N. 323 ORDINANZA (Atto di promovimento) 11 novembre 2002
Ordinanza emessa l'11 novembre 2002 dal tribunale di Catanzaro nel procedimento civile vertente tra Pagnotta Carmelo ed altra e fallimento P. e C. Pagnotta S.n.c. ed altri Procedure concorsuali - Concordato preventivo - Concordato omologato non adempiuto - Mancata risoluzione nel termine annuale dalla scadenza dell'ultimo pagamento - Possibilita' di richiedere il fallimento del debitore - Preclusione per i creditori anteriori alla proposta di concordato, quantunque non avvisati della proposta e pretermessi dall'elenco dei creditori concordatari - Disparita' di trattamento rispetto ai creditori anteriori inseriti nell'elenco (i quali erano in condizione di chiedere tempestivamente la risoluzione del concordato inadempiuto) - Violazione del diritto di difesa - Incidenza degli effetti del concordato su soggetti che non ne hanno avuto notizia e non hanno potuto votare sulla proposta. - R.D. 16 marzo 1942, n. 267, combinato disposto degli artt. 137, 184 e 186. - Costituzione, artt. 3, 24 e 41.(GU n.23 del 11-6-2003 )
IL TRIBUNALE Sulle conclusioni prese all'udienza del giorno 11 luglio 2002, decorsi i termini di cui all'art. 190 c.p.c. ha pronunciato la seguente ordinanza ex art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, nella causa civile di primo grado iscritta al n. 1641/2001 R.G. rimessa in decisione all'udienza del giorno 11 luglio 2002 promossa da: Pagnotta Carmelo e P. e C. Pagnotta S.n.c., in persona del legale rappresentante, elettivamente domiciliati in via Santicelli n. 2 - Soverato, presso e nello studio dell'avv. Sassi Francesco che li rappresenta e difende per procura a margine dell'atto di citazione, attore; Contro: fall. P. e C. Pagnotta S.n.c., in persona del curatore, autorizzato a stare in giudizio giusto decreto del g.d. in data 12 giugno 2002, elettivamente domiciliato in via Vasco De Gama n. 3 - Catanzaro Lido, presso e nello studio dell'avv. Barbieri Pasquale che lo rappresenta e difende per procura a margine della comparsa di risposta; Raimondo Pietro, elettivamente domiciliato in via F. Burza n. 3 - Catanzaro, presso e nello studio dell'avv. Garcea Raimondo che lo rappresenta e difende per procura a margine della comparsa di risposta; SGA, Societa' per la gestione d'attivita', quale cessionaria dei crediti dell'Isveimer, in persona del legale rappresentante, elettivamente domidiliato in via Duomo n. 24 - Catanzaro, presso e nello studio dell'avv. Consarino Alfredo che lo rappresenta e difende, unitamente all'avv. Gebbia Antonino per procura in calce alla comparsa di risposta, convenuto; S.p.a. Cesame, convenuto contumace; Sacelit S.p.a. convenuto contumace; in punto a: «171001 - Opposizione alla sentenza dichiarativa di fallimento (art. 18)». M o t i v i Ritenuto in fatto Che con atto di citazione notificato in data 6 luglio 2001, Pagnotta Carmelo e la Pagnotta S.n.c. proponevano opposizione avverso la sentenza dichiarativa di fallimento n. 35/2001, depositata dal Tribunale di Catanzaro in data 14 giugno 2001, deducendo: 1) che in data 15 maggio 1995, con sentenza n. 644/1995, il Tribunale di Catanzaro aveva omologato il concordato preventivo della Pagnotta S.n.c.; 2) che con successivo decreto in data 22 gennaio 1996, il g.d. del concordato preventivo, aveva stabilito le modalita' di esecuzione di tale concordato; 3) che il medesimo Tribunale di Catanzaro, con decreto in data 30 giugno 1998, aveva rigettato la richiesta di risoluzione del concordato, formulata dai creditori Raimondo Pietro e Banco di Napoli S.p.a.; 4) che con decreto in data 23 aprile 2001, il g.d. del procedimento di concordato preventivo aveva dichiarato chiuso il procedimento, sul presupposto che il concordato non aveva avuto regolare esecuzione e che, ciononostante, in data 30 giugno 1998, era scaduto il termine annuale per la pronuncia di risoluzione e, pertanto, lo stesso non poteva piu' essere risolto. Che cio' posto, gli attori, deducevano l'illegittimita' della sentenza di fallimento impugnata, sostanzialmente evidenziando: 1) l'impossibilita' di pronunciare, una