N. 321 ORDINANZA (Atto di promovimento) 20 febbraio 2003

Ordinanza  emessa  il  20 febbraio 2003 dalla Corte dei conti sezione
giurisdizionale per la Regione Sicilia sull'appello proposto da Pinna
Francesco Diego contro il Ministero della difesa

Previdenza   e   assistenza   sociale   -  Trattamento  pensionistico
  privilegiato  -  Ferite,  lesioni  o  morte riportate a causa dello
  scoppio  di  ordigni lasciati incustoditi o abbandonati dalle Forze
  Armate  in  tempo  di  pace - Condizione - Smarrimento dell'ordigno
  avvenuto  «in  occasione  di  esercitazioni  militari  combinate  o
  isolate»  -  Disparita'  di  trattamento di situazioni identiche in
  base ad elemento puramente accidentale.
- Legge 31 dicembre 1991, n. 437, art. 1.
- Costituzione, art. 3.
(GU n.23 del 11-6-2003 )
                         LA CORTE DEI CONTI

    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza sull'appello iscritto al
n. 14411  del  registro  di segreteria, proposto dal signor Francesco
Diego  Pinna, rappresentato e difeso dall'avv. Paolo Mauri, presso il
cui studio in Cagliari, via Cugia n. 14, ha eletto domicilio, avverso
la sentenza n. 798/2000 della sezione giurisdizionale della Corte dei
conti per la Regione Sardegna;
    Visti il ricorso dell'interessato gli atti di causa;
    Uditi,  nella pubblica udienza del 9 gennaio 2003, il consigliere
relatore dott. Antonio D'Aversa e il difensore dell'appellante.

                              F a t t o

    Con  la  sentenza n. 00798 depositata in data 7 settembre 2002 la
sezione giurisdizionale della Corte dei conti per la Regione Sardegna
ha  respinto  il  ricorso presentato dal signor Pinna Francesco Diego
avverso il provvedimento di cui alla nota n. 143146 del 22 marzo 1996
del  Ministero  della  difesa,  negativo di trattamento pensionistico
privilegiato,   ai  sensi  della  legge  31  dicembre  1991,  n. 437,
riguardante  provvidenze a favore dei cittadini deceduti o invalidati
a  causa  dello  scoppio  di  ordigni  bellici lasciati incustoditi o
abbandonati  dalle  Forze  Armate  in  tempo di pace, in occasione di
esercitazioni combinate o isolate.
    Dagli  atti  si rileva che il 27 settembre 1989 il signor Ignazio
Pinna  rinvenne  nelle  vicinanze  di  Norbello  una  bomba  a  mano,
risultata,  dall'esame  dei  frammenti  successivamente raccolti, del
tipo S.R.C.M. mod. 35 «SETA» lotto 1-344-1969; l'ordigno raccolto, fu
poi  poggiato dal Pinna nel cortile della propria abitazione, ove era
presente  il  fratello Francesco, attuale ricorrente, il quale tento'
di smontarlo con un paio di tenaglie, provocandone cosi' l'esplosione
(v.   rapporto   giudiziario   del   Comandante  della  stazione  dei
Carabinieri  di Abbasanta, maresciallo maggiore Francesco Pittau) che
gli causo' lesioni gravissime.
    Dalle  indagini  effettuate  su  richiesta  della  procura  della
Repubblica militare di Cagliari, volte, tra l'altro, ad individuare i
movimenti   del   lotto   di   bombe   a   mano,   recanti  la  sigla
«SETA-1-344-1969»,  e'  risultato  che, ne' nel periodo sopraindicato
(1989),   ne'   negli   anni  precedenti,  nelle  localita'  prossime
all'abitato  di  Norbello,  alcun,  reparto o ente delle Forze armate
aveva  svolto  esercitazioni a fuoco impiegando tali ordigni (v. note
del Comando Regione militare Sardegna n. 86/31961 del 6 febbraio 1994
e  n. 486/31960  del  20  settembre  1995).  Inoltre, con riferimento
all'assegnazione di 85 bombe (del tipo e del lotto che qui interessa)
alla  Scuola  trasmissioni  di  Roma,  e' risultato che gli unici tre
soldati,  residenti  da  civili  a  Norbello,  che  avevano  prestato
servizio   presso   detto  ente  militare,  non  avevano  mai  svolto
esercitazioni,  utilizzando i suddetti ordigni esplosivi (v. rapporto
del  Comandante della stazione Carabinieri di Roma-Cecchignola del 15
maggio 1990).
