N. 38 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 9 aprile 2003

Ricorso  per  questione  di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria  il  9  aprile  2003  (del  Presidente  del Consiglio dei
ministri)

Ambiente  (tutela  dell')  -  Norme  della  Regione  Emilia-Romagna -
  Organizzazione  del  Servizio  idrico  integrato  e del Servizio di
  gestione dei rifiuti urbani - Possibilita' di affidamento diretto a
  societa'  a prevalente capitale pubblico effettivamente controllate
  da  comuni  rientranti  nell'ambito  territoriale  ottimale  e  che
  esercitano  a favore dei medesimi la parte prevalente della propria
  attivita'  -  Denunciata deroga alla liberalizzazione del settore -
  Violazione  del  principio  della  procedura ad evidenza pubblica e
  della  concorrenza  nell'affidamento  dei servizi pubblici locali -
  Contrasto   con  la  normativa  comunitaria  e  con  la  disciplina
  transitoria  contenuta  nella  legge  finanziaria  2002  -  Mancato
  rispetto   dei   vincoli  alla  legislazione  regionale  «derivanti
  dall'ordinamento  comunitario  e  dagli  obblighi internazionali» -
  Violazione del principio di leale collaborazione.
- Legge  della  Regione Emilia-Romagna 28 gennaio 2003, n. 1, art. 7,
  comma  1, nella parte in cui introduce l'art. 8-ter, comma 4, nella
  legge regionale 6 settembre 1999, n. 25.
- Costituzione,  artt.  117, comma 1; Trattato CE, art. 86; Direttiva
  90/531/CEE;  Direttiva  93/38/CEE;  legge 28 dicembre 2001, n. 448,
  art. 35; legge 5 gennaio 1994, n. 36, art. 4; d.lgs. 31 marzo 1998,
  n. 112, art. 88; d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, art. 113.
Ambiente  (tutela  dell')  -  Norme  della  Regione  Emilia-Romagna -
  Organizzazione  del  Servizio  idrico integrato - Attribuzione alla
  Regione  del compito di formulare indirizzi e criteri di gestione -
  Denunciata  invasione  delle competenze riservate alla legislazione
  statale  in  materia  di  tutela  dell'ambiente  -  Violazione  del
  principio di leale collaborazione.
- Legge  della  Regione Emilia-Romagna 28 gennaio 2003, n. 1, art. 8,
  che  introduce  l'art.  8-sexies  nella legge regionale 6 settembre
  1999, n. 25.
- Costituzione,  art. 117, commi secondo, lett. s), e terzo; Trattato
  CE,  art.  86;  Direttiva 90/531/CEE; Direttiva 93/38/CEE; legge 28
  dicembre  2001,  n. 448, art. 35; legge 5 gennaio 1994, n. 36, art.
  4;  d.lgs.  31  marzo 1998, n. 112, art. 88; d.lgs. 18 agosto 2000,
  n. 267, art. 113.
(GU n.23 del 11-6-2003 )
    Ricorso  del  Presidente del Consiglio dei ministri nella persona
del  legale  rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dalla
Avvocatura  generale  dello  Stato,  presso gli uffici della quale in
Roma, via dei Portoghesi n. 12, domicilia (delibera del Consiglio dei
ministri  del  14  marzo  2003),  contro la Regione Emilia-Romagna in
persona del Presidente della giunta regionale pro tempore, presso gli
uffici  della  giunta  regionale  in  Bologna per la dichiarazione di
illegittimita'  costituzionale  degli  artt. 7, comma 1 relativamente
all'art.   8-ter   aggiunto   alla   legge  regionale  Emilia-Romagna
n. 25/1999,  ed  8, comma 1, relativamente all'art. 8-sexies aggiunto
alla legge regionale Emilia-Romagna n. 25/1999, della legge regionale
Emilia-Romagna  28 gennaio 2003, n. 1 pubblicata nel B.U.R. n. 13 del
29  gennaio  2003),  per  contrasto con l'art. 117, comma primo della
Costituzione e, quali norme interposte, per quanto di ragione, l'art.
86  del  Trattato C.E. e le direttive 90/531/CEE e 93/38/CEE relative
alle  procedure  di appalti nei settori esclusi, l'art 35 della legge
28 dicembre 2001, n. 448, l'art. 4 della legge 5 gennaio 1994, n. 36,
l'art.  88  del  d.lgs.  31 marzo 1998, n. 112 nonche' l'art. 113 del
d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267.