volta omologato il concordato preventivo, il fallimento del debitore se non in presenza di una preliminare pronuncia di risoluzione del concordato; 2) che l'effetto risolutivo del concordato preventivo non poteva ricondursi al decreto del g.d. in data 23 aprile 2001; 3) che in ogni caso non era provato lo stato d'insolvenza del debitore, il cui patrimonio immobiliare era tale da poter soddisfare tutti i crediti. Che si costituivano in giudizio la curatela del fallimento, nonche' i creditori Raimondo Pietro e SGA, quale cessionaria dell'Isveimer, chiedendo il rigetto della domanda ed eccependo: 1) che la dichiarazione di fallimento anche oltre il decorso del termine per la risoluzione del concordato preventivo fosse possibile qualora fosse stato accertato un nuovo e diverso stato d'insolvenza dell'imprenditore non oggetto del precedente concordato; 2) che, nel caso di specie, l'esame dello stato passivo del fallimento convinceva di cio'; 3) che, in ogni caso, il concordato non adempiuto ne' risolto, non era piu' vincolante per i creditori che, pertanto, questi potevano agire per la pronuncia di fallimento; 4) che, peraltro, il credito della Isveimer, pur essendo anteriore, non era stato preso in considerazione in sede di concordato; 5) che, infine, l'esistenza di un patrimonio immobiliare del debitore non poteva escludere il suo stato d'insolvenza. Che non si costituivano gli altri convenuti che venivano dichiarati contumaci. Che acquisiti i documenti prodotti dalle parti ed acquisito il fascicolo fallimentare, sulle conclusioni sopraindicate, all'udienza dell'11 luglio 2002, la causa veniva rimessa in decisione. Ritenuto in diritto Che deve premettersi, come la questione dedotta dalla curatela del fallimento, secondo cui la dichiarazione di fallimento del debitore, nel caso di concordato preventivo non risolto, sarebbe comunque possibile qualora si accertasse un'insolvenza diversa (e successiva) da quella che ha dato luogo al concordato, sebbene suggestiva, non appare, allo stato, accoglibile da questo tribunale. Che in particolare, ed in primo luogo, deve dirsi sul punto come i ricorsi che hanno dato luogo alla pronuncia di fallimento impugnata, attengono tutti a crediti anteriori al concordato preventivo. Che inoltre, non puo' ritenersi, allo stato, che la Soc. Pagnotta sia divenuta insolvente per crediti sorti successivamente al decreto che ammette l'imprenditore al procedimento di concordato. Che cio' si desume, da una parte, dal fatto che la sentenza impugnata ha fatto riferimento ad un'insolvenza derivante, nella maggior misura, dal mancato pagamento del credito Isveimer (poi SGA) e, quindi, di un credito concordatario; ed inoltre dal fatto che, se e' pur vero che l'esame dello stato passivo ha evidenziato una cospicua entita' di debiti, e' anche vero che, dall'esame del fascicolo fallimentare, sussiste perlomeno il dubbio che l'impresa Pagnotta S.n.c., qualora non avesse avuto l'obbligo di pagamento dei creditori concordatari insoddisfatti, avrebbe potuto continuare la sua attivita' rispettando un principio di sufficiente economicita', desumendosi cio', piu' specificamente, dal fatto che l'impresa, alla data della dichiarazione di fallimento, aveva (epurato il passivo dall'inadempimento concordatario) una sufficiente redditivita', tale da giustificare, tra l'altro, l'autorizzazione all'esercizio provvisorio. Che pertanto, non puo' ritenersi, senza che residui un consistente dubbio, che lo stato d'insolvenza della societa' opponente sia stato costituito dall'impossibilita' di adempiere regolarmente ad obbligazioni ulteriori rispetto a quelle concordatarie. Che allora risulta rilevante, per la risoluzione della controversia, risolvere la quaestio giuridica del rapporto tra la successiva sentenza di fallimento e l'esistenza di un concordato preventivo del debitore omologato e, sebbene non adempiuto, non risolto. Che sul punto va in primo luogo precisato, come a norma dell'art. 184 legge fall., il concordato omologato e' obbligatorio per tutti i creditori anteriori al decreto di apertura della procedura di