N. 328 ORDINANZA (Atto di promovimento) 21 febbraio 2003
Ordinanza emessa il 21 febbraio 2003 dalla Corte di cassazione sul ricorso proposto da Jackson Harry contro Ministero delle finanze Contenzioso tributario - Chiusura agevolata delle liti fiscali pendenti al 29 settembre 2002 - Possibilita' per il contribuente di avvalersi della relativa disciplina - Esclusione per le liti pendenti dinanzi alla Corte di Cassazione - Irrazionalita' - Contrasto con il principio di eguaglianza - Violazione del diritto di difesa. - Legge 27 dicembre 2002, n. 289, art. 16. - Costituzione, artt. 3 e 24.(GU n.23 del 11-6-2003 )
LA CORTE DI CASSAZIONE Ha pronunciato la seguente ordinanza interlocutoria sul ricorso proposto da: Jackson Harry, elettivamente domiciliato in Roma, via Sicilia n. 66, presso lo studio dell'avvocato Tieghi Roberto, difeso dall'avvocato Brunori Piero, giusta procura in calce, ricorrente; Contro Ministero finanze, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso l'Avvocatura generale dello Stato, che lo rappresenta e difende ope legis, controricorrente; avverso la decisione n. 1491/1998 della commissione tributaria centrale di Roma, depositata il 17 marzo 1998; Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 21 gennaio 2003 dal consigliere dott. Simonetta Sotgiu; Udito, per il ricorrente, l'avvocato Giuliani (con delega) che ha chiesto il rinvio a nuovo ruolo del ricorso per condono fiscale, in attesa della decisione della Corte costitizionale; nel merito l'accoglimento del ricorso; Udito il p.m. in persona del sostituto procuratore generale dott. Maurizio Velardi che ha concluso per rinvio a nuovo ruolo del ricorso in attesa della decisione della Corte costituzionale sulla questione del condono fiscale. Svolgimento del processo L'Ufficio imposte dirette di Viareggio notificava in data 29 novembre 1991 allo scultore Harry Jackson avviso di accertamento ex art. 38, comma 4, d.P.R. n. 600/1973, con cui veniva determinato in via sintetica un reddito imponibile per l'anno 1983 di L. 53.377.355, in applicazione dei parametri previsti del d.m. 31 luglio 1983 (possesso di n. 3 cavalli da equitazione; di n. 2 collaboratori familiari; di n. 1 auto Mercedes C.F. 45, immatricolata nel 1974). A seguito del ricorso del contribuente, la Commissione tributaria di primo grado di Lucca, con decisione 16 febbraio 1993, dichiarava l'illegittimita' dell'accertamento, e tale pronuncia veniva confermata dalla commissione tributaria di secondo grado in data 20 gennaio 1996. L'Ufficio ricorreva alla C.T.R., la quale con decisione 13 gennaio - 17 marzo 1998 dichiarava legittimo l'accertamento dell'ufficio. Harry Jackson ha chiesto la cassazione di tali pronunce sulla base di due motivi incentrati sulla parziale strumentalita' dei beni, rispetto alla sua attivita' di scultore di soggetti prevalentemente equestri, e sull'assenza del carattere reddituale dei proventi, introitati a titolo di prestiti «in conto spese personali», regolarmente dichiarati, effettuati dalla ditta artigiana di scultura intestata allo stesso Jackson. Il Ministero delle finanze si e' costituito al fine di partecipare alla discussione orale. Motivi della decisione Ritiene la corte che la istanza di rinvio della discussione del ricorso avanzata dal difensore dello Jackson con riguardo alle disposizioni in materia di condono introdotte dalla legge 27 dicembre 2002, n. 289 - recante disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2003) - non possa essere sic et simpliciter disattesa, in considerazione del fatto che la previsione di una sospensione delle liti pendenti risulta stabilita (art. 16, legge n. 282/2002 cit.) unicamente con riguardo a quelle innanzi alle commissioni tributarie ed innanzi ai tribunali ed alle Corti di appello e non, anche, innanzi alla Corte di cassazione. Al riguardo va subito detto che il principio dell'impulso d'ufficio che regola il giudizio di