N. 246 ORDINANZA (Atto di promovimento) 30 gennaio 2003
Ordinanza emessa il 30 gennaio 2003 dal Magistrato di sorveglianza di Vercelli sull'istanza proposta da Carugo Gianfranco Ordinamento penitenziario - Liberazione anticipata - Istanza per la concessione del beneficio - Procedimento Decisione adottata in camera di consiglio senza la presenza delle parti - Applicazione degli artt. 666 e 678 cod. proc. pen. - Mancata previsione - Lesione del diritto di difesa. - Legge 26 luglio 1975, n. 354, art. 69-bis, introdotto dalla legge 19 dicembre 2002, n. 277. - Costituzione art. 24, comma secondo.(GU n.19 del 14-5-2003 )
IL MAGISTRATO DI SORVEGLIANZA Visti gli atti relativi al procedimento per concessione della liberazione anticipata ai sensi dell'art. 69-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Ordinamento penitenziario), introdotto dall'art. 1 della legge 19 dicembre 2002, n. 277, nei confronti di Carugo Gianfranco, nato a Cerro maggiore (Milano) il 29 maggio 1949, in atto detenuto presso la casa circondariale di Vercelli, in espiazione della pena di cui a provv. Cumulo PG Genova n. 327/1998 Res. dd. 4.5.00; 1. - Carugo Gianfranco ha formulato istanza per la concessione della riduzione di pena a titolo di liberazione anticipata in relazione ai semestri di pena espiata dal al 15 agosto 2001 al 15 gennaio 2003. Il procedimento, incardinato presso il magistrato di sorveglianza ai sensi della nuova disciplina introdotta dalla legge 19 dicembre 2002, n. 277, deve essere deciso secondo la procedura regolata dall'art. 69-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Ordinamento penitenziario). Il primo comma della norma citata prevede, in particolare, che «sull'istanza di concessione della liberazione anticipata, il magistrato di sorveglianza provvede con ordinanza, adottata in camera di consiglio senza la presenza delle parti, che e' comunicata o notificata senza ritardo ai soggetti indicati nell'art. 127 del codice di procedura penale». Nell'applicazione di tale norma procedurale sorge il dubbio di legittimita' costituzionale sotto il seguente profilo e per i seguenti motivi. 2. - Il parametro costituzionale che si assume violato e' quello dell'art. 24, comma 2, Cost., nel senso qui di seguito illustrato. 3. - L'art. 24, comma 2, Cost., stabilisce che «la difesa e' un diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento». Il precetto costituzionale pone un principio di carattere assoluto, imponendo infatti che la garanzia della difesa sia garantita tanto all'interno di ciascun procedimento giurisdizionale quanto, quanto in seno alle articolazioni di questo nei vari gradi di giudizio previsti dall'ordinamento. Il contrasto con la nuova disciplina della concessione della liberazione anticipata introdotta con l'art. 69-bis O.P. sembra emergere con tutta evidenza dall'esame della citata disposizione. Il legislatore ha modellato, infatti, un procedimento camerale dalla peculiare disciplina, caratterizzato dall'assenza di effettivo contraddittorio tra le parti e dalla pronuncia resa dal magistrato di sorveglianza con un provvedimento (che viene qualificato sotto il nomen iuris di ordinanza, pur essendo adottato inaudita parte) che e' «comunicato o notificato senza ritardo ai soggetti indicati nell'art. 127 del codice di procedura penale» ai fini dell'eventuale successiva impugnazione (nelle forme del reclamo) all'istanza sovraordinata (tribunale di sorveglianza). Il contraddittorio nella procedura descritta dall'art. 69-bis O.P. e' dunque sostanzialmente assente di fronte al magistrato di sorveglianza: la norma si premura, infatti, di inserire il richiamo alle norme sul procedimento di sorveglianza soltanto con riferimento all'eventuale procedimento di reclamo, che viene celebrato davanti al tribunale di sorveglianza. Cio' premesso, la contrarieta' del procedimento ex art. 69-bis in se' considerato, rispetto al principio stabilito dall'art. 24 Cost. appare scontata. Maggiormente problematica e' l'indagine volta a verificare se tale impressione possa essere contrastata attraverso un'interpretazione «costituzionalmente