N. 143 ORDINANZA 10 - 14 maggio 2004

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Previdenza  e  assistenza  -  Indebito  pensionistico  -  Prestazioni
  pensionistiche   indebitamente   percepite  a  carico  dell'INPS  -
  Ripetizione  -  Esclusione  in favore dei soli percettori aventi un
  reddito imponibile per l'anno 2000 pari o inferiore a euro 8.263,31
  -  Asserita ingiustificata disparita' di trattamento tra pensionati
  e  inadeguatezza  della  tutela  previdenziale  per i percettori in
  buona fede dell'indebito, aventi un reddito superiore - Motivazione
  sulla   rilevanza   carente   -  Manifesta  inammissibilita'  della
  questione.
- Legge 28 dicembre 2001, n. 448, art. 38, commi 7 e 8.
- Costituzione, artt. 3 e 38.
(GU n.20 del 19-5-2004 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Gustavo ZAGREBELSKY;
  Giudici:  Valerio  ONIDA,  Carlo MEZZANOTTE, Fernanda CONTRI, Guido
NEPPI  MODONA, Piero Alberto CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco BILE,
Giovanni  Maria  FLICK,  Francesco  AMIRANTE,  Ugo  DE SIERVO, Romano
VACCARELLA, Paolo MADDALENA, Alfonso QUARANTA;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 38, commi 7 e 8,
della  legge 28 dicembre 2001, n. 448 (Disposizioni per la formazione
del  bilancio  annuale  e pluriennale dello Stato - legge finanziaria
2002),  promossi  con  ordinanze  del 10 luglio 2002 dal Tribunale di
Viterbo   e   del  10 aprile  2003  dal  Tribunale  di  Macerata  nei
procedimenti   civili   vertenti  tra  l'Istituto  nazionale  per  la
previdenza sociale (INPS) e Maria Di Bennardo e tra l'INPS e Giovanni
Panfini, iscritte ai numeri 519 del registro ordinanze 2002 e 786 del
registro  ordinanze  2003,  pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 48, 1ª serie speciale, dell'anno 2002 e n. 40, 1ª serie
speciale, dell'anno 2003.
    Visti  gli  atti di costituzione dell'INPS e di Giovanni Panfini,
nonche'  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri;
    Udito nell'udienza pubblica del 6 aprile 2004 il giudice relatore
Franco Bile;
    Uditi   gli  avvocati  Alessandro  Riccio  per  l'INPS,  Giovanni
Angelozzi  per  Giovanni  Panfini  e l'avvocato dello Stato Francesco
Lettera per il Presidente del Consiglio dei ministri.
    Ritenuto  che  con  ordinanza  del 10 luglio 2002 il Tribunale di
Viterbo,  in  sede  di  giudizio  di  rinvio  nel procedimento civile
vertente  tra  Maria Di Bennardo e l'INPS, ha sollevato d'ufficio, in
riferimento  agli  artt. 3  e  38  della  Costituzione,  questione di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 38,  commi 7 e 8, della legge
28 dicembre 2001, n. 448 (Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale  e  pluriennale  dello  Stato - legge finanziaria 2002),nella
parte  in  cui  - prevedendo che nei confronti dei soggetti che hanno
percepito   indebitamente   prestazioni  pensionistiche  o  quote  di
prestazioni  pensionistiche  o  trattamenti  di  famiglia,  a  carico
dell'INPS,  per periodi anteriori al 1° gennaio 2001, non si fa luogo
al  recupero  dell'indebito  solo nel caso in cui i soggetti medesimi
siano  percettori  di  un  reddito  personale  imponibile  IRPEF  per
l'anno 2000  di  importo pari o inferiore a euro 8.263,31 - consente,
negli altri casi, la ripetizione (seppur non integrale, ma nei limiti
di  tre  quarti  dell'importo  riscosso) di prestazioni previdenziali
percepite in buona fede che, secondo la precedente disciplina vigente
al momento della loro percezione, non sarebbero state ripetibili;
        che  inizialmente  la  Di  Bennardo aveva adito il Pretore di
Roma,   chiedendo   declaratoria   di   irripetibilita',   ai   sensi
dell'art. 52   della  legge  9 marzo  1989,  n. 88  (Ristrutturazione
dell'Istituto  nazionale  per  la  previdenza sociale e dell'Istituto
