N. 339 ORDINANZA (Atto di promovimento) 20 febbraio 2003
Ordinanza emessa il 20 febbraio 2003 dal G.I.P. del Tribunale di Reggio Calabria sulla richiesta di convalida proposta dal p.m. Processo penale - Mezzi di prova - Intercettazioni di comunicazioni - Possibilita' per il pubblico ministero di disporre, in via derogatoria, la utilizzazione di impianti esterni alla Procura della Repubblica - Verifica del giudice, in sede di convalida del provvedimento del pubblico ministero o di prima proroga successiva all'autorizzazione gia' data, al fine di valutarne la congruita' - Mancata previsione - Lesione del principio di buon andamento della giustizia. - Codice di procedura penale, art. 268, comma 3. - Costituzione art. 97.(GU n.24 del 18-6-2003 )
IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI Sulla richiesta di convalida di decreto di intercettazione di conversazioni telefoniche emesso dal p.m. sede, il 19 febbraio 2003, O s s e r v a Il p.m. chiedeva la convalida di un proprio decreto emesso di urgenza e con cui disponeva l'intercettazione di utenze nell'ambito di procedimento penale relativo a traffico di droga e nel cui ambito erano state avviate attivita' di ricerca di latitante - il cui nominativo si omette, per evidenti ragioni di riservatezza delle indagini, posto che l'ordinanza verra' resa pubblica e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale -, risultato costui essere collegato a coloro che sono indagati nel procedimento, per i delitti di cui agli artt. 73 e 74, decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990. Nel corpo del decreto, il p.m. giustificava le ragioni dell'urgenza nel provvedere evocando il «caso di urgenza potendo da ritardo derivare grave pregiudizio per le indagini stesse in quanto non altrimenti conseguibile la fonte di prova». Inoltre, faceva menzione dell'indisponibilita' di apparecchiature idonee presso la Procura sede, trascurando di giustificare la legittimazione dell'uso di apparecchiature esterne alla Procura, in relazione alle eccezionali ragioni di urgenza, come ulteriormente richiesto dalla normativa di cui all'art. 268/3 c.p.p. Si ritiene che il difetto dell'esposizione delle eccezionali ragioni di urgenza richieste dall'art. 268/3 c.p.p., rendera' i risultati delle intercettazioni - in futura sede di delibazione cautelare o di merito - inutilizzabili, a mente di quanto disposto dall'art. 271/1 c.p.p. Cio' senza che il giudice, in questa fase, abbia nemmeno la possibilita' giuridica di intervenire al fine di porre rimedio ad una situazione che, gia' da ora, si puo' senz'altro pronosticare come pregiudizievole per il procedimento, dovendosi - in sede di futura valutazione degli esiti delle intercettazioni - prendere atto del difetto segnalato e delle sue irrimediabili conseguenze. L'art. 268 c.p.p., prevede che il p.m., in caso di indisponibilita' di impianti presso la Procura e sussistendo eccezionali ragioni di urgenza, possa disporre che le intercettazioni - anche da lui disposte d'urgenza, oltre che autorizzate dal giudice - siano eseguite presso impianti esterni alla Procura medesima, in deroga alla regola generale sul punto, imposta dall'art. 268/3, primo periodo, c.p.p. Il provvedimento del p.m., sul punto, si pone come meramente esecutivo - di operazioni autorizzate dal giudice, o disposte d'urgenza dallo stesso p.m. -, con deliberazione autonoma, e rappresenta il titolo di legittimazione delle modalita' di esecuzione delle operazioni medesime. Spesso accade, inoltre, che il provvedimento che dispone in punto di esecuzione delle operazioni di intercettazione, sia contenuto nel corpo stesso del decreto emesso d'urgenza del p.m., ma cio' non toglie che, comunque, si tratti di un provvedimento isolabile da quello principale e che mantiene una propria autonomia, pur risultando incorporato nel principale. Ora, cio' ehe puo' essere sindacato dal giudice, al fine di verificare se sussistano o meno i presupposti di legittimita' delle operazioni di intercettazione, soltanto la richiesta di autorizzazione alle operazioni, ovvero il provvedimento d'urgenza del p.m., con cui sono, sin dall'immediato, disposte le intercettazioni. Non, invece, il provvedimento relativo alle modalita' di esecuzione delle operazioni, che, in ipotesi, disponesse la deroga alla regola generale di cui all'art. 268/3, primo periodo, c.p.p.. Esso e' di esclusiva spettanza del p.m. ed attiene esclusivamente ai modi di esecuzione di operazioni gia' assentite, ovvero da convalidare. Tuttavia, tale difetto di potere da parte del giudice finisce per rendere l'aspetto esecutivo delle operazioni di intercettazioni, cosi' rappresentato, un momento franco da vigilanza giurisdizionale. Cio' puo' comportare effetti perniciosi per la stessa economia del procedimento, senza possibilita' di alcun rimedio per la sorte delle prove acquisite mediante le intercettazioni. Infatti, il p.m., per disporre legittimamente le operazioni di intercettazione con strumentazione esterna alla