo  Stato  delle  somme  risultanti  dalle
riduzioni  disposte  anche  da  parte  di enti, quali gli enti locali
della  regione  e le aziende del servizio sanitario regionale, le cui
finanze  dipendono  ormai  unicamente  - a decorrere dal 1997 - dalle
risorse trasferite a carico del bilancio regionale".
    E  la  lesivita'  dell'impugnato  d.P.C.m.,  secondo  la regione,
diventa  ancor  piu' evidente e ingiustificata se si considera che, a
fronte  di  costi certi (quali quelli relativi al finanziamento della
sanita'  e  delle  autonomie  locali),  il provvedimento in questione
determina  un decremento delle entrate regionali, in riferimento alle
risorse  da  attribuirsi in tutto o in parte alla regione a titolo di
IRAP,  di  addizionale  regionale  IRPEF  e  di  compartecipazione al
gettito IRPEF.
    A cio' va aggiunto che la disposizione in parola arreca "un danno
alle   finanze   comunali  e  regionali",  in  quanto  "determina  un
decremento  del  gettito  delle  addizionali  comunali all'IRPEF", da
attribuirsi  alla regione ai sensi dell'art. 31, comma 2, della legge
23 dicembre   1998,   n. 448  (Misure  di  finanza  pubblica  per  la
stabilizzazione e lo sviluppo).
    La  Regione,  infine,  sottolinea  che  la  previsione oggetto di
impugnativa  non  puo'  essere  ricondotta nell'ambito delle clausole
c.d.  di  riserva all'erario, come disciplinate dall'art. 4, comma 1,
del d.P.R. 23 gennaio 1965, n. 114 (Norme di attuazione dello Statuto
speciale  della  Regione  Friuli-Venezia Giulia in materia di finanza
regionale),   poiche'   nel  caso  in  esame  lo  Stato  non  dispone
"maggiorazioni di aliquote o altre modificazioni in ordine ai tributi
devoluti  alla  regione"  per il risanamento della finanza pubblica o
per  altri  scopi  determinati,  ma  interviene "a monte" provocando,
comunque,   un  decremento  delle  risorse  regionali.  Pertanto,  il
regolamento   impugnato   avrebbe  dovuto  prevedere  "meccanismi  di
attribuzione  alla  regione  delle  quote delle risorse recuperate, a
seguito  dell'applicazione dell'art. 1, comma 126, della legge n. 662
del  1996,  per la parte riconducibile ai versamenti effettuati dagli
enti  ed  aziende  del  servizio  sanitario e dagli enti locali della
regione".
    2. - Con  ricorso  notificato  il  15 marzo  1999 e depositato in
cancelleria  il  successivo 19 marzo, la Regione Sicilia ha sollevato
conflitto  di attribuzione nei confronti del Presidente del Consiglio
dei  ministri (r. confl. n. 14 del 1999), al fine di ottenere, previa
sospensione  dell'efficacia dell'atto impugnato, "la dichiarazione di
illegittimita'  costituzionale"  dell'art. 2,  comma  2, del d.P.C.m.
16 ottobre  1998, n. 486, in quanto lesivo dell'art. 36 dello statuto
speciale  della  Regione  Siciliana (r.d.lgs. 15 maggio 1946, n. 455,
convertito  in  legge  costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2) e delle
correlate  norme  di attuazione (d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074), che
disciplinano le attribuzioni finanziarie della Sicilia, nonche' degli
artt. 116 e 119 della Costituzione.
    2.1. - Osserva la ricorrente che l'art. 1, comma 126, della legge
23 dicembre  1996,  n. 662 (Misure di razionalizzazione della finanza
pubblica)  appare chiaramente finalizzato ad un aumento delle entrate
erariali.   Da   tale   rilievo,   la  Regione  Siciliana  deduce  la
qualificazione  finanziaria  (ed  in  particolare  tributaria)  della
norma,   destinata,  in  quanto  tale,  a  trovare  applicazione  nel
territorio  della  regione. Ne conseguirebbe che la norma non sarebbe
di   per  se'  immediatamente  lesiva  delle  prerogative  statutarie
regionali  in  materia  finanziaria, in quanto il previsto versamento
all'erario  delle  quote  da  riscuotersi in ambito regionale "ben si
sarebbe potuto ritenere attribuito alla regione in virtu' del vigente
sistema di ripartizione delle entrate tra Stato e Regione Siciliana".
Sennonche',  l'impugnato  d.P.C.m. n. 486 del 1998, all'art. 2, comma
2,  ha  previsto  che i suddetti versamenti devono essere "effettuati
alle  sezioni  di  tesoreria  provinciale  dello  Stato",  riservando
all'erario dello Stato il gettito in questione.
