N. 291 ORDINANZA (Atto di promovimento) 6 marzo 2003
Ordinanza emessa il 6 marzo 2003 dalla Corte di cassazione sul ricorso proposto da Gennuso Giuseppe contro Sbona Sebastiano ed altri Elezioni - Regione Sicilia - Ineleggibilita' alla carica di deputato regionale dei capi servizio di uffici statali che svolgono attivita' nelle Regioni - Ritenuta genericita' ed elasticita' della formulazione della norma censurata - Violazione del diritto all'elettorato passivo - Riferimento alla sentenza della Corte costituzionale n. 166 del 1972. - Legge Regione Sicilia 20 marzo 1951, n. 29, art. 8, secondo comma. - Costituzione, art. 51, primo comma.(GU n.16 del 23-4-2003 )
LA CORTE DI CASSAZIONE Ha pronunciato la seguente ordinanza interlocutoria sul ricorso proposto da: Gennuso Giuseppe, elettivamente domiciliato in Roma, Via Flaminia n. 79, presso l'avvocato Filippo Lubrano, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato Girolamo Rubino, giusta mandato in calce al ricorso, ricorrente; Contro Sbona Sebastiano, elettivamente domiciliato in Roma, Via Antonio Gramsci n. 20, presso l'avvocato Paolo Salvatori, rappresentato e difeso dall'avvocato Giovanni Pitruzzella, giusta procura a margine del controricorso, controricorrente; nonche' contro Assemblea Regione Siciliana, Ufficio centrale circoscrizionale tribunale, Presidenza Regione Sicilia, procuratore generale presso procura generale Corte d'appello di Palermo; procuratore generale presso Cassazione, intimati; avverso la sentenza n. 671/2002 della Corte d'appello di Palermo, depositata il 28 giugno 2002; Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 24 gennaio 2003 dal consigliere dott. Carlo De Chiara; Uditi per il ricorrente, gli avvocati Rubino e Lubrano, che hanno chiesto l'accoglimento del ricorso; Udito per il resistente, l'avvocato Pitruzzella, che ha chiesto il rigetto del ricorso o in subordine eccezione di costituzionalita'; Udito il p.m. in persona del sostituto procuratore generale dott. Ennio Attilio Sepe, che ha concluso per il rigetto del ricorso o in subordine eccezione di legittimita' costituzionale in relazione alla norma n. 7, art. 81, legge regionale n. 29/51. O s s e r v a 1. - Con ricorso depositato il 24 settembre 2001, Giuseppe Gennuso, primo dei non eletti della lista avente il contrassegno "CDU" alle elezioni per il rinnovo dell'Assemblea Regionale Siciliana svoltesi il 24 giugno 2001, chiedeva dichiararsi l'ineleggibilita' a deputato regionale di Sebastiano Sbona (dichiarato eletto), avendo quest'ultimo, sia prima, sia durante la candidatura, ricoperto la carica di capo area della Sicilia sud orientale del settore medicina legale dell'I.N.A.I.L., nonche' svolto le funzioni di direttore sanitario dello stesso istituto presso la sede di Siracusa. Deduceva il ricorrente che da cio' conseguiva l'ineleggibilita' dello Sbona sotto tre profili: ai sensi dell'art. 3, comma 9, d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502 (applicabile per effetto del rinvio di cui all'art. 13 della legge 12 giugno 1984, n. 222, e all'art. 47 della legge 23 dicembre 1978, n. 833); ai sensi dell'art. 8, n. 7, della legge regionale siciliana 20 marzo 1951, n. 29; ai sensi dell'art. 10, n. 4, della medesima legge regionale. Resisteva in giudizio lo Sbona, mentre non si costituivano gli altri intimati (Ufficio centrale circoscrizionale presso il Tribunale di Siracusa, Assemblea Regionale Siciliana, Presidenza della Regione Siciliana), e l'adito Tribunale di Palermo rigettava il ricorso. La decisione del tribunale, gravata dal Gennuso con appello, cui ha resistito lo Sbona, e stata confermata dalla Corte palermitana con sentenza del 28 giugno 2002. Ha ritenuto (per quanto qui ancora rileva) la Corte di appello: che non sia applicabile all'appellato la causa di ineleggibilita' di cui all'art. 3, comma 9, d.lgs. n. 502 del 1992 su richiamato, prevista per dirigenti (direttore amministrativo, direttore sanitario) delle AUSL, in quanto, seppure l'art. 13 della legge n. 222 del 1984, preveda l'estensione ai medici degli enti previdenziali della disciplina prevista per i medici delle AUSL dalle norme di cui all'art. 47 della legge n. 833 del 1978, cosi' equiparando il trattamento giuridico ed economico delle due categorie, non puo', tuttavia, estendersi ai dirigenti I.N.A.I.L. la causa di ineleggibilita' in questione, prevista esclusivamente per i direttori delle AUSL, attesa la natura eccezionale delle previsioni di ineleggibilita, le quali sono dunque di stretta interpretazione, onde va privilegiata, tra diverse soluzioni interpretative, quella che meno sacrifica il diritto di elettorato passivo del cittadino; che, del pari, sia da escludere la ineleggibilita' per la causa di cui all'art. 10, n. 4, della legge regionale n. 29 del 1951 (relativa ai "direttori generali e centrali di enti pubblici soggetti per legge alla vigilanza o tutela della regione"), non piu' in vigore ai sensi dell'art. 13 della legge regionale 20 giugno 1997, n. 19, il quale ha sancito il permanere delle fattispecie di ineleggibilita' previste dagli artt. 8 (con esclusione del n. 4), 9 e 10 della citata legge regionale n. 29 del 1951, ma soltanto nei limiti e con la disciplina stabilita dagli artt. 2, 3 e 4 della legge (statale) 23 aprile 1981, n. 154: la fattispecie invocata dall'appellante non e', appunto, prevista dalla legge statale come causa di ineleggibilita', bensi come causa di incompatibilita' (art. 3 della legge n. 154 del 1981); che, infine, neppure sia applicabile la causa di ineleggibilita' di cui all'art. 8, n. 7, della legge regionale n. 29 del 1951 su richiamata (relativa ai "capi servizio ... degli uffici statali che svolgono attivita' nella regione"), essendo stata la stessa - considerato il tenore del citato art. 13 della legge regionale n. 19 del 1997 - sostanzialmente abrogata perche' prevista dalla sola legge regionale, e non anche dalla legge statale n. 154 del 1981, su richiamata; senza considerare che la Corte cost., con sentenza n. 166 del 22 novembre 1972, ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale della disposizione di cui all'art. 5, n. 7, delIa legge (statale) 17 febbraio 1968, n. 108, concernente i "capi degli uffici regionali, provinciali e locali dello Stato nella regione", a causa della estrema genericita' ed elasticita' della causa di ineleggibilita' delineata. Avverso tale sentenza Giuseppe Gennuso propone ricorso per Cassazione articolato in tre motivi. Resiste con controricorso Sebastiano Sbona. Il ricorrente ha inoltre depositato memoria, nonche' documentazione, proveniente dall'I.N.A.I.L., concernente l'attivita' di istituto svolta dal dott. Sbona nel periodo della campagna elettorale (documentazione non depositata nelle precedenti fasi di merito, ne' con il ricorso, in quanto ottenuta soltanto successivamente, a seguito di giudizio di accesso ai documenti amministrativi), a dimostrazione dell'effettivo "rilievo elettorale" di tale attivita', per l'influenza esercitabile, mediante la stessa, sugli elettori. Gli altri intimati non svolgono difese. 