N. 251 ORDINANZA (Atto di promovimento) 31 gennaio 2003

Ordinanza  emessa  il  31  gennaio  2003 dalla Commissione tributaria
provinciale  di  Genova sul ricorso proposto da Banca d'Italia contro
Comune di Genova

Tributi  locali - Imposta comunale sugli immobili - Base imponibile -
  Determinazione  agevolata  «per gli immobili di interesse storico o
  artistico ai sensi dell'art. 3 della legge 1° giugno 1939, n. 1089,
  e  successive modificazioni» - Applicabilita' limitatamente ai beni
  appartenenti   a   soggetti   privati,   e  non  anche  per  quelli
  (disciplinati dall'art. 4 della legge n. 1089/1939) appartenenti ad
  enti   pubblici  -  Ingiustificata  disparita'  di  trattamento  di
  situazioni  oggettivamente  identiche  - Violazione dei principi di
  eguaglianza e di capacita' contributiva.
- Decreto-legge  23  gennaio  1993,  n. 16,  convertito con modifiche
  nella legge 24 marzo 1993, n. 75, art. 2, comma 5.
- Costituzione, art. 3.
(GU n.19 del 14-5-2003 )
                LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE

    Ha emesso la seguente ordinanza sul ricorso n. 1184/02 depositato
il     14 febbraio    2002    avverso    avviso    di    accertamento
n. 720085/567270/614687   I.C.I.   1995,  contro  Comune  di  Genova,
proposto  dal  ricorrente Banca d'Italia, via Nazionale n. 91 - 00184
Roma (RM), difeso da Pollice-Massariello, via Nazionale n. 91 - 00100
Roma  (RM)  avverso  avviso  di  accertamento n. 720085/567270/614687
I.C.I.  1996,  contro Comune di Genova, proposto dal ricorrente Banca
d'Italia,   via   Nazionale  n. 91  -  00184  Roma  (RM),  difeso  da
Pollice-Massariello,  via  Nazionale n. 91 - 00100 Roma (RM), avverso
avviso  di  accertamento  n. 720085/567270/614687 I.C.I. 1997, contro
Comune  di  Genova,  proposto  dal  ricorrente  Banca  d'Italia,  via
Nazionale  n. 91 - 00184 Roma (RM) difeso da Pollice-Massariello, via
Nazionale  n. 91  -  00100  Roma (RM), avverso avviso di accertamento
n. 720085/567270/614687 I.C.I. 1998 contro Comune di Genova, proposto
dal ricorrente Banca d'Italia, via Nazionale n. 91 - 00184 Roma (RM),
difeso da Pollice-Massariello, via Nazionale n. 91 - 00100 Roma (RM).

                            O s s e r v a

    Con  gli  avvisi  indicati  in  epigrafe  il  Comune  di Genova -
Direzione  risorse  finanziarie  -  Settore tributi - contestava alla
Banca  d'Italia il mancato versamento dell'I.C.I. dovuta per gli anni
dal  1995  al 1998 in relazione agli immobili siti in via Dante e via
Meucci.  Liquidava  pertanto la maggiore imposta dovuta ed i relativi
interessi;   applicava,   inoltre,  le  sanzioni  amministrative  per
«dichiarazione  infedele,  incompleta o inesatta per quanto attiene i
parametri  per  il  calcolo  dell'imposta»;  richiedeva,  quindi,  il
pagamento delle somme seguenti:
        per  l'anno  1995,  complessive  L. 352.914.000  (delle quali
L. 229.164.852    per   I.C.I.,   L. 66.457.806   per   interessi   e
L. 57.291.213 per sanzioni amministrative);
        per  l'anno  1996,  complessive  L. 363.355.000  (delle quali
L. 245.509.908    per   I.C.I.,   L. 56.467.278   per   interessi   e
L. 61.377.477 per sanzioni amministrative);
        per  l'anno  1997,  complessive  L. 343.027.000  (delle quali
L. 240.720.652    per   I.C.I.,   L. 42.126.114   per   interessi   e
L. 60.180.163 per sanzioni amministrative);
        per   l'anno   1998,   complessive   L. 338.707.000  (di  cui
L. 246.332.622    per   I.C.I.,   L. 30.791.577   per   interessi   e
L. 61.583.000 per sanzioni amministrative).
    L'Ufficio fondava la propria pretesa sul rilievo secondo il quale
l'agevolazione   ai   fini  I.C.I.  prevista  dall'art. 2,  comma  5,
decreto-legge  23 gennaio  1993,  n. 16, convertito in legge 24 marzo
1993,  n. 75, di cui si era avvalsa la Banca d'Italia per determinare
la  base  imponibile  dell'imposta,  non  competeva  agli  edifici in
questione  in  quanto  gli  stessi  non  rientravano  tra  quelli  di
interesse   storico   o   artistico   «particolarmente   importante»,
disciplinati  dall'art. 3,  della  legge  1° giugno 1939, n. 1089, ma
erano  vincolati  invece  secondo il diverso regime di cui all'art. 4
della stessa legge.
    Avverso   questi   avvisi  di  accertamento  la  Banca  d'Italia,
rappresentata  e  difesa  dall'avv. Luciano  Pollice e dalla dott.ssa
comm. Silvia Massariello, ha proposto rituale e tempestivo ricorso.
    Deduce:
    1.  -  Le  violazioni  dell'art. 2,  comma  5,  del decreto-legge
23 gennaio  1993, n. 16, convertito nella legge 24 marzo 1993, n. 75,
non   avendo   l'ufficio   tenuto   conto   della   natura  oggettiva
dell'agevolazione  fiscale in esso prevista, considerato che unica e'
la  categoria l'immobile di interesse artistico e storico costituente
bene culturale, cosi' come unico e' il regime per quanto concerne gli
obblighi del proprietario.
    Sottolinea al riguardo che la distinzione di cui agli artt. 3 e 4
della  legge  n. 1089/1939,  posta  in  evidenza  dal  Comune, non ha
carattere oggettivo ma solo soggettivo. Essa rileva, infatti, solo ai
fini  del  procedimento  amministrativo  di  individuazione  del bene
culturale.
    Nei  confronti dei proprietari privati, persone fisiche e persone
giuridiche  aventi  scopo  di  lucro,  l'individuazione dell'immobile
oggetto di tutela avviene attraverso un complesso procedimento che si
conclude   con   l'emissione   della  «dichiarazione  di  interesse»,
notificata   al   proprietario   e   trascritta  nei  registri  delle
conservatorie,  con  la  quale  la  competente  autorita' accerta con
valore costitutivo (efficacia ex nun) la sussistenza del requisito di
legge  ed  impone  quindi  il  relativo  vincolo  (art. 3 della legge
n. 1089/1939, ora artt. 6-8 del T.U. n. 490/99).
    Per   gli  immobili  costituenti  beni  di  interesse  storico  o
artistico  di  proprieta' di enti pubblici (come la Banca d'Italia) o
di  persone giuridiche senza scopo di lucro (associazioni, fondazioni
e  altri  enti  riconosciuti  persone  giuridiche)  la «dichiarazione
d'interesse»  non e' invece necessaria, in quanto la qualita' di bene
culturale  discende  direttamente  dalla  legge  (art. 4  della legge
n. 1089/1939,  art. 5 del T.U.). Qualsiasi riconoscimento formale, ed
anche un'eventuale certificazione da parte della Soprintendenza circa
la  sussistenza  della  qualita'  di  immobile di interesse storico o
artistico,  ha quindi un valore meramente dichiarativo dell'esistenza
del vincolo, con efficacia ex tunc.
    Ne  consegue, ad avviso della ricorrente, che «se nella normativa
extra-tributaria  la  «dichiarazione  di interesse» non e' necessaria
quando  l'immobile  e' di proprieta' di un ente pubblico (quale e' la
Banca  d'Italia), anche nella normativa tributaria tale dichiarazione
risulta  non essere necessaria per fruire delle agevolazioni previste
per i beni culturali.