    1. - La  l.r. Emilia Romagna 28 gennaio 2003, n. 1 - Modifiche ed
integrazioni  alla  l.r. 6 settembre 1999, n. 25 (Delimitazione degli
ambiti territoriali ottimali e disciplina delle forme di cooperazione
tra   gli  enti  locali  per  l'organizzazione  del  servizio  idrico
integrato  e  del servizio di gestione dei rifiuti urbani) - e' stata
pubblicata nel B.U.R Emilia-Romagna n. 13 del 29 gennaio 2003.
    L'atto  normativo  regionale  apporta  modifiche  alla precedente
legge  regionale  6  settembre  1999, n. 25, cosi da disciplinare «in
modo organico il sistema di governo e di gestione del servizio idrico
integrato  e del servizio di gestione dei rifiuti urbani nel rispetto
dei  principi stabiliti dalle norme comunitarie e da quelle nazionali
in  materia  di tutela della concorrenza e in coerenza con i principi
generali   stabiliti   dalla   regione   in  attuazione  della  legge
costituzionale  18  ottobre  2001,  n. 3 (Modifiche al titolo V della
parte  seconda  della  Costituzione)»  (  art.  1, comma 2 della l.r.
n. 1/2003).
    2.  -  Il  sistema  di  gestione  del  servizio  idrico integrato
(costituito   dall'insieme   dei   servizi  pubblici  di  captazione,
adduzione  e  distribuzione di acqua ad usi civili, di fognatura e di
depurazione  delle  acque  reflue: art. 4, comma 1, lettera f), legge
n. 36/1994)  e  del  servizio  di gestione rifiuti, oltre degli altri
servizi di carattere economico e imprenditoriale previsti dall'art. 5
della  legge,  prevede il loro affidamento «con procedure di evidenza
pubblica  di  tipo  concorsuale  ispirate  a  criteri  di pubblicita'
trasparenza  e concorrenzialita' a garanzia della imparzialita' e del
buon andamento della pubblica amministrazione» (art. 8-ter comma 1).
    La  disposizione,  da  esaminare  in  relazione  all'art.  86 del
trattato  C.E.  («1.  Gli Stati membri non emanano ne' mantengono nei
confronti  delle  imprese  pubbliche  e delle imprese cui riconoscono
diritti  speciali o esclusivi, alcuna misura contraria alle norme del
presente  trattato, spcialmente a quelle contemplate dagli artt. 12 e
da  81  a  89  inclusi.  2.  Le  imprese incaricate della gestione di
servizi di interesse generale o aventi carattere di monopolio fiscale
sono  sottoposte  alle  norme del presente trattato, e in particolare
alle  regole di concorrenza, nei limiti in cui l'applicazione di tali
norme  non  ostino  all'adempimento,  in linea di diritto e di fatto,
della  specifica  missione loro affidata. Lo sviluppo egli scambi non
deve  essere  compromesso  in  misura  contraria agli interessi della
comunita»)  liberalizza  il  settore  dei servizi locali di interesse
economico   ed   imprenditoriale  gia'  oggetto  di  monopolio  delle
municipalizzate aprendole alla concorrenza.
    Sotto  tale profilo la disposizione contenuta nel comma 4 («Per i
servizi   disciplinati   dalla  presente  legge,  ferma  restando  la
necessita' di una gestione di tipo industriale rispondente a criteri,
di  efficienza, efficacia ed economicita' e' consentito l'affidamento
diretto  da  parte  dell'agenzia  a  societa'  a  prevalente capitale
pubblico    effettivamente   controllate   da   comuni   rientranti.,
nell'ambito  territoriale  ottimale  e  che  esercitano  a favore dei
medesimi la parte prevalente della propria attivita'. Resta ferma per
dette   societa'   l'esclusione  dalle  gare  per  l'affidamento  del
servizio.   L'esclusione  si  estende  alle  societa'  controllate  o
collegate,  alle loro controllanti, nonche' alle societa' controllate
o   collegate   con   queste   ultime»)  introduce  una  deroga  alla
liberalizzazione del settore mantenendo una riserva di fitto a favore
di  soggetti  economici «a prevalente capitale pubblico», vale a dire
delle societa' in cui si sono trasformate le aziende municipalizzate.