nazionale  per le assicurazioni e gli infortuni sul lavoro), di somme
indebitamente percepite a titolo di trattamento pensionistico;
        che  la domanda era stata accolta con sentenza confermata dal
Tribunale di Roma che aveva respinto l'appello dell'INPS;
        che quest'ultima pronuncia era stata annullata dalla Corte di
cassazione  con  sentenza  n. 11991  del  1999  con rinvio appunto al
Tribunale di Viterbo;
        che  il  giudizio  era  stato riassunto dall'INPS con ricorso
depositato  in  data  20 agosto  2000,  con  cui  l'Istituto chiedeva
dichiararsi   ripetibile   (nei  limiti  dei  tre  quarti)  le  somme
indebitamente   erogate  alla  Di  Bennardo  nel  periodo  1° gennaio
1986-31 dicembre   1988,  previo  accertamento  del  reddito  da  lei
conseguito nel 1995;
        che  l'adito  Tribunale di Viterbo con una prima ordinanza di
rimessione    aveva    sollevato   la   questione   di   legittimita'
costituzionale  dell'art. 1, commi 260 e 261, della legge 23 dicembre
1996, n. 662 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), in
riferimento agli artt. 3 e 38 della Costituzione;
        che  questa  Corte,  con  ordinanza  n. 249  del  2002, aveva
ordinato  la  restituzione degli atti, essendo sopravvenuta l'entrata
in  vigore  del  citato art. 38, commi 7 e 8, della legge 28 dicembre
2001, n. 448;
        che  il Tribunale di Viterbo ha investito nuovamente la Corte
con  una  seconda  ordinanza  di rimessione, riproponendo le medesime
censure;
        che  il  rimettente  osserva  come  il  regime  dell'indebito
previdenziale  sia stato disciplinato nel tempo da diverse norme, tra
cui il citato art. 52 della legge n. 88 del 1989;
        che  e'  successivamente  intervenuta  dapprima  la ricordata
legge  n. 662  del 1996, il cui art. 1, commi 260 e 261, ha stabilito
che   nei  confronti  dei  soggetti  che  nel  periodo  anteriore  al
1° gennaio   1996   avessero   percepito   indebitamente  prestazioni
pensionistiche  non  si  faceva  luogo al recupero dell'indebito se i
soggetti medesimi (salva l'ipotesi del dolo) fossero percettori di un
reddito  personale  imponibile  ai fini dell'IRPEF per l'anno 1995 di
importo  pari  o  inferiore  a  lire  16.000.000,  mentre il recupero
avveniva  nei limiti dei tre quarti dell'indebito per i percettori di
reddito superiore a tale limite;
        che  la  giurisprudenza  di  legittimita'  ha ritenuto che le
prestazioni  indebitamente erogate dagli enti di previdenza prima del
1° gennaio  1996 sono ripetibili secondo i criteri posti dall'art. 1,
commi 260  e  261,  della  legge  n. 662  del  1996,  che al riguardo
sostituiscono per intero la precedente disciplina;
        che   analoga   disciplina  e'  stata  successivamente  posta
dall'art. 38,   commi 7  e  8,  della  legge  n. 448  del  2001,  con
riferimento  alla percezione indebita di prestazioni pensionistiche o
quote  di  prestazioni  pensionistiche  o  trattamenti di famiglia, a
carico   dell'INPS,   per   periodi  anteriori  al  1° gennaio  2001,
prevedendosi   l'irripetibilita'  dell'indebito  qualora  i  soggetti
medesimi  fossero  percettori  di  un reddito personale imponibile ai
fini  dell'IRPEF  per  l'anno 2000 di importo pari o inferiore a euro
8.263,31;
        che  tale  disciplina  a carattere retroattivo e' - ad avviso
del  tribunale  rimettente - assai simile a quella gia' scrutinata da
questa  Corte  con  la  sentenza  n. 39  del  1993, che ha dichiarato
illegittimo,  per  contrasto con gli artt. 3 e 38 della Costituzione,
l'art. 13,    comma 1,   della   legge   30 dicembre   1991,   n. 412
(Disposizioni  in  materia  di  finanza pubblica), nella parte in cui
estendeva   le   innovazioni   introdotte   nella   disciplina  della
ripetizione  di  indebito  in materia pensionistica ai rapporti sorti