    La  sezione  giurisdizionale della Corte dei conti per la Regione
Sardegna,   considerato   che  il  ricorrente  aveva  ipotizzato  che
l'ordigno  in  questione  potesse essere stato abbandonato o smarrito
durante  esercitazioni  svolte  nella zona di Norbello, ove esiste un
poligono  di  tiro  di  cui  si  servono  la  Polizia  di  Stato ed i
Carabinieri,  e  che  nella  vicina  Abbasanta vi e' un distaccamento
militare dell'Esercito, con l'ordinanza n. 207/1999 chiese notizie al
prefetto  della  Provincia  di  Oristano  e  al sindaco del comune di
Norbello  circa  eventuali  esercitazioni  militari  svolte nell'anno
1989,  o  in  anni  precedenti,  nel  territorio del predetto comune,
ovvero  di comuni limitrofi. In esecuzione del suddetto provvedimento
istruttorio,  il prefetto della Provincia di Oristano, con nota del 7
gennaio  2000,  comunico'  che nel periodo in questione non erano mai
state  svolte  esercitazioni militari nel territorio di Norbello e di
Abbasanta.  Con  nota  del  17 febbraio 2000 il sindaco del comune di
Norbello  fece  presente  che  ne'  nell'anno  1989,  ne'  negli anni
precedenti  erano  pervenute  comunicazioni relative ad esercitazioni
militari svolte o da svolgere nel territorio dello stesso comune o di
altri comuni limitrofi.
    Cio'  premesso,  la  sezione giurisdizionale per la Sardegna, pur
non  essendo  in contestazione il fatto che il signor Francesco Pinna
avesse  subito le lesioni sopraindicate per lo scoppio di una bomba a
mano  in dotazione alle Forze Armate, ritenne, tuttavia, di non poter
condividere  la  tesi  di parte attrice, secondo la quale non sarebbe
stato  possibile  rinvenire  l'ordigno in questione nelle campagne di
Norbello,  se  le Forze Armate, alle quali lo stesso apparteneva, non
l'avessero  lasciato  incustodito  o  abbandonato, per cui la domanda
pensionistica  doveva  essere  accolta,  in  quanto  rientrava  nella
fattispecie prevista dalla citata legge n. 437 del 1991.
    Sennonche',  ad  avviso  della sezione, giusta il disposto di cui
all'art. 1 della legge soprarichiamata, ai fini della concessione del
trattamento  pensionistico  privilegiato  a  favore  del  civile,  e'
necessario  che le armi o gli ordigni, il cui scoppio ha provocato le
denunciate  lesioni,  siano  stati lasciati incustoditi o abbandonati
dalle  Forze  Armate  «in  occasione  di  esercitazioni  combinate  o
isolate».
    Non  e' quindi sufficiente, per la Sezione sarda, il fatto che le
armi  o  gli ordigni esplosivi siano di certa appartenenza alle Forze
Armate  - con conseguente imputazione, a loro carico, della «perdita»
degli   stessi   e  della  conseguente  responsabilita'  relativa  ad
incidenti  per  scoppio  o  esplosione - ma e' necessario, perche' si
realizzi  pienamente  la  fattispecie  disciplinata  dalla legge piu'
volte  richiamata,  un  ulteriore ed essenziale elemento, e cioe' che
gli  oggetti militari in argomento siano stati abbandonati o lasciati
incustoditi «in occasione di esercitazioni combinate o isolate».
