N. 346 ORDINANZA (Atto di promovimento) 10 febbraio 2003

Ordinanze  da  346  a  349  - di contenuto sostanzialmente identico -
emesse  il 10 febbraio 2003 dal Tribunale di Firenze nei procedimenti
penali  rispettivamente a carico di: Touhami Ben Arbi (R.O. 346/2003;
Louyah  Abdelali  (R.O. 347/2003); Mohamed Ben Kmais (R.O. 348/2003);
Males Ruiz Richard Segundo (R.O. 349/2003).

Straniero - Espulsione amministrativa - Reato di trattenimento, senza
  giustificato  motivo,  nel  territorio  dello  Stato  in violazione
  dell'ordine  di  allontanamento, entro il termine di cinque giorni,
  impartito  dal  questore  -  Arresto  obbligatorio  in  flagranza -
  Violazione   del   principio  di  ragionevolezza  -  Disparita'  di
  trattamento rispetto ad altri reati contravvenzionali - Lesione del
  principio di inviolabilita' della liberta' personale.
- Decreto    legislativo    25 luglio    1998,    n. 286,    art. 14,
  comma 5-quinquies, aggiunto dalla legge 30 luglio 2002, n. 189.
- Costituzione artt. 3, 13, primo comma e 27, comma secondo.
(GU n.24 del 18-6-2003 )
                            IL TRIBUNALE

    Vista   la   richiesta  di  convalida  dell'arresto  operato  nei
confronti  di  Touhami  Ben  Arbi,  nato il 2 aprile 1971 in Marocco,
imputato  per  il  reato  di  cui  all'art. 14, comma 5-ter d.lgs. 25
luglio  1998,  n. 286,  come  modificato  dalla legge 30 luglio 2002,
n. 189 ed altro;
    Rilevato:
        che  in  data  9  febbraio  2003  veniva effettuato l'arresto
dell'imputato  in  relazione al reato di cui all'art. 14, comma 5-ter
d.lgs.  25 luglio 1998, n. 286, come modificato dalla legge 30 luglio
2002, n. 189;
        che   in   data   10  febbraio  2003  il  p.m.,  ritenuta  la
legittimita'  dell'arresto  nella  nuova  ipotesi di cui all'art. 14,
comma  5-quinquies,  d.lgs.  n. 286/1998, come modificato dalla legge
n. 189/2002,   dal   momento  che  il  Touhami  si  tratteneva  senza
giustificato   motivo   nel  territorio  dello  Stato  in  violazione
dell'ordine   impartitogli   dal   questore   di   Firenze  ai  sensi
dell'art. 14,  comma  5-bis,  d.lgs.  n. 286/1998,  ordine notificato
all'imputato   in   data  16  ottobre  2002,  chiedeva  la  convalida
dell'arresto e procedersi per rito direttissimo;
        Il  che  il  p.m.,  all'odierna  udienza,  si  riportava alle
conclusioni scritte;
        che l'imputato veniva interrogato;
        che  il  difensore  si  opponeva  alla  convalida, formulando
eccezione   di   legittimita'   costituzionale   dell'art. 14,  comma
5-quinquies  nel  testo novellato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189,
osservando  che  la  previsione  ivi  contenuta,  imponendo l'arresto
obbligatorio per un'ipotesi di reato contravvenzionale in ragione del
quale  non puo' richiedersi misura cautelare coercitiva, risulterebbe
in  contrasto  con  gli  artt. 2, 3, 10, 13, primo comma, 27, secondo
comma, e 101 Cost.;
        che questo giudice si riservava sulla questione sollevata.
    Cio'   posto,   ritenuto  che  l'eccezione  di  costituzionalita'
formulata  dal  difensore debba essere esaminata preliminarmente alla
decisione  sulla convalida dell'arresto, questo giudice, condividendo
la   prospettazione   del   difensore,  solleva  dinanzi  alla  Corte
costituzionale  questione  di  costituzionalita'  della  norma di cui
all'art. 14,  comma  5-quinquies,  d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, nel
testo  novellato  dalla legge 30 luglio 2002, n. 189 sulla base delle
seguenti  motivazioni  in  merito alla rilevanza e alla non manifesta
infondatezza.
Sul carattere di pregiudizialita' e rilevanza della questione.
    A norma dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, il giudice
a  quo  e'  chiamato, in primo luogo, a verificare la rilevanza della
questione    che   intende   sottoporre   al   vaglio   della   Corte
costituzionale, al fine di accertare il carattere di pregiudizialita'
rispetto alla decisione di merito di cui trovasi ad essere investito.