precedentemente  alla  data  della  sua  entrata in vigore o comunque
pendenti a quella data;
        che,  secondo  il  Tribunale  di  Viterbo,  anche  l'art. 38,
commi 7  e 8, della legge n. 448 del 2001 da' adito ad analoghi dubbi
di   costituzionalita'   in   quanto  comporterebbe  l'ingiustificata
disparita'  di  trattamento  (art. 3  Cost.)  tra  i  pensionati  nei
confronti  dei quali l'ente previdenziale abbia agito per il recupero
dell'indebito prima dell'entrata in vigore della norma impugnata, con
conseguente   dichiarazione  di  non  ripetibilita'  ai  sensi  della
previgente  disciplina,  ed  i pensionati nei confronti dei quali - a
parita'  di  ogni  altra circostanza, ed in particolare dell'epoca di
insorgenza dell'indebito, del reddito percepito superiore all'importo
di  euro  8.263,31  e  dell'assenza  di  dolo - il recupero sia stato
promosso  dopo  l'entrata in vigore della menzionata legge n. 448 del
2001,  nel regime di limitata ripetibilita' da quest'ultima previsto,
con  conseguente  inadeguatezza  della  tutela  previdenziale  per  i
percettori dell'indebito (art. 38 Cost.);
        che    si    e'    costituito    l'INPS    concludendo    per
l'inammissibilita'  o  l'infondatezza  della  sollevata  questione di
costituzionalita'    e   rilevando   in   particolare   la   mancanza
nell'ordinanza     di    rimessione    di    qualsiasi    riferimento
all'applicabilita'  del  richiamato jus superveniens alla fattispecie
esaminata dal tribunale;
        che  e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato   e   difeso   dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,
concludendo  parimenti  per l'inammissibilita' o l'infondatezza della
questione;
        che   con  ordinanza  del  10 aprile  2003  il  Tribunale  di
Macerata,  nel giudizio pendente, in sede di rinvio dopo la pronuncia
della  Corte  di  cassazione  n. 6747 del 1999, tra l'INPS e Giovanni
Panfini,   avente  ad  oggetto  la  ripetizione  di  una  prestazione
pensionistica  percepita  indebitamente prima del 1° gennaio 1996, ha
sollevato,  con  analoghe  argomentazioni,  la  medesima questione di
costituzionalita'  in  riferimento agli stessi parametri dopo che gli
atti  gli  erano  stati  parimenti  restituiti da questa Corte con la
citata  ordinanza  n. 249  del 2002, per riesame della rilevanza alla
luce della menzionata sopravvenienza legislativa;
        che  -  secondo  il  tribunale - era risultato che il Panfini
aveva  percepito  nel  2000  un reddito superiore al limite di cui al
comma 7 dell'art. 38 della legge n. 448 del 2001;
        che  pertanto sussistevano i presupposti per la ripetibilita'
dell'indebito   pensionistico,  ma  -  ad  avviso  del  rimettente  -
permanevano,  anche in riferimento all'art. 38 della legge n. 448 del
2001,   tutte   le   ragioni  che  avevano  fondato  il  sospetto  di
illegittimita'  costituzionale  dei commi 260 e 261 dell'art. 1 della
legge  n. 662  del  1996  nella  precedente  ordinanza di rimessione,
stante la sostanziale identita' delle due normative;
        che,   secondo   il   rimettente,   la  disciplina  censurata
dell'indebito  previdenziale  e'  irragionevolmente diretta a colpire
emolumenti   pensionistici   di   assai  modesto  importo,  garantiti
dall'art. 38  Cost.  per  categorie di cittadini piu' deboli, i quali
tuttavia  risultano  esposti alla ripetizione di un indebito maturato
prima dell'entrata in vigore della disciplina medesima;
        che   anche  in  questo  giudizio  l'INPS  si  e'  costituito
concludendo  per  l'inammissibilita' o l'infondatezza della sollevata
questione di costituzionalita';
        che  si  e' costituita anche la parte privata che ha concluso
per l'accoglimento della questione di costituzionalita' aderendo alle
argomentazioni svolte dall'ordinanza di rimessione.