2. - I tre motivi del ricorso deducono tutti violazione di legge. 2.1. - Con il primo motivo il riconente lamenta che la Corte di appello abbia escluso l'applicabilita' allo Sbona, quale capo area della Sicilia sud orientale del settore medicina legale dell'I.N.A.I.L. e direttore sanitario dello stesso istituto presso la sede di Siracusa, della causa di ineleggibilita' prevista dall'art. 3, comma 9, d.lgs. n. 502 del 1992 su richiamato, per i direttori sanitari delle aziende sanitarie locali. Sostiene che tale disposizione sia direttamente e strettamente - non gia' analogicamente o estensivamente - applicabile ai dipendenti dell'I.N.A.I.L. aventi le stesse funzioni, in dipendenza del rinvio agli istituti normativi previsti per i medici delle unita' sanitarie locali dalle norme dell'art. 47, della legge n. 833, del 1978 su richiamata, operato dall'art. 13 della legge n. 222, del 1984 richiamata, che realizza la piena equiparazione del direttore sanitario dell'ente previdenziale rispetto all'omologo direttore sanitario dell'unita' sanitaria locale. 2.2. - Con il secondo motivo censura la sentenza impugnata per aver negato la vigenza della causa di ineleggibilita' prevista dall'art. 8, secondo comma, n. 7, della legge regionale n. 29 del 1951 gia' nichiamata, per "i capi servizio ... degli uffici statali che svolgono attivita' nella regione". Richiama, a tal proposito, Cass. 6 luglio 2002, n. 9831, la quale esclude che possano ritenensi abrogate le norme di ineleggibilita' della legge regionale del 1951, atteso che l'art. 13 della legge regionale del 1997, n. 19, stabilisce che le stesse "rimangono", ancorche' con le diverse regole di attuazione previste dalla legge statale n. 154 del 1981. Soggiunge che neppure puo' affermarsi che il citato art. 8, n. 7, sia stato travolto dalla dichiarazione di illegittimita' (con sentenza n. 166 del 22 novembre 1972, della Corte costituzionale) della diversa norma di cui all'art. 5, n. 7, della legge n. 108 del 1968, relativa alla ineleggibilita' ai consigli delle regioni a statuto ordinario dei capi degli uffici regionali, provinciali e locali dello Stato nella regione. Osserva, infine, nella memoria illustrativa del ricorso, che l'art. 8, n. 7, cit., non prevede, comunque, una causa di ineleggibilita' dai contorni generici ed elastici, individuando, invece, ipotesi piu' circoscritte (rispetto a quelle dell'art. 5, n. 7, della legge n. 108 del 1968 su richiamata) di ineleggibilita' "per particolari categorie di funzionari che svolgendo funzioni di coordinamento e direzione (capi servizio) nell'ambito dei diversi settori degli uffici statali nella regione, possono influire sulla volonta' dell'elettorato o determinare ipotesi di conflitto rispetto alle funzioni connesse alla carica elettiva regionale". 2.3. - Con il terzo motivo il ricorrente critica la esclusione, da parte della Corte di appello, della prospettata causa di ineleggibilita' fondata sull'art. 10, n. 4, della legge regionale n. 29 del 1951, il quale ha - secondo il ricorrente - riferimento ai "dirigenti di enti pubblici e privati soggetti a vigilanza o tutela della regione o dello Stato". Osserva che l'I.N.A.I.L., espletando in Sicilia un servizio rientrante nella competenza primaria regionale, ai sensi dell'art. 17, lett. f), dello Statuto di autonomia, puo' correttamente definirsi ente pubblico soggetto a vigilanza della regione; afferma, inoltre, che erroneamente la Corte di appello ha ritenuto che, in forza dell'art. 13 della legge regionale n. 19 del 1997, la causa di ineleggibilita' in questione sia stata trasformata in causa di incompatibilita' per essere la fattispecie disciplinata come tale dall'art. 3 della legge n. 154 del 1981 su richiamata: vero invece - ad avviso del ricorrente - che il legislatore regionale, con l'art. 13 richiamato, ha inteso rinviare alla normativa statale esclusivamente per la disciplina degli aspetti procedurali della ineleggibilita', lasciando inalterata la definizione delle fattispecie, compiuta dalla legge regionale nell'esercizio di potesta' legislativa primaria. Dal carattere primario della potesta' legislativa della Regione Sicilia in materia di elezioni dell'Assemblea Regionale deriva la prevalenza, in caso di contrasto, delle norme regionali su quelle statali, con l'ulteriore conseguenza che le ipotesi in cui la legge nazionale si applica anche per la Sicilia sono limitate ai soli casi in cui la volonta' del legislatore regionale in tal senso sia espressa ed inequivoca, mentre invece, nei casi in cui la ricostruzione di tale volonta', non immediatamente percepibile, sia "frutto di un'operazione di esegesi normativa o di un'analisi semantica", occorre adottare un'interpretazione che valorizzi e tuteli, nella sua forma piu' lata, la potesta' legislativa regionale. 