N. 226 ORDINANZA (Atto di promovimento) 11 ottobre 2002

Ordinanza  emessa  il  11 ottobre  2002  dal  tribunale  di  Roma nel
procedimento civile tra Menhert Siegrun ed altri e Comune di Roma

Giustizia  amministrativa  -  Devoluzione  al  giudice amministrativo
  delle  controversie  in  materia  di  edilizia  e  urbanistica, ivi
  comprese  quelle  relative  al  risarcimento  del danno ingiusto in
  conseguenza  di atti espropriativi ed ablativi - Irragionevolezza -
  Incidenza   sul   diritto  di  difesa  e  sui  principi  di  tutela
  giurisdizionale,  di  ricorribilita'  in Cassazione e di divieto di
  istituzione di giudici speciali.
- D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, art. 34, comma 1, nel testo sostituito
  dall'art. 7 legge 21 luglio 2000, n. 205.
- Costituzione, artt. 3, 24, 102, 103, 111 e 113.
(GU n.18 del 7-5-2003 )
                            IL TRIBUNALE

    Nella  causa civile di primo grado iscritta al n. 52177 del ruolo
generale dell'anno 2000, vertente fra: Menhert Siegrun, Menhert Ralf,
Menhert   Wolf   Dieter  e  Tessendordf  Kathe,  tutti  elettivamente
domiciliati  in  Roma  alla  via  Cassia  n. 1699  presso  lo  studio
dell'avv.  Bruno  Lupi,  che  li  rappresenta e difende per procura a
margine  dell'atto  di citazione (attori), Comune di Roma, in persona
del  sindaco  pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma alla via
del Tempio di Giove n. 21 presso gli uffici dell'avvocatura comunale,
rappresentato  e  difeso  dall'avv.  Guglielmo  Frigenti  per procura
generale  alle  liti  per  atto notaio Giancarlo Mazza di Roma del 30
settembre  1999, repertorio n. 46866 (convenuto), avente per oggetto:
risarcimento  del danno da occupazione acquisitiva, ha pronunciato la
seguente ordinanza.
    1.  - Con atto di citazione notificato in data 20 luglio 2000 gli
attori premesso di essere eredi del sig. Arturo Menhert, proprietario
di  un  appezzamento  di  terreno in Roma, localita' La Storta, della
superficie  di  mq 3.308 - espongono che il comune di Roma procedette
all'occupazione  di quel fondo, a seguito di accesso forzato, dell'11
agosto  1978, per realizzarvi un asilo nido, poi completato nel 1979.
Non essendo mai stata portata a compimento la procedura di esproprio,
e  tanto  meno  versato  il  relativo  indennizzo,  essi  chiedono la
condanna  del  comune  al  risarcimento  dei  danni  maturati a causa
dell'illecito commesso in danno del loro dante causa.
    Si  e' costituito il convenuto, il quale, ammettendo che il fondo
venne  occupato  e l'opera pubblica realizzata in presenza della sola
dichiarazione di pubblica utilita' e senza che fosse mai stato emesso
il  decreto  di esproprio, ha eccepito la prescrizione del diritto al
risarcimento e contestato la legittimazione attiva degli attori.
    Acquisita  la  documentazione  prodotta  dalle parti, la causa e'
stata trattenuta per la decisione.
    In  comparsa  conclusionale  il  convenuto ha inoltre eccepito il
difetto  di giurisdizione del giudice ordinario, poiche', trattandosi
di   controversia  afferente  la  materia  urbanistica,  sussiste  la
giurisdizione  esclusiva  del  giudice  amministrativo ai sensi degli
articoli 34 e 35 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80.
    2.  - La controversia ha per oggetto la richiesta di risarcimento
del  danno  conseguente  ad  un  comportamento  illecito  della P.A.,
notoriamente  qualificato come occupazione acquisitiva (dichiarazione
di  pubblica  utilita'  di  un'opera  da realizzare su fondo privato,
occupazione  di quel fondo, irreversibile trasformazione del medesimo
mediante  la  realizzazione  dell'opera pubblica, omessa adozione del
provvedimento di espropriazione).