orientata» della norma che riconduca il procedimento in esame nell'alveo delle procedure garantite dal contraddittorio (pure nella forma minimale chiarita dalla Consulta, quale previa audizione dell'interessato); ovvero in esito alla valutazione complessiva del procedimento (o meglio: dell'istituto) della concessione della riduzione di pena, che conduca a ritenerne la conformita' costituzionale - sotto il parametro che qui si assume violato - tenuto conto della disciplina processuale richiamata dalla disposizione dell'art. 69-bis, comma 4, O.P., che richiama, con riferimento al reclamo davanti al tribunale di sorveglianza, il disposto dell'art. 678 c.p.p. 4. - Non pare, anzitutto, consentita un'interpretazione della norma censurata nel senso, «costituzionalmente orientato», dell'ammissibilita' di una difesa tecnica nel procedimento avanti al magistrato di sorveglianza, ne' che, in detta sede, sia ammissibile la produzione di istanze difensive. Sotto quest'ultimo profilo considerato, e' pur vero, infatti, che la disposizione di nuova introduzione non vieta comunque espressamente alle parti la produzione di memorie, di tal che potrebbe inferirsi la possibilita' di interloquire - quantomeno a livello documentale - con l'organo giudiziario deputato alla decisione. Peraltro, una lettura sistematica della normativa induce seri dubbi sulla riferita possibilita'. La facolta' per le parti del procedimento camerale di produrre memorie e', invero, prevista dall'art. 666, comma 3, c.p.p. Tale norma procedurale e' richiamata dal testo vigente dell'art. 678 c.p.p., che estende l'applicazione della procedura camerale sopra indicata ai procedimenti di competenza del tribunale di sorveglianza nonche' ad un'articolata serie di materie attribuite alla cognizione del magistrato di sorveglianza, tra le quali non figura, tuttavia, la liberazione anticipata. Dunque, puo' legittimamente revocarsi in dubbio che le parti possano depositare presso la cancelleria del magistrato di sorveglianza memorie o note difensive, non essendovi alcuna norma che lo consenta ed essendo difficilmente praticabile la strada dell'estensione in via interpretativa della disciplina dell'art. 666 c.p.p. al procedimento introdotto dall'art. 69-bis O.P.: infatti, dove il legislatore della riforma ha voluto mantenere la procedura di cui alle norme del codice di procedura penale, si e' pronunciato espressamente (cfr. art. 69-bis comma 4, citato). Pertanto, l'omissione di una previsione analoga con riferimento al giudizio di fronte al magistrato di sorveglianza non puo' essere integrata in via interpretativa, perche' una tale operazione sembra contraria alla ratio legis. Sono evidenti le conseguenze di quanto sopra detto: il mancato raccordo della riforma della liberazione anticipata con le norme del rito processuale penale non consente alle parti di avere conoscenza dei tempi della procedura, e tale profilo aggrava ulteriormente il ravvisato vulnus defensionale. Ne consegue che, anche a ritenere ammissibile che le parti abbiano la facolta' di presentare al giudice memorie o scritti difensivi, in realta' esse non saranno mai messe nelle condizioni di interloquire efficacemente, nemmeno con il mezzo scritto, per il motivo che non avranno contezza del procedimento se non nel momento in cui questo sara' definito con la pronuncia dell'ordinanza magistratuale. La lacuna, in termini di garanzie difensive, sotto il duplice profilo sopra rilevato, e' grave ed evidente. Analoghe considerazioni valgono in relazione alla prima questione considerata, della possibilita' cioe' di una difesa tecnica nel procedimento. Non pare, possibile, infatti, dedurre la possibilita' di una difesa tecnica nel procedimento davanti al magistrato di sorveglianza dall'inciso della norma dell'art. 69-bis O.P. che prevede la comunicazione o notifica del provvedimento del magistrato di sorveglianza «ai soggetti indicati nell'art. 127 del codice di procedura penale». Tale disposizione ha, invero, l'evidente finalita' di costituire il presupposto per consentire alle parti la proposizione dell'eventuale reclamo