    Osserva ancora la sezione regionale come la disposizione invocata
dal ricorrente a sostegno del gravame appaia dettata da una duplice e
contrapposta  esigenza. Essa intende, da un lato, indennizzare coloro
che,  estranei  all'Amministrazione militare, possano subire danni in
seguito  ad  attivita'  di  quest'ultima,  caratterizzate,  per  loro
natura,  da  pericolosita'  come,  per  l'appunto,  le  esercitazioni
militari,  nel  corso  o  al  termine delle quali incombe un evidente
obbligo  di  impiegare  ogni  mezzo  a disposizione e di osservare la
massima cautela per scongiurare ogni eventuale situazione di pericolo
(si  pensi,  ad  esempio,  ai  rischi  conseguenti  ad una incompleta
bonifica  dei  luoghi  ove si e' svolta una esercitazione a fuoco o a
quelli  di  un insufficiente controllo o custodia, sul campo, di armi
od ordigni esplosivi in dotazione).
    La richiamata disposizione, dall'altro lato, intende - secondo la
sezione  sarda  -  delimitare  l'ambito  di  detta indennizzabilita',
escludendola  nelle  ipotesi  in  cui  non  si  sia  svolta attivita'
militare   operativa,  come,  ad  es.,  la  normale  attivita'  anche
addestrativa.
    Aggiunge,  ulteriormente,  la sezione che la necessaria relazione
tra  attivita'  operativa delle Forze Armate ed evento dannoso sembra
da  escluder anche laddove venga meno la contiguita' territoriale tra
il   luogo  in  cui  si  e'  verificato  il  fatto  (scoppio  d'arma,
esplosione,  etc.)  e  quello in cui si sono svolte le esercitazioni,
dal  momento che la ritenzione ed il trasferimento di un'arma o di un
ordigno  esplosivo  in  un  luogo  diverso da quello in cui era stato
abbandonato  (o  lasciato incustodito) costituisce circostanza idonea
ad interrompere il nesso di causalita' tra l'esercitazione militare e
l'evento dannoso.
    Una  volta  assodato,  quindi, che nell'anno 1989 (anno in cui il
Pinna  subi'  l'infortunio  in  questione)  e  negli anni precedenti,
nessuna  esercitazione  a  fuoco  si  era  svolta nelle vicinanze del
comune  di Norbello (ove avvenne l'esplosione) ha ritenuto la sezione
sarda  che  la  pretesa  attrice  non  poteva  trovare  accoglimento,
dovendosi  escludere  che  il ricorrente avesse riportato le indicate
lesioni  nelle  circostanze  previste dalla legge n. 437 del 1991 per
l'insorgenza del diritto a pensione.
    L'interessato  ha  proposto  appello  premettendo, anzitutto, che
nella  zona  in  cui  si verifico' l'esplosione esiste un poligono di
tiro  e  un  distaccamento  delle  Forze Armate e che, nella medesima
localita', frequenti sono le operazioni di repressione del crimine da
parte delle forze di polizia.
    In    questo    quadro,    eccessivamente    restrittiva   appare
all'appellante  la  interpretazione  data dalla sentenza impugnata al
citato  art.  1 della legge n. 437 del 1991, la quale non prenderebbe
in considerazione, quindi, l'ipotesi che potesse trattarsi di ordigno
andato,  comunque,  «perso»  e,  quindi,  anche  se  non direttamente
collegabile  ad  esercitazioni militari precedentemente compiute, pur
sempre  collegabile  all'attivita' delle forze di sicurezza. Sostiene
pertanto  l'appellante  che  il giudice possa tuttavia, per analogia,
applicare  detta  norma  anche  ai  casi in cui gli ordigni esplosivi
siano  stati  smarriti  durante  lo svolgimento, da parte delle Forze
Armate,  di  altre  attivita',  non  strettamente  collegate  con  le
«esercitazioni combinate o isolate».