    Cio' determinerebbe una compressione delle spettanze regionali in
materia  finanziaria,  in  violazione delle disposizioni dell'art. 36
dello  statuto e delle norme di attuazione in materia finanziaria, in
base  alle  quali  spettano alla regione "tutte le entrate tributarie
erariali   riscosse   nell'ambito   del  suo  territorio,  dirette  o
indirette,  comunque  denominate",  ad  eccezione  di  alcune entrate
tassativamente previste che restano di competenza statale.
    Inoltre,  i compensi in parola qualificati come redditi di lavoro
autonomo  ai  sensi  dell'art. 49,  comma  2,  lettera  a) del d.P.R.
22 dicembre  1986, n. 917 (Approvazione del testo unico delle imposte
sui  redditi),  ovvero  come  redditi assimilati ai redditi di lavoro
dipendente,  qualora  svolti in relazione alla qualita' di prestatore
di  lavoro  dipendente,  ai  sensi  dell'art. 47  dello stesso d.P.R.
n. 917  del 1986 avrebbero contribuito, nel loro importo complessivo,
a  formare  base  imponibile  sulla quale determinare l'IRPEF, il cui
gettito,  in  base  alle  richiamate  norme  di autonomia finanziaria
regionale, sarebbe risultato di spettanza regionale.
    La  predetta  riduzione della base imponibile, accompagnata dalla
previsione di versamento all'erario degli importi corrispondenti alle
riduzioni  dei  compensi  effettuate ai sensi dell'art. 1, comma 126,
della legge n. 662 del 1996, secondo la regione, configura un'entrata
parzialmente  sostitutiva  di  un'altra  che,  in quanto riscossa nel
territorio della regione, e' di assoluta spettanza regionale.
    3. - E'  intervenuto  il  Presidente  del Consiglio dei ministri,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, il quale
rileva,  pregiudizialmente, con identiche argomentazioni per entrambi
i  conflitti  di  attribuzione  in  epigrafe,  l'inammissibilita' dei
ricorsi,  atteso  che  essi  sono  proposti avverso un atto meramente
applicativo  della legge n. 662 del 1996; per la quale, peraltro, non
esistevano piu' i termini per esperire il ricorso in via principale.
    Nel  merito,  la  difesa  erariale  ritiene  l'infondatezza delle
impugnative.  Infatti,  se  si  ammettesse  un  diverso regime per le
regioni a statuto speciale, rispetto a quelle a statuto ordinario, si
verificherebbe   una  disparita'  di  trattamento  tra  i  dipendenti
pubblici soggetti alla diminuzione dei compensi in questione.
    Ne'  l'autonomia  tributaria  regionale del Friuli-Venezia Giulia
potrebbe dirsi incisa dalla legge n. 662 del 1996, poiche' essa deve,
comunque, essere coordinata con i principi costituzionali di unicita'
e indivisibilita' della Repubblica (art. 5 Cost.) e di rispetto delle
altre  istituzioni dello Stato sotto il profilo finanziario (art. 119
Cost.).
    II    minor    gettito    lamentato   dalle   regioni   derivante
dall'applicazione dell'atto e', in realta', diretto a razionalizzare,
armonizzare e stabilizzare le entrate e le uscite relative a tutta la
finanza  pubblica e al suo risanamento. L'adozione delle disposizioni
in  parola  rientra  pertanto  nella discrezionalita' del legislatore
statale  di  modificare gli elementi essenziali dei tributi, anche se
le   introdotte   variazioni   possono  in  concreto  determinare  un
decremento del gettito destinato alle regioni.
    4. - In   prossimita'   dell'udienza,  la  Regione-Friuli-Venezia
Giulia  ha  presentato  memoria  con  la  quale ha evidenziato che la
questione  prospettata  con  il  ricorso  n. 12  del  1999  "riguarda
essenzialmente la propria autonomia finanziaria".
    Inoltre,  essa  ha  ribadito  la  lesivita'  ex se dell'impugnato
d.P.C.m.  nella  parte  in  cui  non  prevede  che,  per  la  Regione
Friuli-Venezia  Giulia,  le  entrate  derivanti dalla diminuzione dei
compensi   spettanti  a  determinati  dipendenti  pubblici  siano  di
competenza regionale.
    5. - La   Regione   Siciliana,   a   sua   volta,  nell'imminenza
dell'udienza,  ad  integrazione di quanto precedentemente dedotto, ha
presentato  memoria con la quale, anche in relazione all'eccezione di
inammissibilita'  sollevata dall'Avvocatura, osserva di non avere mai
contestato la legittimita' dell'art. 1, comma 126, della legge n. 662
del  1996, dal momento che tale norma "nulla disponeva in ordine alla
spettanza  delle somme relative alle riduzioni operate sui compensi";
talche',  in  coerenza  con  le  disposizioni in materia di autonomia
finanziaria,  dette  entrate  avrebbero  dovuto essere considerate di
pertinenza della medesima Regione Siciliana.
