N. 322 ORDINANZA (Atto di promovimento) 14 gennaio 2003

Ordinanza  emessa  il  14  gennaio  2003 dal tribunale di Messina sul
ricorso proposto da Geraci Gaetano

Processo penale - Patrocinio a spese dello Stato per i non abbienti -
  Revoca  del  provvedimento  di ammissione al beneficio disposta dal
  giudice  d'ufficio  in  seguito ad accertata mancanza dei requisiti
  reddituali  -  Possibilita'  di  proporre  impugnazione  dinanzi al
  Tribunale o alla Corte d'appello ai quali appartiene il giudice che
  ha  disposto  la  revoca  -  Mancata  previsione  -  Disparita'  di
  trattamento   rispetto   alla  ipotesi  analoga  della  revoca  del
  beneficio  a  seguito  di  richiesta  da parte dell'amministrazione
  finanziaria - Lesione del diritto di difesa.
- Legge  30 luglio 1990, n. 217 (e successive modificazioni), artt. 6
  e 10.
- Costituzione artt. 3 e 24.
(GU n.23 del 11-6-2003 )
                            IL TRIBUNALE

    Sciogliendo la riserva assunta all'udienza in camera di consiglio
del  22  novembre  2002,  previa  lettura degli atti del procedimento
instaurato  con ricorso del 30 gennaio 2002 da Geraci Gaetano, nato a
Milazzo  (Messina) il 23 settembre 1953, ivi residente in via Palmiro
Togliatti n. 2, proposto davanti alla Corte di cassazione e da questa
qualificato con sentenza n. 28727 del 9 1uglio 2002, depositata il 25
luglio  2002, quale impugnazione ex art. 6, quarto comma, della legge
n. 217/1990,   con  conseguente  trasmissione  degli  atti  a  questo
tribunale, ha emesso la seguente ordinanza.
    Con  decreto depositato il 28 dicembre 2001 la Corte di assise di
Messina,  seconda  sezione, disponeva la revoca del provvedimento del
29  marzo  1999  con  cui Geraci Gaetano, imputato del delitto di cui
all'art. 416-bis  c.p.  nell'ambito  del procedimento scaturito dalla
c.d.  Operazione  Mare  Nostrum,  il  cui dibattimento e' in corso di
celebrazione  davanti  a  quella  corte  (n. 19/1998 R.G.), era stato
ammesso al patrocinio gratuito a spese dello Stato con effetto dal 13
gennaio 1999.
    Il   provvedimento   di   revoca   scaturiva   dall'esito   degli
accertamenti  disposti dalla corte con decreto del 12 marzo 2001, con
il  quale,  in  ossequio  al  disposto  dell'art. 152  della legge 23
dicembre  2000,  n. 388,  era  stato  richiesto  alla amministrazione
finanziaria  e alla polizia tributaria di procedere ad indagini sulle
effettive  condizioni  patrimoniali e sulle disponibilita' economiche
dell'imputato ammesso al citato beneficio.
    Acquisito l'esito degli accertamenti e verificato il superamento,
nell'anno  1999, dei limiti di reddito per l'ammissione al patrocinio
e    conseguentemente   il   mancato   assolvimento   dell'onere   di
comunicazione  della  variazione di reddito verificatasi nello stesso
anno,  la  corte ordinava la revoca dell'ammissione «per sopravvenuta
mancanza  dei  presupposti di legge», nonche' il recupero delle somme
gia'  liquidate ed erogate in favore del difensore con riferimento al
periodo 14 gennaio 1999/18 aprile 2000.
    Avverso  il  provvedimento  di  revoca, con atto depositato il 30
gennaio  2002  nella  cancelleria  del Tribunale di Barcellona P. G.,
sezione  distaccata  di  Milazzo,  proponeva  ricorso  per cassazione
Geraci  Gaetano, lamentando la nullita' della decisione a causa della
mancata  notificazione  nei  termini e della estensione all'anno 2000
dell'ordine  di  recupero  delle somme, censurando l'utilizzazione ai
fini  della  decisione  di  una  relazione  della  Guardia di finanza
relativa  ai  redditi  percepiti  nell'anno  1999 da soggetti diversi
dall'imputato,  e  piu'  in  generale  contestando  l'esiguita' della
soglia  di reddito prevista dalla legge e la mancata applicazione del
limite  piu'  elevato  indicato dalla normativa sopravvenuta (art. 3,
legge 29 marzo 2001, n. 134).
