N. 266 ORDINANZA (Atto di promovimento) 15 febbraio 2003

Ordinanza  emessa  il  15  febbraio 2003 dal tribunale di Bologna nel
procedimento penale a carico di Mehdad Rabah

Straniero  -  Espulsione  amministrativa - Reato di trattenimento nel
  territorio  dello Stato in violazione dell'ordine di allontanamento
  impartito  dal  questore  -  Arresto  obbligatorio  in  flagranza -
  Irragionevole  disparita'  di  trattamento  rispetto  ad ipotesi di
  reato   analoghe  o  piu'  gravi  -  Carenza  del  requisito  della
  necessita'  ed  urgenza  per  l'adozione  da  parte  della  polizia
  giudiziaria di provvedimenti provvisori destinati ad incidere sulla
  liberta' personale.
- D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 14, comma 5-quinquies, aggiunto
  dalla legge 30 luglio 2002, n. 189.
- Costituzione, artt. 3 e 13, comma terzo.
(GU n.20 del 21-5-2003 )
                            IL TRIBUNALE

    Sulla  richiesta  del  p.m.  di convalida dell'arresto di: Mehdad
Rabay  tratto  in  arresto  a  Bologna  il  14 febbraio 2003 ai sensi
dell'art. 14,  comma 5-quinquies, d.lgs. n. 286/1998, come modificato
dalla    legge   n. 189/2002,   per   la   contravvenzione   prevista
dall'art. 14, comma 5-ter, stessa legge.
    1. - Premesso  che  con decreto del 28 agosto 2002 il prefetto di
Bologna aveva disposto l'espulsione dell'arrestato e che, con decreto
emesso  e  notificato il 21 settembre 2002 il questore di Bologna gli
aveva  ordinato  di  allontanarsi  dal  territorio  dello Stato entro
cinque  giorni  ai  sensi  dell'art. 14, comma 5-bis, del testo unico
n. 286/1998 come modificato dalla legge n. 189/2002;
    Premesso   inoltre   che   l'arrestato   e'  privo  di  documenti
d'identita'  ed  e'  stato sottoposto a rilievi dattiloscopici per la
sua  identificazione,  non  e'  mai stato condannato, non risulta che
abbia pendenze giudiziarie e non e' mai stato segnalato dalla polizia
come autore di reati;
    Osserva  che  sussistono  dubbi sulla legittimita' costituzionale
della  norma  dell'art. 14, comma 5-quinquies, d.lgs. n. 286/1998 con
riferimento   alle   norme   degli  artt. 3  e  13,  comma  3,  della
Costituzione.   Poiche'   non  appare  manifestamente  infondata,  la
questione deve essere sollevata anche d'ufficio.
    2. - Con riferimento all'art. 13, comma 3, della Costituzione, la
norma indicata appare illegittima per le seguenti ragioni.
    L'art. 13  della  Costituzione prevede che «la liberta' personale
e'  inviolabile»  (comma  1),  che  la liberta' personale puo' essere
limitata  soltanto con atto motivato dell'autorita' giudiziarla e nei
soli  casi  e  modi previsti dalla legge (comma 2) e che soltanto «in
casi  eccezionali  di  necessita'  ed urgenza indicati tassativamente
dalla   legge,   l'autorita'  di  p.s.  puo'  adottare  provvedimenti
provvisori»,  che  devono  essere  convalidati  in  tempi  brevissimi
dall'autorita' giudiziarla (comma 3).
    Il legislatore ordinario puo' quindi determinare i casi in cui la
liberta'  personale pua' essere provvisoriamente limitata dalla p.s.,
ma  la  scelta  e'  limitata  al  «casi  eccezionali di necessita' ed
urgenza».    Poiche'    l'art. 14,    comma    5-quinquies,   prevede
l'obbligatorieta'  dell'arresto  quando  sia  accertata  la flagranza
della  contravvenzione  dell'art. 14,  comma  5-ter, le condizioni di
eccezionale   gravita'   ed   urgenza  che  possono  giustificare  la
limitazione  provvisoria della liberta' personale da parte della p.s.
non  possono  essere  valutate in concreto ma soltanto in astratto in
relazione  al  reato  a  cui  e'  collegata la previsione dell'aresto
obbligatorio.
    La  contravvenzione  in  esame per la quale e' previsto l'arresto
obbligatorio  in  flagranza  e' un reato di mera condotta. L'elemento
materiale del reato e' il fatto dello straniero che, gia' espulso dal
territorio  dello  Stato  in  quanto  clandestino non abbla osservato
l'ordine di allontanamento del questore.