    A   cio'  la  ricorrente  aggiunge  che  l'autonomia  finanziaria
regionale  risulta  comunque  salvaguardata  dall'art. 10 della legge
costituzionale  18 ottobre  2001,  n. 3  (Modifiche al titolo V della
parte  seconda  della  Costituzione),  il  quale  dispone  che,  sino
all'adeguamento   degli   statuti  speciali,  le  nuove  disposizioni
costituzionali si applicano "per le parti in cui prevedono forme piu'
ampie di autonomia".

                       Considerato in diritto

    1. - I  due  conflitti  di  attribuzione,  promossi con i ricorsi
descritti  in  narrativa  (n. 12  e  n. 14  registro conflitti 1999),
riguardano  il  d.P.C.m. 16 ottobre 1998, n. 486 (Regolamento recante
norme per le modalita' di versamento all'erario dell'importo previsto
dall'art. 1,  comma  126,  della  legge 23 dicembre 1996, n. 662), e,
piu'  precisamente,  la  disposizione  di  cui  all'art. 2,  comma 2,
secondo  la  quale  il  versamento  dell'importo  corrispondente alla
riduzione  dei compensi spettanti a dipendenti pubblici componenti di
organi  di  amministrazione,  di  revisione  e  di collegi sindacali,
corrisposti  da  pubbliche  amministrazioni,  deve  essere effettuato
"alle sezioni di tesoreria provinciale dello Stato".
    I  due  giudizi,  data  l'identita'  dell'oggetto,  devono essere
riuniti per essere decisi con unica sentenza.
    2. - In   via   pregiudiziale   va  considerato  che  la  Regione
Friuli-Venezia  Giulia,  con  la  memoria  presentata  nell'imminenza
dell'udienza,  ha  dedotto  per  la  prima  volta la violazione degli
artt. 5,  numero 16 (potesta' legislativa della regione in materia di
igiene e sanita' ed assistenza sanitaria ed ospedaliera), e 63, comma
2   (appartenenza  al  Consiglio  regionale  dell'iniziativa  per  le
modifiche dello statuto), della legge costituzionale 31 gennaio 1963,
n. 1 (Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia).
    La  dedotta violazione non puo' essere presa in considerazione in
quanto  non  risulta  essere stata tempestivamente proposta (sentenza
n. 63 del 1995).
    3. - Ancora in via pregiudiziale occorre esaminare l'eccezione di
inammissibilita'  dei ricorsi, sollevata, per entrambi i conflitti di
attribuzione   in   epigrafe,  dalla  Presidenza  del  Consiglio  dei
ministri,  secondo la quale i ricorsi stessi sarebbero stati proposti
avverso  un  atto meramente applicativo dell'art. 1, comma 126, della
legge  23 dicembre  1996,  n. 662  (Misure di razionalizzazione della
finanza  pubblica)  e,  quindi,  non  lesivo  ex  se delle competenze
regionali.
    Sul  punto,  la  difesa  erariale  sostiene  che,  data la natura
esecutiva  dell'atto impugnato, la tutela delle prerogative regionali
avrebbe  dovuto comportare l'impugnativa in via di azione della norma
di  legge  presupposta  dall'atto  censurato, anziche' il ricorso per
conflitto di attribuzione.
    La  questione  non  e'  nuova. Questa Corte, infatti, ha ritenuto
inammissibili i ricorsi per conflitto di attribuzione nei casi in cui
l'atto  impugnato  sia  meramente  esecutivo o addirittura ripetitivo
rispetto alle disposizioni della legge (sentenza n. 138 del 1999); in
tali  ipotesi,  infatti,  la  preclusione ad una pronuncia sul merito
deriva  dal  fatto  che, con il conflitto, verrebbe a proporsi, nella
sostanza,  la  stessa questione che ritualmente avrebbe dovuto essere
sollevata con il ricorso in via di azione.