    Cio'  posto,  secondo le nuove previsioni normative in materia di
riparto   delle   giurisdizioni   -   che  attribuiscono  al  giudice
amministrativo,  in  sede di giurisdizione esclusiva, le controversie
aventi  ad  oggetto,  fra  gli  altri,  i comportamenti della P.A. in
materia urbanistica - vi sarebbe difetto di giurisdizione del giudice
ordinario.   E il   caso   di   precisare,   anche  alla  luce  delle
puntualizzazioni  espresse  recentemente  dalla  Corte costituzionale
(v. ordinanze  nn. 123/2002  e  340/2002), che il testo normativo che
fonda  la  giurisdizione  esclusiva del giudice amministrativo non e'
quello  originario  dell'art. 34,  d.lgs.  n. 80/1998,  bensi' quello
(pressoche'  identico)  sostituito  dall'art. 7 legge 20 luglio 2000,
n. 205,  il  quale,  oltre  ad  aver mutato la natura giuridica delle
disposizioni  in  esame  (da  legge  materiale,  qual'e'  il  decreto
legislativo,  a  legge  formale,  «cosi'  affrancandole  dal vizio di
eccesso di delega», che pure e' stato da piu' parti [ri]proposto allo
scrutinio della Corte) avrebbe altresi' «disciplinato direttamente la
giurisdizione»  per i giudizi introdotti dopo il 10 luglio 1998, data
di  entrata  in vigore del d.lgs. n. 80/1998, e pendenti al 10 agosto
2000,  data  di entrata in vigore della legge n. 205/2000, «derogando
al  principio  posto  dall'art. 5,  c.p.c.»,  in  quanto  e'  rimasta
immutata  la  previsione  dell'art. 45,  diciottesimo  comma,  d.lgs.
n. 80/1998,  che  prevede  la  devoluzione  al giudice amministrativo
delle  controversie  di  cui  agli  articoli 33  e 34 a decorrere dal
1° luglio  1998.  Dunque,  l'art. 34,  d.lgs.  n. 80/1998,  nel testo
sostituito dall'art. 7, legge n. 205/2000, devolve alla giurisdizione
esclusiva  del  giudice  amministrativo  le  controversie  aventi  ad
oggetto   «gli   atti   i   provvedimenti  e  i  comportamenti  delle
amministrazioni  pubbliche  e  dei soggetti alle stesse equiparati in
materia  urbanistica  ed  edilizia»  (comma  1), precisando che «agli
effetti  del  presente decreto, la materia urbanistica concerne tutti
gli aspetti del territorio» (comma 2).
    Secondo  la definizione cd. allargata che tende a prevalere nella
giurisprudenza   (v.  Cass.  nn. 15641/01;  8506/01;  494/SU/00),  la
materia  urbanistica  non  si  esaurisce nell'aspetto normativo della
disciplina   dell'uso   del   territorio   (id   est   pianificazione
territoriale  mediante  l'adozione della strumentazione urbanistica),
ma  comprende  anche  il momento gestionale, vale a dire l'attuazione
concreta  delle  scelte pianificate attraverso la loro realizzazione,
anche  mediante  semplici  comportamenti,  restando  esclusa  la sola
concreta  attivita'  edificatoria,  costituente  materia edilizia. La
presente  controversia,  nella  quale  si  discute dei danni derivati
dall'occupazione  acquisitiva di un fondo privato da parte della P.A.
- comportamento comunque rilevante nella fase gestionale dell'uso del
territorio  -,  rientra  dunque  a pieno titolo fra quelle in materia
urbanistica  ed  appartiene  percio' alla giurisdizione esclusiva del
giudice  amministrativo,  comprensiva  della  tutela  risarcitoria ex
art. 35, primo comma, d.lgs. n. 80/1998.
    Si  dubita  pero'  della  conformita'  a Costituzione della norma
(articoli 34,  primo  comma,  d.lgs.  n. 80/1998 nel testo sostituito
dall'art. 7  legge  n. 205/2000)  che  tale  giurisdizione  esclusiva
prevede  e  della  quale  si  dovrebbe fare applicazione nel presente
giudizio.  Da  qui  la  rilevanza  della  questione  di  legittimita'
costituzionale  che  viene  sollevata  ex  officio, atteso che il suo
eventuale   accoglimento,  radicando  la  giurisdizione  del  giudice
ordinario  adito  (il  quale e' il giudice del risarcimento del danno
derivante  dalla lesione di un interesse rilevante per l'ordinamento,
quando  non  si  tratti  di  materia  espressamente  attribuita  alla
giurisdizione  esclusiva  del  giudice  amministrativo, implicante la
tutela  risarcitoria: Cass. nn. 5125/02; 2624/02; 15939/01; 15139/01;
10979/01),    comporterebbe   la   valutazione   del   merito   della
controversia, mentre il rigetto determinerebbe l'epilogo del giudizio
con una pronuncia di difetto di giurisdizione.
