N. 38 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 9 aprile 2003
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 9 aprile 2003 (del Presidente del Consiglio dei ministri) Ambiente (tutela dell') - Norme della Regione Emilia-Romagna - Organizzazione del Servizio idrico integrato e del Servizio di gestione dei rifiuti urbani - Possibilita' di affidamento diretto a societa' a prevalente capitale pubblico effettivamente controllate da comuni rientranti nell'ambito territoriale ottimale e che esercitano a favore dei medesimi la parte prevalente della propria attivita' - Denunciata deroga alla liberalizzazione del settore - Violazione del principio della procedura ad evidenza pubblica e della concorrenza nell'affidamento dei servizi pubblici locali - Contrasto con la normativa comunitaria e con la disciplina transitoria contenuta nella legge finanziaria 2002 - Mancato rispetto dei vincoli alla legislazione regionale «derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali» - Violazione del principio di leale collaborazione. - Legge della Regione Emilia-Romagna 28 gennaio 2003, n. 1, art. 7, comma 1, nella parte in cui introduce l'art. 8-ter, comma 4, nella legge regionale 6 settembre 1999, n. 25. - Costituzione, artt. 117, comma 1; Trattato CE, art. 86; Direttiva 90/531/CEE; Direttiva 93/38/CEE; legge 28 dicembre 2001, n. 448, art. 35; legge 5 gennaio 1994, n. 36, art. 4; d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112, art. 88; d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, art. 113. Ambiente (tutela dell') - Norme della Regione Emilia-Romagna - Organizzazione del Servizio idrico integrato - Attribuzione alla Regione del compito di formulare indirizzi e criteri di gestione - Denunciata invasione delle competenze riservate alla legislazione statale in materia di tutela dell'ambiente - Violazione del principio di leale collaborazione. - Legge della Regione Emilia-Romagna 28 gennaio 2003, n. 1, art. 8, che introduce l'art. 8-sexies nella legge regionale 6 settembre 1999, n. 25. - Costituzione, art. 117, commi secondo, lett. s), e terzo; Trattato CE, art. 86; Direttiva 90/531/CEE; Direttiva 93/38/CEE; legge 28 dicembre 2001, n. 448, art. 35; legge 5 gennaio 1994, n. 36, art. 4; d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112, art. 88; d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, art. 113.(GU n.23 del 11-6-2003 )
Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri nella persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dalla Avvocatura generale dello Stato, presso gli uffici della quale in Roma, via dei Portoghesi n. 12, domicilia (delibera del Consiglio dei ministri del 14 marzo 2003), contro la Regione Emilia-Romagna in persona del Presidente della giunta regionale pro tempore, presso gli uffici della giunta regionale in Bologna per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale degli artt. 7, comma 1 relativamente all'art. 8-ter aggiunto alla legge regionale Emilia-Romagna n. 25/1999, ed 8, comma 1, relativamente all'art. 8-sexies aggiunto alla legge regionale Emilia-Romagna n. 25/1999, della legge regionale Emilia-Romagna 28 gennaio 2003, n. 1 pubblicata nel B.U.R. n. 13 del 29 gennaio 2003), per contrasto con l'art. 117, comma primo della Costituzione e, quali norme interposte, per quanto di ragione, l'art. 86 del Trattato C.E. e le direttive 90/531/CEE e 93/38/CEE relative alle procedure di appalti nei settori esclusi, l'art 35 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, l'art. 4 della legge 5 gennaio 1994, n. 36, l'art. 88 del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112 nonche' l'art. 113 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267. 1. - La l.r. Emilia Romagna 28 gennaio 2003, n. 1 - Modifiche ed integrazioni alla l.r. 6 settembre 1999, n. 25 (Delimitazione degli ambiti territoriali ottimali e disciplina delle forme di cooperazione tra gli enti locali per l'organizzazione del servizio idrico integrato e del servizio di gestione dei rifiuti urbani) - e' stata pubblicata nel B.U.R Emilia-Romagna n. 13 del 29 gennaio 2003. L'atto normativo regionale apporta modifiche alla precedente legge regionale 6 settembre 1999, n. 25, cosi da disciplinare «in modo organico il sistema di governo e di gestione del servizio idrico integrato e del servizio di gestione dei rifiuti urbani nel rispetto dei principi stabiliti dalle norme comunitarie e da quelle nazionali in materia di tutela della concorrenza e in coerenza con i principi generali stabiliti dalla regione in attuazione della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione)» ( art. 1, comma 2 della l.r. n. 1/2003). 