N. 226 ORDINANZA (Atto di promovimento) 11 ottobre 2002
Ordinanza emessa il 11 ottobre 2002 dal tribunale di Roma nel procedimento civile tra Menhert Siegrun ed altri e Comune di Roma Giustizia amministrativa - Devoluzione al giudice amministrativo delle controversie in materia di edilizia e urbanistica, ivi comprese quelle relative al risarcimento del danno ingiusto in conseguenza di atti espropriativi ed ablativi - Irragionevolezza - Incidenza sul diritto di difesa e sui principi di tutela giurisdizionale, di ricorribilita' in Cassazione e di divieto di istituzione di giudici speciali. - D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, art. 34, comma 1, nel testo sostituito dall'art. 7 legge 21 luglio 2000, n. 205. - Costituzione, artt. 3, 24, 102, 103, 111 e 113.(GU n.18 del 7-5-2003 )
IL TRIBUNALE Nella causa civile di primo grado iscritta al n. 52177 del ruolo generale dell'anno 2000, vertente fra: Menhert Siegrun, Menhert Ralf, Menhert Wolf Dieter e Tessendordf Kathe, tutti elettivamente domiciliati in Roma alla via Cassia n. 1699 presso lo studio dell'avv. Bruno Lupi, che li rappresenta e difende per procura a margine dell'atto di citazione (attori), Comune di Roma, in persona del sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma alla via del Tempio di Giove n. 21 presso gli uffici dell'avvocatura comunale, rappresentato e difeso dall'avv. Guglielmo Frigenti per procura generale alle liti per atto notaio Giancarlo Mazza di Roma del 30 settembre 1999, repertorio n. 46866 (convenuto), avente per oggetto: risarcimento del danno da occupazione acquisitiva, ha pronunciato la seguente ordinanza. 1. - Con atto di citazione notificato in data 20 luglio 2000 gli attori premesso di essere eredi del sig. Arturo Menhert, proprietario di un appezzamento di terreno in Roma, localita' La Storta, della superficie di mq 3.308 - espongono che il comune di Roma procedette all'occupazione di quel fondo, a seguito di accesso forzato, dell'11 agosto 1978, per realizzarvi un asilo nido, poi completato nel 1979. Non essendo mai stata portata a compimento la procedura di esproprio, e tanto meno versato il relativo indennizzo, essi chiedono la condanna del comune al risarcimento dei danni maturati a causa dell'illecito commesso in danno del loro dante causa. Si e' costituito il convenuto, il quale, ammettendo che il fondo venne occupato e l'opera pubblica realizzata in presenza della sola dichiarazione di pubblica utilita' e senza che fosse mai stato emesso il decreto di esproprio, ha eccepito la prescrizione del diritto al risarcimento e contestato la legittimazione attiva degli attori. Acquisita la documentazione prodotta dalle parti, la causa e' stata trattenuta per la decisione. In comparsa conclusionale il convenuto ha inoltre eccepito il difetto di giurisdizione del giudice ordinario, poiche', trattandosi di controversia afferente la materia urbanistica, sussiste la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ai sensi degli articoli 34 e 35 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80. 2. - La controversia ha per oggetto la richiesta di risarcimento del danno conseguente ad un comportamento illecito della P.A., notoriamente qualificato come occupazione acquisitiva (dichiarazione di pubblica utilita' di un'opera da realizzare su fondo privato, occupazione di quel fondo, irreversibile trasformazione del medesimo mediante la realizzazione dell'opera pubblica, omessa adozione del provvedimento di espropriazione). Cio' posto, secondo le nuove previsioni normative in materia di riparto delle giurisdizioni - che attribuiscono al giudice amministrativo, in sede di giurisdizione esclusiva, le controversie aventi ad oggetto, fra gli altri, i comportamenti della P.A. in materia urbanistica - vi sarebbe difetto di giurisdizione del giudice ordinario. E il caso di precisare, anche alla luce delle puntualizzazioni espresse recentemente dalla Corte costituzionale (v. ordinanze nn. 123/2002 e 340/2002), che il testo normativo che fonda la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo non e' quello originario dell'art. 34, d.lgs. n. 80/1998, bensi' quello (pressoche' identico) sostituito