    Se  cosi' non fosse, aggiunge l'appellante, si verificherebbe una
disparita'  di  trattamento, ingiustificata e certamente contraria al
dettato  costituzionale,  tra  una  persona  che  diventi  invalida a
seguito  dello  scoppio  di  un ordigno esplosivo «perso» dalle Forze
armate in occasione delle suddette esercitazioni ed altra persona che
lo diventi a seguito dello scoppio di un ordigno esplosivo «perso» in
altra  occasione, come ad esempio, in caso di trasferimento di truppe
e/o munizioni o durante operazioni anticrimine, etc.
    Si  dice  certo l'appellante che il legislatore abbia voluto, con
l'art. 1 della legge n. 437 del 1991, risarcire in qualche modo tutti
i  cittadini dei danni fisici a loro derivati a seguito dello scoppio
di  un ordigno esplosivo, smarrito comunque dalle Forze armate, e non
gia' operare distinzioni e discriminazioni, a seconda delle modalita'
dello «smarrimento».
    Fa  istanza, pertanto, perche' questa Corte, sospesa la decisione
sul  merito,  trasmetta gli atti alla Corte costituzionale, affinche'
venga dichiarata l'illegittimita' costituzionale:
        1)  dell'art. l  della  legge n. 437 del 1991, nella parte in
cui non prevede che la pensione privilegiata venga attribuita a tutti
i  cittadini  italiani,  divenuti invalidi a seguito dello scoppio di
ordigni  esplosivi,  smarriti  dalle Forze armate in tempo di pace, e
non  esclusivamente  a  quei  cittadini che hanno subito danni per lo
scoppio di ordigni lasciati incustoditi o abbandonati in occasione di
esercitazioni combinate o isolate;
        2) dell'art. 9 della legge 18 marzo 1968, n. 313, nella parte
in  cui  non  prevede  la concessione del trattaniento pensionistico,
qualora  l'ordigno  che  ha  provocato  l'evento  dannoso,  sia stato
smarrito in tempo di pace.

                            D i r i t t o

    La  norma  di cui alla legge 31 dicembre 1991, n. 437, prevede il
diritto   a  trattamento  pensionistico  privilegiato,  a  titolo  di
risarcimento,  per il danno subito dal cittadino diventato invalido a
seguito  di scoppio di armi o ordigni esplosivi, lasciati incustoditi
o  abbandonati  dalle  Forze armate in tempo di pace, in occasione di
esercitazioni combinate o isolate.
    L'intendimento   della  suddetta  legge  e',  dunque,  quello  di
risarcire i danni causati ai cittadini italiani dall'attivita' svolta
dalle  Forze  armate,  «in  occasione  di  esercitazioni  combinate o
isolate»  in  tempo  di  pace,  purche'  sia accertata l'esistenza di
precise condizioni.
    La prima di esse consiste nella natura dell'oggetto causativo del
danno,  da  ricollegare,  cioe',  alle Forze Armate, nel senso che la
previsione  normativa riguarda il danno causato da un ordigno (armi o
ordigni esplosivi) in dotazione alle Forze armate.
    La  seconda  condizione  e' che l'oggetto in questione, una volta
accertata  la  sua  riferibilita'  alle Forze armate, risulti che sia
stato   lasciato   incustodito  o  abbandonato,  in  occasione  dello
svolgimento di esercitazioni combinate o isolate.
    Le due condizioni servono quindi a garantire la tutela della vita
e  dell'integrita'  fisica del cittadino in relazione ad attivita' di
addestramento  militare che, necessariamente, esalta il rischio, gia'
normalmente   connesso  alla  detenzione  ed  all'uso  degli  ordigni
pericolosi.
    Le  due  condizioni debbono, a norma di legge, essere compresenti
affinche'  venga  riconosciuto  il  diritto al risarcimento dei danni
subiti.