2. - Il sistema di gestione del servizio idrico integrato (costituito dall'insieme dei servizi pubblici di captazione, adduzione e distribuzione di acqua ad usi civili, di fognatura e di depurazione delle acque reflue: art. 4, comma 1, lettera f), legge n. 36/1994) e del servizio di gestione rifiuti, oltre degli altri servizi di carattere economico e imprenditoriale previsti dall'art. 5 della legge, prevede il loro affidamento «con procedure di evidenza pubblica di tipo concorsuale ispirate a criteri di pubblicita' trasparenza e concorrenzialita' a garanzia della imparzialita' e del buon andamento della pubblica amministrazione» (art. 8-ter comma 1). La disposizione, da esaminare in relazione all'art. 86 del trattato C.E. («1. Gli Stati membri non emanano ne' mantengono nei confronti delle imprese pubbliche e delle imprese cui riconoscono diritti speciali o esclusivi, alcuna misura contraria alle norme del presente trattato, spcialmente a quelle contemplate dagli artt. 12 e da 81 a 89 inclusi. 2. Le imprese incaricate della gestione di servizi di interesse generale o aventi carattere di monopolio fiscale sono sottoposte alle norme del presente trattato, e in particolare alle regole di concorrenza, nei limiti in cui l'applicazione di tali norme non ostino all'adempimento, in linea di diritto e di fatto, della specifica missione loro affidata. Lo sviluppo egli scambi non deve essere compromesso in misura contraria agli interessi della comunita») liberalizza il settore dei servizi locali di interesse economico ed imprenditoriale gia' oggetto di monopolio delle municipalizzate aprendole alla concorrenza. Sotto tale profilo la disposizione contenuta nel comma 4 («Per i servizi disciplinati dalla presente legge, ferma restando la necessita' di una gestione di tipo industriale rispondente a criteri, di efficienza, efficacia ed economicita' e' consentito l'affidamento diretto da parte dell'agenzia a societa' a prevalente capitale pubblico effettivamente controllate da comuni rientranti., nell'ambito territoriale ottimale e che esercitano a favore dei medesimi la parte prevalente della propria attivita'. Resta ferma per dette societa' l'esclusione dalle gare per l'affidamento del servizio. L'esclusione si estende alle societa' controllate o collegate, alle loro controllanti, nonche' alle societa' controllate o collegate con queste ultime») introduce una deroga alla liberalizzazione del settore mantenendo una riserva di fitto a favore di soggetti economici «a prevalente capitale pubblico», vale a dire delle societa' in cui si sono trasformate le aziende municipalizzate. La deroga alla concorrenza e' stata introdotta unicamente per soddisfare interessi meramente imprenditoriali dell'ente locale e non per soddisfare interessi, pubblici. L'interesse pubblico connesso alla qualita' di soggetto pubblico dell'ente concedente in un regime liberalizzato di prestazione dei servizi e' soddisfatto esclusivamente dalla osservanza delle norme in materia di aggiudicazione degli appalti indicate nelle direttive 90/531/CEE e 93/38/CEE relative alle procedure di appalti nei servizi esclusi. 3. - L'art. 8, che introduce rarticolo 8-sexies, attribuisce alla regione compiti in materia di gestione e organizzazione del servizio idrico integrato, quali la definizione dei criteri per la gestione del servizio medesimo ed altre rilevanti funzioni gia' previste dalla legge n. 36/1994. 4. - Contrasto tra l'art. 7, comma 1 nella parte che introduce l'art. 8-ter, comma 4 nella nella legge rezionale n. 25/1999 della l.r. n. 1/2003 e l'art. 117, comma 1 Cost. L'art. 7 della legge regionale in parola interviene sul testo della l.r. n. 25/1999, aggiungendovi l'art. 8-ter. L'articolo novellato contiene nei primi tre commi disposizioni di principio in tema di gare per l'affidamento a privati dei pubblici servizi, e nel quarto comma dispone: «Per i servizi disciplinati dalla presente legge, ferma restando la necessita' di una gestione di tipo industriale rispondente a criteri di efficienza, efficacia ed economicita', e' consentito l'affidamento diretto da parte dell'agenzia a societa' a prevalente capitale pubblico effettivamente controllate da comuni rientranti nell'ambito territoriale ottimale e che esercitano a favore dei medesimi la parte prevalente della propria attivita'. Resta ferma per