    In  tanto  una  questione  di  costituzionalita' potra' reputarsi
rilevante  nel giudizio a quo in quanto dalla sua risoluzione possano
scaturire  effetti  per  la  decisione  di  merito. La verifica della
rilevanza  impone pertanto al giudice a qua l'esigenza di operare una
valutazione di prevedibile applicabilita' della norma impugnata.
    Ebbene, nel caso in esame il giudice ritiene di dover convalidare
l'arresto,  emergendo  dagli  atti  che  il  medesimo  e' avvenuto in
presenza dei presupposti contemplati dal disposto di cui all'art. 14,
comma  5-quinquies,  d.lgs.  n. 286/1998,  nel  testo novellato dalla
legge  30  luglio  2002,  n. 189.  Non  puo' pertanto dubitarsi della
rilevanza della questione di costituzionalita' della norma citata.
Sulla non manifesta infondatezza della questione.
    Come  noto,  la  possibilita' di attivare il giudizio incidentale
sulla  costituzionalita'  di  una  norma  e' condizionato alla previa
verifica  della  non  manifesta infondatezza della medesima, ossia da
una  preventiva  e forzatamente sommaria delibazione, all'esito della
quale   emergano   profili   di   contrasto   con   norme   di  rango
costituzionale.
    Operato  tale  sommario vaglio, questo giudice reputa sussistenti
profili  di dubbia costituzionalita' dell'art. 14, comma 5-quinquies,
d.lgs.  n. 286/1998,  nel testo novellato dalla legge 30 luglio 2002,
n. 189  alla  stregua  degli  artt. 3,  13,  primo comma, 27, secondo
comma, della Cost.
    Occorre  premettere  che la disposizione citata prevede l'arresto
obbligatorio nonche' la necessita' di procedere con rito direttissimo
nei   confronti  degli  autori  dei  reati  rispettivamente  previsti
dall'art. 14,  comma  5-ter  e  dall'art. 14,  comma  5-quater d.lgs.
n. 286/1998, nel testo novellato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189.
    La  prima fattispecie incriminatrice - contestata nel caso che ci
occupa  -  punisce con la pena dell'arresto da sei mesi ad un anno la
condotta  dello  straniero che si trattenga senza giustificato motivo
nel  territorio  dello  Stato  in violazione dell'ordine del questore
impartitogli ai sensi dell'art. 14, comma 5-bis.
    Preme  osservare  che  in  questa  ipotesi  contravvenzionale  il
legislatore  ha  stabilito  che  deve  altresi'  procedersi  a  nuova
espulsione,  tramite  accompagnamento  alla  frontiera  a mezzo della
forza pubblica.
    Per  completezza  deve  soggiungersi  che  la seconda fattispecie
(quella contemplata dall'art. 14, comma 5-quater) descrive un'ipotesi
delittuosa,  punendo  con  la  pena della reclusione da uno a quattro
anni  il  comportamento dello straniero, che colpito da provvedimento
di  espulsione  ai sensi dell'art. 14, comma 5-ter, venga trovato nel
territorio dello Stato.
    Cio' posto e considerato, la circostanza che il legislatore abbia
inteso   prevedere   un  ipotesi  di  arresto  obbligatorio  per  una
fattispecie  di  reato  contravvenzionale,  quale  quella  contestata
all'imputato,  solleva  ictu  oculi  soverchie  perplessita' sotto il
profilo del fondamentale canone della ragionevolezza ex art. 3 Cost.,
cui  deve informarsi l'attivita' del legislatore nell'esercizio delle
sue prerogative istituzionali.
    Occorre,   a  tal  proposito,  evidenziare  come  nel  codice  di
procedura   penale   l'arresto   in  flagranza  -  misura  fortemente
restrittiva  della  liberta'  personale - in generale, e salvi i casi
tassativamente  previsti  dal  secondo  comma  dell'art. 381, non sia
consentito  per  i delitti puniti con la pena della reclusione pari o
inferiore, nel massimo, a tre anni.
    Ancor piu' ristretti sono i casi di arresto obbligatorio previsti
dall'art. 380  c.p.p.,  con i quali occorre istituire il raffronto in
questo  caso, dato che, come s'e' gia' detto, la novella prevede tale
categoria di arresto.
    Il  sistema penale, in altri termini, prescrive l'obbligatorieta'
della  misura  restrittiva  della  liberta' personale solo per reali,
obiettive situazioni di singolare gravita'.