    Ma se, per quel che riguarda l'elemento materiale (armi o ordigni
esplosivi)  sembra agevole ipotizzare un rischio uniforme in tutto il
territorio   nazionale,   e,   quindi,  una  omogenea  assunzione  di
responsabilita'  da  parte  dello Stato nei confronti di tutti coloro
che possono esserne stati danneggiati, non altrettanto sembra potersi
affermare  in  relazione  al secondo elemento, quello cioe' che rende
applicabile  la legge in questione solo qualora risulti accertato che
il  rinvenimento  dell'ordigno  in  questione  sia stato direttamente
conseguente  allo  svolgimento  di esercitazioni militari combinate o
isolate.
    La  legge  condiziona,  quindi,  il riconoscimento del diritto in
questione  all'accertato  svolgimento  di attivita' di addestramento,
trascurando,  cosi',  l'ipotesi  del  rinvenimento  del tutto casuale
dell'oggetto   pericoloso   che,   pur  dovendo  essere  attentamente
custodito,  puo' ben accadere che sia, invece, lasciato incustodito o
abbandonato  da  un  appartenente alle Forze armate e successivamente
rinvenuto   da   un   cittadino,  a  prescindere  dall'«occasione  di
esercitazioni  combinate o isolate». Tale condizione sembra, percio',
mettere  quasi  in secondo piano la causa oggettiva del danno, che va
pur  sempre  individuata  nell'accidentale  esplosione  di un ordigno
bellico  in  tempo  di  pace,  la  quale  viene  subordinata ad altra
circostanza   (esercitazioni   combinate   o   isolate)   che  sembra
irragionevolmente  limitativa  del  diritto  al  risarcimento nonche'
discriminatoria.
    Infatti,  si deve anzitutto rilevare che la legge sembra tutelare
il  cittadino  solo  nei confronti di ordigni in dotazione alle Forze
armate, e da esse «lasciati incustoditi o abbandonati in occasione di
esercitazioni  combinate  o  isolate»,  senza estendere tale tutela a
identiche  ipotesi  di  danno,  allorquando  gli ordigni siano stati,
comunque  «lasciati incustoditi o abbandonati», ma in occasione dello
svolgimento  di  altre esercitazioni, come, ad es., dell'attivita' di
sicurezza,  la  quale,  anche  se istituzionalmente affidata ad altri
organi,  non  di  rado vede impegnate anche le Forze armate. Per tale
ragione,  la  garanzia  e la tutela di cui trattasi, sembra che siano
ingiustificatamente  diverse,  a seconda che siano coinvolte le Forze
armate o quelle di sicurezza.
    Non  solo, comunque, la legge pone tale irragionevole limitazione
alla tutela di cui trattasi; soprattutto, essa non sembra tener conto
delle   differenti  conseguenze  derivanti  dall'inopinato  abbandono
dell'ordigno,  a  seconda delle circostanze in cui il medesimo evento
si  verifica.  Puo',  infatti, accadere che il fatto si verifichi, in
zone  ove  solitamente  si  svolgono  piu' frequenti esercitazioni di
addestramento,  ad  es. in quelle di confine, per cui e' piu' agevole
dedurre  che  l'eventuale abbandono di un ordigno esplosivo sia stato
conseguente  ad  esercitazioni  militari,  quelle  cioe' che, in quel
territorio sono, certamente, piu' volte avvenute.
    Se,  invece,  l'evento  si  e'  verificato  in  altra  zona,  pur
rapportandosi  esso,  comunque,  al  medesimo  elemento  oggettivo di
rischio,  l'accertamento  delle  circostanze  in cui si e' verificato
necessita  di  prove  piu'  difficili  da  addurre  rispetto a quelle
occorrenti  nel  primo  caso,  laddove,  cioe',  la sussistenza delle
richieste condizioni potrebbe addirittura essere presunta.