    Il diritto all'agevolazione I.C.I. non puo', quindi, essere messo
in discussione nel caso di specie avendo, peraltro, la Soprintendenza
per  i  beni  ambientali ed architettonici per la Liguria formalmente
riconosciuto  il carattere di notevole interesse storico-artistico al
fabbricato della Banca sito in via Dante n. 3.
    2.   -   La   violazione  dell'art. 11  del  decreto  legislativo
30 dicembre  1992,  n. 504,  per  avere  il  comune esercitato il suo
potere  di controllo in relazione agli anni 1993-1994 oltre i termini
di legge.
    Sottolinea  altresi'  che  gli  accertamenti si basano solo sulle
dichiarazioni  presentate  e prescindono completamente dai versamenti
eseguiti  negli  anni  1995,  1996  e 1998; gli stessi, inoltre, sono
viziati  da  un  errore materiale relativo all'ammontare dell'imposta
versata,  tenuto  conto  che  il  corrisposto  non  e'  pari a quanto
riportato negli avvisi di accertamento.
    Puntualizza  poi,  per quanto concerne l'anno 1997, che l'imposta
sui  singoli  immobili  dichiarati non risulta determinata in maniera
analitica.
    3. - La  violazione dell'art. 12 del 18 dicembre 1997, n. 472, in
quanto l'ufficio nell'applicare le sanzioni ha disatteso il principio
del  favor  rei  (art. 3  del  d.lgs.  n. 472/1992),  in  particolare
l'istituto della violazione continuata.
    Il  comune,  infatti,  pur  avendo  notificato  una pluralita' di
avvisi di accertamento per differenti anni ha liquidato autonomamente
le  sanzioni per ciascun periodo d'imposta e per ciascuna violazione;
ha  quindi provveduto al cumulo materiale delle sanzioni senza tenere
conto   che  nella  specie  andava  applicato  per  legge  il  cumulo
giuridico.
    La  ricorrente  chiede,  pertanto:  in  via principale, che siano
dichiarati  nulli  gli  impugnati  avvisi  di  accertamento,  perche'
infondati  nel  merito; in via subordinata, che non vengano applicate
le sanzioni, ex art. 6, comma 2, d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, per
obiettive  condizioni  di  incertezza  sulla portata e sull'ambito di
applicazione dell'art. 2, comma 5, del decreto-legge 23 gennaio 1993,
n. 16   convertito   nella   legge   24 marzo  1993,  n. 75;  in  via
ulteriormente graduata che siano annullate le sanzioni per infedelta'
della  dichiarazione  e/o  ridotto l'importo delle sanzioni irrogate,
tenuto  conto  del  beneficio  del  cumulo giuridico; con vittoria di
spese.
    Si  e'  costituito  il Comune di Genova in persona del suo legale
rappresentante  pro  tempore  rappresentato  e  difeso  in  virtu' di
procura  a  margine  dell'atto  di costituzione dal prof. avv. Victor
Uckmar e dall'avv. Francesca Balzani.
    Con  la memoria di controdeduzioni chiede il rigetto del ricorso,
poiche' inammissibile e comunque infondato, con vittoria di spese.
    Quanto  all'agevolazione  ai  fini  I.C.I.  prevista dell'art. 2,
comma 5 del decreto-legge 23 gennaio 1993, n. 16, convertito in legge
24 marzo  1993,  n. 75,  per  i beni indicati dall'art. 3 della legge
1° giugno  1939,  n. 1089,  l'ente  impositore pone in rilievo che la
chiarezza  e  l'univocita'  del  dettato normativo, rendono qualsiasi
interpretazioni,   che  non  sia  quella  letterale,  distorsiva  del
significato che il legislatore gli ha inteso attribuire.