2.4. - Con riguardo al secondo motivo, il controricorrente solleva la questione della illegittimita' costituzionale dell'art. 8, secondo comma, n. 7, della legge regionale n. 29 del 1951, per contrasto con gli art. 3 e 51 Cost. (questione accennata, del resto, anche dalla sentenza impugnata, ma non formalmente sollevata perche' considerata non rilevante nel giudizio, alla luce della ritenuta abrogazione della norma sospetta di incostituzionalita). Osserva il controricorrente, anche sulla scorta della gia' richiamata Corte cost. n. 166 del 22 novembre 1972, che la norma regionale in questione, nel prevedere una causa di ineleggibilita' dai contorni estremamente generici ed elastici, viola l'art. 51 Cost., che rimette alla legge di stabilire i requisiti di eleggibilita', e quindi anche le cause di ineleggibilita', le quali, pero', costituendo eccezioni al principio del libero accesso dei cittadini, in condizioni di uguaglianza, alle cariche elettive, devono necessariamente essere adeguatamente tipizzate dalla legge medesima, onde evitare incertezze lesive della pari capacita' elettorale passiva dei cittadini; la stessa norma, a suo avviso, viola, altresi', l'art. 3 Cost., per il contrasto con la disciplina prevista per le regioni a statuto ordinario e per le altre regioni a statuto speciale, con conseguente disparita' di trattamento, quanto alla eleggibilita' a consigliere regionale nelle altre regioni, rispetto alla elezione alla carica di deputato dell'Assemblea Regionale Siciliana. Afferma, pertanto, che una lettura costituzionalmente orientata della norma imporrebbe di considerarla abrogata e solleva, comunque, in subordine, eccezione di illegittimita' costituzionale della stessa norma. 3. - Ritiene questa Corte che la questione sia rilevante nel presente giudizio, giacche' - per quanto appresso si dira' - da un lato il primo ed il terzo motivo del ricorso (i quali, facendo rifenimento ad autonome cause di ineleggibilita', sarebbero suscettibili di definire il giudizio prescindendo dall'esame del secondo motivo) appaiono non accoglibili; dall'altro neppure puo' affermarsi che la citata disposizione dell'art. 8, secondo comma, n. 7, della legge regionale n. 29 del 1951, sia stata abrogata (come invece afferma la sentenza impugnata) o sia suscettibile di interpretazione costituzionalmente orientata (come sostiene il controricorrente). 3.1. - Il primo motivo del ricorso muove dal presupposto che l'art. 13 legge n. 222 del 1984, gia' richiamato, realizzi la piena equiparazione, ad ogni effetto giuridico, dei direttori sanitari degli enti previdenziali a quelli delle unita' sanitarie locali. Invero non puo' non osservarsi, gia' sul piano letterale, che la norma citata, rubricata "personale medico degli enti previdenziali", si limita a stabilire che "al personale medico degli enti previdenziali si applicano integralmente" non gia' tutti gli istituti normativi riguardanti i medici delle USL, bensi' gli "istituti normativi previsti per i medici dalle norme di cui all'articolo 47 della legge 23 dicembre 1978, n. 833". L'art. 47 della legge di riforma sanitaria n. 833 del 1978, rubricato "personale dipendente", reca disposizioni concernenti lo stato giuridico ed economico del personale delle USL. Esso stabilisce, al primo comma, che "lo stato giuridico ed economico del personale delle unita' sanitarie locali e' disciplinato, salvo quanto previsto espressamente dal presente articolo, secondo i principi generali e comuni del rapporto di pubblico impiego". Per quanto attiene in generale all'ineleggibilita', puo' ritenersi acquisito alla nostra cultura giuridica che "l'ineleggibilita trova il suo logico fondamento nella volonta' del legislatore d'impedire a persone rivestite di una determinata carica pubblica, o legate da vincoli di interessi alla pubblica amministrazione, l'utilizzazione, ai fini di una loro elezione, delle condizioni di particolare favore in cui esse si trovano, condizioni che, in riferimento alla nostra Costituzione, violano di fatto sia il principio della liberta' di voto degli elettori (art. 48 della Cost.), sia quello dell'accessibilita' alle cariche elettive pubbliche in condizioni di uguaglianza (art. 51 della Cost.)". E questo per limitare il tempo di indagine al periodo successivo alla promulgazione della Costituzione della Repubblica, senza risalire cioe' alle prime previsioni legislative (che risalgono al r.d. 10 marzo 1904, n. 108, all'art. 144 del T.U. che approvava la legge comunale e provinciale 21 maggio 1908, n. 269 - significativo l'art. 102 -. A questo proposito, altrimenti, si potrebbe ricordare l'art. 89 della legge 15 febbraio 1925, n. 122, che modificava il r.d. 13 dicembre 1923, n. 2694, che cosi' prevedeva: "Non possono essere eletti deputati al Parlamento i funzionari, gli impiegati e chiunque riceva uno stipendio sul bilancio di qualsiasi pubblica amministrazione, se non abbiano fatto cessare tale impedimenti ..."). E' del pari certo che il legislatore ha ripetutamente, e sotto forme diverse, sancito la ineleggibilita' di soggetti svolgenti funzioni pubbliche che versavano per cio' stesso nelle condizioni legislativamente fissate (art. 122 della Cost. cosi' come successivamente modificato con l'art. 2 della legge costituzionale 22 novembre 1999, n. 1, il quale, nell'introdurre la modificazione, precisava: "nei limiti dei principi fondamentali stabiliti con legge della Repubblica"), come tali da essere suscettibili di costituire una situazione oggettiva d'invalidita' dell'atto elettorale. Qui basti ricondare, limitandoci alle elezioni degli enti territoriali: a) con riferimento all'elezione dei consigli comunali, l'art. 15 del d.P.R. 5 aprile 1951, n. 203; b) per le regioni a statuto ordinario, l'art. 5 della legge 17 febbraio 1968, n. 108, in particolare lettera a) del quarto comma; c) con riferimento alle elezioni regionali, provinciali, comunali e circoscrizionali, gli artt. 2 e 3 della legge 23 aprile 1981, n. 154; d) per i comitati regionali di controllo art. 43, della legge 8 giugno 1990, n. 142; e) per gli amministratori straordinari della gestione transitoria delle unita' sanitarie locali secondo il comma settimo dell'art.1 del d.l. 6 febbraio 1991, n. 35, cosi' come convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 1991, n. 111; f) specificamente con riguardo al direttore generale, al direttore amministrativo ed al direttore sanitario della unita' sanitaria locale, secondo il comma nono dell'art. 3 del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, cosi' come aggiornato dall'art. 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421, e tenuto conto del d.lgs. 7 dicembre 1993, n. 517, e dell'art. 26, comma nono, del d.