    Orbene,  in  deroga ai criteri generali, nel caso in esame, viene
introdotta  nell'ordinamento  un  ipotesi di arresto obbligatorio per
una contravvenzione neppure particolarmente grave, soprattutto ove la
si  raffronti  con  ipotesi  delittuose  per  le  quali e' consentito
l'arresto  in  flagranza al di sotto dei limiti sanciti dall'art. 380
c.p.p.  (si  pensi  al  delitto  di  furto,  in relazione al quale il
legislatore ha previsto la misura limitativa della liberta' personale
sulla  base  dell'apprezzamento  della spiccata pericolosita' sociale
del fatto).
    Ne'  puo'  sottacersi  che  il  nostro ordinamento, mentre, da un
lato,     introduce     l'arresto    obbligatorio    per    l'ipotesi
contravvenzionale  di  cui  all'art. 14,  comma 5-ter, dall'altro, lo
esclude   per   altre   fattispecie   contravvenzionali,  punite  con
altrettanta,   quando  non  maggiore,  severita'.  Si  pensi,  a  tal
proposito, alla fattispecie di cui all'art. 678 c.p. che incrimina la
fabbricazione o il commercio abusivo di materie esplodenti, punendola
con  la pena dell'arresto fino a diciotto mesi oltre all'ammenda, per
tacere  del  reato di porto di armi per cui non e' ammessa la licenza
(art. 699,  secondo  comma,  c.p.),  reato  sanzionato  con  la  pena
dell'arresto da diciotto mesi a tre anni.
    Quanto   evidenziato   vale   a   palesare   chiari   sintomi  di
irragionevolezza   nella   scelta   del   legislatore,  al  punto  da
configurarla come prodotto di logiche non del tutto in armonia con il
principio di ragionevolezza costituzionalmente codificato.
    Cio'  posto, se e' innegabile che, in un ordinamento che accoglie
il  principio  della  separazione  dei poteri, competa al legislatore
qualsiasi  scelta  di  politica  criminale,  con  la  conseguenza che
rientra  nell'ambito di discrezionalita' propria del legislatore ogni
opzione  in  ordine  alla  determinazione  della  quantita'  e  della
qualita'  della  sanzione, non puo' pero' trascurarsi che spetta alla
Corte costituzionale il ruolo di giudicare in concreto l'esercizio di
detta  discrezionalita',  allo  scopo di verificarne la conformita' o
meno  ai  parametri  costituzionali.  Si  richiama,  a tal proposito,
quanto  ebbe  ad  enunciare  la  Corte  costituzionale nella sentenza
n. 408 del 1989, laddove si sostiene che «il principio di uguaglianza
di  cui  all'art. 3,  primo  comma,  Cost.  esige  che  la  pena  sia
proporzionata  al  disvalore del fatto illecito commesso, in modo che
il sistema sanzionatorio adempia nel contempo alla funzione di difesa
sociale  ed  a  quella  di tutela delle posizioni individuali; ... le
valutazioni  all'uopo  necessarie  rientrano  nell'ambito  del potere
discrezionale   del   legislatore,   il  cui  esercizio  puo'  essere
censurato,   sotto  il  profilo  della  legittimita'  costituzionale,
soltanto  nei  casi  in  cui non sia stato rispettato il limite della
ragionevolezza».
    L'art. 13   Cost.   proclama   l'inviolabilita'   della  liberta'
personale,    ammettendone   la   limitazione   per   atto   motivato
dell'autorita' giudiziaria nei soli casi e modi previsti dalla legge.
    In   casi  eccezionali  di  necessita'  ed  urgenza,  la  polizia
giudiziaria,  per  finalita'  di  pubblica  sicurezza  puo'  adottare
provvedimenti  provvisori  che  limitino  la  liberta'  personale  da
sottoporre,   entro   breve   tempo   predeterminato,   a   convalida
dell'autorita' giudiziaria.
    L'intento del legislatore costituzionale traspare nitidamente: la
liberta' personale - massima espressione della liberta' individuale -
puo'  cedere  solo  di  fronte  a  particolari  esigenze di rilevanza
costituzionale  non  altrimenti  tutelabili,  e pur sempre, nel pieno
rispetto di procedure costituzionalmente garantite.
    Cio'   premesso,   occorre  verificare  quali  possano  risultare
nell'ipotesi   di   cui   all'art. 14,   comma  5-ter  le  situazioni
«eccezionali   di   necessita'  ed  urgenza»  idonee  a  giustificare
l'adozione della misura restrittiva della liberta' personale.