    L'assenza   di   una   disposizione  diretta  a  considerare  con
particolare favore l'intera categoria dei beni di interesse artistico
e  culturale nell'ambito del decreto istitutivo dell'I.C.I., conferma
e  rafforza  l'affermazione dell'eccezionalita' della disposizione in
esame   che  si  pone  in  un'ottica  di  specialita'  rispetto  alla
disciplina  dettata in materia di imposta comunale sugli immobili. Da
tale   natura   eccezionale,   discende,  con  immediatezza,  la  non
estensibilita'  del  beneficio ai casi non contemplati e l'esclusione
di ogni possibilita' di interpretazione in via analogica.
    Sottolinea  poi che la nozione di immobile di interesse artistico
e  culturale  e'  senz'altro  unica  se  intesa in senso generale ma,
nell'ambito  della stessa deve riconoscersi l'esistenza di gradazioni
volte  a  far emergere, salvaguardare e valorizzare particolari beni;
solo   questi,  previsti  dall'art. 3  dalla  legge  1° giugno  1939,
n. 1089,  e  non  la  generalita',  sono  oggetto di agevolazione. La
ripartizione e' pertanto quella voluta non gia' dal Comune, sul quale
incombe   il  dovere  di  applicare  la  norma  con  rigore,  ma  dal
legislatore.
    Puntualizza  altresi'  che  in  tal  senso  e'  la giurisprudenza
tributaria  di merito (Commissione tributaria provinciale di Genova -
sez.  13  -  sentenza  n. 822/13/00  del  14 luglio-13 dicembre 2000,
confermata   dalla   locale  Commissione  tributaria  regionale,  con
sentenza n. 96, del 3 dicembre 2001-16 gennaio 2002).
    In  ordine  poi  all'assente  violazione dell'art. 11 del decreto
legislativo  30 dicembre  1992,  n. 504, l'Ufficio pone in rilievo di
avere  esercitato  il potere di rettifica delle dichiarazioni e delle
denunce  nel  pieno  rispetto  dei  limiti  di  decadenza fissati dal
legislatore.
    Sottolinea  che  a  norma  dell'art. 10,  comma  4,  del  decreto
legislativo  30 dicembre  1992,  n. 504,  la dichiarazione ha effetto
anche   per   gli  anni  successivi  sempreche'  non  si  verifichino
modificazioni  dei dati o elementi dichiarati cui consegua un diverso
ammontare   dell'imposta   dovuta.  Da  cio'  deriva  la  persistente
validita'   delle   dichiarazioni   originarie  e,  quindi,  la  loro
contestabilita'  limitatamente  ai periodi di imposta per i quali non
sia  intervenuta decadenza e per quegli immobili in esse indicati per
i  quali  non  siano intervenute modificazioni tali da comportare una
denuncia in variazione.
    Esclude,  infine, la sussistenza di qualsivoglia errore materiale
nella  determinazione dell'ammontare del tributo avendo tenuto conto,
nell'emettere   gli  avvisi  di  accertamento,  dei  versamenti  gia'
effettuati dal contribuente.
    Precisa  che  l'ammontare  versato  da  controparte,  a titolo di
pagamento   I.C.I.,  non  riguarda  solamente  gli  immobili  la  cui
tassazione  e'  in contestazione, ma anche altri, di proprieta' dello
stesso  ente,  non  sottoposti  ad avviso di accertamento. Da cio' le
ragioni  della  mancata  corrispondenza  degli importi indicati negli
avvisi  di  accertamento  e  nelle ricevute allegate. Il non corretto
assolvimento  dell'onere probatorio relativamente agli importi che si
contestano  impedisce  comunque  che  si  possa  avere contezza della
censura mossa al riguardo.
    Con   memoria   di  replica  depositata  il  10 ottobre  2002  la
ricorrente insiste nel ricorso.
    In  particolare,  ribadisce  l'unitarieta'  della categoria degli
immobili  di interesse storico-artistico e sollecita, di conseguenza,
una  interpretazione  estensiva della norma agevolativa in questione,
proprio per evitare una censura di incostituzionalita' della medesima
considerato che la disciplina agevolativa introdotta nell'ordinamento
con  legge 2 agosto 1982, n. 512, trova applicazione nei confronti di
tutti  indistintamente  i  beni  culturali  disciplinati  dalla legge
n. 1089/1939.