dall'art. 7 legge 20 luglio 2000, n. 205, il quale, oltre ad aver mutato la natura giuridica delle disposizioni in esame (da legge materiale, qual'e' il decreto legislativo, a legge formale, «cosi' affrancandole dal vizio di eccesso di delega», che pure e' stato da piu' parti [ri]proposto allo scrutinio della Corte) avrebbe altresi' «disciplinato direttamente la giurisdizione» per i giudizi introdotti dopo il 10 luglio 1998, data di entrata in vigore del d.lgs. n. 80/1998, e pendenti al 10 agosto 2000, data di entrata in vigore della legge n. 205/2000, «derogando al principio posto dall'art. 5, c.p.c.», in quanto e' rimasta immutata la previsione dell'art. 45, diciottesimo comma, d.lgs. n. 80/1998, che prevede la devoluzione al giudice amministrativo delle controversie di cui agli articoli 33 e 34 a decorrere dal 1° luglio 1998. Dunque, l'art. 34, d.lgs. n. 80/1998, nel testo sostituito dall'art. 7, legge n. 205/2000, devolve alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie aventi ad oggetto «gli atti i provvedimenti e i comportamenti delle amministrazioni pubbliche e dei soggetti alle stesse equiparati in materia urbanistica ed edilizia» (comma 1), precisando che «agli effetti del presente decreto, la materia urbanistica concerne tutti gli aspetti del territorio» (comma 2). Secondo la definizione cd. allargata che tende a prevalere nella giurisprudenza (v. Cass. nn. 15641/01; 8506/01; 494/SU/00), la materia urbanistica non si esaurisce nell'aspetto normativo della disciplina dell'uso del territorio (id est pianificazione territoriale mediante l'adozione della strumentazione urbanistica), ma comprende anche il momento gestionale, vale a dire l'attuazione concreta delle scelte pianificate attraverso la loro realizzazione, anche mediante semplici comportamenti, restando esclusa la sola concreta attivita' edificatoria, costituente materia edilizia. La presente controversia, nella quale si discute dei danni derivati dall'occupazione acquisitiva di un fondo privato da parte della P.A. - comportamento comunque rilevante nella fase gestionale dell'uso del territorio -, rientra dunque a pieno titolo fra quelle in materia urbanistica ed appartiene percio' alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, comprensiva della tutela risarcitoria ex art. 35, primo comma, d.lgs. n. 80/1998. Si dubita pero' della conformita' a Costituzione della norma (articoli 34, primo comma, d.lgs. n. 80/1998 nel testo sostituito dall'art. 7 legge n. 205/2000) che tale giurisdizione esclusiva prevede e della quale si dovrebbe fare applicazione nel presente giudizio. Da qui la rilevanza della questione di legittimita' costituzionale che viene sollevata ex officio, atteso che il suo eventuale accoglimento, radicando la giurisdizione del giudice ordinario adito (il quale e' il giudice del risarcimento del danno derivante dalla lesione di un interesse rilevante per l'ordinamento, quando non si tratti di materia espressamente attribuita alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, implicante la tutela risarcitoria: Cass. nn. 5125/02; 2624/02; 15939/01; 15139/01; 10979/01), comporterebbe la valutazione del merito della controversia, mentre il rigetto determinerebbe l'epilogo del giudizio con una pronuncia di difetto di giurisdizione. 3. - Riguardo la non manifesta infondatezza della questione, si dubita della legittimita' della norma richiamata in relazione agli articoli 3, 24, 102, 103, 111 e 113 Cost., sotto plurimi profili come di seguito esposto in dettaglio. In linea generale si osserva che l'estensione della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo a «blocchi di materie» (tale e' il principio seguito dal legislatore nel 1998 e riproposto con la legge 205/2000) comporta l'abbandono del tradizionale criterio di riparto delle giurisdizioni, tuttora vigente, delineato nella Carta costituzionale e la contestuale instaurazione di un sistema di attribuzione della competenza giurisdizionale scarsamente razionale per diversi aspetti, foriero di contrasti interpretativi che non potranno essere sanati e ingiustificatamente squilibrato a favore della P.A., che viene cosi' ad avere un «suo» giudice. 