al tribunale di sorveglianza (sede nella quale e' invero prevista la difesa tecnica, ai sensi degli artt. 666 e 678 c.p.p.). A tutto concedere, dal tenore della norma potrebbe - al piu' - ricavarsi l'obbligo in capo al magistrato di sorveglianza di nominare all'interessato, che ne sia privo, un difensore di ufficio ai fini della notifica del provvedimento e dell'eventuale impugnativa. Non si intravede, al contrario, via ermeneutica per ricavarne la regola della facolta' o ancor meno dell'obbligatorieta' (con conseguente eventuale nomina di un difensore d'ufficio all'interessato che sia privo di difesa fiduciaria) della difesa tecnica in seno al procedimento in esame. Ulteriore considerazione, che rafforza la tesi della carenza di tutela defensionale della procedura di cui all'art. 69-bis O.P., pare quella secondo cui il mancato coordinamento normativo della nuova disciplina della liberazione anticipata con le norme procedurali (artt. 666 e 678 c.p.p.) precluda la possibilita' per il difensore di proporre l'istanza di riduzione di pena ai sensi dell'art. 54 O.P.: non essendo tale possibilita' contemplata dalla norma di cui all'art. 57 O.P. (che dispone in ordine alla legittimazione alla richiesta di benefici) e non essendo (piu) possibile richiamare all'uopo la disposizione processuale dell'art. 678 c.p.p. (che ammette la legittimazione del difensore ad attivare il procedimento in rapporto alle materie di competenza del tribunale di sorveglianza). 5. - Allargando l'orizzonte di indagine ai profili sistematici, non pare del resto che vi sia possibilita' ermeneutica di estendere al procedimento introdotto dall'art. 69-bis O.P. le garanzie difensive del procedimento di sorveglianza (artt. 666, 678, c.p. p.). Dal tenore stesso della formulazione letterale dell'art. 69 O.P. sembra, infatti, da escludersi la possibilita' di interpretare la norma nel senso dell'applicabilita', ai procedimenti di cui all'art. 69-bis, della procedura camerale di cui agli artt. 666, 678 c.p.p. ovvero di quello disciplinato dall'art. 14-ter O.P., cosi' da salvare - sotto il rilevato profilo - la conformita' costituzionale della norma in esame. La seconda possibilita' e', infatti, esclusa in radice dallo stesso legislatore che ubi voluit, dixit, e che, al comma 6, dell'art. 69 O.P. elenca i procedimenti in relazione ai quali il magistrato di sorveglianza decide osservando la procedura di cui all'art. 14-ter (si tratta, com'e' noto, dei procedimenti conseguenti a reclamo nei confronti delle decisioni della direzione dell'istituto penitenziario concernenti il lavoro intramurario e alcuni aspetti dell'esercizio del potere disciplinare). Ma anche la prima possibilita' appare preclusa dalla volonta' del legislatore, che ha omesso di modificare nel senso indicato gli artt. 666 e 678 c.p.p., inserendo tra le materie oggetto di decisione con il rito processuale camerale anche i procedimenti di cui all'art. 69-bis O.P. Peraltro, anche diversamente opinando, l'interprete si troverebbe nell'evidente imbarazzo nella scelta del rito processuale applicabile, stante la varieta' dei moduli procedurali applicabili in materia dalla magistratura di sorveglianza, cio' che comporta la conseguenza che non possa rinvenirsi un modello processuale di validita' generale (cfr. Corte cost. 99/26). In altri termini, non pare potersi ricavare aliunde in via interpretativa quella regola procedurale, conforme al principio costituzionale di garanzia del contraddittorio, che appare carente nella procedura di cui all'art. 69-bis O.P. 6. - A salvare la compatibilita' della norma in esame con i richiamato parametro costituzionale dell'art. 24, comma 2, Cost., potrebbe essere portato, allora, il tradizionale argomento che poggia sull'interpretazione consolidata della portata del principio costituzionale citato. Secondo tale consolidata linea ermeneutica, il principio della garanzia del contraddittorio non impone affatto che in ogni fase della procedura sia assicurato il diritto di difesa; bensi' prescrive che, in un procedimento scandito per fasi, sia garantita nel suo complesso la piena