    A  parere  del  giudice,  tali  situazioni  non  ricorrono  nella
fattispecie.
    Quanto  al  requisito  della  necessita', e' sufficiente porre in
rilievo   che,  ad  avviso  unanime  di  dottrina  e  giurisprudenza,
l'arresto  costituisce  mezzo  di coazione preordinato a preparare le
condizioni per l'attuazione di misura custodiale preventiva.
    Laddove,  peraltro,  come  nel caso in esame, il reato per cui si
procede  all'esecuzione  del provvedimento restrittivo della liberta'
personale non consenta al p.m. di chiedere al giudice della convalida
l'applicazione  di  una  misura  custodiale  coercitiva, obbligandolo
quindi,  in  forza del disposto dell'art. 121 disp. att., a rimettere
l'arrestato  immediatamente  in  liberta',  risulta di tutta evidenza
l'assenza di qualunque esigenza di necessita'.
    Anche   il   requisito  dell'urgenza  pare  non  ricorrere  nella
fattispecie.   Non  sembra  certo  possibile  identificare  l'urgenza
nell'esigenza   di   provvedere   ad  un'immediata  espulsione  dello
straniero,  eventualita'  quest'ultima  consentita di per se' gia' in
via   amministrativa,   ancor  prima  del  configurarsi  dell'ipotesi
contravvenzionale  di cui all'art. 14, comma 5-ter, di permanenza sul
territorio  dello  Stato  in  violazione  dell'ordine  impartita  dal
questore ex art. 14, comma 5-bis.
    In  ultima  analisi, per le ragioni sopra esposte, deve ritenersi
contrario   al   principio   della   liberta'   personale   l'arresto
obbligatorio in questione.
    Evidente,  a  giudizio  di  questo  giudice,  risulta  infine  la
violazione dell'art. 27 Cost.
    E' sufficiente porre in luce l'intrinseca irragionevolezza .della
disciplina  dettata  dall'art. 14,  comma  5-ter,  laddove si prevede
l'immediata  espulsione  dello  straniero contravventore, rendendo in
tal  modo  praticamente  ineseguibile - almeno nell'immediatezza - la
pena  irrogata  e  negando,  al contempo, la funzione ontologicamente
assegnata  alla  pena  quale  strumento  volto  alla rieducazione del
condannato.
    Conclusivamente,    evidenziati    i    suddetti    profili    di
incostituzionalita',  non sembra superfluo sottolineare che l'arresto
di  cui  si  tratta dovrebbe essere convalidato in forza di una norma
che  si  ritiene  sospetta  di  incostituzionalita'  e  che,  dopo la
convalida,   si   dovrebbe  procedere  ad  un  giudizio  direttissimo
contrassegnato  da  alcuni  aspetti  di  anomalia.  Conseguentemente,
l'incidente  di costituzionalita' dev'essere sollevato gia' in questa
fase,  come  richiesto dal difensore, con la sospensione dello stesso
giudizio di convalida.
    Ne  deriva  che non puo' farsi luogo al giudizio direttissimo, la
cui celebrazione presuppone l'avvenuta convalida dell'arresto, che in
questo caso difetta, in forza della sospensione.
    Va  altresi'  disposta  l'immediata liberazione dell'imputato, se
non detenuto per altra causa.
                              P. Q. M.
    Il giudice, visto l'art. 23 legge 11 marzo 1953 n. 87, ritenutala
rilevante  per  la  decisione  di  questo giudizio di convalida e del
giudizio  direttissimo da iniziare, solleva questione di legittimita'
costituzionale    del    combinato   disposto   dell'art. 14,   comma
5-quinquies,  d.lgs.  25  luglio 1998 n. 286 (testo unico delle norme
sull'immigrazione  e  la  condizione giuridica degli stranieri), come
modificato  dalla legge 13 luglio 2002 n. 189, nelle parti menzionate
in motivazione, per contrasto con gli artt. 3, 13, primo comma, e 27,
secondo comma, Cost.
    Sospende  il  giudizio  di  convalida sino all'esito del giudizio
incidentale  ed ordina l'immediata trasmissione degli atti alla Corte
costituzionale.
    Ordina la notifica, a cura della cancelleria, di questa ordinanza
al  Presidente  del  Consiglio dei ministri e la sua comunicazione ai
Presidenti delle due Camere del Parlamento.
    Ordina  l'immediata  liberazione  dell'imputato se non detenuto o
ristretto per altra causa.
        Firenze, addi' 10 febbraio 2003
                          Il giudice: Pioli
03C0586