    Ne  deriva,  di  conseguenza,  che  il  danno subito dal soggetto
abitante  nelle  anzidette  zone  di  confine  appare piu' facilmente
risarcibile, in quanto piu' agevole e' la prova, rispetto all'ipotesi
che l'evento sia accaduto in altre parti del territorio nazionale.
    Sembra,  pertanto,  profilarsi il rischio che la necessita' della
seconda   delle   sopraricordate   condizioni,   «in   occasione   di
esercitazioni  combinate  o  isolate»,  perche'  si  dia  luogo  alla
concessione   di   pensione   privilegiata  ordinaria,  comporti  una
possibile  disparita'  di  trattamento, che non sembra giustificabile
alla  luce  del  reale  intendimento del legislatore, quello cioe' di
prevedere trattamento pensionistico privilegiato per i danni causati,
comunque  e  dovunque,  dalle  Forze armate in tempo di pace. Poiche'
scopo  primario  del  legislatore puo' ritenersi quello di tutelare i
cittadini  dai  danni causati da ordigno di appartenenza alle FF.AA.,
averlo  subordinato ad una condizione del verificarsi di un servizio,
escludendo   altre   ipotesi,  magari  casuali,  e,  soprattutto,  ad
accertamenti  oggettivamente  non  eguali  per  tutto  il  territorio
nazionale,   sembra   comportare  una  violazione  dell'art. 3  della
Costituzione.
    Per  le  ragioni anzidette, la questione di costituzionalita' non
appare manifestamente infondata.
    La  medesima,  inoltre,  appare rilevante ai fini del decidere in
quanto,  nel  caso prospettato, il ricorrente ha subito indubbiamente
il  danno  a  causa  di un ordigno in dotazione alle Forze armate, ma
lasciato  incustodito o abbandonato non in occasione di esercitazione
combinate  o  isolate,  per cui allo stato della vigente normativa il
ricorso e' da respingere, mentre, al contrario, sarebbe da accogliere
se la prospettata questione venisse ritenuta fondata.
    Per  quanto  riguarda la questione di legittimita' costituzionale
sollevata  anche  con  riguardo all'art. 9 della legge 18 marzo 1968,
n. 313,  parte  in  cui  non  prevede  la concessione del trattamento
pensionistico, «qualora l'ordigno, che ha provocato l'evento dannoso,
sia  stato  smarrito  in  tempo  di  pace»,  a  prescindere dalla sua
manifesta  infondatezza o meno, essa appare, comunque, non rilevante,
perche'  esula  dall'oggetto del presente giudizio, che e' costituito
dall'invocata  applicazione  dell'art. 1 della legge n. 437 del 1991.
Tra  l'altro,  controparte nel presente giudizio e' solo il Ministero
della  difesa,  non  competente  per  la  concessione del trattamento
pensionistico di guerra, cui quella norma si riferisce.
                              P. Q. M.
    Visti   gli   artt. 134  della  Costituzione  e  23  della  legge
costituzionale 11 marzo 1953, n. 87;
     Giudica rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 1,  della  legge  31 dicembre
1991,  n. 437, nella parte in cui richiede che gli ordigni esplosivi,
il  cui  scoppio  ha  reso  invalidi  cittadini italiani, siano stati
lasciati  incustoditi  o  abbandonati  dalle Forze armate in tempo di
pace   «in  occasione  di  esercitazioni  combinate  o  isolate»,  in
riferimento all'art. 3 Cost.;
    Sospende  il  presente  giudizio  e dispone la trasmissione degli
atti alla Corte costituzionale;
    Ordina  che,  a  cura della segreteria, la presente ordinanza sia
notificata  alle  parti e al Presidente del Consiglio dei ministri, e
comunicata  ai  Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera
dei deputati e, successivamente, le relative attestazioni di avvenuta
notificazione  e  comunicazione siano trasmesse, unitamente agli atti
del giudizio, alla Corte costituzionale
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella camera di consiglio del 9 gennaio
2003.
                     Il Presidente: De Pascalis
L'estensore: D'Aversa
03C0558