possibilita' di dispiegare le proprie difese, sempre che - beninteso - l'esercizio del diritto di difesa non sia in tal modo reso eccessivamente difficile o subordinato a condizioni eccessivamente penalizzanti per l'interessato. Con specifico riferimento alla rilevata assenza di contraddittorio nella sequenza procedimentale che esita nella decisione del magistrato di sorveglianza, potrebbe allora richiamarsi la tesi del mero differimento della garanzia del contraddittorio pieno alla fase successiva rispetto al procedimento incardinato presso il magistrato monocratico: che verrebbe - quest'ultimo - a costituire una sorta di «fase cautelare» o sub-procedimentale rispetto al procedimento di sorveglianza celebrato avanti al tribunale di sorveglianza successivamente all'impugnazione dell'interessato o del p.m. Si potrebbe, in altri termini, ritenere che, rispetto alla disciplina previgente, nessun sacrificio del diritto di difesa si verifichi: l'interessato conserva intatte le possibilita' di difesa davanti al tribunale di sorveglianza in sede di reclamo e si avvantaggia della possibilita' di ottenere la concessione del beneficio de plano, e dunque, verosimilmente, con tempi abbreviati rispetto alla procedura antevigente. In altri termini, la procedura a contraddittorio pieno sarebbe attivata solo in caso di pronuncia sfavorevole, con piena salvaguardia del doppio grado di giudizio. A sostegno di tale opzione interpretativa potrebbero richiamarsi le numerose fattispecie di procedimenti, o sub-procedimenti (e provvedimenti) cautelari incardinati e pronunciati inaudita altera parte (a es. art. 684 c.p.p., art. 47 comma 4, legge n. 354/1975, soltanto per rimanere nell'alveo del diritto penitenziario). Tale impostazione, per quanto suggestiva, non pare tuttavia applicabile alla fattispecie dell'art. 69-bis O.P. in esame, per almeno due motivi. In primo luogo, la compatibilita' del procedimento nel quale non sia garantito il diritto di difesa (anche nel senso minimale del diritto ad essere ascoltati) con il principio costituzionale di cui all'art. 24, comma 2, Cost., regge soltanto nel caso: o di sub-procedimenti previsti nell'ambito di una scansione procedimentale piu' ampia (nella quale il contraddittorio e' pienamente garantito); ovvero di fattispecie a carattere cautelare, in rapporto a procedimenti espressamente preordinati a tale finalita'. Nel primo caso, l'ordinamento assicura il diritto di cui alla norma costituzionale citata nelle fasi topiche e - diremmo - «decisive» della sequenza procedimentale, laddove, cioe', si decide concretamente del diritto azionato. Per tali casi, il diritto di difesa e' assicurato, in armonia con il dettato costituzionale, con riferimento al procedimento riguardato, appunto, nel suo complesso. Non pare tuttavia che il peculiare procedimento di cui all'art. 69-bis O.P. possa essere ricondotto a tale fattispecie. Il momento processuale imperniato sull'udienza avanti al tribunale di sorveglianza, e' prefigurato dalla legge quale scansione meramente eventuale rispetto al primo procedimento: essa viene attivata, infatti, soltanto in seguito a reclamo contro l'ordinanza del magistrato di sorveglianza. Non vi e', peraltro, nemmeno alcun rapporto di necessaria interdipendenza tra le due fasi procedimentali, bensi' una semplice - e soltanto possibile - propedeuticita' cronologica dell'uno nei confronti dell'altro. Il procedimento di cui all'art. 69-bis O.P. non puo', in altri termini, essere giuridicamente inquadrato quale fattispecie a formazione progressiva, dove il pronunciamento del magistrato si colloca quale dato presupposto in relazione al successivo - e necessario - completamento della sequenza procedimentale da parte dell'organo collegiale, come avviene, ad esempio, nelle fattispecie previste in tema di concessione della sospensione della pena da parte del magistrato di sorveglianza (art. 47 comma 4 legge n. 354/1975) ovvero dell'applicazione del differimento dell'esecuzione pena (art. 684 c.p.p.) o della detenzione domiciliare (art. 47-ter comma 1-quater O.P.). Ad ogni effetto, infatti, la