    3.  -  Riguardo la non manifesta infondatezza della questione, si
dubita  della  legittimita'  della norma richiamata in relazione agli
articoli 3, 24, 102, 103, 111 e 113 Cost., sotto plurimi profili come
di seguito esposto in dettaglio.
    In linea generale si osserva che l'estensione della giurisdizione
esclusiva  del giudice amministrativo a «blocchi di materie» (tale e'
il  principio  seguito  dal  legislatore nel 1998 e riproposto con la
legge  205/2000)  comporta  l'abbandono  del tradizionale criterio di
riparto  delle  giurisdizioni, tuttora vigente, delineato nella Carta
costituzionale  e  la  contestuale  instaurazione  di  un  sistema di
attribuzione  della  competenza giurisdizionale scarsamente razionale
per  diversi  aspetti,  foriero  di  contrasti interpretativi che non
potranno  essere  sanati  e  ingiustificatamente squilibrato a favore
della P.A., che viene cosi' ad avere un «suo» giudice.
    4.  - Sul contrasto con gli articoli 102, primo comma, 103, primo
comma, e 113, primo comma, Cost.
    E'  opinione  largamente  condivisa  che la Costituzione del 1948
abbia  recepito  il sistema di tutela giurisdizionale del privato nei
confronti  della  P.A. disciplinato dalla legislazione previgente, in
particolare  dalla  legge 20 marzo 1865, n. 2248 all. E e dal r.d. 26
giugno 1924, n. 1054, fondato sulla nota dicotomia diritto soggettivo
-   interesse   legittimo,  alla  quale  corrisponde  quella  giudice
ordinario  - giudice amministrativo. Invero, l'art. 102, primo comma,
stabilisce   che   «la  funzione  giurisdizionale  e'  esercitata  da
magistrati  ordinari»; nell'art. 113, primo comma, viene affermato il
principio  fondamentale  secondo  cui «contro gli atti della pubblica
amministrazione  e'  sempre  ammessa  la  tutela  giurisdizionale dei
diritti   e   degli   interessi  legittimi  dinanzi  agli  organi  di
giurisdizione  ordinaria  o amministrativa»; l'art. 103, primo comma,
attribuisce  infine  al  giudice amministrativo «giurisdizione per la
tutela  nei  confronti della pubblica amministrazione degli interessi
legittimi  e,  in particolari materie indicate dalla legge, anche dei
diritti  soggettivi».  E' dunque chiaro che nel sistema delineato dal
costituente  il  giudice  ordinario e' il giudice dei diritti; la sua
giurisdizione  viene  meno  solo  nei  limitati  casi in cui la legge
attribuisce   la  cognizione  al  giudice  amministrativo  di  talune
specifiche   controversie.   La  ragione  di  tale  estensione  della
giurisdizione   amministrativa,  di  regola  avente  ad  oggetto  gli
interessi    legittimi,    e'    notoriamente    stata    individuata
nell'intreccio,  in  particolari  tipologie  di  controversie (fra le
quali si ricordano quelle attinenti il rapporto di pubblico impiego e
quelle  riguardanti  i  rapporti concessori), di posizioni giuridiche
riconducibili   tanto  al  diritto  soggettivo  quanto  all'interesse
legittimo,  sicche',  divenendo  arduo se non impossibile individuare
con  certezza  il  giudice  munito  di  giurisdizione,  si preferisce
concentrare l'intera materia dinanzi ad un solo giudice.
    Tale  modello  costituzionale di ripartizione della giurisdizione
non  risulta  essere  stato  ne'  abrogato  in  favore  di  altro ne'
tantomeno  modificato.  E'  in  relazione  ad  esso  e  nel suo pieno
rispetto,   percio',  che  il  legislatore  ordinario  puo'  innovare
l'ordinamento  giuridico.  Al riguardo, non si puo' non ricordare che
la  piu'  recente  legislazione ha esteso la giurisdizione esclusiva,
originariamente  delimitata  a  poche e ben definite controversie (v.
art. 7, secondo comma, legge 6 dicembre 1971, n. 1034; art. 16, legge
28  gennaio 1977, n. 10), a una serie di materie prescindendo, ma non
del  tutto,  dalla  qualificazione giuridica della situazione vantata
nei   confronti  della  P.A.  (a  titolo  di  esempio  si  ricordano:
l'art. 11,  comma quinto, legge n. 241/1990 sugli accordi con la P.A.
sostitutivi  di  provvedimenti; l'art. 33, legge n. 287/1990 e l'art.
