N. 164 ORDINANZA 5 - 9 maggio 2003

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Processo  penale  - Esame di testimone «assistito» - Decesso in corso
  di  dibattimento  -  Preclusione  alla  lettura, per impossibilita'
  sopravvenuta,  delle  dichiarazioni  rese dal teste nel corso delle
  indagini  preliminari  -  Prospettata irragionevolezza, con lesione
  del  principio  di  eguaglianza  e del giusto processo - Difetto di
  motivazione  sulla  rilevanza  -  Manifesta  inammissibilita' della
  questione.
- Cod. proc. pen., art. 512.
- Costituzione, artt. 3 e 111.
(GU n.19 del 14-5-2003 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Riccardo CHIEPPA;
  Giudici:  Gustavo  ZAGREBELSKY,  Valerio  ONIDA,  Carlo MEZZANOTTE,
Fernanda  CONTRI, Guido NEPPI MODONA, Piero Alberto CAPOTOSTI, Franco
BILE, Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO, Romano
VACCARELLA, Alfio FINOCCHIARO;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 512 del codice
di procedura penale, promosso, nell'ambito di un procedimento penale,
dal  Tribunale di Palermo con ordinanza del 17 ottobre 2001, iscritta
al  n. 302  del  registro  ordinanze 2002 e pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 26, 1ª serie speciale, dell'anno 2002.
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 12 marzo 2003 il giudice
relatore Guido Neppi Modona.
    Ritenuto  che  con  ordinanza del 17 ottobre 2001 il Tribunale di
Palermo  ha  sollevato,  in  riferimento  agli  artt. 3  e  111 della
Costituzione,  questione di legittimita' costituzionale dell'art. 512
del  codice  di procedura penale, «nella parte in cui non consente la
lettura  per  impossibilita' sopravvenuta delle dichiarazioni rese al
giudice  nel  corso  delle  indagini  preliminari da soggetto che nel
corso  del  dibattimento ha assunto la veste di "testimone assistito"
ex art. 197-bis cod. proc. pen.»;
        che  il Tribunale premette di avere proceduto nel gennaio del
2001  all'esame  di  un imputato di reato connesso che si era avvalso
della  facolta' di non rispondere e che nel maggio dello stesso anno,
risultando  che tale soggetto in relazione ai medesimi fatti era gia'
stato  giudicato  ex  art. 444  cod. proc. pen. con sentenza divenuta
irrevocabile  sin dal 1998, ne aveva disposto nuovo esame nella veste
di testimone «assistito»;
        che,  essendosi  appurato  nella  successiva  udienza che nel
frattempo  il teste era deceduto, il pubblico ministero aveva chiesto
darsi lettura ex art. 512 cod. proc. pen. delle dichiarazioni rese da
tale  soggetto nel luglio del 1994, nel corso di un interrogatorio ex
art. 294  cod.  proc. pen., mentre la difesa si era opposta in quanto
l'art. 512  cod.  proc.  pen. non include tra gli atti dei quali puo'
essere  data  lettura  il verbale delle dichiarazioni rese al giudice
delle indagini preliminari;
        che ad avviso del tribunale la questione e' rilevante poiche'
nell'interrogatorio  condotto  dal  giudice  il  dichiarante  «si era
assunto  la  responsabilita' degli addebiti mossigli e aveva altresi'
reso dichiarazioni utili alla ricostruzione dei fatti»;
        che  il  tribunale  ritiene  che,  in caso di irripetibilita'
dell'esame,  la  lettura delle dichiarazioni precedentemente rese dai
soggetti  di cui all'art. 197-bis cod. proc. pen. potrebbe aver luogo
soltanto a norma dell'art. 512 cod. proc. pen., in quanto non sarebbe
applicabile    ai   testimoni   assistiti   la   disciplina   dettata
dall'art. 513,  comma 2, cod. proc. pen., riferibile, in virtu' delle
modifiche  recate  dalla  legge  1° marzo 2001, n. 63, esclusivamente
alle  ipotesi  concernenti gli imputati in un procedimento connesso a
norma  dell'art. 12,  comma 1,  lettera a), cod. proc. pen., titolari
del diritto al silenzio;
        che  tuttavia  nel  caso  di  specie, in cui le dichiarazioni
erano state rese in sede di interrogatorio assunto dal giudice per le
indagini preliminari, non potrebbe applicarsi neppure l'art. 512 cod.
proc. pen., atteso che tale disposizione fa riferimento soltanto agli
«atti  assunti dalla polizia giudiziaria, dal pubblico ministero, dai
difensori  delle  parti  private e dal giudice nel corso dell'udienza
preliminare»;
        che   l'evidente   lacuna  normativa  non  sarebbe  colmabile
mediante  interpretazione  analogica o estensiva, considerando, da un
lato, la natura eccezionale dell'art. 512 cod. proc. pen., dall'altro
che  nell'art. 513,  comma 1,  cod.  proc.  pen.  il  legislatore ha,
invece,  espressamente  previsto anche la lettura delle dichiarazioni
rese al giudice nel corso delle indagini preliminari;
        che,  ad  avviso  del  rimettente,  nei  casi di sopravvenuta
impossibilita' di ripetizione dell'esame la scelta del legislatore di
escludere  la  lettura  delle dichiarazioni rese al giudice nel corso
delle  indagini preliminari da colui che a dibattimento ha assunto la
veste di testimone assistito - nell'ambito di un sistema che consente
invece   sia   la   lettura   delle  dichiarazioni  rese,  fuori  del
contraddittorio  «ed  in  assenza  di un giudice terzo», alla polizia
giudiziaria  o  al  pubblico  ministero dai medesimi soggetti, sia la
lettura   delle   dichiarazioni   rese   al  giudice  delle  indagini
preliminari dagli imputati di reato connesso di cui all'art. 210 cod.
proc.   pen.   -  sarebbe  «irrazionale  e  lesiva  dei  principi  di
uguaglianza   (art. 3   Cost.),  del  giusto  processo  e  della  non
dispersione  dei  mezzi  di  prova acquisiti per l'accertamento della
verita' processuale (art. 111 Cost.)».
