N. 119 ORDINANZA 26 marzo - 10 aprile 2003

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Contenzioso  tributario  -  Acquisizione di atti di indagine penale -
  Efficacia  probatoria  in  assenza  di preventiva verifica da parte
  dell'amministrazione finanziaria - Lamentata lesione del diritto di
  difesa del contribuente - Manifesta infondatezza della questione.
- D.P.R.  29 settembre 1973, n. 600, art. 33; d.P.R. 26 ottobre 1972,
  n. 633, art. 63.
- Costituzione, art. 24.
(GU n.15 del 16-4-2003 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Riccardo CHIEPPA;
  Giudici:  Gustavo  ZAGREBELSKY,  Valerio  ONIDA,  Carlo MEZZANOTTE,
Fernanda   CONTRI,  Guido  NEPPI  MODONA,  Piero  Alberto  CAPOTOSTI,
Annibale  MARINI,  Franco  BILE, Giovanni Maria FLICK, Ugo DE SIERVO,
Romano VACCARELLA, Alfio FINOCCHIARO;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 33 del decreto
del   Presidente   della   Repubblica   29 settembre   1973,   n. 600
(Disposizioni  comuni  in  materia  di accertamento delle imposte sui
redditi),  e dell'art. 63 del decreto del Presidente della Repubblica
26 ottobre  1972,  n. 633  (Istituzione e disciplina dell'imposta sul
valore  aggiunto),  promosso con ordinanza del 20 novembre 2001 dalla
Commissione  tributaria  regionale  di  Firenze  sui  ricorsi riuniti
proposti  dall'Agenzia  delle entrate - Ufficio di San Miniato contro
Conceria  David  International s.p.a. ed altre, iscritta al n. 70 del
registro  ordinanze  2002 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 8, 1a serie speciale, dell'anno 2002.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera di consiglio del 26 febbraio 2003 il giudice
relatore Annibale Marini;
    Ritenuto  che la Commissione tributaria regionale di Firenze, con
ordinanza   del   20 novembre  2001,  ha  sollevato,  in  riferimento
all'art. 24    della    Costituzione,   questione   di   legittimita'
costituzionale   dell'art. 33   del   decreto  del  Presidente  della
Repubblica  29 settembre 1973, n. 600 (Disposizioni comuni in materia
di  accertamento  delle  imposte  sui  redditi),  e  dell'art. 63 del
decreto  del  Presidente  della  Repubblica  26 ottobre  1972, n. 633
(Istituzione e disciplina dell'imposta sul valore aggiunto);
        che  il  rimettente,  nel  corso di un giudizio relativo alla
impugnazione  di avvisi di accertamento - concernenti imposte dirette
ed  IVA  -  emessi  in base alle risultanze di una consulenza tecnica
disposta  dal pubblico ministero nel corso di indagini penali, dubita
della  legittimita'  costituzionale  delle norme sopraindicate, nella
parte  in  cui  "non  escludono  che  nel processo tributario possano
essere  trasmessi  direttamente  agli  uffici  delle imposte ad opera
dell'autorita'  giudiziaria, in particolare del pubblico ministero in
sede di indagini preliminari, dati e notizie acquisiti direttamente o
riferiti ed ottenuti da forze di polizia nell'esercizio dei poteri di
polizia  giudiziaria  e,  come  tali,  possano  essere utilizzati dal
giudice  tributario  senza  previa verifica da parte della Guardia di
finanza e degli uffici medesimi";
        che,  in  particolare,  il  giudice  a  quo  osserva  che  le
informazioni   contenute   nella  consulenza  disposta  dal  pubblico
ministero nel corso delle indagini preliminari pacificamente prive di
autonomo  valore  probatorio  nello  stesso processo penale sarebbero
state utilizzate dall'amministrazione finanziaria senza alcuna previa
verifica;
        che,  in  tal  modo,  per  diretta  iniziativa  del  pubblico
ministero,   sarebbero  stati  acquisiti  al  processo  tributario  i
risultati  di  attivita' compiute al di fuori di ogni contraddittorio
fra le parti, con violazione del diritto di difesa del contribuente;
        che,  intervenendo  nel giudizio, il Presidente del Consiglio
dei  ministri, rappresentato e difeso dalla Avvocatura generale dello
Stato,  ha  concluso  per  la  inammissibilita' della questione o, in
subordine, per la sua infondatezza;
        che,  ad avviso della difesa erariale, la questione sollevata
non sarebbe rilevante nel giudizio a quo;
        che,  nel merito, la questione stessa, secondo l'avviso della
interveniente difesa, sarebbe, comunque, infondata - con profili tali
da  rasentare  la  inammissibilita' - in quanto il rimettente avrebbe
potuto  risolvere,  in  via interpretativa, il dubbio di legittimita'
costituzionale, alla stregua della normativa che consente agli uffici
finanziari  di  ricostruire  il  reddito anche sulla base di elementi
indiziari,  purche' le presunzioni desumibili siano "gravi, precise e
concordanti".
    Considerato  che  -  ad  avviso della Commissione rimettente - le
norme   impugnate   sarebbero   lesive  del  diritto  di  difesa  del
contribuente  in  quanto  attribuirebbero  efficacia  probatoria, nel
processo  tributario,  ad  atti  di  indagine  assunti  dal  pubblico
ministero  al  di  fuori  di qualsiasi contraddittorio, in assenza di
preventiva verifica da parte dell'amministrazione finanziaria;
        che  la questione, ricostruita in tali termini, evidentemente
si  sottrae  alla  eccezione  di  inammissibilita',  per  difetto  di
rilevanza, sollevata dall'Avvocatura;
        che,  nel  merito,  la questione e' manifestamente infondata,
poiche'  le  norme censurate prevedono soltanto che l'amministrazione
finanziaria  possa ricevere "documenti, dati o notizie" acquisiti nel
corso di indagini penali, per porli a base della propria attivita' di
accertamento;
        che  le  norme  stesse  non limitano percio' in alcun modo la
possibilita'  per  il  contribuente di contestare, dinanzi al giudice
tributario,  i  risultati  di  quegli atti di indagine, cosi' come di
qualsiasi altro atto posto a base dell'accertamento tributario;
        che,  nella  giurisprudenza  della  Corte  di  cassazione, si
afferma  del  resto  espressamente che il giudice tributario, sebbene
possa  fondare  il  proprio  convincimento su prove acquisite in sede
penale,  non  ne  puo',  tuttavia,  recepire in maniera pedissequa il
contenuto, dovendo, invece, sottoporle al proprio vaglio critico.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    dichiara   la   manifesta   infondatezza   della   questione   di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 33 del decreto del Presidente
della  Repubblica  29 settembre  1973, n. 600 (Disposizioni comuni in
materia  di  accertamento  delle imposte sui redditi), e dell'art. 63
del  decreto  del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633
(Istituzione   e   disciplina   dell'imposta  sul  valore  aggiunto),
sollevata,  in  riferimento  all'art. 24  della  Costituzione,  dalla
Commissione  tributaria  regionale  di  Firenze  con  l'ordinanza  in
epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 26 marzo 2003.
                       Il Presidente: Chieppa
                        Il redattore: Marini
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 10 aprile 2003
               Il direttore della cancelleria:Di Paola
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