    La  struttura  del  reato  non prevede quindi ne' la lesione o la
messa  in  pericolo  di  un bene costituzionalmente protetto, ne' una
condizione  soggettiva  di  pericolosita' specifica dell'autore, che,
mai  condannato  ne'  giudicato  per  altri  reati,  non  puo' essere
giudicato  socialmente  pericoloso  (cfr. sentenze 126/1972 e 64/1977
della  Corte  costituzionale nelle quali la legittimita' dell'arresto
era   collegata   al   preesistente   accertamento  giudiziale  delle
condizioni di pericolosita' sociale).
    La  permanenza  clandestina  dello  straniero  in  Italia  e' una
condizione  che legittima l'espulsione ma non costituisce alcun reato
e che, dipendendo dalla formale assenza di documenti d'identita', non
puo'  essere  indice  di per se stessa di una specifica pericolosita'
del soggetto.
    Ne'  la  condotta  punita  ne' le condizioni dell'agente assumono
quindi,  nel nostro caso, quei connotati di eccezionale necessita' ed
urgenza che giustificano il potere della p.s. di limitare la liberta'
personale ai sensi dell'art. 13, comma 3, della Costituzione.
    Si deve anche osservare che l'arresto obbligatorio e' previsto in
questo  caso  per una contravvenzione. Il sistema processuale vigente
non prevede per le contravvenzioni l'applicazione di misure cautelari
(artt.  280  e  287 c.p.p.). In nostro caso non fa eccezione e dunque
anche nel nostro caso l'arresto non ha una funzione precautelare.
    Esistono  altri casi in cui l'arresto e' consentito a prescindere
dalla  successiva  applicazione  di  misure cautelari ma si tratta di
casi molto diversi dal nostro.
    Un   primo  caso  e'  quello  previsto  per  il  delitto  di  cui
all'art. 189  del  codice della strada (la pena edittale e' inferiore
ai  limiti  che consentono l'applicazione di misure cautelari). Altri
casi   sono   quelli   previsti   per   le  contravvenzioni  previste
dall'art. 4,  commi  1  e  2,  4  e  5, legge n. 110/1975 se sussiste
l'aggravante  della  finalita'  di  discriminazione  o  odio  etnico,
razziale ccc.
    Ma  e' evidente nel primo di questi casi (a prescindere dal fatto
che  si  tratta di delitto e non di contravvenzione) la necessita' di
un  intervento immediato diretto a limitare la liberta' di chi si sia
dato  alla  fuga, abbandonando la vittima di un incidente stradale da
lui  cagionato  e  abbia messo in pericolo la sicurezza individuale e
collettiva  (cfr.  in  proposito  Corte costituzionale n. 305/1996) e
negli  altri  casi la necessita' di limitare la liberta' personole di
persone  che  portino senza licenza armi proprie o improprie o, anche
provvisti   di   licenza,  in  riunioni  pubbliche,  quando  sussista
l'aggravante  della  destinazione  ad  atti violenti per finalita' di
discriminazione o di odio razziale.
    La  necessita'  dell'arresto  in  flagranza  privo  di  finalita'
precautelari  dipende,  in  questi  casi,  dal fatto che si tratta di
condotte  attive  (lesioni personali con conseguente fuga e abbandono
della  vittima  e  porto  d'armi  in  occasioni  o  con finalita' non
consentite)  che  pongono  concretamente  in  pericolo  la  sicurezza
individuale  e  collettiva  e  sono necessariamente dolose. L'arresto
previsto   dall'art. 14,   comma  5-quinquies,  riguarda  invece  una
condotta  meramente  omissiva, che non pone in pericolo l'incolumita'
altrui e puo' essere anche colposa.
    E'  il  caso  di  aggiungere  che  la Corte costituzionale con la
sentenza  n. 305/1996  ha confermato la legittimita' della previsione
dell'arresto  per  il delitto di cui all'art. 189 codice della strada
ma  in  quanto  l'arresto  e'  previsto  come  facoltativo  e  quindi
«richiede  pur  sempre la sussistenza, nei singoli casi concreti, dei
presupposti  ai  quali l'art. 381, comma 4» subordina in via generale
l'adozione di tale misura».
    Nel  caso  in esame invece l'obbligatorieta' dell'arresto esclude
ogni  valutazione sulla concreta pericolosita' della condotta, con la
conseguenza  che  la previsione dell'arresto potrebbe essere conforme
alla  norma  dell'art. 13, comma 3, della Costituzione soltanto se si
ritenesse  eccezionalmente necessario ed urgente limitare la liberta'
di  uno  straniero  tutte  le  volte in cui abbia violate l'ordino di
allontanamento  del  questore  successivo  alla  sua  espulsione  dal
territorio nazionale. Ma l'ipotesi rende evidente il contrasto con il
principio   dell'inviolabilita'  della  liberta'  personale  previsto
appunto dall'art. 13 della Costituzione.