7, d.lgs. n. 74/1992 - come modificato dall'art. 5; comma undicesimo,
d.lgs. n. 67/2000  -  sui  provvedimenti dell'Autorita' garante della
concorrenza  e  del mercato, in particolare in materia di pubblicita'
ingannevole; l'art. 6, comma diciannovesimo, legge n. 537/1993 - come
modificato  dall'art. 44,  legge  n. 724/1994  - sui contratti per la
fornitura di beni e servizi alle pubbliche amministrazioni; l'art. 4,
comma settimo, legge n. 109/1994 - come modificato dall'art. 9, comma
nono,  legge  n. 415/1998  -  sui provvedimenti dell'Autorita' per la
vigilanza sui lavori pubblici; l'art. 2, comma venticinquesimo, legge
n. 481/1995  sui  provvedimenti  delle  Autorita'  per  i  servizi di
pubblica  utilita';  l'art. 1, comma ventiseiesimo, legge n. 249/1997
sui  provvedimenti dell'Autorita' per le telecomunicazioni). Infatti,
anche  in  tale  produzione  legislativa  non  sembra  obliterata  la
fondamentale   funzione  del  giudice  ordinario  quale  giudice  dei
diritti:  invero,  l'art. 33,  comma  secondo,  legge n. 287/1990 gli
attribuisce   la   giurisdizione   sulle  azioni  di  nullita'  e  di
risarcimento  del  danno  derivanti  dalla  violazione delle norme di
settore;  l'art. 7,  comma  tredicesimo, legge n. 74/1992 - nel testo
modificato  dall'art. 5 d.lgs. n. 67/2000 - fa salva la giurisdizione
ordinaria  in  materia  di  concorrenza  sleale. Ed anche nell'ambito
delle  altre  ipotesi  di  giurisdizione esclusiva appena richiamate,
relative  all'impugnazione  dei  provvedimenti emessi dalle Autorita'
indipendenti, non mancano casi in cui e' sancita la giurisdizione del
giudice  ordinario  (vedi  art. 29  legge  n. 675/1996  in materia di
protezione  dei dati personali), a dimostrazione del fatto che ne' la
natura  amministrativa  dell'Autorita'  ne' la struttura impugnatoria
del  giudizio costituiscono ragioni imprescindibili per attribuire la
giurisdizione   al   giudice   amministrativo.   Con   riguardo  alle
impugnazioni   dei  provvedimenti  sanzionatori  di  tali  Autorita',
peraltro,  e' da segnalare il vulnus arrecato al sistema disciplinato
dalla  legge  24  novembre  1981,  n. 689, che, in applicazione della
previsione  di cui all'art. 113, ultimo comma, Cost., secondo cui «la
legge  determina  quali organi di giurisdizione possono annullare gli
atti  della  pubblica  amministrazione  nei  casi  e  con gli effetti
previsti  dalla  legge  stessa»,  individua  nel giudice ordinario il
giudice dell'opposizione.
    La  legge  n. 205/2000,  invece,  risponde ad un criterio affatto
diverso:  la  controversia  spetta  alla  giurisdizione esclusiva del
giudice  amministrativo in ragione della sua rilevanza pubblicistica,
che  sussiste  non  solo  e  non tanto quando una delle parti sia una
P.A.,  ma  quando  vi  sia  esercizio di una funzione amministrativa,
anche  da  parte  di  un  soggetto privato (cd. organo indiretto). Ed
infatti,   l'art. 34,   d.lgs.   n. 80/1998,   nel  testo  modificato
dall'art. 7,   legge   n. 205/2000,  attribuisce  alla  giurisdizione
esclusiva  amministrativa  le  controversie in materia urbanistica ed
edilizia   aventi   per   oggetto  gli  atti,  i  provvedimenti  e  i
comportamenti non solo delle pubbliche amministrazioni, ma anche «dei
soggetti  alle  stesse  equiparati». Tutto questo a prescindere dalla
compresenza  di  situazioni  di  diritto  soggettivo  e  di interesse
legittimo nella controversia: anzi, in quelle risarcitorie in materia
di  urbanistica  o  di  edilizia, come quella in esame, nessun dubbio
puo'  esservi  in  ordine  al  fatto  che  la  posizione giuridica in
discussione  sia proprio quella del diritto soggettivo all'integrita'
patrimoniale.   Non   vale   a   superare  i  dubbi  di  legittimita'
costituzionale  appena espressi la tesi secondo cui l'art. 103, primo
comma,   Cost.,  avrebbe  attribuito  al  legislatore  il  potere  di
assegnare  direttamente al giudice amministrativo la cognizione delle
controversie nelle quali si fa questione di diritti soggettivi, senza
che  gli  stessi  coesistano  con  situazioni di interesse legittimo.