    Eccepisce, in subordine, l'incostituzionalita' dell'art. 2, comma
5,  decreto-legge  n. 1993/16,  convertito  in  legge n. 1993/75, per
violazione  del  principio  di uguaglianza sancito nell'art. 3 Cost.,
ingiustificata  essendo  la  disparita' di trattamento per situazioni
identiche   collegata   alla   sola   circostanza   che  il  soggetto
proprietario  dell'immobile  avente  valore storico- artistico sia un
privato anziche' un ente pubblico.
    Pone  altresi'  in rilievo che il diritto all'agevolazione I.C.I.
per  gli  immobili  di  interesse storico artistico di cui essa si e'
avvalsa  fin dal 1993 non solo non e' stato mai contestato dai comuni
nei  cui territori essa possiede immobili di pregio, ma ha comportato
anche,  in  taluni casi, il rimborso della maggiore I.C.I. pagata nel
1993  per  l'impossibilita'  di  applicare,  per  quel medesimo anno,
l'agevolazione  in  modo  completo,  a  causa  della  difficolta'  di
convertire in vani la consistenza espressa in metri quadri o in metri
cubi.
    Contesta  poi l'interpretazione dell'art. 11, comma 2 del decreto
legislativo  30 dicembre  1992,  n. 504, non potendo essere applicate
sanzioni   per   il   mancato   versamento  e  per  l'omessa/infedele
dichiarazione,  considerato,  tra  l'altro,  che  non  sussiste nella
specie  la  violazione  dell'obbligo  di  dichiarazione  non  essendo
intervenute  variazioni  negli  elementi che concorrono a determinare
l'imposta.
    Contesta   infine   quanto   dedotto   dal   Comune  a  proposito
dell'ammontare  della  maggiore imposta dovuta in quanto gli immobili
di  proprieta'  di  essa  ricorrente,  essendo  tutti  collocati  nel
medesimo edificio, sono tutti di interesse storico-artistico.
    All'udienza  di  trattazione,  le parti presenti, hanno insistito
nei rispettivi assunti.

                       Motivi della decisione

    Per  ragioni  di ordine logico deve essere esaminata per prima la
questione    di   costituzionalita'   dell'art. 2,   comma   5,   del
decreto-legge  23 gennaio  1993,  n. 16  convertito in legge 24 marzo
1993,  n. 75, sollevata dalla difesa della ricorrente con riferimento
all'art. 3 Cost., nella ipotesi in cui si ritenga non applicabile, in
via  estensiva,  all'edificio in questione, l'agevolazione fiscale in
esso prevista. E cio' proprio perche' questa commissione non ritiene,
alla  stregua  del  chiaro  tenore  della  norma  in  esame,  e della
giurisprudenza  tributaria  di  merito  esistente  in materia, che il
particolare  criterio  di  calcolo  della base imponibile dell'I.C.I.
espressamente  previsto solo «per gli immobili di interesse storico o
artistico  ai  sensi dell'art. 3 della legge 1° giugno 1939, n. 1089»
possa  essere esteso anche agli immobili che appartengono ai soggetti
indicati nell'art. 4 della stessa legge.
    Ne'  sembra  condivisibile  la  tesi  sostenuta  dalla ricorrente
secondo  la  quale  la formulazione della norma in esame risulterebbe
meno ampia rispetto al pensiero del legislatore (lex minus dixit quam
voluit)  tenuto  conto  che  una  disposizione  di analogo contenuto,
concernente  la  determinazione  del reddito dei fabbricati, e' stata
introdotta,  in  tema  di imposte sui redditi (T.U. 22 dicembre 1986,
n. 917), dall'art. 11, comma 2, della legge 30 dicembre 1991, n. 413.