cassazione - tanto da consentire la decisione della causa in base al ricorso ed agli altri eventuali atti difensivi delle parti, indipendentemente dall'intevento o meno all'udienza delle parti stesse (ovviamente, ritualmente avvisate della udienza di discussione - non puo' non trovare un necessario contemperamento nel diritto della parte ad avvalersi di eventuali benefici di legge laddove questi prevedano la possibilita' di una chiusura agevolata delle liti in essere e non sussistano specifiche ragioni che giustifichino la non usufruibilita' dei benefici stessi da parte di coloro che, nell'esercizio del diritto di difesa costituzionalmente garantito, abbiano ritenuto di rivolgersi al giudice di legittimita' ovvero che innanzi allo stesso giudice evocati abbiano del pari ritenuto di esercitarvi il proprio diritto. Cio' posto, si ritiene di dovere sollevare, d'ufficio, ai sensi degli artt. 1 legge cost. 9 febbraio 1948 n. 1 e 23 legge n. 87/1953, e nei termini in appresso specificati, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 16 legge n. 289/2002 (attinente appunto alla «chiusura delle liti pendenti») per contrasto con gli artt. 3 e 24 della Costituzione. La questione appare di evidente rilevanza ai fini del decidere, posto che, nella specie, alla eventuale reiezione del ricorso proposto dal contribuente conseguirebbe l'obbligo dello stesso di adeguarsi al decisum della CTR, con relativo aggravio di ordine economico. Pertanto, in capo al contribuente medesimo non puo' non individuarsi un interesse concreto ed attuale ad avvalersi delle disposizioni agevolative, ove valutate di convenienza. D'altro canto, la questione appare non manifestamente infondata. In proposito, al fine di verificare la configurabilita' del denunziato contrasto, occorre soffermarsi sul complessivo impianto normativo predisposto, al riguardo, dalla legge finanziaria per il 2003. Il capo II - disposizioni in materia di concordato - del titolo II (disposizioni in materia di entrata), legge n. 282/2002 cit. (in vigore dal 1° gennaio 2003, ai sensi dell'art. 95, terzo comma), contiene diciassette articoli (dall'art. 6 all'art. 17) aventi ad oggetto la regolamentazione - particolarmente sotto il profilo della regolarizzazione - dei rapporti tra l'amministrazione finanziaria ed il contribuente. In questa sede e' opportuno ricordare alcuni dei principi fissati nell' art. 16 cit. - della cui conformita' al richiamato dettato costituzionale questa questa Corte ha, come gia' accennato, fondati motivi per dubitare - poiche' essi danno un quadro indicativo del sistema che il legislatore ha realizzato con riguardo alla definibilita' delle liti pendenti fra contribuente e fisco, escludendo in modo inequivoco (seppur non esplicitamente), quelle pendenti innanzi alla Corte di cassazione. L'art. 16, al comma 1, stabilisce che «Le liti fiscali pendenti dinanzi alle commissioni tributarie in ogni grado del giudizio, anche a seguito di rinvio, nonche' quelle gia' di competenza del giudice ordinario, ancora pendenti innanzi al tribunale o alla corte di appello, possono essere definite, a domanda del soggetto che ha proposto l'atto introduttivo del giudizio,con il pagamento: a) di 150 euro, se il valore della lite e' di importo fino a duemila euro; b) pari al 10% del valore della lite, se questo e' di importo superiore 2.000 euro». Al comma 2 e' stabilito che «le somme dovute ai sensi del comma 1 sono versate entro il 16 marzo 2003 ...». Al comma quarto, poi, che, «per ciascuna lite pendente e' effettuato entro il termine di cui al comma 2 un separato versamento ed e' presentata, entro il 21 marzo 2003, una distinta domanda di definizione ...». Al comma 3, lettera a) della disposizione in esame e' precisato che per lite pendente si intende «quella avente ad oggetto avvisi di accertamento, provvedimenti di irrogazione delle sanzioni e ogni altro atto di imposizione, per i quali alla data