Invero,  siffatto  potere  ha  un carattere indubbiamente eccezionale
(«in  particolari  materie  indicate  dalla  legge, anche dei diritti
soggettivi»), rispetto alla regola costituita dall'individuazione nel
giudice  ordinario  del  giudice  dei  diritti  per  tutti i soggetti
dell'ordinamento,    compresa   la   P.A.   Attribuire   al   giudice
amministrativo  la  giurisdizione  su intere materie, spesso anche di
incerta  identificazione  (con  la  conseguenza di aprire il varco ad
interpretazioni  sempre  piu'  estensive),  equivale a capovolgere il
rapporto fra regola ed eccezione.
    L'abbandono  del  criterio sotteso alla previsione costituzionale
non   potrebbe   dunque   essere   piu'  chiaro.  Ma  se  il  sistema
costituzionale  di riferimento e' (ancora) quello fondato sulla netta
distinzione  diritti  - interessi e sulle «particolari materie» nelle
quali  far  operare  la  giurisdizione esclusiva (come gia' ricordato
tali materie sono individuabili attraverso l'inscindibile coesistenza
di   diritti   e   interessi   nelle  controversie  che  ad  esse  si
riferiscono),  forte  e' il dubbio che il legislatore ordinario abbia
violato la Legge fondamentale.
    Riprova   di   questa   affermazione   e'  offerta  dall'avvenuta
presentazione,   il   28  novembre  2000,  della  proposta  di  legge
costituzionale  C.  7645,  il  cui  art. 1 riscrive l'art. 103, primo
comma,  Cost.,  stabilendo,  fra  l'altro,  che «... la giurisdizione
amministrativa   ha  ad  oggetto  le  controversie  con  la  pubblica
amministrazione  nelle materie indicate dalla legge. E' riservata, in
ogni  caso,  alla  giurisdizione  amministrativa  la cognizione delle
controversie riguardanti l'esercizio di poteri amministrativi». Nella
relazione  illustrativa si legge che, sfumata la modifica della parte
seconda  della Costituzione proposta dalla Commissione bicamerale per
le  riforme  istituzionali,  che  prevedeva  di  affidare  ai giudici
amministrativi  la  giurisdizione  «sulla  base  di  materie omogenee
indicate dalla legge, riguardanti l'esercizio di pubblici poteri», ed
entrata  nel  frattempo  in vigore la legge n. 205/2000, «che esprime
una  decisa  volonta'  del  Parlamento  nel  senso indicato, si rende
percio'  necessario  riprendere  la  modifica  degli  articoli  della
Costituzione  che disciplinano il riparto delle giurisdizioni». Per i
fini  che  interessano  in questa sede, e' irrilevante la circostanza
che,  decaduta  questa  proposta  di  legge  costituzionale  per fine
legislatura  ed eletto il nuovo Parlamento, non ne risulti presentata
una  nuova di analogo contenuto: il valore lato sensu confessorio del
contrasto della legge n. 205/2000 con la Costituzione resta immutato.
    5.  -  Sul  contrasto  con  gli articoli 102, secondo comma, e 3,
primo comma, Cost.
    La  giurisdizione  esclusiva ha trovato giustificazione anche nel
particolare  grado  di peculiarita' della controversia nella quale e'
parte  la P.A.: rilievo, questo, in diretta correlazione con la tesi,
da  alcuni  sostenuta,  dell'esistenza di un principio costituzionale
della pluralita' delle giurisdizioni.