La  deroga  alla  concorrenza  e'  stata  introdotta  unicamente  per
soddisfare interessi meramente imprenditoriali dell'ente locale e non
per  soddisfare  interessi,  pubblici.  L'interesse pubblico connesso
alla  qualita' di soggetto pubblico dell'ente concedente in un regime
liberalizzato    di    prestazione   dei   servizi   e'   soddisfatto
esclusivamente   dalla   osservanza   delle   norme   in  materia  di
aggiudicazione  degli  appalti  indicate nelle direttive 90/531/CEE e
93/38/CEE relative alle procedure di appalti nei servizi esclusi.
    3. - L'art. 8, che introduce rarticolo 8-sexies, attribuisce alla
regione  compiti in materia di gestione e organizzazione del servizio
idrico  integrato,  quali  la definizione dei criteri per la gestione
del servizio medesimo ed altre rilevanti funzioni gia' previste dalla
legge n. 36/1994.
    4. - Contrasto  tra  l'art. 7,  comma 1 nella parte che introduce
l'art.  8-ter,  comma  4 nella nella legge rezionale n. 25/1999 della
l.r. n. 1/2003 e l'art. 117, comma 1 Cost.
    L'art.  7  della  legge  regionale in parola interviene sul testo
della   l.r.   n. 25/1999,   aggiungendovi  l'art. 8-ter.  L'articolo
novellato  contiene  nei primi tre commi disposizioni di principio in
tema  di gare per l'affidamento a privati dei pubblici servizi, e nel
quarto  comma  dispone:  «Per  i  servizi disciplinati dalla presente
legge,   ferma  restando  la  necessita'  di  una  gestione  di  tipo
industriale   rispondente  a  criteri  di  efficienza,  efficacia  ed
economicita',   e'   consentito   l'affidamento   diretto   da  parte
dell'agenzia a societa' a prevalente capitale pubblico effettivamente
controllate  da comuni rientranti nell'ambito territoriale ottimale e
che  esercitano  a  favore  dei  medesimi  la  parte prevalente della
propria  attivita'. Resta ferma per dette societa' l'esclusione dalle
gare  per  l'affidamento  del  servizio. L'esclusione si estende alle
societa'  controllate  o  collegate,  alle loro controllanti, nonche'
alle societa' controllate o collegate con queste ultime».
    In  sostanza,  con  il quarto comma, si offre una via alternativa
alla gara alle autorita' locali di A.T.O., le quali possono derogare,
e  senza  obbligo  di  motivazione,  il procedimento dell'affidamento
tramite  gara  aperta,  per  ricorrere  all'affidamento diretto ad un
soggetto  predeterminato, purche' esso sia una societa' a maggioranza
pubblica  ed  il  socio  pubblico  rientri  geograficamente nell'area
dell'A.T.O. La deroga meramente discrezionale reintroduce nel sistema
una   riserva  a  favore  dei  soggetti  economici  in  cui  si  sono
trasformate  le  municipalizzate  o  ai quali sono state conferite le
aziende   municipalizzate,  in  base  alla  previgente  normativa  di
settore.  La  riserva  ricostituisce  di fatto il monopolio dell'ente
locale,  in  proprio  o  associato  ad altri enti locali, nei settori
della  prestazione  dei  servizi  locali  di  interesse  economico ed
imprenditoriale  che,  contraddittoriamente, nel comma 1 del medesimo
art.   8-ter   si   dichiara   di   avere   abbandonato,  confermando
integralmente  quanto  disposto dall'art. 113 del decreto legislativo
n. 267/2000  (come  modificato dall'art. 35 della legge n. 448/2001),
il  cui  comma  5 dispone «Le erogazioni del servizio, da svolgere in
regime  di concorrenza, avviene secondo le discipline di settore, con
conferimento  della  titolarita'  del servizio a societa' di capitale
individuate  attraverso  l'espletamento  di  gare  con  procedure  ad
evidenza  pubblica».  E'  appena  il  caso  di  sottolineare  che  la
espressione  «secondo  le  discipline di settore» sta a richiamare le
norme  specifiche  relative  al  singolo  servizio  necessitate dalle
caratteristiche peculiari del servizio medesimo.