4. - Sul contrasto con gli articoli 102, primo comma, 103, primo comma, e 113, primo comma, Cost. E' opinione largamente condivisa che la Costituzione del 1948 abbia recepito il sistema di tutela giurisdizionale del privato nei confronti della P.A. disciplinato dalla legislazione previgente, in particolare dalla legge 20 marzo 1865, n. 2248 all. E e dal r.d. 26 giugno 1924, n. 1054, fondato sulla nota dicotomia diritto soggettivo - interesse legittimo, alla quale corrisponde quella giudice ordinario - giudice amministrativo. Invero, l'art. 102, primo comma, stabilisce che «la funzione giurisdizionale e' esercitata da magistrati ordinari»; nell'art. 113, primo comma, viene affermato il principio fondamentale secondo cui «contro gli atti della pubblica amministrazione e' sempre ammessa la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi dinanzi agli organi di giurisdizione ordinaria o amministrativa»; l'art. 103, primo comma, attribuisce infine al giudice amministrativo «giurisdizione per la tutela nei confronti della pubblica amministrazione degli interessi legittimi e, in particolari materie indicate dalla legge, anche dei diritti soggettivi». E' dunque chiaro che nel sistema delineato dal costituente il giudice ordinario e' il giudice dei diritti; la sua giurisdizione viene meno solo nei limitati casi in cui la legge attribuisce la cognizione al giudice amministrativo di talune specifiche controversie. La ragione di tale estensione della giurisdizione amministrativa, di regola avente ad oggetto gli interessi legittimi, e' notoriamente stata individuata nell'intreccio, in particolari tipologie di controversie (fra le quali si ricordano quelle attinenti il rapporto di pubblico impiego e quelle riguardanti i rapporti concessori), di posizioni giuridiche riconducibili tanto al diritto soggettivo quanto all'interesse legittimo, sicche', divenendo arduo se non impossibile individuare con certezza il giudice munito di giurisdizione, si preferisce concentrare l'intera materia dinanzi ad un solo giudice. Tale modello costituzionale di ripartizione della giurisdizione non risulta essere stato ne' abrogato in favore di altro ne' tantomeno modificato. E' in relazione ad esso e nel suo pieno rispetto, percio', che il legislatore ordinario puo' innovare l'ordinamento giuridico. Al riguardo, non si puo' non ricordare che la piu' recente legislazione ha esteso la giurisdizione esclusiva, originariamente delimitata a poche e ben definite controversie (v. art. 7, secondo comma, legge 6 dicembre 1971, n. 1034; art. 16, legge 28 gennaio 1977, n. 10), a una serie di materie prescindendo, ma non del tutto, dalla qualificazione giuridica della situazione vantata nei confronti della P.A. (a titolo di esempio si ricordano: l'art. 11, comma quinto, legge n. 241/1990 sugli accordi con la P.A. sostitutivi di provvedimenti; l'art. 33, legge n. 287/1990 e l'art. 7, d.lgs. n. 74/1992 - come modificato dall'art. 5; comma undicesimo, d.lgs. n. 67/2000 - sui provvedimenti dell'Autorita' garante della concorrenza e del mercato, in particolare in materia di pubblicita' ingannevole; l'art. 6, comma diciannovesimo, legge n. 537/1993 - come modificato dall'art. 44, legge n. 724/1994 - sui contratti per la fornitura di beni e servizi alle pubbliche amministrazioni; l'art. 4, comma settimo, legge n. 109/1994 - come modificato dall'art. 9, comma nono, legge n. 415/1998 - sui provvedimenti dell'Autorita' per la vigilanza sui lavori pubblici; l'art. 2, comma venticinquesimo, legge n. 481/1995 sui provvedimenti delle Autorita' per i servizi di pubblica utilita'; l'art. 1, comma ventiseiesimo, legge n. 249/1997 sui provvedimenti dell'Autorita' per le telecomunicazioni). Infatti, anche in tale produzione legislativa non sembra obliterata la fondamentale funzione del giudice ordinario quale giudice dei diritti: invero, l'art. 33, comma secondo, legge n. 287/1990 gli attribuisce la giurisdizione sulle azioni di nullita' e di risarcimento del danno derivanti dalla violazione delle norme di settore; l'art. 7, comma tredicesimo, legge n. 74/1992 - nel testo modificato dall'art. 5 d.lgs. n. 67/2000 - fa salva la giurisdizione ordinaria in materia di