dette societa' l'esclusione dalle gare per l'affidamento del servizio. L'esclusione si estende alle societa' controllate o collegate, alle loro controllanti, nonche' alle societa' controllate o collegate con queste ultime». In sostanza, con il quarto comma, si offre una via alternativa alla gara alle autorita' locali di A.T.O., le quali possono derogare, e senza obbligo di motivazione, il procedimento dell'affidamento tramite gara aperta, per ricorrere all'affidamento diretto ad un soggetto predeterminato, purche' esso sia una societa' a maggioranza pubblica ed il socio pubblico rientri geograficamente nell'area dell'A.T.O. La deroga meramente discrezionale reintroduce nel sistema una riserva a favore dei soggetti economici in cui si sono trasformate le municipalizzate o ai quali sono state conferite le aziende municipalizzate, in base alla previgente normativa di settore. La riserva ricostituisce di fatto il monopolio dell'ente locale, in proprio o associato ad altri enti locali, nei settori della prestazione dei servizi locali di interesse economico ed imprenditoriale che, contraddittoriamente, nel comma 1 del medesimo art. 8-ter si dichiara di avere abbandonato, confermando integralmente quanto disposto dall'art. 113 del decreto legislativo n. 267/2000 (come modificato dall'art. 35 della legge n. 448/2001), il cui comma 5 dispone «Le erogazioni del servizio, da svolgere in regime di concorrenza, avviene secondo le discipline di settore, con conferimento della titolarita' del servizio a societa' di capitale individuate attraverso l'espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica». E' appena il caso di sottolineare che la espressione «secondo le discipline di settore» sta a richiamare le norme specifiche relative al singolo servizio necessitate dalle caratteristiche peculiari del servizio medesimo. Lo strumento dell'affidamento diretto del servizio, cioe' senza ricorso a gara, che gia' indica la volonta' di non gestire direttamente il servizio pubblico, oltre a costituire la regola fino al recente passato in tema di servizi idrici (ma la disposizione in esame non riguarda solo i servizi idrici, ma anche quelli relativi ai rifiuti e gli altri aventi la medesima caratteristica di servizi locali di carattere economico e imprenditoriale) veniva previsto come possibile alternativa (senza limitazioni di sorta) ancora dall'art. 22 della legge 8 giugno 1990, n. 142, operante fino al settembre 2000, all'entrata in vigore del decreto legislativo 142/90. Orbene, proprio determinando una scelta di politica legislativa di decisa svolta rispetto al passato, il legislatore ha emanato una serie di disposizioni che si sono mosse verso un criterio di assoluto favor per le gare e la concorrenza nell'affidamento dei servizi pubblici locali, la cui ratio e' quella di eliminare le perduranti sacche di inefficienza e gli alti costi legati a strutture pubbliche insensibili alle esigenze di mercato, determinando dunque un sostanziale vulnus nella cura dell'interesse pubblico, proprio in ragione delle diseconomie e della minor qualita' del servizio.Un profilo centrale nell'ambito di tali riforme e' rappresentato dall'incisivo intervento del legislatore comunitario, il quale ha reso vincolante il principio della procedura ad evidenza pubblica per il piu' ampio numero di affidamenti possibile, consentendo poche e circoscritte deroghe. Cio' e' avvenuto per il tramite delle direttive 92/50/CEE e 93/38/CEE, le quali non lasciano adito a dubbi circa l'obbligo degli Stati membri di limitare e motivare qualunque deroga essi apportino alla regola dell'affidamento tramite gara. L'attuazione delle direttive nell'ordinamento italiano e' iniziata, per quanto attiene il settore idrico, con la cd. «legge Galli» (legge 5 gennaio 1994, n. 36), la quale per prima pone chiaramente la necessita' di una gestione delle acque orientata nettamente secondo criteri di economicita' ed efficienza. Tuttavia anche questo provvedimento doveva conciliarsi con la legge sulle autonomie locali (la gia' citata 142/90) la quale prevedeva, come si e' ricordato, la possibilita' dell'affidamento diretto. Il principio della gara e' divenuto l'unica possibile scelta nell'affidamento dei servizi pubblici locali, in conformita' alla normativa comunitaria primaria e derivata, con il nuovo T.U. sull'ordinamento degli enti locali (d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267). Nel Testo Unico, infatti, si prevede la separazione tra proprieta' della rete e