di entrata in vigore della presente legge, e' stato proposto l'atto introduttivo del giudizio, nonche' quella per la quale l'atto introduttivo sia stato dichiarato inammissibile con pronuncia non passata in giudicato» e infine che «si intende comunque pendente la lite per la quale alla data del 29 settembre 2002 non sia intervenuta sentenza passata in giudicato». Al comma 6 e' stabilito che «Le liti fiscali che possono essere definite ai sensi del presente articolo sono sospese fino al 30 giugno 2003; qualora sia stata gia' fissata la trattazione della lite nel suddetto periodo, i giudizi sono sospesi a richiesta del contribuente che dichiari di volersi avvalere delle disposizioni del presente articolo». Al comma 8 e' previsto che «gli Uffici di cui al comma 1» (l'inciso di cui al comma 1 appare frutto di un errore di coordinazione, posto che, come si e' prima illustrato, diverso e' il tenore di tale comma: ndr) «trasmettono alle commissioni tributarie, ai tribunali e alle corti di appello, entro il 30 giugno 2003, un elenco delle liti pendenti per le quali e' stata presentata domanda di definizione. Tali liti sono sospese fino al 31 luglio 2005». Cosi' richiamate quelle che appaiono le disposizioni piu' significative dell'art. 16 in esame, si impongono, al riguardo, alcune considerazioni. In primo luogo che, non potendosi prescindere da una interpretazione di carattere logico - oltre che letterale - della disciplina anzidetta, appare da escludere che il periodo finale del comma 2, lettera a), dell'art. 16 «si intende comunque pendente la lite per la quale alla data del 29 settembre 2002 non sia intervenuta sentenza passata in giudicato» sia riferibile a qualsiasi lite, si' da comprendervi anche a quelle pendenti innanzi alla Corte di cassazione. Se cosi' fosse, invero, non vi sarebbe luogo a dubitare della coerenza del sistema. Invece, in senso chiaramente contrario depone il tenore letterale e logico del primo comma dell'art. 16 (che si riferisce in modo chiaro alle commissioni tributarie in ogni grado del giudizio «anche a seguito di rinvio» nonche' alle liti ancora pendenti innanzi al tribunale o alla corte di appello). Del resto, la nozione di lite pendente risulta elaborata esplicitamente (comma 3, dell'art. 16 cit.) «ai fini del presente articolo»: sicche', gia' sotto questo profilo deve ritenersi non consentita una interpretazione estensiva della nozione di lite pendente. Per altro verso, la indicata precisa delimitazione della nozione di lite pendente trova riscontro nel menzionato comma 6 - laddove cioe' il legislatore, nel disporre la sospensione delle liti fino al 30 giugno 2003, si riferisce esplicitamente a «le liti fiscali che possono essere definite ai sensi del presente articolo» - nonche' nel comma 7 (ove e' stabilito che «per le liti di cui al comma 6 sono altresi' sospesi fino al 17 marzo 2003 i termini per impugnare le sentenze delle commissioni tributarie nonche' quelle dei tribunali e delle corti di appello) e nel comma 8, posto che la trasmissione da parte degli uffici finanziari dell'elenco delle liti pendenti ha per destinatari soltanto le commissioni tributarie, i tribunali e le corti di appello. Il sistema, rigoroso e chiuso, non consente quindi una interpretazione estensiva della relativa disciplina che dia modo al contribuente - la cui lite sia occasionalmente, alla data del 29 settembre 2002, pendente innanzi alla Corte di cassazione, di usufruire del meccanismo di chiusura agevolata. Il dato va sottolineato, posto che in caso di avvenuta cassazione con rinvio della sentenza impugnata la lite cosi' pendente diviene nuovamente definibile, per via di quanto espressamente disposto dall'art. 16, al comma 1. Sotto altro aspetto, e' da rilevare che l'impianto normativo non consente al contribuente di definire in altro modo le proprie liti, ove pendenti in Cassazione. Invero, la definizione automatica di redditi