    La suprema Corte, in conformita' alle conclusioni del procuratore
generale,  con  sentenza  n. 2685 del 9 luglio 2002, depositata il 25
luglio  2002  (della  cui  motivazione  e'  stata  acquisita  copia),
qualificata  l'impugnazione  come  ricorso  ex  art. 6, quarto comma,
della  legge  n. 217/1990,  ha  ordinato la trasmissione degli atti a
questo  tribunale,  indicato  quale  organo competente a decidere sul
ricorso,  ed  in  esito alla comparizione delle parti questo giudice,
designato  per  la  trattazione con provvedimento presidenziale del 4
ottobre 2002, ha riservato la decisione.
    Ai   fini   dell'esatto   inquadramento   delle  questioni  poste
all'attenzione  del  decidente  dal  ricorso  in  esame e del tipo di
sbocco che allo stato si impone sono necessarie alcune considerazioni
in  merito  al  potere  esercitato  nel caso di specie dalla Corte di
assise  di  Messina  e  conseguentemente  al  tipo  di  provvedimento
adottato,  e,  in  secondo  luogo,  ai  rimedi eventualmente previsti
dall'ordinamento.
    Con  riferimento al primo aspetto della questione va rilevato che
nel sistema della legge 30 luglio 1990, n. 217, anche come modificato
in seguito alla novella del 2001 (legge n. 134 del 29 marzo 2001), il
potere  di  revoca  del  provvedimento  di ammissione al patrocinio a
spese  dello  Stato  e' attribuito al giudice innanzitutto in caso di
mancata  comunicazione  nei  termini  delle  eventuali  variazioni di
reddito  o  di mancata presentazione della documentazione relativa ai
redditi  prodotti  dallo  straniero  all'estero  (l'art. 101, dopo le
modifiche  del  2001,  non  si  riferisce  piu'  alla  documentazione
«prescritta»,   ma  solo  a  quella  «richiesta»,  ma,  eliminato  il
riferimento  al  comma  5,  dell'art. 5,  abrogato  il comma 2, dello
stesso  art. 5,  e  modificato conseguentemente il comma 4 - ormai di
fatto  il  n. 3  -  dello  stesso  articolo,  emerge  un  difetto  di
coordinamento   della   novella   piu'   recente).   Altro  possibile
presupposto  per  l'esercizio del potere di revoca, contemplato dallo
stesso  art.  10 della legge n. 217, e' quello della variazione delle
condizioni  di  reddito  risultante  dalla  comunicazione  tempestiva
dell'interessato.  Tutti  i casi elencati sono assimilati quanto alla
forma  (decreto  motivato),  all'organo  competente  a provvedere (il
giudice  che  procede  al  momento  della  scadenza  dei termini o al
momento  in  cui  e'  effettuata  la comunicazione) e al regime delle
impugnazioni  (in  prima  battuta  ricorso  al tribunale o alla Corte
d'appello  a cui appartiene il giudice che ha emesso il provvedimento
di   revoca  o  modifica,  il  quale  provvede  nelle  forme  di  cui
all'art. 29  della legge 13 giugno 1942, n. 794, e quindi ricorso per
cassazione per violazione di legge).
    L'art.  10  della  legge n. 217 prevede poi, al secondo comma, un
potere  di  revoca  o  di  modifica  del provvedimento di ammissione,
esercitatile  in  ogni  momento,  su  richiesta del competente organo
dell'amministrazione  finanziaria  (non  piu'  de1 pubblico ministero
dopo  il  breve  periodo  di  vigenza  dell'art. 152  della  legge 23
dicembre  2000,  n. 388,  abrogato  espressamente  dall'art. 23 della
legge  29  marzo  2001,  n. 134),  richiesta che puo' tuttavia essere
avanzata  -  di  fatto condizionando il potere di revoca o modifica -
solo  finche'  non  siano  decorsi  cinque anni dalla definizione del
procedimento  per  il quale l'interessato ha ottenuto l'ammissione al
patrocinio  a  spese  dello  Stato.  In  questo caso il procedimento,
disciplinato  ancora dall'art. 29 della legge 13 giugno 1942, n. 794,
e'  direttamente  attribuito  alla  cognizione  del tribunale o della
Corte  d'appello  a  cui  appartiene  il  giudice  che  ha provveduto
all'ammissione  (e'  stato  ritenuto  illegittimo  e  suscettibile di
annullamento  senza rinvio il provvedimento di revoca emesso, ad es.,
dal  g.i.p.  che  a  suo  tempo  aveva concesso il beneficio: Cass. 4
ottobre  1999,  Terranova),  e  contro  l'ordinanza  che decide sulla
richiesta e' ammesso ricorso per cassazione per violazione di legge.