Procura, deve dare adeguatamente ed indefettibilmente conto, oltre che delle ragioni dell'insufficienza o indisponibilita' degli impianti interni, anche delle eccezionali ragioni di urgenza, che rendono opportuno un intervento ab externo. Il difetto di motivazione sul punto - che puo' mancare in senso fisico, come in questo caso, ovvero essere apparente o, ancora, insufficiente - implica, conseguentemente, l'inutilizzabilita' delle intercettazioni compiute, a norma degli artt. 268/3 e 271/1 c.p.p. - giacche' quest'ultima norma commina espressamente la sanzione dell'inutilizzabilita' anche per il difetto in argomento -, senza che a tale grave prospettiva sia possibile porre alcun rimedio in via preventiva, mediante un intervento correttivo o censorio del giudice, che sostituisca, ovvero allerti l'organo preposto alla rituale dazione dei provvedimenti sul punto, ad esempio, facendo cessare le operazioni medesime, che potranno poi essere ritualmente riprese. Il rimedio a tale pernicioso vuoto normativo - almeno per il caso di mancanza assoluta e fisica della motivazione saliente, ovvero di motivazione apparente, giacche' sarebbe congruo opinare che un eventuale insufficiente motivazione possa essere adeguata dall'organo giurisdizionale di controllo che intervenisse successivamente, in sede cautelare o di giudizio, in esplicazione di un potere integrativo, al pari di cio' che accade in sede di giudizio rescissorio - potrebbe essere quello del controllo preventivo della congruita' delle motivazioni del provvedimento del p.m. sul punto, affidato al giudice, in sede di richiesta di convalida del provvedimento d'urgenza del p.m., ovvero in sede di prima proroga seguente alla autorizzazione alle operazioni richieste dal p.m. La mancata previsione di un intervento del genere - che consente, oltretutto, un immediato controllo della legittimita' dell'intervento del p.m. in sede di modalita' esecutive delle operazioni di intercettazioni, proprio in funzione di garanzia nello svolgimento delle medesime, secondo quella stessa ratio che, per regola generale, le impone come da eseguire presso i locali della Procura procedente -, determina, certamente, un detrimento per la corretta ed economica amministrazione della giustizia, inteso quest'ultimo aggettivo come esigenza di esercizio del relativo potere pubblico con la capacita' di coniugare il risultato ottimale da perseguire con il minor costo, in termini di dispersione di energie ed attivita' lavorative, nonche' di esiti di indagine, oltre che prettamente economiche. Nella specie, il buon andamento dell'amministrazione della giustizia e' obiettivo da perseguire evitando di porre in essere attivita' di indagine che, gia' in origine, potrebbero essere stimate del tutto inutilizzabili, percio' processualmente inutili ed economicamente improduttive. Cio' accade, infatti, per il caso in cui il p.m. errasse nel confezionamento materiale del proprio provvedimento, nei termini prospettati, come nel nostro caso. Il giudice non sarebbe, allo stato della legislazione, legittimato a sindacarne il contenuto. Le intercettazioni compiute potrebbero essere, poi, dichiarate inutilizzabili dalgiudice che dovesse valutarle ai fini cautelari, ovvero ai fini del giudizio di merito. Con la conseguenza che l'attivita' saliente - spesso lungamente protrattasi nel tempo e molto dispendiosa, oltre che foriera di decisivi apporti probatori -, potrebbe essere posta nel nulla senza che in sede giurisdizionale sia possibile un qualche rimedio a tale situazione, irragionevolmente preclusa al sindacato preventivo del giudice. Lo stato della legislazione evidenzia un difetto che la giurisprudenza tende a rimediare con ardite interpretazioni, da stimare scarsamente compatibili con i principi generali, come quella secondo cui il p.m. stesso, anche in un momento successivo, purche' anteriore al vaglio del giudice, potrebbe integrare gli elementi mancanti nella motivazione del provvedimento con cui si dispongono delle modalita' esecutive delle intercettazioni ab extra («i presupposti di legittimita' del ricorso ad apparati diversi da quelli installati presso la Procura consistono in situazioni oggettive delle quali il decreto attuativo opera una mera ricognizione; cio' significa che se e' inderogabilmente richiesto che esse sussistano nel momento in cui le operazioni vengono eseguite con modalita' straordinarie, e' tuttavia consentito che della loro esistenza il p.m. possa dare atto durante la (o anche successivamente alla conclusione della) fase esecutiva delle stesse, purche' ovviamente, in un momento anteriore a quello dell'utilizzazione degli esiti dell'intercettazione», in Cass. Sez II, 6 novembre 2002, n. 42161, ric. Osala, che, per vero, aveva trattato un'ipotesi di difetto di indicazione dell'indisponibilita' degli impianti in Procura). Opinione che - se puo' essere accolta per la mancata indicazione dell'indisponibilita' dei mezzi idonei in Procura, non consentendo il requisito apprezzamenti