erogazione del servizio al pubblico (art. 113), individuando per quest'ultimo settore la gara ad evidenza pubblica come modus procedendi imprescindibile, una volta scadute le attuali concessioni. In tal modo si e' riconosciuto che nel settore della erogazione dei servizi pubblici di natura industriale non sussistono ragioni per una deroga alle norme sulla concorrenza, pure ammessa dall'articolo 86 del Trattato. Com'e' noto, tra l'altro, si sono svolte nei mesi scorsi gare in importanti AA.TT.OO. del territorio nazionale, per mezzo delle quali gli enti locali hanno potuto uscire dalla gestione diretta del servizio, affidandola a societa' commerciali di comprovata esperienza e solidita' e, al contempo, recuperando rilevanti risorse finanziarie aggiuntive, a motivo dell'aggiudicazione della concessione al «miglior offerente». Per dare ulteriore impulso al processo di rinnovo delle concessioni e al miglioramento dei servizi offerti e' stata collocata, all'interno della legge finanziaria 2002 (art. 35, legge 28 dicembre 2001, n. 448) una norma che provvede a disciplinare il periodo di transizione verso l'applicazione delle norme di cui al citato art. 113, d.lgs. 267/2000, vietando che le concessioni in atto vengano prorogate oltre un massimo di cinque anni se rilasciate con procedure diverse dall'evidenza pubblica, e prevedendo altresi la loro anticipata cessazione in caso esse superassero il termine prescritto. Per facilitare la ordinata transizione verso il nuovo sistema, lo stesso art. 35 prevede, nel successivo quinto comma, la possibilita' di rilasciare concessioni senza gara, a soggetti pubblici radicati sul territorio, per ulteriori diciotto mesi dall'entrata in vigore della legge. Si evince dunque che il prossimo mese di giugno 2003 e' la data ultima, senza possibilita' di deroga, per utilizzare il sistema dell'affidamento diretto del servizio. Cosi' l'Italia ha teso a conciliare una duplice differenziata esigenza: da una parte si mira a rendere graduale e non traumatico il passaggio da un sistema improntato alla pubblicita' dei gestori ad uno incentrato sulla libera concorrenza, dall'altra si rende la normativa italiana compatibile con le esigenze di mercato e di osservanza del diritto comunitario. Quanto premesso non lascia spazio a dubbi relativamente alla circostanza che una norma regionale la quale permetta il prolungamento sine die del sistema pubblicistico dell'affidamento diretto ove in atto o che, addirittura, consenta il rilascio di nuove concessioni senza gara ed a tempo indeterminato sia in netto e palese contrasto con le norme comunitarie, prima ancora che con le leggi nazionali. Concludendo, il comma 4 dell'articolo 8 ter della legge regionale Emilia-Romagna 25/1989, introdotto dall'art. 7, comma l della legge regionale Emilia-Romagna 1/2003, e' costituzionalmente illegittimo poiche' disattende il limite posto dalla Costituzione alla legislazione regionale consistente nel rispetto «dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali» (art. 117, comma 1). Alla luce della riforma del titolo V della parte II della Costituzione il limite in parola ha notevolmente accresciuto la propria rilevanza, per la irrimediabilita' degli eventuali contrasti tra le norme regionali e il trattato e la legislazione derivata comunitaria, che comportano la responsabilita' internazionale del Governo italiano, senza possibilita' per quest'ultimo di esercitare alcuna autorita' emendatrice sulla legislazione regionale. Il giudice delle leggi e' chiamato a valutare tale non conformita' e con la dichiarazione di incostituzionalita' della legge regionale che non abbia rispettato i limiti imposti alla legge derivanti dalla normativa comunitaria (non solo il Trattato, ma anche la normativa derivata) elimina alla radice quella che e' anche la illegittimita' comunitaria della legge regionale. 