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29; g) con riguardo alla elezione del sindaco, del presidente della provincia, del consigliere comunale, provinciale e circoscrizionale il d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, art. 60. L'art. 47 della legge n. 833 del 1978, al terzo comma, invero, conferisce una delega al Governo per l'emanazione di "uno o piu' decreti aventi valore di legge ordinaria per disciplinare ... lo stato giuridico del personale delle unita' sanitarie locali" nel rispetto di principi e criteri direttivi indicati nello stesso comma e nei commi seguenti. In nessun luogo, pero', esso fa esplicito riferimento alla disciplina dell'ineleggibilita'. Ne' tale disciplina per il personale delle USL e' contenuta nel d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761, attuativo della delega in questione (anche in virtu' dell'art. 1 della legge 22 ottobre 1979, n. 510, che ha prorogato al 20 dicembre 1979 la scadenza della delega stessa, maturata il 30 giugno 1979, ai sensi dell'art. 471, n. 833 del 1978); ed infatti il d.lgs. n. 502 del 1992 su richiamato, contenente la previsione di ineleggibilita' invocata dal ricorrente, non ha alcun riferimento alla delega di cui all'art. 47 cit., essendo stato emanato in esecuzione di una diversa delega, quella conferita al Governo dall'art. 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421. Di conseguenza, posto che e' problematico annoverare la causa di ineleggibilita' in esame, tra "i principi generali e comuni del rapporto di pubblico impiego", almeno ai fini del rinvio di cui al primo comma dell'art. 47 della legge di riforma sanitania n. 833 del 1978 su richiamata: ancorche', come si e' visto, nell'ordinamento giuridico si rinvengano numerose norme limitative dell'elettorato passivo, specialmente con riguardo a funzioni apicali statali esercitate nel territorio interessato dalla tornata elettorale, tuttavia deve concludersi che, in presenza della normativa che richiede che la causa di ineleggibilita' sia prevista dalla "legge della Repubblica" (art. 122 della legge costituzionale n. 1 del 22 dicembre 1947), e poi - come si e' visto - "con legge della regione" (art. 2 legge cost.le 22 novembre 1999, n. 1), essa non rientra tra gli istituti normativi previsti dalle norme di cui allo stesso articolo. Tale conclusione puo' ritenersi confermata sul piano sistematico, nei limiti che di seguito sono esposti. L'art. 13 della legge n. 222 del 1984, infatti, e' inteso a disciplinare il contenuto del rapporto di impiego dei medici dipendenti dagli enti previdenziali, ossia il complesso delle posizioni giuridiche soggettive reciprocamente intercorrenti tra i medici e l'ente da cui dipendono, ed il richiamato art. 47 della legge n. 833 del 1978 contempla, appunto, istituti giuridici (disciplina dei ruoli del personale, tabelle di equiparazione per il personale proveniente da altre amministrazioni, esercizio della libera attivita' professionale dei medici dipendenti, attivita' didattiche e scientifiche degli stessi, comandi, ecc.) aventi tale funzione e sinteticamente richiamati dall'espressione "stato giuridico", che vi figura; l'ineleggibilita' a una carica pubblica, invece, almeno di norma, riguarda l'accesso alla stessa (mentre la qualita' rivestita dall'interessato nell'ambito del rapporto di servizio ne costituisce, in genere, il presupposto) e, dunque, di per se' non incide sui diritti dell'impiegato, ma concerne la posizione del cittadino che si candida a tale carica, al quale e' posto un impedimento giuridico a divenire soggetto passivo del rapporto elettorale, cioe' ad essere eletto. Cio', malgrado sia tutt'altro che eccezionale il fatto che il legislatore disciplini promiscuamente lo stato giuridico e le cause di ineleggibilita'; basti a questo riguardo ricordare: a) la legge istitutiva dei Tribunale amministrativo regionale 6 dicembre 1971, n. 1034, nella quale all'art. 13 si disciplina contemporaneamente la equiparazione dello stato giuridico dei magistrati del Tribunale amministrativo regionale a quello dei magistrati del Consiglio di Stato, e la previsione delle cause di ineleggibilita'; b) l'ordinamento della giurisdizione amministrativa e del personale di segreteria 27 aprile 1982, n. 186, nel quale, all'art. 28, si estendono ai magistrati amministrativi le cause di ineleggibilita' dei magistrati ordinari; c) l'art. 4 del d.lgs. 7 dicembre 1993 n. 517, che modifica proprio l'art. 3 del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, e che al comma 7, tratteggia elementi dello stato giuridico del direttore generale delle U.S.L. e, al comma 9, ne prevede i casi di ineleggibilita'; d) altrettanto vale per l'art. 26 del d.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29 che concerne le qualifiche e le attribuzioni dei dirigenti; e) l'art. 31 della legge 3 agosto 1999, n. 265, che prevede il testo unico in materia di ordinamento degli enti locali, con una disciplina sia "sullo stato giuridico", sia su "l'ineleggibilita'". E' peraltro problematico che il legislatore intendesse, con il rinvio di cui all'art. 13 della legge n. 222 del 1984, disciplinare anche il tema dell'ineleggibilita', e, per ragioni sistematiche, appare preferibile non interpretare oltre i limiti sopra individuati, la portata dello stesso rinvio. La riferibilita' della previsione di cui all'art. 3, comma 9, d.lgs. n. 502 del 1992, su richiamato, ai "direttori sanitari" degli enti previdenziali (e, ove tale qualifica non esista nell'ordinamento di detti enti, ai dirigenti con qualifica corrispondente), non puo' fondarsi sulla diretta applicazione della norma. Peraltro, non si versa neppure in ipotesi di estensione analogica della stessa, che deriverebbe secondo la impugnata sentenza dal carattere eccezionale delle previsioni di ineleggibilita' (ex multis: Corte cost. n. 141 del 23 aprile 1996, n. 344, dell'11 giugno 1993, nonche' Cass. 25 gennaio 2001, n. 1073, 7 aprile 1992 n. 4266, 9 aprile 1982 n. 2212), poiche' cio' che si invoca e' l'applicazione del coordinato disposto degli art. 47 della legge n. 833 del 1978 e 13 della legge n. 222 del 1984 su richiamate; le diverse (ed invero sommarie) argomentazioni svolte in proposito nella sentenza impugnata, sono, quindi, da rettificare ai sensi dell'art. 384, secondo comma, cod. proc. civ. Le conclusioni cui si e' pervenuti, infine, assorbono ogni considerazione sul tema in discussione, compresa, in particolare, quella effettivita' del "rilievo elettorale" dell'attivita' di istituto svolta dal dott. Sbona durante la campagna elettorale, che il ricorrente aveva chiesto di provare e cui si riferiscono i documenti depositati per la prima volta dal ricorrente presente giudizio di legittimita' (con la conseguenza che la relativa produzione documentale e' irrilevante, oltre che inammissibile ai sensi dell'art. 372 cod. proc. civ.). 