    A  parte  la  condivisibilita'  e  la  fondatezza  di simile tesi
(recenti,   non  isolati  contributi  dottrinari  tendono  infatti  a
superarla  in favore dell'istituzione di una giurisdizione unica), il
grado  di peculiarita' idoneo a fondare la giurisdizione esclusiva e'
sempre   stato   identificato  nella  rilevanza  pubblicistica  degli
interessi  dedotti  nella  controversia  e  nell'applicazione  di una
normativa speciale, di natura amministrativa, derogatoria del diritto
comune. Quando pero' la controversia ha ad oggetto la dedotta lesione
di  una  situazione  giuridica  avente  la  consistenza  del  diritto
soggettivo,  ad  esempio  perche'  la  P.A.  ha agito iure privatorum
ovvero ha compiuto un'attivita' asseritamente illecita, come nel caso
all'esame  del giudice rimettente, non c'e' peculiarita' di sorta che
possa  fondare la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.
In  una  simile  controversia  dovranno  infatti  applicarsi  le note
categorie  giuridiche  del  danno  ingiusto, del nesso di casualita',
della  colpevolezza:  nulla  di  piu' lontano dalla specialita' della
normativa  amministrativa  e, al contempo, di piu' tipica espressione
del  diritto civile. Secondo i parametri costituzionali richiamati al
precedente  punto  4,  la  controversia  deve  essere attribuita alla
giurisdizione ordinaria. Solo una «decisa volonta» del legislatore di
fare  del  giudice  amministrativo  il giudice (naturale) della P.A.,
giustifica l'attribuzione alla sua giurisdizione esclusiva di materie
aventi una pretesa rilevanza pubblicistica.
    Se  cosi'  e',  non  pare  possa  dubitarsi  della violazione del
divieto di istituire giudici speciali, sancito dall'art. 102, secondo
comma, Cost., anche perche', nel quadro delineato dalla Costituzione,
il  giudice  amministrativo  e'  «organo... di tutela della giustizia
nell'amministrazione»     (art. 100,     primo     comma)    e    non
dell'amministrazione.
    La  stessa  composizione  del  giudice  amministrativo,  inoltre,
contribuisce non poco ad alimentare il dubbio sulla natura di giudice
speciale,  costituito  e funzionante appositamente, per la P.A. Va in
proposito   rilevato   che   la   legge   27   aprile  1982,  n. 186,
sull'ordinamento  della  giurisdizione  amministrativa: a) prevede il
conferimento  dei  posti  nella qualifica di Consigliere di Stato «in
ragione  di  un  quarto  ...a  dirigenti  generali  od equiparati dei
Ministeri...con   decreto   del   Presidente   della   Repubblica  su
deliberazione  del  Consiglio  dei  ministri»  (art. 19  n. 2); b) la
nomina  del Presidente del Consiglio di Stato e' disposta con decreto
del  Presidente  della  Repubblica  «su  proposta  del Presidente del
Consiglio   dei  ministri  previa  deliberazione  del  Consiglio  dei
ministri,  sentito  il  parere del Consiglio di presidenza» (art. 22,
primo comma); c) l'incarico di Segretario generale e' conferito ad un
Consigliere  di  Stato  «con decreto del Presidente del Consiglio dei
ministri,  su proposta del Presidente del Consiglio di Stato, sentito
il  Consiglio  di presidenza» (art. 4, terzo comma); d) il Presidente
del  Consiglio dei ministri «esercita l'alta sorveglianza... su tutti
i  magistrati»  amministrativi  (art. 31,  primo comma) e promuove il
procedimento disciplinare (art. 33, primo comma); e) l'avvicendamento
dei  magistrati  del  Consiglio  di  Stato  fra  sezioni consultive e
sezioni giurisdizionali e' uno degli obiettivi da perseguire all'atto
della  composizione  delle  due  sezioni (art. 2, primo comma); f) ai
magistrati  amministrativi,  previa  deliberazione  del  Consiglio di
presidenza,    e'    consentito    «lo    svolgimento   di   funzioni
giuridico-amministrative   presso  le  amministrazioni  dello  Stato»
(art. 13, secondo comma, n. 8, e art. 29, terzo comma).