    E'  bene  innanzi  tutto  brevemente  ricordare che la nozione di
immobile   di   interesse  storico  o  artistico  e'  oggi  contenuta
nell'art. 2,  comma  1,  lett.  a)del  testo unico delle disposizioni
legislative  in  materia  di  beni  culturali  ed ambientali (decreto
legislativo  29 ottobre  1999,  n. 490) che riproduce sostanzialmente
l'art. 1  della  legge  1° giugno  1939,  n. 1089  (Tutela delle cose
d'interesse  artistico  e  storico).  Essa  postula la presenza di un
elemento  positivo  (l'accertata  idoneita'  a soddisfare l'interesse
storico  o  artistico)  e l'esistenza di un doppio elemento negativo,
previsto all'ultimo comma della disposizione: non deve essere vivente
l'autore  dell'edificio  e  la  costruzione  dell'immobile  non  deve
risultare  ultimata  da meno di cinquanta anni. Ed e' quindi connessa
esclusivamente   alle   caratteristiche   oggettive  dell'immobile  a
prescindere  da  qualsivoglia profilo soggettivo. L'unica distinzione
di  carattere soggettivo si rinviene nel procedimento, in particolare
nel   momento   in   cui   il  diritto  soggettivo  del  proprietario
affievolisce  ad  interesse  legittimo:  per  i  privati e', infatti,
prevista,  a  maggior  garanzia, una formalizzazione del procedimento
che  si conclude con la notifica della dichiarazione di interesse, la
quale  accerta  con  valore  costitutivo  l'esistenza  di  un vincolo
pubblicistico.  Per  i  soggetti  diversi dai privati (Stato ed altri
enti pubblici) il vincolo sorge, invece, direttamente dalla legge e i
vari   procedimenti  di  formalizzazione  previsti  hanno  un  valore
meramente  dichiarativo del vincolo. Tant'e' che i beni ove rientrino
tra  quelli elencati nell'art. 2 del t.u. (art. 1 legge n. 1939/1089)
sono  sottoposti alla legge di tutela anche se non risultino compresi
negli  elenchi  o nelle dichiarazioni (art. 5, comma 5, t.u - art. 4,
comma 3, legge n. 1939/1089).
    Nella  disciplina  degli  obblighi di conservazione e restauro la
legge  non  fa,  comunque, alcuna distinzione di carattere soggettivo
per quanto concerne il proprietario dell'immobile.
    Ne  consegue,  come  ha ben puntualizzato la ricorrente nella sua
memoria,  «che,  essendo  la posizione soggettiva unitaria, come sono
identici gli obblighi, sono uguali anche i diritti dei proprietari di
immobili  di interesse storico o artistico, siano essi privati oppure
no».
    La  tesi  affermata  dal  Comune  di individuare due categorie di
immobili  aventi interesse storico-artistico: la prima che gode dell'
agevolazione  fiscale  e  l'altra  no,  pur  in presenza dei medesimi
obblighi    previsti    a    carico   dei   proprietari   (e   quindi
dell'affievolimento  per  entrambi ad interesse legittimo del diritto
soggettivo  di  proprieta',  con  gli  obblighi di fare e di non fare
posti  dal  testo  unico),  ancorche'  sorretta  dal  chiaro  dettato
dall'art. 2,  comma 5,  del  decreto-legge  23 genniao  1993,  n. 16,
convertito  nella legge 24 marzo 1993, n. 75, da' luogo, tuttavia, ad
una   evidente   ed  ingiustificata  disparita'  di  trattamento  per
situazioni  identiche,  collegata esclusivamente alla circostanza che
il soggetto proprietario del bene sia un soggetto privato anziche' un
ente  pubblico.  E  viola  pertanto  il principio sancito nell'art. 3
della  Costituzione  circa  il  diritto  di  uguaglianza  di  tutti i
cittadini  davanti alla legge, senza alcuna distinzione, tra l'altro,
di  condizioni  personali  e  sociali.  Violazione  questa certamente
rilevante  ai  fini  del presente giudizio poiche' concerne una norma
che deve qui trovare concreta applicazione.