    Lo  strumento  dell'affidamento diretto del servizio, cioe' senza
ricorso   a  gara,  che  gia'  indica  la  volonta'  di  non  gestire
direttamente  il servizio pubblico, oltre a costituire la regola fino
al  recente  passato in tema di servizi idrici (ma la disposizione in
esame non riguarda solo i servizi idrici, ma anche quelli relativi ai
rifiuti  e  gli  altri  aventi  la medesima caratteristica di servizi
locali di carattere economico e imprenditoriale) veniva previsto come
possibile   alternativa   (senza   limitazioni   di   sorta)   ancora
dall'art. 22  della  legge  8  giugno  1990, n. 142, operante fino al
settembre 2000, all'entrata in vigore del decreto legislativo 142/90.
    Orbene,  proprio  determinando una scelta di politica legislativa
di  decisa  svolta rispetto al passato, il legislatore ha emanato una
serie di disposizioni che si sono mosse verso un criterio di assoluto
favor  per  le  gare  e  la  concorrenza nell'affidamento dei servizi
pubblici  locali,  la  cui ratio e' quella di eliminare le perduranti
sacche  di inefficienza e gli alti costi legati a strutture pubbliche
insensibili   alle   esigenze  di  mercato,  determinando  dunque  un
sostanziale  vulnus  nella  cura  dell'interesse pubblico, proprio in
ragione  delle  diseconomie  e  della  minor qualita' del servizio.Un
profilo   centrale  nell'ambito  di  tali  riforme  e'  rappresentato
dall'incisivo  intervento  del  legislatore  comunitario, il quale ha
reso vincolante il principio della procedura ad evidenza pubblica per
il  piu'  ampio  numero di affidamenti possibile, consentendo poche e
circoscritte deroghe. Cio' e' avvenuto per il tramite delle direttive
92/50/CEE  e  93/38/CEE,  le  quali  non lasciano adito a dubbi circa
l'obbligo  degli Stati membri di limitare e motivare qualunque deroga
essi   apportino   alla   regola   dell'affidamento   tramite   gara.
L'attuazione  delle  direttive nell'ordinamento italiano e' iniziata,
per quanto attiene il settore idrico, con la cd. «legge Galli» (legge
5  gennaio  1994,  n. 36),  la  quale  per  prima pone chiaramente la
necessita'  di  una gestione delle acque orientata nettamente secondo
criteri   di   economicita'  ed  efficienza.  Tuttavia  anche  questo
provvedimento  doveva conciliarsi con la legge sulle autonomie locali
(la  gia' citata 142/90) la quale prevedeva, come si e' ricordato, la
possibilita' dell'affidamento diretto.
    Il  principio  della  gara  e'  divenuto l'unica possibile scelta
nell'affidamento  dei  servizi  pubblici  locali, in conformita' alla
normativa   comunitaria  primaria  e  derivata,  con  il  nuovo  T.U.
sull'ordinamento  degli  enti locali (d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267).
Nel  Testo  Unico,  infatti, si prevede la separazione tra proprieta'
della   rete  e  erogazione  del  servizio  al  pubblico  (art. 113),
individuando  per  quest'ultimo  settore la gara ad evidenza pubblica
come  modus  procedendi imprescindibile, una volta scadute le attuali
concessioni.  In  tal  modo  si e' riconosciuto che nel settore della
erogazione  dei servizi pubblici di natura industriale non sussistono
ragioni  per  una  deroga  alle norme sulla concorrenza, pure ammessa
dall'articolo 86 del Trattato.
    Com'e'  noto, tra l'altro, si sono svolte nei mesi scorsi gare in
importanti  AA.TT.OO. del territorio nazionale, per mezzo delle quali
gli  enti  locali  hanno  potuto  uscire  dalla  gestione diretta del
servizio, affidandola a societa' commerciali di comprovata esperienza
e solidita' e, al contempo, recuperando rilevanti risorse finanziarie
aggiuntive,   a   motivo  dell'aggiudicazione  della  concessione  al
«miglior offerente».
    Per   dare   ulteriore  impulso  al  processo  di  rinnovo  delle
concessioni   e   al  miglioramento  dei  servizi  offerti  e'  stata
collocata,  all'interno  della legge finanziaria 2002 (art. 35, legge
28  dicembre  2001,  n. 448) una norma che provvede a disciplinare il
periodo  di  transizione  verso  l'applicazione delle norme di cui al
citato art. 113, d.lgs. 267/2000, vietando che le concessioni in atto
vengano  prorogate  oltre un massimo di cinque anni se rilasciate con
procedure  diverse  dall'evidenza  pubblica,  e prevedendo altresi la
loro  anticipata  cessazione  in  caso  esse  superassero  il termine
prescritto.