    Considerato che il Tribunale di Palermo dubita della legittimita'
costituzionale  dell'art. 512  del  codice  di procedura penale nella
parte in cui non consente di dare lettura delle dichiarazioni rese al
giudice  per  le  indagini  preliminari  da persona che nel corso del
dibattimento  ha  assunto la veste di testimone «assistito», nel caso
in  cui  ne  sia  divenuta  impossibile  la  ripetizione  per fatti o
circostanze imprevedibili;
        che  nel  caso di specie le dichiarazioni erano state rese in
sede  di  interrogatorio  ex  art. 294  cod.  proc.  pen.  da persona
imputata  dei  medesimi  fatti,  nei  cui  confronti  era  stata  poi
pronunciata    sentenza   di   applicazione   della   pena   divenuta
irrevocabile,  e che, sottoposta in dibattimento ad esame in qualita'
di  imputato  di reato connesso, si era avvalsa della facolta' di non
rispondere;
        che,  a seguito della riforma introdotta dalla legge 1° marzo
2001,  n. 63,  era  stato  disposto  nuovo  esame di tale soggetto in
qualita' di testimone ex art. 197-bis, comma 1, cod. proc. pen;
        che  l'esame  non  aveva pero' potuto avere luogo perche' nel
frattempo si accertava che il testimone era deceduto;
        che  ad  avviso del giudice a quo l'art. 512 cod. proc. pen.,
facendo  riferimento  ai soli atti assunti dalla polizia giudiziaria,
dal  pubblico  ministero  e dal giudice dell'udienza preliminare, non
consente  la  lettura  del  verbale  dell'interrogatorio condotto dal
giudice per le indagini preliminari;
        che  tale  omessa previsione si porrebbe in contrasto con gli
artt. 3  e  111  della  Costituzione, in quanto sarebbe irrazionale e
lesiva  dei  principi  di  eguaglianza  e  del  giusto  processo  una
disciplina  che  non  prevede  la lettura delle dichiarazioni rese al
giudice   per   le   indagini  preliminari  da  coloro  che,  essendo
definitivamente   giudicati,   assumono   la   veste   di   testimone
«assistito»,  a  fronte  di  un  sistema  che  consente invece sia la
lettura,  ex  art. 512  cod. proc. pen., delle dichiarazioni rese dai
medesimi  soggetti  nel corso delle indagini preliminari alla polizia
giudiziaria  e  al  pubblico  ministero,  sia,  a norma del combinato
disposto  degli  artt. 513, comma 2, e 210, comma 1, cod. proc. pen.,
la  lettura  delle  dichiarazioni  rese  al  giudice  per le indagini
preliminari  dagli  imputati  di  reato connesso ex art. 12, comma 1,
lettera a),  cod.  proc.  pen., nei cui confronti non sia intervenuta
sentenza irrevocabile;
        che  il rimettente afferma che la lettura delle dichiarazioni
dei  soggetti che hanno assunto la veste di cui all'art. 197-bis cod.
proc.  pen.  trova la sua disciplina, nell'ipotesi di irripetibilita'
dell'esame,  soltanto  nell'art. 512  cod. proc. pen., escludendo che
nella   situazione   sottoposta  al  suo  esame  sia  applicabile  la
previsione  dell'art. 513,  comma 2,  cod.  proc. pen. per il caso di
impossibilita' di ottenere la presenza del dichiarante;
        che il giudice a quo omette peraltro di precisare quale fosse
la   posizione  processuale  del  soggetto  che  e'  stato  giudicato
separatamente  nel  momento in cui aveva reso le dichiarazioni di cui
e'   successivamente   divenuta  impossibile  la  ripetizione  e  non
chiarisce, in particolare, se tali dichiarazioni erano state raccolte
nell'ambito di un procedimento cumulativo a carico anche dell'attuale
imputato o in un procedimento diverso;
        che  tali omissioni non consentono di valutare se nel caso in
esame  avrebbe  potuto trovare applicazione l'art. 238, comma 3, cod.
proc.  pen.,  che prevede l'acquisizione della documentazione di atti
di  altri  procedimenti di cui e' divenuta impossibile la ripetizione
per fatti o circostanze imprevedibili;
        che   la  questione  va  pertanto  dichiarata  manifestamente
inammissibile per difetto di motivazione sulla rilevanza.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara   la   manifesta  inammissibilita'  della  questione  di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 512  del  codice di procedura
penale,   sollevata,   in   riferimento  agli  artt. 3  e  111  della
Costituzione, dal Tribunale di Palermo, con l'ordinanza in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 5 maggio 2003.
                       Il Presidente: Chieppa
                     Il redattore: Neppi Modona
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 9 maggio 2003.
               Il direttore della cancelleria:Di Paola
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