concorrenza sleale. Ed anche nell'ambito delle altre ipotesi di giurisdizione esclusiva appena richiamate, relative all'impugnazione dei provvedimenti emessi dalle Autorita' indipendenti, non mancano casi in cui e' sancita la giurisdizione del giudice ordinario (vedi art. 29 legge n. 675/1996 in materia di protezione dei dati personali), a dimostrazione del fatto che ne' la natura amministrativa dell'Autorita' ne' la struttura impugnatoria del giudizio costituiscono ragioni imprescindibili per attribuire la giurisdizione al giudice amministrativo. Con riguardo alle impugnazioni dei provvedimenti sanzionatori di tali Autorita', peraltro, e' da segnalare il vulnus arrecato al sistema disciplinato dalla legge 24 novembre 1981, n. 689, che, in applicazione della previsione di cui all'art. 113, ultimo comma, Cost., secondo cui «la legge determina quali organi di giurisdizione possono annullare gli atti della pubblica amministrazione nei casi e con gli effetti previsti dalla legge stessa», individua nel giudice ordinario il giudice dell'opposizione. La legge n. 205/2000, invece, risponde ad un criterio affatto diverso: la controversia spetta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in ragione della sua rilevanza pubblicistica, che sussiste non solo e non tanto quando una delle parti sia una P.A., ma quando vi sia esercizio di una funzione amministrativa, anche da parte di un soggetto privato (cd. organo indiretto). Ed infatti, l'art. 34, d.lgs. n. 80/1998, nel testo modificato dall'art. 7, legge n. 205/2000, attribuisce alla giurisdizione esclusiva amministrativa le controversie in materia urbanistica ed edilizia aventi per oggetto gli atti, i provvedimenti e i comportamenti non solo delle pubbliche amministrazioni, ma anche «dei soggetti alle stesse equiparati». Tutto questo a prescindere dalla compresenza di situazioni di diritto soggettivo e di interesse legittimo nella controversia: anzi, in quelle risarcitorie in materia di urbanistica o di edilizia, come quella in esame, nessun dubbio puo' esservi in ordine al fatto che la posizione giuridica in discussione sia proprio quella del diritto soggettivo all'integrita' patrimoniale. Non vale a superare i dubbi di legittimita' costituzionale appena espressi la tesi secondo cui l'art. 103, primo comma, Cost., avrebbe attribuito al legislatore il potere di assegnare direttamente al giudice amministrativo la cognizione delle controversie nelle quali si fa questione di diritti soggettivi, senza che gli stessi coesistano con situazioni di interesse legittimo. Invero, siffatto potere ha un carattere indubbiamente eccezionale («in particolari materie indicate dalla legge, anche dei diritti soggettivi»), rispetto alla regola costituita dall'individuazione nel giudice ordinario del giudice dei diritti per tutti i soggetti dell'ordinamento, compresa la P.A. Attribuire al giudice amministrativo la giurisdizione su intere materie, spesso anche di incerta identificazione (con la conseguenza di aprire il varco ad interpretazioni sempre piu' estensive), equivale a capovolgere il rapporto fra regola ed eccezione. L'abbandono del criterio sotteso alla previsione costituzionale non potrebbe dunque essere piu' chiaro. Ma se il sistema costituzionale di riferimento e' (ancora) quello fondato sulla netta distinzione diritti - interessi e sulle «particolari materie» nelle quali far operare la giurisdizione esclusiva (come gia' ricordato tali materie sono individuabili attraverso l'inscindibile coesistenza di diritti e interessi nelle controversie che ad esse si riferiscono), forte e' il dubbio che il legislatore ordinario abbia violato la Legge fondamentale. Riprova di questa affermazione e' offerta dall'avvenuta presentazione, il 28 novembre 2000, della proposta di legge costituzionale C. 7645, il cui art. 1 riscrive l'art. 103, primo comma, Cost., stabilendo, fra l'altro, che «... la giurisdizione amministrativa ha ad oggetto le controversie con la pubblica amministrazione nelle materie indicate dalla legge. E' riservata, in ogni caso, alla giurisdizione amministrativa la cognizione delle controversie riguardanti l'esercizio di poteri amministrativi». Nella relazione