    La  Regione  Friuli-Venezia Giulia e la Regione Siciliana negano,
invece,  il  carattere  meramente attuativo dell'art. 2, comma 2, del
d.P.C.m.  n. 486 del 1998 e sostengono che esso sia lesivo della loro
autonomia,  prevedendo  il  versamento  degli importi in questione al
solo   erario  dello  Stato,  laddove,  in  base  alla  legge,  detto
versamento avrebbe dovuto riguardare anche l'erario delle regioni. E'
da  soggiungere poi che, secondo la prospettazione della sola Regione
Friuli-Venezia   Giulia,   la   lesivita'   del  d.P.C.m.  in  parola
deriverebbe  anche  dal  fatto  che le regioni a statuto speciale non
potrebbero  rientrare nel novero delle "amministrazioni pubbliche" di
cui  all'art. 1,  comma  2,  del decreto legislativo 3 febbraio 1993,
n. 29  (Razionalizzazione  dell'organizzazione  delle amministrazioni
pubbliche  e  revisione  della  disciplina  in  materia  di  pubblico
impiego, a norma dell'articolo 2 della legge 23 ottobre 1992, n. 421)
-  trasfuso  ora nel decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme
generali   sull'ordinamento   del   lavoro   alle   dipendenze  delle
amministrazioni pubbliche), - al quale fa riferimento l'art. 1, comma
126,  della legge n. 662 del 1996, in sede di delimitazione del campo
di applicazione della legge stessa.
    In  realta',  come  esattamente  ha  ritenuto  l'Avvocatura dello
Stato,  il menzionato d.P.C.m. n. 486 del 1998 ha un valore meramente
esecutivo  della  legge,  poiche' non risponde al vero l'affermazione
delle  ricorrenti  secondo  la quale l'art. 1, comma 126, della legge
n. 662  del 1996, per un verso includerebbe nella nozione di "erario"
anche l'erario regionale, e per altro verso accoglierebbe una nozione
di "amministrazioni pubbliche", nella quale non potrebbero includersi
le regioni a statuto speciale.
    Infatti,   che  la  disposizione  della  legge  n. 662  del  1996
intendesse riferirsi soltanto all'erario statale e non anche a quello
regionale  e'  provato  dalla  circostanza  che  le entrate di cui si
parla,  come  chiarisce il successivo art. 3, comma 216, della stessa
legge,  "sono  riservate all'erario e concorrono alla copertura degli
oneri per il servizio del debito pubblico, nonche' alla realizzazione
delle  linee  di  politica  economica e finanziaria in funzione degli
impegni  di  riequilibrio  del  bilancio  assunti in sede comunitaria
...".  Di  fronte  ad  una  cosi' chiara formulazione della legge non
possono davvero esserci dubbi.
    Neppure  puo'  sostenersi  che  la  nozione  di  "amministrazioni
pubbliche"  di  cui  all'art. 1,  comma  2,  del  decreto legislativo
3 febbraio  1993, n. 29, cui fa riferimento la legge n. 662 del 1996,
non  contempli  anche  le  regioni  a  statuto  speciale. Se e' vero,
infatti, che il comma 2 dell'art. 1 di detto decreto legislativo, nel
precisare  cosa  debba  intendersi con l'espressione "amministrazioni
pubbliche"  enumera,  tra  l'altro,  genericamente  "le  regioni", e'
altrettanto  vero  che  il  comma  1  dello stesso articolo considera
nell'ambito  di  applicazione  del  decreto  anche  le  "regioni e le
province  autonome", sicche' e' fin troppo evidente che la successiva
enumerazione non puo' non riferirsi anche a queste ultime.
    4. - Se  ne  deve  concludere  che,  sia  sotto  il profilo della
destinazione degli importi in questione all'erario statale, sia sotto
il  profilo  dell'inclusione  delle  Regioni a statuto speciale nella
nozione  di "amministrazioni pubbliche" di cui al decreto legislativo
n. 29  del  1993,  il  d.P.C.m. n. 486 del 1998 non si discosta dalle
norme  previste  dalla legge n. 662 del 1996, della quale costituisce
anzi  uno  strumento  meramente  attuativo,  e  che  di conseguenza i
ricorsi   per  conflitto  di  attribuzione  sollevati  dalla  Regione
Friuli-Venezia   Giulia  e  dalla  Regione  Siciliana  devono  essere
dichiarati inammissibili.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Riuniti i giudizi,
    Dichiara inammissibili i ricorsi per conflitto di attribuzione in
epigrafe,  promossi  dalla  Regione  Friuli-Venezia Giulia (r. confl.
n. 12 del 1999) e dalla Regione Siciliana (r. confl. n. 14 del 1999),
in  relazione  all'art. 2,  comma  2,  del decreto del Presidente del
Consiglio  dei  ministri 16 ottobre 1998, n. 486 (Regolamento recante
norme per le modalita' di versamento all'erario dell'importo previsto
dall'art. 1, comma 126, della legge 23 dicembre 1996, n. 662).
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 26 marzo 2003.
                       Il Presidente: Chieppa
                       Il redattore: Maddalena
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 10 aprile 2003.
               Il direttore della cancelleria:Di Paola
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