    Vero e' che in tema di entrate tributarie il legislatore ha ampia
discrezionalita'   nell'apprezzamento  della  capacita'  contributiva
espressa  dalle  diverse situazioni di fatto; che esigenze di finanza
pubblica possono indurlo a limitare, nell'ambito dei singoli tributi,
la portata delle agevolazioni fiscali. Tale potere, tuttavia, benche'
ampio  non puo' spingersi al punto di violare i fondamentali principi
dell'eguaglianza e della capacita' contributiva.
    Nel  caso  di  specie  non  e' dato comprendere le ragioni per le
quali l'agevolazione fiscale concernente la base imponibile sia stata
limitata  dall'art. 2,  comma  5,  del decreto-legge 23 gennaio 1993,
n. 16, convertito nella legge 24 marzo 1993, n. 75, ai soli «immobili
di  interesse  storico  o  artistico ai sensi dell'art. 3 della legge
1° giugno  1939,  n. 1089», considerato, tra l'altro: a) che l'I.C.I.
e' un'imposta diretta, di natura reale, che colpisce il bene immobile
in  quanto  tale;  b) che, come posto in rilievo dalla ricorrente «le
agevolazioni  per  gli immobili di interesse storico e artistico sono
state  introdotte  nella  legislazione italiana con la legge 2 agosto
1982,  n. 512  che  prevedeva  una  serie di agevolazioni ai fini sia
delle  imposte dirette (art. 2 - "Aggiornamento dei redditi catastali
degli  immobili  vincolati"  e art. 3 - "Oneri deducibili dal reddito
delle   persone   fisiche   e  giuridiche")  sia  delle  imposte  sui
trasferimenti  (art. 4  -  "Esclusione dall'attivo ereditario ai fini
dell'imposta  di  successione"  e  art. 5  - "Riduzione dell'aliquota
dell'imposta  di  registro")» per tutti indistintamente «gli immobili
riconosciuti  di  interesse  storico o artistico ai sensi della legge
1° giugno  1939,  n. 1989» (art. 2); come peraltro risulta dal tenore
delle  seguenti  disposizioni:  - art. 3, «le cose vincolate ai sensi
della legge 1° giugno 1939, n. 1089 ...»; - art. 4, «... se vincolate
ai  sensi  della  legge  1° giugno  1939,  n. 1089  ...  le  cose che
presentano  interesse  artistico  e  storico  ...»;  -  art. 5, «...
immobili di interesse storico, artistico o archeologico soggetti alla
legge   1° giugno   1939,   n. 1089   ...»).   E   cio'  proprio  per
controbilanciare  gli  obblighi,  a rilevante contenuto economico, di
fare  (protezione,  manutenzione  e  restauro delle cose di interesse
storico  o  artistico)  e di non fare (non mutare la destinazione dei
beni) che incombono sui beni stessi per effetto della loro soggezione
alla   disciplina   amministrativa  dettata  in  materia.  La  stessa
normativa   fiscale  (artt. 1,  2,  3,  4  e  5  della  citata  legge
n. 512/1982)   ribadiva  peraltro  che  l'osservanza  degli  obblighi
imposti costituiva un presupposto necessario per l'applicazione delle
agevolazioni.
                              P. Q. M.
    Visti  gli artt. 134 della Costituzione e 23 della legge 11 marzo
1953,  n. 87,  dichiara  rilevante  e non manifestamente infondata la
questione  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 2, comma 5, del
decreto-legge 23 gennaio 1993, n. 16, convertito nella legge 24 marzo
1993,  n. 75,  in  relazione  all'art. 3  della  Cost. laddove limita
l'agevolazione   fiscale  ai  fini  I.C.I.  solo  agli  «immobili  di
interesse  storico  o  artistico  ai  sensi  dell'art. 3  della legge
1° giugno 1939, n. 1089 e successive modifiche».
    Dispone   l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla  Corte
costituzionale e sospende il giudizio in corso.
    Ordina  che  a  cura  della cancelleria la presente ordinanza sia
comunicata alle parti, nonche' notificata al Presidente del Consiglio
dei ministri ed ai Presidenti del Senato e della Camera.
        Cosi' deciso in Genova, il 22 ottobre 2002
                   Il Presidente-relatore: Di Noto
03C0458