illustrativa si legge che, sfumata la modifica della parte seconda della Costituzione proposta dalla Commissione bicamerale per le riforme istituzionali, che prevedeva di affidare ai giudici amministrativi la giurisdizione «sulla base di materie omogenee indicate dalla legge, riguardanti l'esercizio di pubblici poteri», ed entrata nel frattempo in vigore la legge n. 205/2000, «che esprime una decisa volonta' del Parlamento nel senso indicato, si rende percio' necessario riprendere la modifica degli articoli della Costituzione che disciplinano il riparto delle giurisdizioni». Per i fini che interessano in questa sede, e' irrilevante la circostanza che, decaduta questa proposta di legge costituzionale per fine legislatura ed eletto il nuovo Parlamento, non ne risulti presentata una nuova di analogo contenuto: il valore lato sensu confessorio del contrasto della legge n. 205/2000 con la Costituzione resta immutato. 5. - Sul contrasto con gli articoli 102, secondo comma, e 3, primo comma, Cost. La giurisdizione esclusiva ha trovato giustificazione anche nel particolare grado di peculiarita' della controversia nella quale e' parte la P.A.: rilievo, questo, in diretta correlazione con la tesi, da alcuni sostenuta, dell'esistenza di un principio costituzionale della pluralita' delle giurisdizioni. A parte la condivisibilita' e la fondatezza di simile tesi (recenti, non isolati contributi dottrinari tendono infatti a superarla in favore dell'istituzione di una giurisdizione unica), il grado di peculiarita' idoneo a fondare la giurisdizione esclusiva e' sempre stato identificato nella rilevanza pubblicistica degli interessi dedotti nella controversia e nell'applicazione di una normativa speciale, di natura amministrativa, derogatoria del diritto comune. Quando pero' la controversia ha ad oggetto la dedotta lesione di una situazione giuridica avente la consistenza del diritto soggettivo, ad esempio perche' la P.A. ha agito iure privatorum ovvero ha compiuto un'attivita' asseritamente illecita, come nel caso all'esame del giudice rimettente, non c'e' peculiarita' di sorta che possa fondare la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. In una simile controversia dovranno infatti applicarsi le note categorie giuridiche del danno ingiusto, del nesso di casualita', della colpevolezza: nulla di piu' lontano dalla specialita' della normativa amministrativa e, al contempo, di piu' tipica espressione del diritto civile. Secondo i parametri costituzionali richiamati al precedente punto 4, la controversia deve essere attribuita alla giurisdizione ordinaria. Solo una «decisa volonta» del legislatore di fare del giudice amministrativo il giudice (naturale) della P.A., giustifica l'attribuzione alla sua giurisdizione esclusiva di materie aventi una pretesa rilevanza pubblicistica. Se cosi' e', non pare possa dubitarsi della violazione del divieto di istituire giudici speciali, sancito dall'art. 102, secondo comma, Cost., anche perche', nel quadro delineato dalla Costituzione, il giudice amministrativo e' «organo... di tutela della giustizia nell'amministrazione» (art. 100, primo comma) e non dell'amministrazione. La stessa composizione del giudice amministrativo, inoltre, contribuisce non poco ad alimentare il dubbio sulla natura di giudice speciale, costituito e funzionante appositamente, per la P.A. Va in proposito rilevato che la legge 27 aprile 1982, n. 186, sull'ordinamento della giurisdizione amministrativa: a) prevede il conferimento dei posti nella qualifica di Consigliere di Stato «in ragione di un quarto ...a dirigenti generali od equiparati dei Ministeri...con decreto del Presidente della Repubblica su deliberazione del Consiglio dei ministri» (art. 19 n. 2); b) la nomina del Presidente del Consiglio di Stato e' disposta con decreto del Presidente della Repubblica «su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il parere del Consiglio di presidenza» (art. 22, primo comma); c) l'incarico di Segretario generale e' conferito ad un Consigliere di Stato «con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente del Consiglio di Stato, sentito il Consiglio di presidenza» (art. 4, terzo comma); d) il