decisione del magistrato di sorveglianza in tema di concessione (o meno) della liberazione anticipata si perfeziona ipso iure scaduti i termini per la proposizione dell'impugnazione, senza che sia necessario alcun ulteriore intervento dell'istanza giurisdizionale sovraordinata a perfezionare la validita' ed efficacia dell'atto decisorio in esame. Con altre parole, insomma, pare di poter dire che il procedimento di cui all'art. 69-bis O.P. e' esso stesso il momento o la fase processuale «decisiva», in cui si decide cioe' del diritto azionato dall'interessato a vedersi riconosciuta la riduzione di pena a titolo di liberazione anticipata. E tale fase non e' assistita dalla tutela defensionale prevista dalla norma costituzionale. Nel secondo caso richiamato, l'ordinamento ammette la carenza di tutela defensionale in quelle fasi procedimentali in cui prevale il carattere cautelare dell'intervento giurisdizionale, che si esplica verosimilmente pro reo. Per quanto attiene all'ambito del diritto puo' richiamare, esemplificativamente gli istituti di cui agli artt. 47, comma 4, 51-bis e 51-ter O.P., art. 684 c.p.p.). Elemento comune a dette fattispecie e' il carattere cautelare rivestito, vale a dire la funzione di intervenire, nelle more del pronunciamento dell'organo competente alla decisione conclusiva del procedimento, per salvaguardare il diritto azionato e suscettibile di riconoscimento giurisdizionale dal pregiudizio grave e irreparabile che il decorso del tempo necessario alla decisione definitiva potrebbe determinare (art. 47, comma 4, O.P.; art. 684 c.p.p.); ovvero con finalita' di assicurare provvisoriamente la legalita' di una situazione giuridica e fattuale venutasi improvvisamente a creare (artt. 51-bis e 51-ter O.P.). Cio' premesso, sembra pero' che il carattere cautelare della procedura di cui all'art. 69-bis sia da escludersi. A tale conclusione conducono una serie di considerazioni. Anzitutto, la ratio legis: certamente indirizzata all'obiettivo principale di deflazionare il carico dei tribunali di sorveglianza, attribuendo alla competenza monocratica quei procedimenti (la liberazione anticipata, appunto) che ordinariamente hanno esito favorevole per l'interessato. La contrazione dei tempi di decisione delle istanze - probabile ma non automaticamente conseguenziale alla nuova disciplina - non conferisce a quest'ultima finalita' cautelari di salvaguardia del diritto in questione. Cio' offre una convincente giustificazione della ratio sottesa alla previsione dell'intervento del tribunale di sorveglianza soltanto in sede di reclamo, ma vale altrettanto bene a confermare il carattere di strumento ordinario - e non gia' straordinario o cautelare - del procedimento di cui all'art. 69-bis O.P. che e', in definitiva, la sede primaria individuata dal legislatore per la decisione sulla riduzione di pena domandata dall'interessato. In secondo luogo: l'intervento cautelare del giudice si giustificherebbe in rapporto ad una situazione di pericolo per il diritto azionato, normativamente prevista e dettagliata, e non cosi' stabilisce la norma dell'art. 69-bis (si consideri, invece, il tenore ben diverso dei presupposti per l'intervento cautelare del magistrato di sorveglianza contenuti nell'art. 47 comma 4 O.P. o quella di cui all'art. 684 c.p.p.). Per aderire alla tesi del carattere cautelare del procedimento in esame dovremmo infine ammettere che tutti i procedimenti di liberazione anticipata rivestono detto profilo: il che ovviamente non e'. Se le considerazioni sopra esposte sono fondate, se ne deve dedurre che non vi e', nella fattispecie di cui all'art. 69-bis O.P., quella peculiare natura cautelare - nel duplice senso sopra indicato - tale da consentirne la comparazione sistematica con gli istituti propriamente cautelari previsti dall'ordinamento, in rapporto ai quali si giustifica - per i motivi sopra detti - il differimento delle garanzie difensive costituzionalmente tutelate ad una fase procedimentale successiva rispetto a quella in cui il giudice di prima istanza decide sul provvisorio assetto del diritto azionato. 