N. 209 ORDINANZA (Atto di promovimento) 3 febbraio 2003

Ordinanza  emessa  il  3  febbraio  2003  dal tribunale di Genova sul
ricorso  proposto  da  Bartesaghi  Maria Cleme contro Cassa Nazionale
Previdenza e Assistenza Forense

Lavoro  (tutela  del)  -  Lavoratrici madri - Libere professioniste -
  Adozione di minori - Indennita' di maternita' Spettanza anche se il
  minore  abbia  superato i sei anni di eta' e fino al compimento del
  dodicesimo  anno,  in  caso di minore di nazionalita' italiana e al
  compimento  della  maggiore eta', in caso di minore di nazionalita'
  straniera -   Mancata   previsione   -   Ingiustificato   deteriore
  trattamento  delle  lavoratrici libere professioniste rispetto alle
  lavoratrici  dipendenti  -  Incidenza  sui principi di tutela della
  maternita' ed infanzia e della donna lavoratrice.
- D.Lgs. 26 marzo 2001, n. 151, art. 72.
- Costituzione artt. 3, 31 e 37.
(GU n.17 del 30-4-2003 )
                         IL GIUDICE DI PACE

    Rilevato  che con ricorso depositato in data 4 aprile 2002 l'avv.
Maria Cleme Bartesaghi ha esposto:
        di  aver  adottato  insieme  al proprio coniuge, a seguito di
domanda  di  adozione  internazionale  presentata  in data 2 dicembre
1996,  una  bimba nata il 23 novembre 1992, in Moldavia, con ingresso
nella famiglia in data 5 agosto 2000;
        di  aver  inutilmente presentato domanda alla Cassa Nazionale
di  Previdenza e Assistenza Forense (alla quale e' iscritta dal 1989)
per   ottenere   l'indennita'  di  maternita'  prevista  dalla  legge
n. 379/1990;
        che   infatti   l'istanza   venne  respinta  in  applicazione
dell'art. 72  del  d.lgs.  n. 151  del 26 marzo 2001, che impone come
condizione per la spettanza di detta indennita' il non superamento al
momento  dell'ingresso  presso  la famiglia dell'eta' di sei anni del
bambino adottato;
        che  la  ricorrente  ha  chiesto nel presente giudizio che la
Cassa  Nazionale  Forense  venisse  condannata  a  corrisponderle  il
trattamento  in questione nella misura quantificata come da conteggio
prodotto, sulla base di una interpretazione evolutiva della normativa
di  cui  sopra,  volta  al  superamento  a  all'innalzamento del dato
anagrafico,  in  analogia  con  quanto  previsto  dallo  stesso  T.U.
n. 151/2001  per  i  lavoratori  dipendenti,  ovvero  in subordine la
rimessione  della  questione  di  legittimita'  del  suddetto art. 72
d.lgs. cit.;
        che  la  Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza Forense,
costituendosi in giudizio, ha contestato la fondatezza della domanda,
non  opponendosi tuttavia ad una eventuale rimessione della questione
alla Corte costituzionale;