concordato. Che inoltre sussiste un pacifico principio giurisprudenziale, piu' volte ribadito, tanto da potersi ritenere diritto vivente, secondo cui il concordato e' obbligatorio per tutti i creditori che abbiano una ragione di credito anteriore al concordato medesimo, e che, pertanto, tali creditori soggiacciono comunque agli effetti del concordato, anche qualora il loro credito sia accertato in data successiva, ed anche se i creditori medesimi non siano stati compresi nell'elenco verificato dal commissario giudiziale e non abbiano partecipato alla deliberazione sulla proposta di concordato (cfr. Cass., 1998, n. 3800; Cass., 1995, n. 7169; Cass; 1967, n. 831, Cass., SS.UU., 27 luglio 1990, n. 7562). Che pertanto, sulla base di tale disciplina, deve ritenersi che, il concordato preventivo Pagnotta esplichi i suoi effetti anche nei confronti dell'Isveimer e del suo cessionario SGA, atteso che le ragioni di credito dell'Isveimer risultano anteriori al concordato, e cio' anche se, come risulta dagli atti, l'Isveimer non aveva avuto notizia del concordato medesimo. Che la medesima posizione dell'Isveimer deve ritrovarsi nella SGA, per il principio secondo cui il cessionario subentra nei diritti del cedente. Che parimenti non puo' dubitarsi, che l'esistenza di un concordato preventivo omologato e non risolto nel termine di cui agli articoli 186 e 137 legge fall., precluda la successiva dichiarazione del fallimento del debitore. Che, infatti, sul punto, sebbene esista una isolata pronuncia giurisprudenziale di senso contrario (costituita dalla decisione del Tribunale di Nocera Inferiore, che, con decreto in data 23 gennaio 1997, ha indicato i seguenti principi: 1. e' impossibile pronunciare la risoluzione di un concordato preventivo decorso il termine di un anno dalla scadenza dell'ultimo pagamento; 2. qualora sia scaduto tale termine il concordato non adempiuto e non risolto va dichiarato definito; 3. il concordato non adempiuto e non risolto, non e' piu' obbligatorio per i creditori; 4. vanno quindi trasmessi gli atti all'ufficio del p.m. la richiesta di fallimento dell'imprenditore) deve invece ritenersi che la mancata risoluzione del concordato preventivo precluda la dichiarazione di fallimento dell'imprenditore. Che in particolare, non appare possibile ritenere, perche' in contrasto con i principi giuridici in materia di negozio, che il concordato non adempiuto ne' risolto non sia piu' obbligatorio per l'imprenditore e per i creditori. Che, infatti, se e' pur vero che i creditori perdono il divieto delle azioni esecutive individuali, nel caso di concordato non adempiuto e non risolto, non puo' ritenersi che gli stessi possano agire in via esecutiva senza rispettare la falcidia concordataria, ne' che possano chiedere il fallimento del debitore. Che cio' si desume dal fatto che la mancata risoluzione del concordato, ne rende ancora possibile l'attuazione e importa la permanenza dell'accordo transattivo tra debitori e creditori. Che cio' accade perche' gli artt. 137 e 186 legge fall. indicano come unico strumento di riapertura del fallimento (per il concordato fallimentare) o di dichiarazione di fallimento (per il concordato preventivo) la pronuncia tempestiva di risoluzione. Che dunque dopo la decadenza dei termini per la risoluzione (o l'annullamento) del concordato, e' preclusa la dichiarazione di fallimento dell'imprenditore, ed i creditori possono agire per la percentuale concordataria (Cass. n. 1994/372) ma il debitore, appunto, non e' piu' assoggettabile al fallimento (Trib. Lucca, 18 febbraio 1988; App. Milano, 29 settembre 1977), a meno che il debitore non abbia intrapreso una nuova attivita' imprenditoriale (Trib. Milano, 19 ottobre 1976). Che tali principi risultano pacifici in giurisprudenza. Che applicando tali principi, deve allora escludersi la possibile pronuncia di fallimento a carico della societa' Pagnotta S.n.c., non essendo stato il concordato preventivo oggetto del presente giudizio, risolto tempestivamente, ne' avendo l'imprenditore intrapreso nuova attivita' imprenditoriale. Che cio' posto sussiste