    Significative  divergenze  di  opinione  ha invece evidenziato in
giurisprudenza  la  soluzione  della questione dell'ammissibilita' di
una  revoca  ex officio del provvedimento di ammissione al beneficio,
disposta  dallo  stesso  giudice  che  ha  accordato il patrocinio in
relazione al difetto di un presupposto di ammissibilita', ovvero alla
mancanza, originaria o sopravvenuta, delle condizioni reddituali.
    Rileva   sotto   il   primo   profilo   soprattutto  l'ammissione
erroneamente  disposta  con  riguardo a reati contravvenzionali per i
quali   la   legge  n. 217  originariamente  escludeva  l'accesso  al
patrocinio  a  spese  dello Stato: in tale ipotesi, destinata ormai a
perdere   di  attualita'  in  seguito  all'abrogazione  del  comma  8
dell'art. 1 della legge n. 217 (art. 2, legge 29 marzo 2001, n. 134),
la  giurisprudenza ammette da tempo la revoca ex officio, ritenendola
espressione   del   generale  potere  di  autotutela  della  pubblica
amministrazione, escludendo che sia ostativa la mancata previsione di
tale possibilita' tra i casi di revoca di cui all'art. 10 della legge
n. 217,  ed  assoggettando  il relativo provvedimento al «reclamo» di
cui  all'art. 6,  quarto  comma,  con la correlativa esclusione della
ricorribilita'  diretta per cassazione (cosi', oltre a Cass. 26 marzo
1998,  Sinisi,  citata  nella  sentenza  della S. C. emessa in questo
procedimento, v. gia' Cass. 19 ottobre 1994, Carriere, e quindi Cass.
14 aprile 1995, Marinaci).
    Piu'  problematica  l'ammissibilita'  di  una  revoca per difetto
delle  condizioni  di  reddito  legittimanti,  ovviamente  consentita
dall'art. 10  se  preceduta  dalla  richiesta  del  competente organo
dell'amministrazione finanziaria, ma non sempre ritenuta possibile in
assenza  di  tale  richiesta.  Secondo  un  primo  gruppo di pronunce
infatti  anche  in questo caso, ed anche se la mancanza dei requisiti
reddituali  e' originaria, non potendo il giudice essere condizionato
dalla  richiesta  dell'intendente di finanza (ora direttore regionale
delle  entrate),  il  potere  di  revoca,  pur  se non esplicitamente
contemplato  dall'art.  10 della legge, e' espressione della generale
potesta'  di  autotutela della pubblica amministrazione, assumendo la
decisione  in  ordine  al  patrocinio  a  spese  dello  Stato  natura
sostanzialmente  amministrativa  (Cass. 29 novembre 2001, PM in proc.
Di  Stefano; Cass. 12 ottobre 1999, Carbonelli). A questa opinione si
contrappone quella illustrata in altre decisioni, secondo le quali la
revoca  per  mancanza del requisito reddituale e' esercizio di vero e
proprio   potere   giurisdizionale   che  non  puo'  essere  attivato
d'ufficio,     ma    presuppone    necessariamente    la    richiesta
dell'amministrazione  finanziaria  (Cass. 24 aprile 2001, Meci; Cass.
3 dicembre   2001,   PM   in  proc.  Musumeci),  con  la  conseguente
illegittimita'   del   provvedimento  adottato  in  difetto  di  tale
imprescindibile condizione (Cass. 6 giugno 2001, Venuto).