5. - Contrasto dell'articolo 8, nella parte in cui introduce nella legge regionale 25 del 1999 l'articolo 8 sexies della legge regionale Emilia-Romagna 1/2003 con l'articolo 117, commi 2 e 3 Cost., relativamente all'esercizio di competenze riservate alla legislazione statale. L'articolo 8, che introduce l'articolo 8-sexies nella L.R. 25/1989 attribuisce alla regione compiti in materia di gestione e organizzazione del servizio idrico integrato, quali la definizione dei criteri per la gestione del servizio medesimo ed altre rilevanti funzioni gia' previste dalla legge 36/1994, in violazione dell'articolo 88 del decreto legislativo 112/1996, secondo cui dette competenze sono riservate allo Stato. Le competenze relative alla disciplina dei servizi idrici pubblici rientrano, perlomeno sotto gran parte dei profili ivi afferenti, nella materia contemplata dall'art. 117, comma 2, lett. s) Cost., relativa cioe' alla «tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali». La materia della tutela ambientale e' affidata dall'articolo 117, comma 2, Cost. alla competenza esclusiva dello Stato. Sicuramente e' necessario leggere la norma sulla competenza in materia ambientale in maniera coordinata col successivo comma 3, relativo alle materie di legislazione concorrente. Tra queste rientra quella del «governo del territorio», che innegabilmente afferisce, in posizione complementare all'aspetto ambientale, alla materia delle risorse idriche. Qualunque lettura si voglia dare del disposto costituzionale, che senz'alto non eccelle nel tracciare confini netti tra gli ambiti materiali, rimane comunque impedito alla regione di attuare una politica contrastante con i principi generali della materia fissati a livello nazionale, e non vi puo' esser dubbio che l'affidamento dei servizi pubblici in regime di concorrenza e libero mercato sia un principio generalissimo, di derivazione comunitaria per la realizzazione di un effettivo mercato concorrenziale dei servizi pubblici di rilievo locale a carattere economico e imprenditoriale, cui gli enti di governo locali devono dare attuazione in ragione delle proprie competenze. Il prolungamento tendenzialmente illimitato degli affidamenti diretti si pone in chiaro contrasto con tale generale enunciato. Anche prescindendo dalla normativa costituzionale la legge regionale appare travalicare i confini della propria competenza. La giurisprudenza costituzionale recente ha ribadito la validita' delle norme emanate ante riforma del Titolo V ed aventi ad oggetto la specificazione dei settori nei quali si appalesa la necessita' di tracciare delle regole a livello nazionale. Il principio e' stato espressamente ribadito in recenti pronunce, tra le quali la sentenza 282/2002. Nella materia de quo e', tra l'altro ancora vigente il d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112, emanato in attuazione della legge 15 marzo 1997, n. 59, il quale specifica con notevole precisione quali elementi, in materia di gestione delle acque, debbano rimanere di determinazione nazionale, per la loro natura tecnica e per evidenti esigenze di uniformita' sull'intero territorio nazionale. Sul punto che qui rileva dispone l'art. 88 del d.lg.vo 112/1998, che si pone per necessita' come norma interposta, a specificazione dei contorni tracciati, su di un piano generalissimo, dall'art. 117 Cost. Non v'e' dubbio che la disposizione regionale in esame sia in contrasto con quanto stabilito da tale atto normativo, poiche' con essa, lungi dal garantire una omogeneita' di condizioni di utilizzo compatibile della risorsa idrica si crea una disomogeneita' che viola le finalita' medesime della legge 36/1994. 6. - Nell'ottica delle precedenti considerazioni si ritiene particolarmente censurabile la legge regionale in questione, la quale viola altresi' il principio di leale collaborazione posto a fondamento del nuovo ordinamento regionale creato con la legge cost. 3/2001, poiche' la possibilita' di affidamento diretto ed incondizionato dei servizi pubblici locali concreta, oltre alla violazione delle norme comunitarie richiamate, anche l'attuazione di una politica contrastante ed addirittura contraria a quella adottata dalla generalita' delle altre autorita' di governo; cosi' come l'esercizio delle altre funzioni di governo indicate nell'articolo 8-sexies in materia di sistema idrico integrato si pone in potenziale contrasto con una corretta gestione della risorsa, che in quanto risorsa rara necessita di una gestione a tutti i livelli omogenea e concordata. Tale separatezza di scelte gestionali e di governo dei servizi relativi alla gestione del servizio idrico integrato e di quello dei rifiuti urbani introduce nel sistema elementi di disomogeneita' che contrastano con gli interessi generali perseguiti e dalle, regioni e dallo Stato.
P. Q. M. Si chiede che gli artt. 7 ed 8 della legge regionale dell'Emilia-Romagna 28 gennaio 2003, n. 1, in parte qua, siano dichiarati incostituzionali, poiche' in contrasto con l'art. 117 della Costituzione e con norme di legge ordinaria interposte. Roma, addi' 26 marzo 2003. L'Avvocato dello Stato: Maurizio Fiorilli 03C0427