discrezionali, trattandosi di circostanza di mero fatto circa l'esistenza o inesistenza degli impianti - risulta di dubbia ragionevolezza con riferimento al difetto della motivazione sulle eccezionali ragioni di urgenza. Essa pone nel nulla l'esigenza di un provvedimento rituale preventivo, suscettivo di controllo ed inteso ad evitare possibili abusi e strumentali interventi tardivi, in funzione del salvataggio di difetti pregressi. Infatti, cosi' ragionando, ogni provvedimento preventivo - che legittimi operazioni ed attivita' il cui presupposto sia una situazione oggettiva, di fatto, ma suscettiva di un qualche apprezzamento discrezionale - potrebbe essere surrogato da altro, di volta in volta da collocare in un tempo qualificabile come ragionevolmente tardivo, ma artificiosamente emesso al solo fine di salvaguardare gli effetti di un'attivita' non ritualmente compiuta, poiche' non preventivamente assentita in maniera legale. Tanto e' discutibile il principio espresso dalla giurisprudenza citata, che si richiama anche ad altre pronunce di analogo tenore, che la stessa Corte di cassazione citata qualifica come, «atipica prassi» quella dell'intervento ex post del p.m. sul punto, laddove non appare chiarissimo lo scrimine tra l'atipicita' dell'atto, la mera irregolarita' della fattispecie complessa che ne sortisce e la sanzione di inutilizzabilita' incombente sulla stessa. Sicche', si lamenta l'incostituzionalita' della normativa di cui all'art. 268 c.p.p., nella parte in cui non prevede che, una volta emesso il provvedimento con cui il p.m. - nel corpo del provvedimento di urgenza, ovvero separatamente - abbia disposto l'esecuzione delle operazioni di intercettazioni extra moenia, tale provvedimento possa essere verificato dal giudice chiamato a vagliare le operazioni di intercettazioni, al fine di valutarne la congruita' rispetto ai parametri legali. Cio' non solo in sede di richiesta di convalida del provvedimento di urgenza del p.m., ma anche in sede di autorizzazione alle intercettazioni, allorche' il provvedimento esecutivo del p.m. segua - in tal caso - quello del giudice, potendosi compiere il sindacato giurisdizionale alla prima occasione utile, vale a dire in sede di prima richiesta di proroga delle intercettazioni. Le argomentazioni esposte evidenziano la non manifesta infondatezza del dubbio di costituzionalita' in argomento, rispetto al parametro costituzionale della garanzia e della tutela del buon andamento della pubblica amministrazione, inteso, nello specifico, come buon governo dell'amministrazione della giustizia, imposto dall'art. 97 Cost. La rilevanza della questione sta nella considerazione secondo cui l'impossibilita' di eseguire il controllo ex ante in questione, da parte del giudice richiesta di convalidare il provvedimento di urgenza del p.m., renderebbe, nel caso di specie, inutilizzabili le future intercettazioni svolte, giacche' risulta priva di adeguata motivazione il provvedimento del p.m. che dispone sulle modalita' esecutive delle operazioni al di fuori dei locali di Procura, quanto alla sussistenza delle eccezionali ragioni di urgenza che le renderebbero opportune. L'inutilizzabilita' degli esiti delle operazioni eseguite dovrebbe essere dichiarata, inevitabilmente, nella prima occasione - cautelare o di merito - in cui il giudice si trovasse a dover fruire del materiale relativo, verificando allora, ex post, il difetto di uno dei presupposti di cui all'art. 268/3 c.p.p. per l'esecuzione di intercettazioni fuori Procura.
P. Q. M. Visti gli artt. 268, 271 c.p.p., 97 Cost. e 23 legge n. 87/1953, Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di costituzionalita' dell'art. 268/3 c.p.p., nella parte in cui non prevede che, una volta emesso il provvedimento con cui il p.m. - nel corpo del provvedimento di urgenza, ovvero separatamente - abbia disposto l'esecuzione delle operazioni di intercettazioni con impianti esterni alla Procura della Repubblica, tale provvedimento possa essere verificato dal giudice - chiamato a vagliare le operazioni di intercettazione in sede di convalida di provvedimento del p.m., ovvero di prima proroga successiva all'autorizzazione gia' data -, al fine di valutarne la congruita' rispetto ai requisiti legali indicati dalla medesima norma, venendo consentite operazioni di indagine che saranno, successivamente, con certezza dichiarate inutilizzabili, con pregiudizio del buon andamento dell'amministrazione della giustizia, in violazione dell'art. 97 Cost. Sospende la decisione sulla richiesta di convalida del provvedimento di urgenza del p.m.; Dispone la trasmissione degli atti del procedimento incidentale alla Corte costituzionale, limitatamente al decreto del PM ed a questo provvedimento; Dispone che il presente provvedimento sia notificato, a cura della cancelleria al p.m., nonche' al Presidente del Consiglio dei ministri e comunicato ai Presidenti delle due Camere. Reggio Calabria, addi' 20 febbraio 2003 Il giudice: Boninsegna 03C0579