    A  tutto  cio' deve aggiungersi che devolvere una controversia ad
un  giudice  speciale  solo  in funzione della natura pubblica di una
parte  o  di  una  pretesa  rilevanza  pubblicistica  degli interessi
contesi, desunta dall'esercizio di una funzione amministrativa, anche
da  parte  di  un  soggetto  privato  (il  che  tende  ad  alimentare
incertezze  interpretative,  attesa  la genericita' del concetto), e'
una scelta che reca in se' il rischio dell'affermazione di un diritto
speciale  della  P.A.,  conformato secondo valutazioni dell'interesse
pubblico   del   tutto  incompatibili  con  la  natura  squisitamente
civilistica  del  rapporto  controverso.  Sorge allora il consistente
dubbio  che  in  tal  modo  sia  stato  violato anche il principio di
uguaglianza,  stante  la  non  giustificata disparita' di trattamento
riservata  ai  soggetti  dell'ordinamento dinanzi alla giurisdizione,
perche'   l'individuazione  del  giudice  e'  fatta  dipendere  dalla
qualita'  soggettiva  di  una  delle  parti  (la  P.A.) alla quale la
Costituzione  non  riconosce  alcun privilegio o statuto particolare,
specie  quando  non agisce iure imperii ovvero si rapporta ai privati
su  un  piano  di  parita'.  Tale disparita' di trattamento e' acuito
dalla   mancanza  di  elementi  normativi  sicuri  per  identificare,
nell'attuale  momento  storico,  il  soggetto  P.A.,  attesa  la gia'
ricordata  tendenza  a valorizzare a questo fine parametri incerti ed
evanescenti   quali  quello  dell'interesse  pubblico  dell'attivita'
svolta.
    6.  -  Sul  contrasto  con  gli articoli 3, 111, settimo e ottavo
comma, e 24, primo comma, Cost.
    Ulteriori  motivi  di  contrasto  con fondamentali principi della
Carta costituzionale vengono in considerazione.
    Il  quadro  normativo  delineato  dal  legislatore  del  2000  si
caratterizza  per  aver istituito un giudice amministrativo munito di
giurisdizione  esclusiva in materie e con strumenti processuali (vedi
art. 7,  nella  parte in cui sostituisce l'art. 35 d.lgs. n. 80/1998,
nonche' art. 8, legge n. 205/2000) pressoche' coincidenti con materie
e  strumenti processuali da sempre appartenenti al giudice ordinario.
In  sostanza  e'  stato  creato  un  vero  e  proprio  doppione,  con
conseguente  dispersione  del patrimonio delle conoscenze del giudice
ordinario  nella  risoluzione  delle  controversie  ora attribuite al
giudice  amministrativo.  A  questo  proposito  non  appare superfluo
ricordare  che  la  ragione  per  la  quale  il costituente decise di
mantenere  alcune delle giurisdizioni speciali preesistenti fu quella
di  poter continuare a fruire della specializzazione da esse maturata
sino  ad  allora.  Ad  una  logica  del  tutto  opposta appare invece
ispirarsi il legislatore del 1998 e del 2000 quando affida materie da
sempre  trattate  dal giudice ordinario ad un giudice che non solo ha
maturato  la sua specializzazione in tutt'altro settore dello scibile
giuridico, ma che con quelle materie non ha avuto quasi mai occasione
di confrontarsi.
    Quanto  di utile per il cittadino e di razionale sotto il profilo
della  linearita'  del sistema della tutela giurisdizionale vi sia in
cio'   e'  assai  arduo  cogliere.  L'irragionevolezza  della  scelta
legislativa  (art. 3  Cost.  e' poi esaltata dal particolare contesto
storico  in  cui  essa  e'  stata  operata. E' noto che la produzione
legislativa  e  gli interventi giurisprudenziali dell'ultimo decennio
hanno  segnato  una  recessione  del  c.d.  modello  autoritativo nei
rapporti  fra  cittadino  e  P.A.  a tutto vantaggio del c.d. modello
negoziale:  non  piu'  un  rapporto  basato su atti imperativi cui si
contrappone l'interesse al corretto esercizio del potere pubblico, ma
un  rapporto  fondato  sull'accordo  con  la  P.A.  e sull'obbligo di
quest'ultima  di  comportarsi secondo buona fede (a titolo di esempio
basta  citare  l'art. 11,  legge  n. 241/1990  e  la  notissima Cass.
500/SU/1999).  L'indubbio  mutamento  delle  coordinate  di  fondo di
questo  rapporto  ha segnato il prevalere della categoria relazionale
diritto  (del  cittadino)  - obbligo (della P.A.), che avrebbe dovuto
portare,  secondo  uno  sviluppo  normativo  coerente  con i principi
costituzionali,   all'espansione   delle   competenze   del   giudice
ordinario,  da sempre preposto alla cognizione di controversie il cui
oggetto e' costituito da siffatta categoria relazionale.