Presidente del Consiglio dei ministri «esercita l'alta sorveglianza... su tutti i magistrati» amministrativi (art. 31, primo comma) e promuove il procedimento disciplinare (art. 33, primo comma); e) l'avvicendamento dei magistrati del Consiglio di Stato fra sezioni consultive e sezioni giurisdizionali e' uno degli obiettivi da perseguire all'atto della composizione delle due sezioni (art. 2, primo comma); f) ai magistrati amministrativi, previa deliberazione del Consiglio di presidenza, e' consentito «lo svolgimento di funzioni giuridico-amministrative presso le amministrazioni dello Stato» (art. 13, secondo comma, n. 8, e art. 29, terzo comma). A tutto cio' deve aggiungersi che devolvere una controversia ad un giudice speciale solo in funzione della natura pubblica di una parte o di una pretesa rilevanza pubblicistica degli interessi contesi, desunta dall'esercizio di una funzione amministrativa, anche da parte di un soggetto privato (il che tende ad alimentare incertezze interpretative, attesa la genericita' del concetto), e' una scelta che reca in se' il rischio dell'affermazione di un diritto speciale della P.A., conformato secondo valutazioni dell'interesse pubblico del tutto incompatibili con la natura squisitamente civilistica del rapporto controverso. Sorge allora il consistente dubbio che in tal modo sia stato violato anche il principio di uguaglianza, stante la non giustificata disparita' di trattamento riservata ai soggetti dell'ordinamento dinanzi alla giurisdizione, perche' l'individuazione del giudice e' fatta dipendere dalla qualita' soggettiva di una delle parti (la P.A.) alla quale la Costituzione non riconosce alcun privilegio o statuto particolare, specie quando non agisce iure imperii ovvero si rapporta ai privati su un piano di parita'. Tale disparita' di trattamento e' acuito dalla mancanza di elementi normativi sicuri per identificare, nell'attuale momento storico, il soggetto P.A., attesa la gia' ricordata tendenza a valorizzare a questo fine parametri incerti ed evanescenti quali quello dell'interesse pubblico dell'attivita' svolta. 6. - Sul contrasto con gli articoli 3, 111, settimo e ottavo comma, e 24, primo comma, Cost. Ulteriori motivi di contrasto con fondamentali principi della Carta costituzionale vengono in considerazione. Il quadro normativo delineato dal legislatore del 2000 si caratterizza per aver istituito un giudice amministrativo munito di giurisdizione esclusiva in materie e con strumenti processuali (vedi art. 7, nella parte in cui sostituisce l'art. 35 d.lgs. n. 80/1998, nonche' art. 8, legge n. 205/2000) pressoche' coincidenti con materie e strumenti processuali da sempre appartenenti al giudice ordinario. In sostanza e' stato creato un vero e proprio doppione, con conseguente dispersione del patrimonio delle conoscenze del giudice ordinario nella risoluzione delle controversie ora attribuite al giudice amministrativo. A questo proposito non appare superfluo ricordare che la ragione per la quale il costituente decise di mantenere alcune delle giurisdizioni speciali preesistenti fu quella di poter continuare a fruire della specializzazione da esse maturata sino ad allora. Ad una logica del tutto opposta appare invece ispirarsi il legislatore del 1998 e del 2000 quando affida materie da sempre trattate dal giudice ordinario ad un giudice che non solo ha maturato la sua specializzazione in tutt'altro settore dello scibile giuridico, ma che con quelle materie non ha avuto quasi mai occasione di confrontarsi. Quanto di utile per il cittadino e di razionale sotto il profilo della linearita' del sistema della tutela giurisdizionale vi sia in cio' e' assai arduo cogliere. L'irragionevolezza della scelta legislativa (art. 3 Cost. e' poi esaltata dal particolare contesto storico in cui essa e' stata operata. E' noto che la produzione legislativa e gli interventi giurisprudenziali dell'ultimo decennio hanno segnato una recessione del c.d. modello autoritativo nei rapporti fra cittadino e P.A. a tutto vantaggio del c.d. modello negoziale: non piu' un rapporto basato su atti imperativi cui si contrappone l'interesse al corretto esercizio del potere pubblico, ma un rapporto