    L'arresto   obbligatorio   non   potrebbe   neppure  trovare  una
giustificazione  nell'eccezionale  necessita' ed urgenza di procedere
al rito direttissimo imposto dallo stesso art. 14, comma 5-quinquies,
per  l'accertamento  della contravvenzione dell'art. 14, comma 5-ter.
Il  rito direttissimo nel nostro ordinamento non e' infatti vincolato
alla  necessaria  presenza  dell'imputato  in  udienza,  come  appare
dell'art. 449 c.p.p. che lo prevede in tutti i casi in cui l'imputato
--  non  arrestato  ne'  detenuto -- abbia reso confessione, nei casi
previsti  dall'art. 450, comma 2, c.p.p. che espressamente dispone le
regole   processuali   per   l'ipotesi   di   citazione   a  giudizio
dell'imputato  a  piede  libero,  oltre  che  nei casi previsti dallo
stesso  d.lgs.  n. 286/1998  come modificato dalla legge n. 189/1992,
che all'art. 13, comma 13-ter, prevede ipotesi di arresto facoltativo
disponendo   che   in   ogni   caso  --  e  quindi  anche  quando  la
facoltativita'  dell'arresto  non  sia  stata  esercitata  e  percio'
l'imputato  resti  libero  --  si  proceda  contro  l'autore con rito
direttissimo.
    Ne'  infine l'eccezionale necessita' ed urgenza dell'arresto puo'
essere  collegata  alla necessita' di eseguire l'espulsione immediata
dell'arrestato  che  puo' essere effettuato anche con accompagnamento
alla   frontiera   e  in  modo  del  tutto  autonomo  e  indipendente
dall'arresto,  ai sensi dell'art. 13, comma 4, d.lgs n. 286/1998 come
modificato dalla legge n. 189/2002.
    3. - Con  riferimento all'art. 3 della Costituzione che impone al
legislatore   il   rispetto  del  limite  della  ragionevolezza  come
qualifcato  nelle  sentenze  della  Corte  costituzionale n. 26/1979,
103/1982,    409/1989,   394/1994 1)   la   previsione   dell'arresto
obbligatorio   parrebbe   essere  incostituzionale  per  le  seguenti
ragioni.
    L'art. 13, comma 13, del d.lgs. n. 286/1998 come modificato dalla
legge  n. 189/2002  prevede  il  fatto dello straniero che, espulso e
materialmente  accompagnato  alla  frontiera,  rientri nel territorio
nazionale  e  punisce questa condotta con l'arresto da sei mesi ad un
anno,   cioe'  con  una  pena  identica  a  quella  prevista  per  la
contravvenzione prevista dall'art. 14, comma 5-ter, per il caso dello
straniero  che  senza giustificato motivo si trattiene nel territorio
dello Stato in violazione dell'ordine di allontanamento impartito dal
questore.
    In  realta'  la  condotta  descritta  dall'art. 14,  comma 5-ter,
appare  meno  grave  di  quella  di  cui  all'art. 13,  comma 13;  in
quest'ultimo  caso  lo straniero che, accompagnato coattivamente alla
frontiera  a  mezzo  della  forza  pubblica e fisicamente espulso dal
territorio  dello  Stato,  vi  rientra,  pone  in essere una condotta
attiva  di  trasgressione  non  solo  ad un ordine legalmente dato ma
anche  ad  attivita' che hanno impegnato lo Stato con risorse umane e
materiali   e   ha   quindi   mostrato   un   atteggiamento  volitivo
particolarmente  forte  mentre  la condotta di cui all'art. 14, comma
5-ter,  e'  meramente  omissiva  poiche'  lo  straniero «intimato» si
limita  a  non  adempiere l'ordine e a non presentarsi alla frontiera
nel  termine indicato, tiene cioe' una condotta compatibile anche con
la semplice colpa.
    Se  dunque  e'  corretto  ritenere  che la contravvenzione di cui
all'art. 14,  comma  5-ter,  e' di gravita' pari o addirittura minore
rispetto  a  quella di cui all'art. 13, comma 13, la previsione di un
arresto  obbligatorio  nel  primo  caso e focoltativo nel secondo non
appare ragionevole.
    Ma  c'e'  di  piu'.  L'art. 13,  comma  13-ter, del t.u. in esame
prevede  come  facoltativo  l'arresto anche in caso di commissione di
uno  dei  delitti  previsti  dal precedente comma 13-bis e, fra essi,
oltre a quello dello straniero gia' denunciato per la contravvenzione
di  cui  al  comma  13  e nuovamente espulso con accompagnamento alla
frontiera,  c'e'  anche quello di violazione dell'espulsione disposta
dal  giudice  che,  ai  sensi  dell'art. 16  del decreto, puo' essere
disposta  con  la  sentenza come sanzione sostitutiva di una condanna
per  reato  non  colposo ad una pena detentiva entro il limite di due
anni  e  quindi  anche  in  relazione a soggetti che hanno dimostrato
gia',  in  concreto,  di  essere  pericolosi.  E'  indubbio  che tali
soggetti  devono essere ritenuti piu' pericolosi e il loro reingresso
nello   Stato  piu'  allarmante  della  semplice  permanenza  di  uno
straniero  che non abbia obbedito all'ordine del questore di lasciare
il territorio dello Stato entro cinque giorni.