    Sul  piano  della  tutela la questione del rimedio esperibile non
forma oggetto di specifiche affermazioni di principio, poiche' per un
verso  incidentalmente  si  afferma  che  in  caso  di modifica della
condizione  reddituale  lo  strumento  utilizzabile secondo il citato
art. 10  sarebbe  il ricorso per cassazione (cosi' la citata Cass. 26
marzo  1998,  Sinisi) mentre per altro verso si reputa implicitamente
ammissibile,  in  caso  di  revoca  disposta  d'ufficio  per mancanza
originaria o sopravvenuta delle condizioni di reddito, l'impugnazione
di  cui  all'art. 6, quarto comma, della legge n. 217 (cosi' Cass. 12
ottobre 1999, Carbonelli).
    Orbene,  se  da  un  lato  un criterio di ragionevolezza induce a
ritenere  sempre  consentito  al giudice che procede il controllo sul
diritto  alla  conservazione  del  beneficio in relazione al possesso
delle  condizioni reddituali necessarie per l'ammissione al beneficio
del  patrocinio  a  spese  dello  Stato, a prescindere dall'eventuale
inerzia  di  altri  organi,  dall'altro lato appare problematica, nel
contesto normativo richiamato, l'individuazione di un soddisfacente e
completo  sistema  di  tutele  avverso una tipologia di provvedimenti
destinati  ad  incidere  in  modo significativo sull'effettivita' del
diritto di difesa.
      Da  un lato il ricorso per cassazione, concretamente utilizzato
dal  Geraci  nel  caso di specie, e' previsto dall'art. 10 in caso di
revoca   del   provvedimento   quando  risulti  provata  la  mancanza
originaria  o  sopravvenuta  delle  condizioni  di  reddito,  ma  sul
presupposto     di    una    richiesta    del    competente    organo
dell'amministrazione  finanziaria  rivolta  al  giudice  naturalmente
individuato  dalla legge per la decisione sulle impugnazioni relative
ai provvedimenti in materia di patrocinio per i non abbienti (art. 6,
quarto  comma),  e  conseguentemente  di un provvedimento adottato da
quest'ultimo:  non  appare  assimilabile a questa la situazione della
revoca  disposta  d'ufficio  dallo  stesso giudice che ha concesso il
beneficio o comunque dal giudice che procede.
    Dall'altro   lato   l'ammissibilita'  dell'impugnazione  prevista
dall'art. 6,  quarto  comma,  della  legge  n. 217 incontra il limite
della  tassativita',  che  appare  insuperabile  in  caso  di  revoca
disposta  in relazione alla sopravvenuta mancanza delle condizioni di
reddito  necessarie  per  la  fruizione  del  patrocinio  per  i  non
abbienti.  Mentre  infatti  con qualche sforzo l'ipotesi di accertato
difetto  iniziale  del  requisito puo' essere assimilata a quella del
diniego,   con   la  conseguente  applicazione  diretta  del  sistema
delineato  nei  commi  4  e  5  del  citato  art. 6 (secondo la linea
interpretativa  delineata per l'ipotesi della erronea concessione del
beneficio  in  relazione a procedimento per reati contravvenzionali),
del  tutto  impraticabile  si  presenta  tale  percorso  in  caso  di
accertata  mancanza  sopravvenuta del requisito reddituale: in questa
ipotesi  l'impugnazione  di cui all'art. 6, quarto comma - cosi' come
la S. C. ha riqualificato l'impugnazione proposta da Geraci Gaetano -
non  e'  ammissibile  perche'  la  legge  non  la  prevede  e  non e'
suscettibile   sul  punto  di  interpretazione  adeguatrice,  con  la
conseguenza   di   privare   gli   interessati   di  adeguata  tutela
giurisdizionale  in  un  settore  nevralgico  per  la  garanzia della
effettivita'  della  tutela giurisdizionale; e cio' sia in violazione
dell'art. 3 Cost., in quanto in presenza di provvedimenti che muovono
da presupposti comuni (l'accertata mancanza del requisito reddituale)
non  e'  assicurata  la  medesima  garanzia  giurisdizionale,  sia in
contrasto   con   la   garanzia  del  diritto  di  difesa  apprestata
dall'art. 24 Cost., la cui effettivita' puo' risultare compromessa in
caso  di mancata previsione di adeguate forme di tutela relativamente
ai  provvedimenti  che  concernono l'ammissione al patrocinio a spese
dello Stato.