3.2. - Il secondo e il terzo motivo vanno esaminati congiuntamente, per la loro connessione, derivante dalla comune necessita' di affrontare il tema della disciplina delle cause di ineleggibilita' a membro dell'Assemblea Regionale Siciliana nel coordinamento delle norme di cui alla legge regionale n. 29 del 1951 ed alla legge statale n. 154 del 1981, entrambe richiamate dall'art. 13 della legge regionale n. 19 del 1997. Sul punto questa Corte ha gia' avuto modo di esprimersi, in particolare, e piu' di recente, con la sentenza 6 luglio 2002, n. 9831, richiamata sia dal ricorrente, sia dal controricorrente, nei rispettivi scritti difensivi. Detta sentenza, pur dando atto della imperfetta tecnica normativa seguita dal legislatore regionale, chiarisce che l'art. 13 della legge regionale n. 19 del 1997, rubricato "modifiche alla legge regionale 20 marzo 1951, n. 29 e successive modifiche e integrazioni", nello stabilire che "le condizioni di ineleggibilita' previste dall'art. 8, con esclusione del n. 4, dall'art. 9 e dall' art. 10 della legge regionale 20 marzo 1951, n. 29, e successive modifiche e integrazioni rimangono regolate dagli articoli 2, 3 e 4 della legge 23 aprile 1981, n. 154", ha inteso disporre che le condizioni di ineleggibilita' previste dalla legge regionale restano ferme, ossia permangono ("rimangono"), ma sono regolate secondo la legge statale. La legge regionale del 1997, dunque - si legge nel precedente qui richiamato - "modifica la "regolamentazione" di alcune delle cause di ineleggibilita' dell'art. 8 della legge del 1951, che restano tali e sono spesso indicate anche dalla legge statale n. 154 del 1981, anche se in qualche caso regolate come cause di incompatibilita'". Tra le cause di ineleggibilita' trasformate, in forza dell'art. 13 cit., in cause di incompatibilita', ai sensi dell'art. 3 della legge n. 154 del 1981, la sentenza espressamente annovera quella, appunto, di cui all'art. 10, n. 4, della legge regionale del 1951 su richiamata, riguardante "i commissari, i liquidatori, i presidenti, i componenti di consigli di amministrazione o di collegi sindacali, i direttori generali o centrali di enti pubblici soggetti per legge alla vigilanza o tutela della regione ..." (questo il testo vigente della norma, come modificato dall'art. 2 della legge regionale 18 febbraio 1958, n. 6 e confermato dall'art. 1 della legge regionale 13 luglio 1972, n. 33: testo richiamato dal controricorrente - che ammette di aver rivestito la qualifica di dirigente medico-legale di II livello, ex primario, dell'I.N.A.I.L. - a rettifica della errata riproduzione dello stesso da parte del ricorrente, che riporta il testo originario della norma del 1951, il quale comprendeva anche "i dirigenti di enti pubblici e privati soggetti a vigilanza o tutela della regione o dello Stato"). La trasformazione di cause di ineleggibilita', previste dalla legge regionale n. 29 del 1951 (e successive modificazioni), in cause di incompatibilita', ai sensi della legge n. 154 del 1981, in forza dell'art. 13 della legge regionale n. 19 del 1997, e' affermata anche dalla giurisprudenza di questa Corte (Cass. 11 ottobre 1999, n. 11368 e Cass. 21 luglio 1998 n. 7123). La richiamata Cass. 6 luglio 2002, n. 9831, chiarisce, altresi', che non puo' operarsi la sostituzione delle fattispecie previste dalla legge regionale del 1951 con quelle previste dalla legge statale del 1981, su richiamate, osservando che cio' "farebbe venir meno condizioni d'ineleggibilita' assolutamente logiche", come quelle di cui all'art. 8, primo comma, nn. 5 e 6, della prima legge (segretario generale della presidenza della regione e segretario particolare del presidente della regione e degli assessori regionali), nonche' "espressioni di valutazioni riservate all'assemblea regionale, nella sua potesta' legislativa", come, tra le altre, quella prevista dall'art. 8, secondo comma, n. 7 della stessa legge. Le fattispecie di ineleggibilita', dunque, rimangono quelle previste dalla legge regionale (sia pure, in alcuni casi, trasformate in fattispecie di incompatibilita', come sopra si e' visto), ivi compresa quella da ultima citata, che resta causa di ineleggibilita'. Tale orientamento questo Collegio fa proprio, non avendo ragione di discostarsene. In particolare, non sono convincenti i rilievi mossi dal ricorrente alla ritenuta trasformazione delle cause di ineleggibilita', previste dalla legge regionale, in cause di incompatibilita' previste dalla legge statale. Che la Regione Sicilia abbia in materia di elezioni dell'Assemblea Regionale potesta' legislativa primaria e che, dunque, in tale materia le disposizioni di legge regionali prevalgano su quelle statali, non e' controverso. Ma qui si tratta, appunto, di interpretare il disposto di una norma regionale - l'art. 13 legge regionale n. 19 del 1997 - che ha espressamente innovato alla precedente normativa, sempre regionale. Il fatto che l'art. 13 anzi richiamato, faccia rinvio al contenuto di norme statali non muta, all'evidenza, la natura della fonte normativa, che rimane pur sempre quella regionale, e il riferimento alle norme statali e' puramente accidentale e strumentale, espressione, cioe', di mera tecnica legislativa, fermo restando che la disciplina risultante dal complesso meccanismo dei rinvii, in concreto adottato, e' a tutti gli effetti disciplina regionale. Non si tratta, dunque, di comporre un conflitto o contrasto tra legge regionale e legge