    Per facilitare la ordinata transizione verso il nuovo sistema, lo
stesso  art. 35 prevede, nel successivo quinto comma, la possibilita'
di  rilasciare  concessioni  senza gara, a soggetti pubblici radicati
sul  territorio,  per  ulteriori diciotto mesi dall'entrata in vigore
della  legge. Si evince dunque che il prossimo mese di giugno 2003 e'
la  data  ultima,  senza  possibilita'  di  deroga, per utilizzare il
sistema dell'affidamento diretto del servizio. Cosi' l'Italia ha teso
a conciliare una duplice differenziata esigenza: da una parte si mira
a  rendere  graduale  e  non  traumatico  il  passaggio da un sistema
improntato  alla  pubblicita'  dei  gestori  ad  uno incentrato sulla
libera   concorrenza,  dall'altra  si  rende  la  normativa  italiana
compatibile  con  le  esigenze di mercato e di osservanza del diritto
comunitario.
    Quanto  premesso  non  lascia  spazio  a dubbi relativamente alla
circostanza   che   una   norma   regionale   la  quale  permetta  il
prolungamento  sine  die  del  sistema pubblicistico dell'affidamento
diretto ove in atto o che, addirittura, consenta il rilascio di nuove
concessioni senza gara ed a tempo indeterminato sia in netto e palese
contrasto  con  le  norme  comunitarie, prima ancora che con le leggi
nazionali.
    Concludendo, il comma 4 dell'articolo 8 ter della legge regionale
Emilia-Romagna  25/1989,  introdotto dall'art. 7, comma l della legge
regionale  Emilia-Romagna  1/2003,  e' costituzionalmente illegittimo
poiche'   disattende   il   limite   posto  dalla  Costituzione  alla
legislazione   regionale   consistente   nel  rispetto  «dei  vincoli
derivanti    dall'ordinamento    comunitario    e    dagli   obblighi
internazionali» (art. 117, comma 1).
    Alla  luce  della  riforma  del  titolo  V  della  parte II della
Costituzione  il  limite  in  parola  ha  notevolmente accresciuto la
propria  rilevanza, per la irrimediabilita' degli eventuali contrasti
tra  le  norme  regionali  e  il  trattato e la legislazione derivata
comunitaria,  che  comportano  la  responsabilita' internazionale del
Governo  italiano,  senza possibilita' per quest'ultimo di esercitare
alcuna autorita' emendatrice sulla legislazione regionale.
    Il   giudice   delle  leggi  e'  chiamato  a  valutare  tale  non
conformita' e con la dichiarazione di incostituzionalita' della legge
regionale  che  non  abbia  rispettato  i  limiti  imposti alla legge
derivanti dalla normativa comunitaria (non solo il Trattato, ma anche
la  normativa  derivata)  elimina  alla radice quella che e' anche la
illegittimita' comunitaria della legge regionale.
    5. - Contrasto  dell'articolo  8,  nella  parte  in cui introduce
nella  legge  regionale  25  del 1999 l'articolo 8 sexies della legge
regionale  Emilia-Romagna  1/2003  con  l'articolo  117,  commi 2 e 3
Cost.,  relativamente  all'esercizio  di  competenze  riservate  alla
legislazione statale.
    L'articolo  8,  che  introduce  l'articolo  8-sexies  nella  L.R.
25/1989  attribuisce  alla  regione  compiti in materia di gestione e
organizzazione  del  servizio  idrico integrato, quali la definizione
dei  criteri per la gestione del servizio medesimo ed altre rilevanti
funzioni   gia'   previste   dalla   legge   36/1994,  in  violazione
dell'articolo  88 del decreto legislativo 112/1996, secondo cui dette
competenze sono riservate allo Stato.
    Le   competenze  relative  alla  disciplina  dei  servizi  idrici
pubblici  rientrano,  perlomeno  sotto  gran  parte  dei  profili ivi
afferenti, nella materia contemplata dall'art. 117, comma 2, lett. s)
Cost.,  relativa  cioe' alla «tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e
dei  beni  culturali». La materia della tutela ambientale e' affidata
dall'articolo  117,  comma  2,  Cost. alla competenza esclusiva dello
Stato.
    Sicuramente  e'  necessario  leggere la norma sulla competenza in
materia  ambientale  in  maniera  coordinata  col successivo comma 3,
relativo alle materie di legislazione concorrente. Tra queste rientra
quella del «governo del territorio», che innegabilmente afferisce, in
posizione  complementare  all'aspetto  ambientale, alla materia delle
risorse idriche.