    Non  appare  pertanto  manifestamente  infondata  la questione di
legittimita'  costituzionale degli artt. 6 e 10 della legge 30 luglio
1990, n. 217, e successive modificazioni, in relazione agli artt. 3 e
24  della  Costituzione, nella parte in cui non prevedono, in caso di
revoca  del  provvedimento  di ammissione al patrocinio a spese dello
Stato,  disposta  d'ufficio  dal  giudice  in  seguito  ad  accertata
mancanza  dei  requisiti  reddituali,  originaria  o sopravvenuta, la
possibilita'  per  l'interessato  di proporre impugnazione davanti al
tribunale  o  alla Corte d'appello ai quali appartiene il giudice che
ha disposto la revoca del beneficio.
    Va  infine  rilevato - ma la notazione assume carattere meramente
incidentale  e  conferma  piuttosto  la  necessita'  di un intervento
diretto  ad  orientare  eventuali  aggiustamenti  normativi  - che la
situazione  non  e'  destinata  a  mutare in seguito al mutamento del
quadro  di  riferimento normativo determinato dall'entrata in vigore,
dal  1° luglio  2002  (in  epoca  precedente  tanto  al  deposito del
provvedimento che alla presentazione dell'impugnazione in esame), del
d.P.R.  30  maggio  2002,  n. 115,  che  ha tra l'altro espressamente
abrogato tanto la legge 30 luglio 1990, n. 217, che buona parte della
successiva  novella del 2001 (art. 299). Mentre infatti l'art. 99 del
citato  d.P.R.  prevede  e  disciplina, con norma che sostanzialmente
ricalca  quella  dell'art. 6,  quarto  e  quinto  comma,  della legge
n. 217,  l'impugnazione  dei provvedimenti di rigetto dell'istanza di
ammissione,  in  tema  di  revoca  (a  causa  della riproduzione solo
parziale  dell'art.  10  della legge del 1990) l'attuale art. 113 del
d.P.R.  n. 115  (inserito in un apposito capo VII del titolo II della
parte  III  del  provvedimento,  dedicato  alla Revoca del decreto di
ammissione  al  patrocinio) ha riprodotto la possibilita' del ricorso
per  cassazione  nell'ipotesi di revoca chiesta dall'amministrazione,
ma  il  testo  unico  non  contempla  la possibilita' di impugnare la
revoca  del  beneficio  negli altri casi (che sia qualificabile quale
«revoca»  anche  il  provvedimento  emesso  in  seguito  ad accertata
insussistenza  iniziale  dei  limiti  di  reddito emerge testualmente
dall'art. 112, primo comma, lettera d, del d.P.R.).
                              P. Q. M.
    Visti  gli  artt. 1  della  legge costituzionale 9 febbraio 1948,
n. 1,   e   23  della  legge  11  marzo  1953,  n. 87,  dichiara  non
manifestamente  infondata la questione di legittimita' costituzionale
degli  artt. 6  e 10 della legge 30 luglio 1990, n. 217, e successive
modificazioni,  in  relazione  agli  artt. 3 e 24 della Costituzione,
nella parte in cui non prevedono, in caso di revoca del provvedimento
di  ammissione  al patrocinio a spese dello Stato, disposta d'ufficio
dal   giudice   in   seguito  ad  accertata  mancanza  dei  requisiti
reddituali,   originaria   o   sopravvenuta,   la   possibilita'  per
l'interessato  di  proporre  impugnazione davanti al tribunale o alla
Corte  d'appello  ai  quali  appartiene il giudice che ha disposto la
revoca del beneficio.
    Dispone   l'immediata  trasmissione  degli  atti,  a  cura  della
cancelleria,  alla Corte costituzionale e sospende il procedimento in
corso.
    Ordina  altresi'  che,  a  cura  della  cancelleria,  la presente
ordinanza  sia  notificata al Presidente del Consiglio dei ministri e
comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.
        Messina, addi' 11 gennaio 2003
                        Il giudice: Lombardo
03C0559