fondato sull'accordo con la P.A. e sull'obbligo di quest'ultima di comportarsi secondo buona fede (a titolo di esempio basta citare l'art. 11, legge n. 241/1990 e la notissima Cass. 500/SU/1999). L'indubbio mutamento delle coordinate di fondo di questo rapporto ha segnato il prevalere della categoria relazionale diritto (del cittadino) - obbligo (della P.A.), che avrebbe dovuto portare, secondo uno sviluppo normativo coerente con i principi costituzionali, all'espansione delle competenze del giudice ordinario, da sempre preposto alla cognizione di controversie il cui oggetto e' costituito da siffatta categoria relazionale. L'aver attribuito a due plessi giurisdizionali distinti, unicamente in ragione della natura soggettiva di una delle parti in causa, la cognizione di controversie sostanzialmente identiche, da decidere facendo uso di poteri processuali in larghissima misura coincidenti, ha un'ulteriore conseguenza che si connota di scarsa razionalita'. L'art. 111, settimo ed ottavo comma, Cost., stabilisce che «contro le sentenze...pronunciat(e) dagli organi giurisdizionali ordinari o speciali e' sempre ammesso ricorso in Cassazione per violazione di legge. Contro le decisioni del Consiglio di Stato... il ricorso in Cassazione e' ammesso per i soli motivi inerenti alla giurisdizione». La limitazione dei casi di impugnativa delle decisioni del giudice amministrativo alle sole questioni di giurisdizione ha un senso se le aree di competenza dei due plessi giurisdizionali sono sufficientemente diversificate fra loro, per cui i contrasti interpretativi sono piuttosto rari e la funzione nomofilattica e' assicurata dall'organo di vertice di ciascuno dei due sistemi giurisdizionali. Il quadro disegnato dal legislatore del 2000, stante la coincidenza delle materie (si pensi in particolare a quella del risarcimento del danno), e' invece destinato a generare contrasti giurisprudenziali fra giudici ordinari e giudici amministrativi, che non potranno avere alcuna possibilita' di composizione, poiche' le pronunce del Consiglio di Stato non sono suscettibili del ricorso per Cassazione ex art. 360, n. 3, c.p.c., (violazione o falsa applicazione di norme di diritto), ma soltanto per motivi attinenti alla giurisdizione. La mancanza di ragionevolezza di tale disciplina e' stata rilevata da attenta dottrina, che pone il quesito di quale senso abbia prevedere due diverse giurisdizioni per questioni sostanzialmente identiche (unica differenza essendo, si ripete, solo la natura soggettiva di una delle parti) ed auspica l'avvento di una giurisdizione unica con settori specializzati per materie (soluzione davvero conforme a Costituzione: art. 102, secondo comma). Il rischio di contrasti giurisprudenziali insanabili, frutto della creazione del mantenimento di due distinte giurisdizioni, infine, finisce per svuotare di contenuto il diritto costituzionalmente protetto della difesa in giudizio dei diritti e degli interessi legittimi. Infatti, se questioni di diritto identiche sono destinate a ricevere differenti risposte a seconda del plesso giurisdizionale al quale esse vengono devolute, e' davvero difficile sostenere che il diritto di difesa di cui all'art. 24, primo comma, Cost., e' effettivamente assicurato.
P. Q. M. Visti gli articoli 1 legge cost. 9 febbraio 1948, n. 1 e 23 legge 11 marzo 1953, n. 87 dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 34, primo comma, d.lgs. 31 marzo 1998, n. 80, nel testo sostituito dall'art. 7, legge 21 luglio 2000, n. 205, che devolve alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie aventi per oggetto gli atti, i provvedimenti e i comportamenti delle amministrazioni pubbliche e dei soggetti alle stesse equiparati in materia urbanistica ed edilizia, per contrasto con gli articoli 3, 24, 102, 103, 111 e 113 Cost.; Dispone la sospensione del presente giudizio e la immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Dispone che la presente ordinanza sia notificata, a cura della cancelleria, al Presidente del Consiglio dei ministri, nonche' comunicata ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica e alle parti. Roma, addi' 11 ottobre 2002 Il giudice: Oddi 03C0430