    Il legislatore ha percio' trattato in maniera difforme situazioni
almeno    uguali    (prevedendo   l'arresto   obbligatorio   per   la
contravvenzione di cui all'art. 14, comma 5-ter, e quello facoltativo
per  la  contravvenzione  di  cui all'art. 13, comma 13) e in maniera
piu'  grave  reati  di  minore  gravita'  (la  contravvenzione di cui
all'art. 14,  comma  5-ter)  rispetto  ai delitti di cui all'art. 13,
comma 13-bis.
    D'altra  parte,  la  norma  di  cui  all'art. 14, comma 5-ter, e'
diretta  a  sanzionare  la  condotta  omissiva dello straniero che si
sottrae   all'esecuzione  volontaria  di  un  ordine  dell'autorita',
essendo  stato questo ordine emanato perche' lo straniero si trova in
una   particolare   condizione  soggettiva  (privo  di  documenti  di
identificazione  e dunque non passibile di espulsione coatta verso un
determinato Stato) ma in se' non illecita.
    L'essere  clandestino  e  non  identificabile non integra infatti
alcuna ipotesi di reato.
    Scegliendo  inoltre  il  reato di natura contravvenzionale (anche
per  conformita'  con ipotesi simili come quella dell'art. 650 c.p. e
dell'art. 2, legge n. 1423/1956) lo stesso legislatore ha qualificato
la  condotta  in  termini  di  minore  gravita'  escludendo  anche la
possibilita' di applicare misure cautelari.
    La  previsione  dell'arresto obbligatorio per l'ipotesi in esame,
in contrasto con la previsione della mera facoltativita' dell'arresto
per  fattispecie di reato di uguale o addirittura di minore gravita',
e'  percio'  censurabile  per il mancato rispetto del principio della
ragionevolezza.
    E'  appena il caso di ricordare, per concludere, che il principio
di   uguaglianza   di  cui  all'art. 3  della  Costituzione,  benche'
testualmente  riferito  ai  «cittadini»  deve  ritenersi  esteso agli
stranieri,  trattandosi  di  norma  diretta  alla  tutela dei diritti
inviolabili dell'uomo (Corte costituzionale sent. n. 104/1969).
    4. - La  questione  sollevata e' rilevante poiche' l'arrestato e'
stato  privato della liberta' personale e obbligatoriamente tratto in
arresto,  senza  alcun  giudizio  di pericolosita', per la violazione
dell'art. 14,  comma  5-ter  e  condotto  davanti  al  giudice per la
convalida   dell'arresto   e   il   giudizio  direttissimo  ai  sensi
dell'art. 558 c.p.p.
    La circostanza che la mancata convalida dell'arresto determinera'
la  caducazione  della misura non puo' influire sulla rilevanza della
questione  di legittimita'. In proposito e' sufficiente richiamare la
sentenza n. 54/1993 della Corte costituzionale con la quale e' stato,
fra  l'altro,  affermato  testualmente che nel giudizio di convalida:
«la rilevanza della questione permane, trattandosi di stabilire se la
liberazione    dell'arrestato    debba    considerarsi    conseguente
all'applicazione    dell'art. 391,   settimo   comma,   ovvero   piu'
radicalmente,   alla   caducazione   con  effetto  retroattivo  della
disposizione in base alla quale gli arresti furono eseguiti».
          --------
              1) Vedi  anche  C.  cost.  n. 53/1958 dove si legge che
          «non  si  controlla  l'uso  del  potere  discrezionale  del
          legislatore    se    si    dichiara    che   il   principio
          dell'uguaglianza   e'   violato   quando   il   legislatore
          assoggetta  ad  un'indiscriminata disciplina situazioni che
          esso stesso considera diverse».
                              P. Q. M.
    Visto l'art. 23, legge n. 87/1953;
    Dichiara  non  manifestamente  infondata e rilevante nel presente
giudizio  la  questione  di legittimita' costituzionale dell'art. 14,
comma  5-quinquies  d.lgs.  n. 286/1998,  come modificato dalla legge
n. 189/2002,  per  contrasto  con  gli  artt. 3  e 13, comma 3, della
costituzione;
    Sospende il giudizio in corso;
    Ordina la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;
    Dispone  che  a  cura della cancelleria la presente ordinanza sia
notificata  al  Presidente del Consiglio dei ministri e comunicata ai
Presidenti del Senato e della Camera dei deputati.
        Bologna, addi' 15 febbraio 2003
                          Il giudice: Lenzi
03C0474