    Qualunque lettura si voglia dare del disposto costituzionale, che
senz'alto  non  eccelle  nel  tracciare  confini netti tra gli ambiti
materiali,  rimane  comunque  impedito  alla  regione  di attuare una
politica contrastante con i principi generali della materia fissati a
livello  nazionale,  e non vi puo' esser dubbio che l'affidamento dei
servizi  pubblici  in  regime  di concorrenza e libero mercato sia un
principio   generalissimo,   di   derivazione   comunitaria   per  la
realizzazione  di  un  effettivo  mercato  concorrenziale dei servizi
pubblici  di  rilievo locale a carattere economico e imprenditoriale,
cui  gli  enti  di  governo  locali devono dare attuazione in ragione
delle proprie competenze. Il prolungamento tendenzialmente illimitato
degli  affidamenti  diretti  si  pone  in  chiaro  contrasto con tale
generale enunciato.
    Anche   prescindendo  dalla  normativa  costituzionale  la  legge
regionale appare travalicare i confini della propria competenza.
    La giurisprudenza costituzionale recente ha ribadito la validita'
delle norme emanate ante riforma del Titolo V ed aventi ad oggetto la
specificazione  dei  settori  nei  quali si appalesa la necessita' di
tracciare  delle  regole  a  livello nazionale. Il principio e' stato
espressamente  ribadito in recenti pronunce, tra le quali la sentenza
282/2002.
    Nella  materia de quo e', tra l'altro ancora vigente il d.lgs. 31
marzo  1998, n. 112, emanato in attuazione della legge 15 marzo 1997,
n. 59,  il quale specifica con notevole precisione quali elementi, in
materia  di  gestione delle acque, debbano rimanere di determinazione
nazionale,  per  la  loro  natura  tecnica e per evidenti esigenze di
uniformita'  sull'intero  territorio  nazionale.  Sul  punto  che qui
rileva  dispone  l'art. 88  del  d.lg.vo  112/1998,  che  si pone per
necessita'  come  norma  interposta,  a  specificazione  dei contorni
tracciati, su di un piano generalissimo, dall'art. 117 Cost. Non v'e'
dubbio  che  la  disposizione regionale in esame sia in contrasto con
quanto  stabilito da tale atto normativo, poiche' con essa, lungi dal
garantire una omogeneita' di condizioni di utilizzo compatibile della
risorsa  idrica  si  crea  una  disomogeneita' che viola le finalita'
medesime della legge 36/1994.
    6. - Nell'ottica   delle  precedenti  considerazioni  si  ritiene
particolarmente censurabile la legge regionale in questione, la quale
viola   altresi'   il  principio  di  leale  collaborazione  posto  a
fondamento  del nuovo ordinamento regionale creato con la legge cost.
3/2001,   poiche'   la   possibilita'   di   affidamento  diretto  ed
incondizionato  dei  servizi  pubblici  locali  concreta,  oltre alla
violazione  delle norme comunitarie richiamate, anche l'attuazione di
una  politica contrastante ed addirittura contraria a quella adottata
dalla  generalita'  delle  altre  autorita'  di  governo;  cosi' come
l'esercizio  delle  altre  funzioni di governo indicate nell'articolo
8-sexies in materia di sistema idrico integrato si pone in potenziale
contrasto  con  una  corretta  gestione  della risorsa, che in quanto
risorsa  rara  necessita di una gestione a tutti i livelli omogenea e
concordata.  Tale  separatezza  di scelte gestionali e di governo dei
servizi  relativi  alla  gestione  del servizio idrico integrato e di
quello   dei   rifiuti  urbani  introduce  nel  sistema  elementi  di
disomogeneita'  che contrastano con gli interessi generali perseguiti
e dalle, regioni e dallo Stato.
                              P. Q. M.
    Si   chiede   che   gli   artt. 7  ed  8  della  legge  regionale
dell'Emilia-Romagna  28  gennaio  2003,  n. 1,  in  parte  qua, siano
dichiarati  incostituzionali,  poiche'  in  contrasto  con l'art. 117
della Costituzione e con norme di legge ordinaria interposte.
        Roma, addi' 26 marzo 2003.
              L'Avvocato dello Stato: Maurizio Fiorilli
03C0427