    L'aver   attribuito   a   due  plessi  giurisdizionali  distinti,
unicamente  in  ragione della natura soggettiva di una delle parti in
causa,  la  cognizione  di controversie sostanzialmente identiche, da
decidere  facendo  uso  di  poteri  processuali in larghissima misura
coincidenti,  ha  un'ulteriore  conseguenza  che si connota di scarsa
razionalita'.  L'art. 111, settimo ed ottavo comma, Cost., stabilisce
che  «contro le sentenze...pronunciat(e) dagli organi giurisdizionali
ordinari  o  speciali  e'  sempre  ammesso  ricorso in Cassazione per
violazione di legge. Contro le decisioni del Consiglio di Stato... il
ricorso  in  Cassazione  e'  ammesso  per i soli motivi inerenti alla
giurisdizione».   La   limitazione  dei  casi  di  impugnativa  delle
decisioni   del   giudice   amministrativo  alle  sole  questioni  di
giurisdizione  ha  un  senso  se le aree di competenza dei due plessi
giurisdizionali sono sufficientemente diversificate fra loro, per cui
i   contrasti  interpretativi  sono  piuttosto  rari  e  la  funzione
nomofilattica  e'  assicurata  dall'organo di vertice di ciascuno dei
due  sistemi giurisdizionali. Il quadro disegnato dal legislatore del
2000,  stante la coincidenza delle materie (si pensi in particolare a
quella  del  risarcimento  del danno), e' invece destinato a generare
contrasti   giurisprudenziali   fra   giudici   ordinari   e  giudici
amministrativi,   che  non  potranno  avere  alcuna  possibilita'  di
composizione,  poiche'  le  pronunce  del Consiglio di Stato non sono
suscettibili  del  ricorso  per Cassazione ex art. 360, n. 3, c.p.c.,
(violazione  o  falsa  applicazione di norme di diritto), ma soltanto
per   motivi   attinenti   alla   giurisdizione.   La   mancanza   di
ragionevolezza  di  tale  disciplina  e'  stata  rilevata  da attenta
dottrina,  che  pone  il  quesito  di quale senso abbia prevedere due
diverse  giurisdizioni per questioni sostanzialmente identiche (unica
differenza essendo, si ripete, solo la natura soggettiva di una delle
parti)  ed  auspica  l'avvento di una giurisdizione unica con settori
specializzati per materie (soluzione davvero conforme a Costituzione:
art. 102, secondo comma).
    Il  rischio  di  contrasti  giurisprudenziali  insanabili, frutto
della  creazione  del  mantenimento  di  due  distinte giurisdizioni,
infine,    finisce    per    svuotare   di   contenuto   il   diritto
costituzionalmente  protetto  della  difesa in giudizio dei diritti e
degli interessi legittimi. Infatti, se questioni di diritto identiche
sono  destinate  a  ricevere differenti risposte a seconda del plesso
giurisdizionale  al quale esse vengono devolute, e' davvero difficile
sostenere  che  il diritto di difesa di cui all'art. 24, primo comma,
Cost., e' effettivamente assicurato.
                              P. Q. M.
    Visti gli articoli 1 legge cost. 9 febbraio 1948, n. 1 e 23 legge
11   marzo  1953,  n. 87  dichiara  rilevante  e  non  manifestamente
infondata  la  questione di legittimita' costituzionale dell'art. 34,
primo  comma,  d.lgs.  31  marzo  1998,  n. 80,  nel testo sostituito
dall'art. 7,   legge   21 luglio   2000,  n. 205,  che  devolve  alla
giurisdizione  esclusiva  del  giudice amministrativo le controversie
aventi  per oggetto gli atti, i provvedimenti e i comportamenti delle
amministrazioni  pubbliche  e  dei soggetti alle stesse equiparati in
materia  urbanistica  ed  edilizia, per contrasto con gli articoli 3,
24, 102, 103, 111 e 113 Cost.;
    Dispone  la  sospensione  del  presente  giudizio  e la immediata
trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;
    Dispone  che  la  presente ordinanza sia notificata, a cura della
cancelleria,  al  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  nonche'
comunicata ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della
Repubblica e alle parti.
        Roma, addi' 11 ottobre 2002
                          Il giudice: Oddi
03C0430