7. - Pare, infine, appena il caso di precisare come non possa fondatamente sostenersi la natura amministrativa del procedimento ex art. 69-bis O.P., cio' che giustificherebbe - forse - la compressione delle garanzie in termini di contraddittorio (a somiglianza, ad esempio, di quanto avviene nel caso dei procedimenti per la concessione dei permessi ai detenuti, in rapporto ai quali la garanzia del procedimento di sorveglianza ai sensi dell'art. 678 c.p.p. e' assicurata soltanto nella fase - eventuale - del reclamo avanti al tribunale di sorveglianza ai sensi degli artt. 30-bis e ter O.P.). Infatti, la concessione della liberazione anticipata non soltanto e' estranea alla gestione del detenuto sotto l'aspetto amministrativo o meramente trattamentale (peraltro, la previsione della concedibilita' del beneficio agli affidati al servizio sociale ne e' la piu' evidente conferma), ma incide direttamente sulla vicenda del rapporto esecutivo penale, e dunque, sulla liberta' personale. La natura giurisdizionale del procedimento di concessione del beneficio e' dunque conseguenziale a quanto sopra rilevato, oltre che avvalorato dall'argomento storico, costituito dal previgente tenore della norma di cui all'art. 70 O.P., che attribuiva i procedimenti ex art. 54 O.P. alla cognizione del tribunale di sorveglianza che decideva seguendo le regole del rito processuale (art. 678 c.p.p.). 8. - Peraltro, sia pure - ovviamente - in rapporto a tutt'altra fattispecie e incidenter, la Corte costituzionale ha di recente richiamato il principio secondo il quale «la regola del contraddittorio, nella sua accezione di previa audizione del soggetto interessato, ... nel nostro Stato democratico si eleva a principio di tendenziale osservanza in tutti i casi in cui il provvedimento sia suscettibile di incidere su situazioni soggettive» (Corte cost., sent. n. 457 del 15 novembre 2002). La ravvisata dissonanza del procedimento di cui all'art. 69-bis O.P. rispetto al principio costituzionale dell'art. 24, comma 2, Cost., emerge in tutta la sua evidenza qualora si ponga attenzione non soltanto al carattere giurisdizionale dell'attivita' del magistrato di sorveglianza nel momento in cui conosce dei procedimenti di cui all'art. 69-bis O.P., ma altresi' alla natura del beneficio penitenziario nella specie concesso o rifiutato. L'elaborazione giurisprudenziale e dottrinale dell'istituto della liberazione anticipata attribuisce a quest'ultima natura di vero e proprio diritto del condannato una volta che siano giudizialmente accertati i presupposti di legge. Peraltro, il beneficio in questione se concesso, incide immediatamente sulla pena in espiazione e, dunque, sulla liberta' personale del soggetto. 9. - Se ne deve forzatamente concludere l'incompatibilita' del procedimento, cosi' come disegnato dall'art. 69-bis, comma primo, O.P., rispetto al principio della garanzia del diritto difesa sancito dall'art. 24, comma 2, Cost., nella parte in cui non stabilisce l'applicazione al procedimento di liberazione anticipata delle norme processuali di cui agli artt. 666, 678 c.p.p. Poiche' si tratta di norma sulla cui applicazione verte il presente procedimento la questione e' rilevante ai fini del presente giudizio, non potendo essere questo definito se non con l'applicazione della norma procedurale che lo disciplina. Il procedimento deve pertanto sospendersi e gli atti essere inviati alla Corte costituzionale.
P. Q. M. Visti gli articoli 23 e seguenti legge 11 marzo 1953, n. 87, 69-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354 cosi' come introdotto dalla legge 19 dicembre 2002, n. 277; Dispone la trasmissione degli atti del presente procedimento alla Corte costituzionale; Dispone la sospensione del presente procedimento in attesa della decisione della Corte medesima. Manda alla cancelleria per le comunicazioni di legge e, in particolare, la notifica all'interessato, al pubblico ministero, al Presidente del Consiglio dei ministri, nonche' la comunicazione ai Presidenti delle Camere. Vercelli, cosi' deciso il 29 gennaio 2003. Il magistrato di sorveglianza: Fiorentini 03C0453