il dubbio, non manifestamente infondato, e rilevante per la risoluzione della controversia, che il combinato disposto degli articoli 137, 184 e 186 legge fall., sia in contrasto con gli articoli 3, 24 e 41 della Costituzione. Che il dubbio di costituzionalita' deriva dal fatto che tali norme, come scaturiscono dal sopra richiamato orientamento giurisprudenziale, unico, e piu' volte ribadito, tanto da dover essere considerato diritto vivente, precludono la dichiarazione di fallimento dell'imprenditore il cui concordato preventivo non e' stato adempiuto, e non e' suscettibile di risoluzione per il decorso del termine annuale dalla scadenza dell'ultimo pagamento, anche su istanza di un creditore che, sebbene anteriore, non sia stato inserito tra i creditori concordatari e non abbia potuto interloquire sulla legittimita' e convenienza della proposta. Che in punto di rilevanza, dalla risoluzione della questione di costituzionalita' discende la decisione della presente controversia, atteso che, qualora si ritenesse non in contrasto con i principi costituzionali tale preclusione, la conseguenza sarebbe l'accoglimento dell'opposizione per cui e' giudizio. Che in punto di non manifesta infondatezza della questione, va evidenziato come, ad avviso del tribunale, la violazione degli articoli 3 e 24 Cost. discende dalla disparita' di trattamento che si verrebbe a creare tra i creditori anteriori al concordato e, in special modo, tra il creditore anteriore che e' stato inserito nell'elenco concordatario e che, pertanto, ha avuto notizia del concordato, e' stato posto in condizione di votare nel concordato medesimo, e che quindi e' stato in grado di chiedere tempestivamente la risoluzione del concordato non adempiuto ed il conseguente fallimento del suo debitore, ed il creditore anteriore pretermesso, perche' illegittimamente non inserito nell'elenco dei creditori concordatari, e che, non avendo avuto notizia del concordato, non e' in grado di chiedere la risoluzione del concordato, in pendenza della procedura, perche', appunto, non notiziato della stessa, ne' di chiedere il fallimento del suo debitore, una volta dichiarato chiuso e non adempiuto il concordato preventivo, con violazione del suo diritto di difesa. Che tale disparita' di trattamento deriva dal fatto che, in base al richiamato diritto vivente, il creditore pretermesso, seppure non abbia avuto notizia del concordato, ne subisce comunque gli effetti, tra cui l'impossibilita' di chiedere la risoluzione del concordato medesimo, ne' il fallimento del debitore, decorso l'anno dalla scadenza dell'ultimo pagamento concordatario. Che inoltre le richiamate disposizioni contrastano con l'art. 41 Cost., essendo il creditore pretermesso, sebbene non abbia potuto partecipare alla deliberazione concordataria, e non avendo, quindi, potuto esprimere il suo eventuale dissenso sulla proposta, comunque obbligato dagli effetti concordatari. Che, dunque, va disposta l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, perche' si pronunci sul dubbio di costituzionalita' sul combinato disposto degli articoli 137, 184 e 187 regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, nella parte in cui precludono al creditore anteriore alla proposta di concordato preventivo del suo debitore, e non avvisato della proposta concordataria, ne' inserito nell'elenco dei creditori, di richiedere il fallimento del suo debitore, nel caso di inadempimento del concordato, ed anche in mancanza di sua risoluzione, decorso l'anno dalla scadenza dell'ultimo pagamento indicato nel concordato preventivo omologato.
P. Q. M. Letto ed applicato l'art. 23 legge 11 marzo 1953, n. 87; 1) Sospende il procedimento; 2) Dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; 3) Manda alla cancelleria per quanto di competenza e per la notificazione della presente ordinanza alle parti ed al Presidente del Consiglio dei ministri, nonche' per la comunicazione della presente ordinanza ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Cosi' deciso in data 28 ottobre 2002 Il Presidente: Greco L'estensore: Fontanazza 03C0560