d'impresa e di lavoro autonomo per gli anni pregressi mediante autoliquidazione, con effetti anche ai fini dell'imposta sul valore aggiunto (oggetto del presente giudizio) di cui all'art. 7, legge n. 282/2002 e' esclusa - comma 3, lettera c) - per i soggetti ai quali «alla data di entrata in vigore della presente legge e' stato notificato ... avviso di accertamento ai fini delle imposte sui redditi, dell'imposta sul valore aggiunto ...». Del pari, le disposizioni sull'integrazione degli imponibili per gli anni pregressi (art. 8, legge n. 282/2002) non si applicano (comma 10, lettera a), nel ricorrere delle medesime circostanze di fatto ora menzionate, cosi' come non si applicano, ai sensi dell'art. 9 comma 14 legge cit. quelle sulla definizione automatica per gli anni pregressi (tutti i periodi d'imposta per i quali i termini per la presentazione delle relative dichiarazioni sono scaduti entro il 31 ottobre 2002). Tale essendo il sistema predisposto dal legislatore, e' indubbio che il contribuente - il quale abbia proposto ricorso per cassazione, o sia stato quivi evocato dall'amministrazione finanziaria e vi abbia esplicato difesa - viene ad essere, in base all'art. 16, escluso, senza una qualsiasi ragionevole giustificazione, dalla possibilita' di avvalersi di una definizione agevolata dalla controversia in essere con il fisco. La mancanza di giustificazione - e quindi la irrazionalita' - di siffatta soluzione legislativa perseguita con l'art. 16 - e' palese e tale da risultare in evidente contrasto con il principio di uguaglianza e con la inviolabilita' del diritto di difesa fissati negli artt. 3 e 24 della Costituzione. Tale irrazionalita' maggiormente risalta ove si abbia riguardo al piu' favorevole regime stabilito per la definizione dei tributi locali (delle regioni, delle province e dei comuni) dall'art. 13 della legge n. 282/2002, che, al comma 2, prevede infatti la sospensione, su istanza di parte del procedimento giurisdizionale «in qualunque stato e grado questo sia eventualmente pendente»: in tal modo consentendosi ai contribuenti che ne abbiano interesse di sanare liti pendenti con i predetti enti locali anche se pendenti in sede di legittimita'. In definitiva, la esclusione, ai sensi dell'art. 16, legge n. 282/2002, della possibilita' per il contribuente di chiudere la lite fiscale pendente - ove questa si trovi in tale stato in sede di legittimita' e soltanto per tale motivo - non rappresenta una scelta di diritto sostanziale, tale da rientrare nella sfera di una insindacabile discrezionalita' legislativa (pur dovendosi rilevare che la finalita' dei condoni fiscali e' sempre quella di un sollecito recupero di risorse finanziarie, anche attraverso la riduzione del contenzioso), ma di ordine strettamente processuale. Sicche', finendo per discriminare il legittimo esercizio del diritto di difesa, garantito a tutti in ogni stato e grado del procedimento, determina la violazione dei gia' menzionati principi di ordine costituzionale. Il giudizio in corso deve essere sospeso e gli atti rimessi alla Corte costituzionale. La cancelleria provvedera' agli adempimenti di cui al quarto comma dell'art. 23, legge n. 87/1953.
P. Q. M. Rimette gli atti alla Corte costituzionale sollevando questione di legittimita' costituzionale dell'art. 16, legge n. 282/2002, per contrasto con gli artt. 3 e 24 della Costituzione, nella parte in cui si esclude la possibilita' per il contribuente di avvalersi della relativa disciplina di chiusura delle liti fiscali pendenti avanti alla Corte di cassazione; Sospende, per l'effetto, il giudizio in corso; Dispone che copia della presente ordinanza sia notificata alle parti in causa e al Presidente del Consiglio dei ministri, nonche' comunicata al Presidente del Senato e al Presidente della Camera dei deputati. Cosi' deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 21 gennaio 2003. Il Presidente: Monaci 03C0565