statale (operazione in cui il criterio delle rispettive competenze delle due fonti torna di indubbia utilita), pacifico essendo che la norma statale richiamata in tanto opera in quanto sia effettivamente richiamata dalla norma regionale, sulla quale soltanto si incentra l'operazione ermeneutica. E il "dubbio" dell'interprete va risolto alla luce del testo e della ratio della norma regionale: cio' che ha fatto, appunto, in concreto, la richiamata Cass. 6 luglio 2002 n. 9831. Non ha invece fondamento la tesi del ricorrente, secondo cui l'interprete dovrebbe arrestarsi davanti a tale dubbio, essendo necessario che la volonta' del legislatore regionale sia immediatamente percepibile e non "frutto di un'operazione di esegesi normativa o di un'analisi semantica": tale impostazione, invero, nega la stessa funzione dell'interprete (e quindi del giudice) e non trova riscontro nella disciplina e nella teoria della interpretazione normativa. Deve allora concludersi che la causa di ineleggibilita' prevista dall'art. 10, n. 4, della legge regionale n. 29 del 1951 (e successive modificazioni) e' stata, in forza dell'art. 13 della legge regionale n. 19 del 1997, trasformata in causa di incompatibilita', e che la causa di ineleggibilita' prevista dall'art. 8, secondo comma, n. 7, della stessa legge regionale n. 29 del 1951, non e' stata abrogata dal citato art. 13, ma e' tuttora vigente (e la contraria affermazione della sentenza impugnata, errata, e' da rettificare ai sensi dell'art. 384, secondo comma, cod. proc. civ.). La prima delle predette considerazioni conclusive, che assorbe ogni altra considerazione svolta dalle parti in merito al terzo motivo di ricorso, rende non accoglibile quest'ultimo. La seconda considerazione da' ragione della rilevanza, nel presente giudizio, della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 8, secondo comma, n. 7, della legge regionale n. 29 del 1951, il quale, persistendo nel suo vigore, e' applicabile ai fini della decisione sul secondo motivo del ricorso e sulla causa di ineleggibilita' corrispondentemente prospettata. 3.3. - La valutazione di rilevanza, tuttavia, per essere completa, abbisogna ancora di ulteriori considerazioni. 3.3.1. - La prima riguarda la eventualita' di una interpretazione costituzionalmente orientata della norma sospetta di incostituzionalita' (che renderebbe inutile la sottoposizione della questione al giudice delle leggi), prospettata dal controricorrente, in termini, invero, del tutto generici, sulla base della precedente pronunzia della Corte costituzionale n. 166 del 22 novembre 1972, nonche' dell'effetto abrogativo derivante dal citato art. 13 della legge regionale n. 19 del 1997. Ritiene il Collegio che, malgrado l'"analoga" formulazione dell'art. 5, n. 7, della legge n. 108 del 1968 e dell'art. 8, secondo comma, n. 7, della legge regionale n. 29 del 1951 (come meglio si vedra' in seguito), resta il fatto che la richiamata pronuncia di incostituzionalita' riguarda esclusivamente la prima norma, distinta dalla seconda, qui in discussione (la prima concerne i "capi degli uffici regionali, provinciali e locali dello Stato nella regione", la seconda "i capi servizio degli uffici centrali e periferici dipendenti o vigilati dalla regione, nonche' degli uffici statali che svolgono attivita' nella regione"), che dunque non e' stata travolta da quella pronuncia; si e' gia' spiegato, inoltre, per quali ragioni non possa neppure ritenersi realizzata l'abrogazione di quest'ultima disposizione per effetto dell'art. 13 della legge regionale n. 19 del 1997. 3.3.2. - La seconda considerazione da svolgere, in punto di rilevanza della questione di legittimita' costituzionale, riguarda un profilo non evidenziato dalle parti, ma rilevabile di ufficio. La disposizione sospetta di incostituzionalita' stabilisce la ineleggibilita' dei "capi servizio ... degli uffici statali che svolgono attivita' nella regione". E' necessario, allora, chiarire se tra gli uffici "statali" rientrino anche gli uffici dell'I.N.A.I.L., essendo il dott. Sbona, appunto, dirigente di detto ente: se, infatti, si ritenesse che gli uffici dell'I.N.A.I.L. non sono da considerare "statali" nel senso voluto dalla norma, vi sarebbe la impossibilita' di ricondurre, comunque, la fattispecie concreta a quella astratta, con conseguente non decisivita' della questione di legittimita' costituzionale. L'I.N.A.I.L., come noto, fu istituito con r.d. 23 marzo 1933 n. 264, assorbendo i vari enti, che sino ad allora erano autorizzati a gestire l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, in un unico istituto, amministrato per conto dello Stato e sotto la sua vigilanza, oltre che delle categorie rappresentate; e' stato definito come ente "parastatale" o, anche, come ente autarchico in quanto titolare di poteri pubblici di certificazione, di autorganizzazione, di autotutela in ordine ai propri atti, di imposizione. E' certamente ente strumentale dello Stato, in quanto istituito dallo Stato, il quale altresi', secondo autorevole dottrina, "ne determina l'ordinamento, ne prevede e nomina gli organi direttivi, fissa l'indirizzo politico-amministrativo della sua attivita', precisando i limiti e i modi in cui deve essere realizzata la tutela, li sottopone al suo controllo. L'attivita' dell'Ente e' ridotta a pura amministrazione, intesa come mera esecuzione degli indirizzi e delle scelte individuati dal legislatore". La legge 21 dicembre 1978, n. 845 (con il d.P.R. 18 aprile 1979) e la legge 23 dicembre 1978, n. 833 hanno trasferito alle regioni ed ai comuni gran parte delle funzioni assistenziali svolte dall'I.N.A.I.L. A questo riguardo si deve ricordare, per sottolineare i diversi e penetranti momenti di collegamento tra l'attivita' istituzionale sia dello Stato, sia della regione, con quella dell'I.N.A.I.L., che il d.lgs. 19 giugno 1999, n. 229, all'art. 7, modificando l'art. 7 proprio del d.lgs. n. 502 del 1992 su richiamato, introduceva l'art. 7-octies (Coordinamento delle attivita' di prevenzione nei luoghi di lavoro) che stabiliva: "Con atto di indirizzo e coordinamento, emanato ai sensi dell'art. 8 della legge 15 marzo 1997, n. 59, sono definiti, sulla