                            O s s e r v a

    Che l'art. 72 del d.lgs. n. 151 del 2001 (T.U. delle disposizioni
in  materia  di tutela e sostegno della maternita' e della paternita)
appare  chiaro  ed  univoco nel disporre che, ai fini delta spettanza
dell'indennita'  di  maternita' da parte della libera professionista,
il  bambino adottato non possa superare i sei anni di eta' al momento
dell'ingresso  nella famiglia adottiva, per cui la norma in esame non
puo' che essere interpretata letteralmente;
        che,   in   via   subordinata   la  ricorrente  dubita  della
legittimita'  costituzionale  del  disposto  di cui sopra, laddove si
ritenesse  di  interpretarlo  letteralmente,  nella parte in cui, per
l'appunto,  esclude  la spettanza del beneficio in. questione qualora
l'adottato entra in famiglia ad un'eta' superiore ai sei anni;
        che   la   prospettata   questione  di  costituzionalita'  e'
indubbiamente  rilevante, emergendo dalla documentazione acquisita in
giudizia  che al momento dell'ingresso, avvenuto il 5 agosto 2000, la
bimba  adottata,  nata il 23 novembre 1992, aveva gia' compiuto sette
anni;
        che  pertanto,  ove la normativa impugnata venisse dichiarata
costituzionalmente  illegittima,  la  ricorrente avrebbe diritto alla
prestazione   richiesta,  sussistendo  tutti  gli  altri  presupposti
previsti   dalla   legge  per  il  conseguimento  dell'indennita'  di
maternita';
        che   la   questione   appare  anche,  ad  avviso  di  questo
giudicante,   non   manifestamente  infondata  con  riferimento  agli
artt. 3, 31 e 37 della Cost.;
        che, con riferimento agli artt. 31 e 37 Cost., e' ai principi
in  dette  norme  enunciati  che  si  sono  ispirati  gli  interventi
legislativi   e   della  stessa  Corte  costituzionale  (Corte  cost.
n. 1/1987,  n. 179/1993,  270/1999)  via  via  succedutisi,  volti  a
ampliare  in  modo  notevole  la  tutela  della  maternita'  e  della
paternita',  sia  sotto  il  profilo  dei  soggetti beneficiari delle
provvidenze,  sia sotto il profilo dell'entita' anche economica delle
provvidenze medesime;
        che  infatti nel t.u. citato sono stati introdotti innovativi
istituti, ovvero ampliati gli istituti gia' previsti dalla precedente
normativa, per un sempre piu' effettivo sostegno, non solo economico,
della famiglia ed in particolare della donna nel suo duplice ruolo di
lavoratrice  e  madre, spesso difficilmente compatibile, in un'ottica
proiettata verso il conseguimento degli interessi del minore, per uno
sviluppo armonico e sereno della sua personalita';
        che tali innovazioni ed ampliamenti hanno peraltro riguardato
i  soli  lavoratori dipendenti, in quanto per i liberi professionisti
il  predetto  t.u.  si  e  limitato  a  ritrascrivere  le  norme gia'
contenute  nella legge n. 379 del 1990 che prevedeva il diritto delle
donne   libere   professioniste   ad   un'indennita'   di  maternita'
parametrata al reddito denunciato ai fini fiscali dalla lavoratrice;
        che  in  particolare,  in  caso di adozione, sia italiana che
internazionale,  e' stata conservata, come gia' si e' evidenziato, la
condizione del mancato superamento dei sei anni di eta' dell'adottato
al  momento  dell'ingresso in famiglia, per la spettanza del predetto
beneficio assistenziale;
        che  tale limitazione non tiene conto del fatto che proprio a
partire   da  tale  eta'  la  legge  italiana  prevede  l'inserimento
obbligatorio del minore nella scuola elementare, con un considerevole
impegno  relazionale ed intellettuale che puo' diventare problematico
per un bambino adottato - specie se straniero, come nel caso in esame
-  il  quale  si trova a dover affrontare l'impatto con nuove realta'
culturali,    affettive    ed   ambientali   (necessariamente   anche
linguistiche nel caso di adozione internazionale);
        che  tale  situazione  comporta  necessariamente  un notevole
lavoro  iniziale  da  parte  dell'adottante,  per  superare  tutte le
difficolta'  di  ambientamento ed adattamento del bambino, guidandolo
nel suo percorso di crescita e sviluppo psico-fisico;
        che  pertanto  anche  la  libera professionista che adotta un
bambino  che  abbia  superato  i  sei  anni  di  eta', soprattutto se
straniero   (ipotesi   in   quest'ultimo  caso  assai  probabile,  in
considerazione   dei   lunghi   tempi   previsti   per   le  adozioni
internazionali)  deve  affrontare  una  serie  di  problematiche  che
impongono  una  presenza  in  famiglia  non meno necessaria di quella
richiesta  in  caso di adozione di un neonato o di un bambino in eta'
prescolare, il cui adattamento ad un'ambiente diverso avviene in modo
meno consapevole e quindi spesso piu' agevolmente;
        che tali considerazioni sono state recepite nel medesimo t.u.
per  le adozioni delle lavoratrici dipendenti, laddove all'art. 36 il
congedo  parentale  e' previsto sino al compimento dei dodici anni di
eta'  del  bambino  e  addirittura  all'art. 27,  in caso di adozioni
internazionali  quale quella in esame, viene sancita la spettanza del
congedo  di  maternita' «anche se il minore adottato o affidato abbia
superato i sei anni e sino al compimento della maggiore eta»;
        che,  alla  luce  delle  suesposte argomentazioni, il mancato
ampliamento  di  tali  limiti anagrafici anche al caso di adozione da
parte  delle  libere  professioniste  da'  luogo ad una irragionevole
disparita'  di  trattamento  tra  le due categorie di lavoratrici, in
palese violazione dell'art. 3 Cost.;
        che,  alla  luce  delle  suesposte argomentazioni, appare non
manifestamente    infondata    la    questione    di   illegittimita'
costituzionale  della  disposizione  sopra richiamata, nella parte in
cui  non  prevede  il  diritto della libera professionista, che abbia
adottato un bambino, a percepire l'indennita' di maternita', anche se
il  minore  abbia  superato i sei anni e fino al compimento di dodici
anni,  se  di  nazionalita'  italiana,  o  della  maggiore  eta',  se
straniero.
                              P. Q. M.
    Dichiara  rilevante e non manifestamente infondata, per contrasto
con  gli  artt. 3,  31  e  37  Cost.,  la  questione  di legittimita'
costituzionale  del  disposto  dell'art. 72  del  d.lgs.  n. 151  del
26 marzo  2001  (t.u.  delle  disposizioni  in  materia  di  tutela e
sostegno  della maternita' e della paternita) nella parte in cui tale
norma  non  prevede il diritto della libera professionista, che abbia
adottato un bambino, a percepire l'indennita' di maternita', anche se
il  minore  abbia  superato i sei anni e fino al compimento di dodici
anni,  se  di  nazionalita'  italiana,  o  della  maggiore  eta',  se
straniero.
    Ai  sensi  dell'art. 23,  legge 11 marzo 1953, n. 87, sospende il
presente  procedimento  ed  ordina  trasmettersi  gli atti alla Corte
costituzionale.
    Dispone  che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia
notificata  al Presidente del Consiglio dei ministri e sia comunicata
ai   Presidente   della  Camera  dei  deputati  e  del  Senato  della
Repubblica.
        Genova, 3 febbraio 2003
                        Il giudice: Melandri
03C0400