base dei principi e dei criteri di cui agli artt. 7-bis e 7-ter. gli indirizzi per un programma di azione nazionale per la prevenzione degli infortuni e la tutela della salute nei luoghi di lavoro, con particolare attenzione al coordinamento delle competenze ispettive delle unita' sanitarie locali, cui spetta la vigilanza sull'ambiente di lavoro, e quelle degli ispettorati del lavoro e dell'I.N.A.I.L., nonche' delle altre strutture di vigilanza, fermo restando quanto previsto in materia dal d.lgs. 19 settembre 1994, n. 626, e, in particolare gli artt. 25 e 27". E l'art. 42 della legge regionale 3 novembre 1993, n. 30, disciplinava proprio la tutela della salute nei luoghi di lavoro specificando le attribuzioni dell'assessorato regionale della sanita', confermando la specifica competenza delle U.S.L. secondo quanto stabilito dalla legge istitutiva del servizio sanitario nazionale agli artt. 20 e 21. Si ricordi altresi', piu' recentemente, il d.l. 25 settembre 2001, n. 351, convertito nella legge 23 novembre 2001, n. 410, e l'art. 15 del d.lgs. 23 febbraio 2000, n. 38. Pertanto, tenuto conto della evoluzione storica dell'Istituto ed anche dei compiti e delle attribuzioni, ritiene il Collegio che il termine "statali" di cui all'art. 8 della legge regionale, possa riferirsi anche all'I.N.A.I.L. e vada, cioe', in questo caso, inteso in senso lato: si' da comprendere non soltanto gli uffici dello Stato in senso stretto, ma anche quelli di altri enti - come, appunto, l'I.N.A.I.L. - formalmente dotati di personalita' giuridica distinta da quella dello Stato, ma comunque definibili "statali" o "parastatali" in quanto completano l'organizzazione dello Stato, rispetto alla quale sono direttamente strumentali, con una organizzazione a carattere nazionale, per la realizzazione dei fini fondamentali che la Costituzione assegna alla Repubblica (artt. 1, primo comma, 2, 35, e, soprattutto, per quanto qui rileva, secondo comma dell'art. 38). E' inoltre da rilevare, come gia' si e' ricordato, che al momento della istituzione del servizio sanitario nazionale, tra i compiti fondamentali delle U.S.L. era inclusa tutta la attivita' rivolta a promuovere la sicurezza nei luoghi di lavoro, che e' certamente tra le finalita' indirette, ma preminenti, della disciplina dell'I.N.A.I.L.. La ratio della ineleggibilita' in questione, ove la norma superasse lo scrutinio di legittimita', si coglierebbe anche con riferimento a tali enti statali e parastatali, per lo stretto legame che li unisce allo Stato in virtu' dei penetranti poteri di ingerenza che quest'ultimo ha nella loro gestione; a titolo esemplificativo si possono ricordare: a) L'art. 1, comma trentaduesimo, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, prevede la delega al Governo per la emanazione di decreti delegati riguardanti "l'incorporazione delle funzioni in materia di infortunistica nell'I.N.A.I.L."; il successivo art. 9, comma 9, stabilisce per l'I.N.A.I.L. la "dismissione del proprio patrimonio immobiliare". Seguiva il d.l. n. 351 del 2001 su richiamato e tutti i decreti attuativi. b) L'art. 55 della legge 17 maggio 1999, n. 144, prevede la delega al Governo, tra l'altro, della disciplina ("riordino") dell'I.N.A.I.L., con una vasta e minuziosa predeterminazione di principi e criteri direttivi. c) L'art. 12, comma primo, legge 11 marzo 1988, n. 67, riguardante la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato prevedeva che, in deroga all'art. 14, terzo comma, lettera q, della legge 23 dicembre 1978, n. 833, "l'I.N.A.I.L. provvede agli accertamenti, alle certificazioni e ad ogni altra prestazione medico legale sui lavoratori infortunati e tecnopatici". Al secondo comma di detto art. 12, erano poi previste le convenzioni delle regioni con l'I.N.A.I.L. d) L'art. 95 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, prevede le convenzioni stipulate secondo uno schema tipo approvato dal Ministero della sanita' di concerto con il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, su proposta dell'I.N.A.I.L. e della conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano; esse inquadrano l'erogazione delle prestazioni nell'ambito della programmazione sanitaria nazionale e regionale. 3.3.3. - La terza, ed ultima, considerazione riguarda ancora la riconducibilita' della fattispecie concreta a quella astratta delineata dalla norma. Ad avviso del controricorrente, infatti, la norma farebbe riferimento esclusivamente ai soggetti "che dirigono e rappresentano l'ufficio statale che opera nella regione", e dunque, in concreto, "al rappresentante legale dell'I.N.A.I.L. di Siracusa, ossia al direttore amministrativo (dirigente generale)", carica non ricoperta dal dott. Sbona, che ha svolto soltanto le funzioni di dirigente del servizio medico-legale dell'I.N.A.I.L. di Siracusa. E' pero' del tutto arbitraria tale limitazione della portata della norma, la quale non contiene alcun riferimento al potere di rappresentanza legale, onde non puo' escludersi che la stessa, nella sua formulazione ampia, sia riferibile anche a ruoli dirigenziali con caratteristiche apicali, e, nel caso in esame, con riguardo ad un intero "servizio" (quello medico legale), quale quello svolto dal dott. Sbona. 4. - Passando, a questo punto, alla verifica di fondatezza, deve osservarsi che la questione sollevata dal controricorrente e' manifestamente infondata con riferimento all'art. 3 Cost., avendo gia' da tempo la Corte costituzionale chiarito che e' "lo stesso sistema costituzionale che, richiedendo leggi particolari per le singole regioni a statuto speciale (secondo i casi legge regionale o statale) da un lato e una legge (statale) per quelle a statuto ordinario, implica necessariamente la possibilita' di regolamentazioni differenziate anche per quanto riguarda i casi di ineleggibilita'" (Corte cost. n. 134 del 14 giugno 1975; nello stesso senso le successive sentenze della Corte n. 20 del 24 gennaio 1985, n. 130 dell'8 aprile 1987, n. 276 del 3 giugno 1997). Opposta conclusione, invece, potrebbe trarsi con riferimento al parametro dell'art. 51 Cost., sulla scorta, di nuovo, di un arresto del giudice delle leggi: la sentenza n. 166 del 1972, richiamata, come si e' gia' visto, dal controricorrente e dalla impugnata sentenza. Con tale decisione, la Corte cost. ha dichiarato illegittimo, per contrasto con l'art. 51 Cost., l'art. 5. n. 7, della legge n. 108 del 1968, recante "norme per la elezione dei Consigli regionali delle regioni a statuto normale", nella parte in cui disponeva l'ineleggibilita' a consigliere regionale per i "capi degli uffici regionali, provinciali e locali dello Stato nella regione, coloro che ne fanno le veci per disposizione di legge o di regolamento". La Corte ha motivato osservando che, sebbene l'art. 51 Cost. rimetta alla legge di stabilire i requisiti di eleggibilita', i quali possono essere sia positivi, sia negativi od ostativi, tuttavia questi ultimi - risolvendosi in cause di ineleggibilita' e costituendo, dunque eccezioni al principio generale e fondamentale del libero accesso di tutti i cittadini, in condizioni di uguaglianza, alle cariche elettive, sancito dall'art. 51, primo comma, Cost. - devono essere tipizzati dalla legge con determinatezza e precisione sufficienti ad evitare, quanto piu' possibile, situazioni di incertezza che finirebbero, in concreto, per incidere sulla proclamata pari capacita' elettorale passiva dei cittadini. Mentre, invece, "la norma denunciata stabilisce - oltre tutto senza precedenti e senza attuale riscontro nella intera legislazione elettorale italiana, se si prescinde da taluna disposizione, sostanzialmente analoga, della legge regionale siciliana del 20 marzo 1951, n. 29 - una causa di ineleggibilita' dai confini estremamente generici ed elastici, suscettibile di essere dilatata in sede interpretativa sino a ricomprendere le situazioni piu' diverse, come invece all'opposto di applicazioni pratiche variamente restrittive, circoscritte ad una parte soltanto delle ipotesi che potrebbero egualmente, in astratto giustificare ragionevolmente la ineleggibilita' a consigliere regionale". E cio' perche' "ne' nella legge in questione, ne' in altro testo legislativo e' dato rinvenire norme che definiscano l'"ufficio" o che definiscano la nozione di "capo" di un ufficio". Il dubbio di legittimita' costituzionale, prospettato, come si e' ricordato, sia dalla impugnata sentenza, sia dal controricorrente, trae motivo, secondo ogni evidenza, proprio dal richiamo fatto dalla Corte costituzionale, nella su richiamata sentenza n. 166, alla "disposizione, sostanzialmente analoga, della legge regionale siciliana del 20 marzo 1951, n. 29". E, appunto percio', tali argomentazioni sono, almeno formalmente, riproponibili, come eccepito dal controricorrente, con riferimento alla disposizione di cui all'art. 8, secondo comma, n. 7, della legge regionale siciliana n. 29 del 1951. Per completezza di indagine va, peraltro, considerato che, nella legislazione successiva della regione Sicilia, e' stata approvata la legge regionale 6 gennaio 1981, n. 6, "ordinamento interno dei servizi sanitari ed attuazioni del sistema informativo sanitario e dell'osservatorio epidemiologico regionale. Modifiche alla legge regionale 12 agosto 1980 n. 87, riguardante la istituzione delle unita' sanitarie locali", la quale all'art. 5, premesso al primo comma, che "il servizio e' l'unita' organizzativa fondamentale per il conseguimento degli obbiettivi della unita' sanitaria locale", reca appunto la dettagliata previsione dei diversi "servizi dell'unita' sanitaria locale", con la precisazione per alcuni di essi dei compiti specifici, e tra questi, in particolare e per quanto qui interessa, quello di "medicina legale". Dal secondo comma dell'art. 5, invero, si evince inoltre che ogni servizio "in conformita' del regolamento delle U.S.L. puo' articolarsi nel proprio interno in uno o piu' uffici omogenei di intervento, tenuto conto della dimensione dell'U.S.L., della complessita' delle funzioni da svolgere, nonche' delle indicazioni e delle prescrizioni contenute nel piano sanitario regionale". Il quinto comma, inoltre, stabilisce che a "ciascun servizio e' preposto un responsabile che provvede alla direzione degli uffici ed al coordinamento dell'attivita' dei presidi, dipartimenti e distretti per le materie di competenza ed allo svolgimento delle funzioni di promozione e di vigilanza, nell'ambito del servizio, per l'attuazione del programma". Il comma successivo, infine, determina il rapporto esistente tra numero dei servizi istituendi ed entita' della popolazione rientrante nella U.S.L. E', pertanto, appunto sul carattere sufficientemente definitorio, o no, del "servizio" da parte della richiamata legge regionale, che l'art. 8, secondo comma n. 7, della legge regionale n. 29 del 1951, deve essere sottoposta allo scrutinio della Corte costituzionale. 5. - Deve quindi ritenersi rilevante nel presente giudizio e, non manifestamente infondata, la questione (sollevata dal controricorrente e rilevata anche dalla sentenza impugnata) di legittimita' costituzionale dell'art. 8, secondo comma, n. 7, della legge della Regione Siciliana 20 marzo 1951, n. 29, nella parte in cui prevede la ineleggibilita' alla carica di deputato regionale dei "capi servizio ... degli uffici statali che svolgono attivita' nella regione", per contrasto con l'art. 51, primo comma, Cost. Si impone, pertanto, ai sensi dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, la sospensione del presente giudizio con trasmissione degli atti alla Corte costituzionale.
P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 8, secondo comma, n. 7, della legge della Regione Siciliana 20 marzo 1951, n. 29, nella parte in cui prevede la ineleggibilita' alla carica di deputato regionale dei "capi servizio degli uffici statali che svolgono attivita' nella regione", per contrasto con l'art. 51, primo comma, Cost.; Sospende il giudizio in corso e ordina l'immediata trasmissione degli atti, a cura della cancelleria, alla Corte costituzionale; Ordina che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa, al Procuratore generale presso questa Corte e al Presidente della Regione Siciliana, nonche' comunicata al Presidente dell'Assemblea Regionale Siciliana. Cosi' deciso in Roma il 24 gennaio 2003. Il Presidente: Genghini 03c0417