    Considerato  che  i  due giudizi possono essere riuniti avendo ad
oggetto  la  medesima disposizione (art. 38, commi 7 e 8, della legge
28 dicembre 2001, n. 448);
        che  tale  normativa prevede che nei confronti dei soggetti i
quali  hanno  percepito  indebitamente  prestazioni  pensionistiche o
quote  di  prestazioni  pensionistiche  o  trattamenti di famiglia, a
carico dell'INPS, per periodi anteriori al 1° gennaio 2001, non si fa
luogo  al  recupero  dell'indebito  qualora i soggetti medesimi siano
percettori  di un reddito personale imponibile ai fini dell'IRPEF per
l'anno 2000  di  importo  pari  o  inferiore  ad euro 8.263,31 e, ove
invece  tale  soglia  reddituale  sia  superata,  non  si fa luogo al
recupero dell'indebito nei limiti di un quarto dell'importo riscosso;
        che  con  una  disposizione  analoga  il  precedente  art. 1,
commi 260   e  261,  della  legge  23 dicembre  1996,  n. 662,  aveva
stabilito  che  nei  confronti  dei  soggetti  che  avevano percepito
indebitamente  prestazioni  pensionistiche  o  quote  di  prestazioni
pensionistiche  o  trattamenti  di famiglia nonche' rendite, anche se
liquidate  in  capitale,  a  carico degli enti pubblici di previdenza
obbligatoria, per periodi anteriori al 1° gennaio 1996, non si faceva
luogo  al  recupero dell'indebito qualora i soggetti medesimi fossero
percettori  di un reddito personale imponibile ai fini dell'IRPEF per
l'anno 1995   di  importo  pari  o  inferiore  a  lire  16.000.000  e
parimenti,  ove  invece  tale  soglia  reddituale  fosse superata, il
recupero  dell'indebito avveniva nei limiti di un quarto dell'importo
riscosso;
        che  nei  giudizi  pendenti  innanzi  ai  giudici rimettenti,
concernenti  entrambi  fattispecie di indebiti pensionistici maturati
prima  del  1° gennaio  1996,  sia  l'una  che  l'altra  disposizione
sarebbero  astrattamente  idonee  -  secondo  distinti ed attualmente
contrastanti  orientamenti  della  giurisprudenza di legittimita' - a
rendere   parzialmente   ripetibili   le   prestazioni  previdenziali
indebitamente   erogate   dall'INPS,   si'   da   frapporsi  entrambe
all'applicabilita'    della   disciplina   a   regime   dell'indebito
previdenziale, che i giudici rimettenti mirano ad applicare una volta
rimossa la norma sospettata di incostituzionalita';
        che sulla rilevanza della sollevata questione di legittimita'
costituzionale  incide  il rapporto tra tali due disposizioni, atteso
che  di esse solo l'art. 38, commi 7 e 8, della legge n. 448 del 2001
e'  oggetto  delle  censure  dei  giudici  rimettenti,  onde  diviene
determinante  l'applicabilita'  dell'una o dell'altra disciplina agli
indebiti previdenziali insorti prima del 1° gennaio 1996;
        che entrambi i giudici rimettenti - limitandosi ad affermare,
in   termini   meramente  assertivi,  l'applicabilita'  dell'art. 38,
commi 7  e  8,  della  legge n. 448 del 2001, e non gia' dell'art. 1,
commi 260  e  261,  della  legge  n. 662  del  1996  - non affrontano
motivatamente tale problema interpretativo, benche' con la precedente
citata  ordinanza  n. 249  del 2002 di restituzione degli atti questa
Corte  avesse precisato che la sopravvenienza legislativa, costituita
dalla  disposizione  attualmente  censurata, richiedesse una motivata
«riconsiderazione della natura transitoria o meno degli effetti sulle
ripetizioni di indebito pregresso»;
        che  d'altra  parte  i  rimettenti,  pur muovendo da tale non
motivato presupposto, omettono poi del tutto di esaminare il rapporto
tra  le  due  disposizioni  per verificare se l'art. 38, commi 7 e 8,
della  legge  n. 448  del 2001 - che comunque rende inapplicabile per
gli indebiti previdenziali anteriori al 1° gennaio 2001 la disciplina
a  regime  posta  dall'art. 13 della legge 30 dicembre 1991, n. 412 -
operi  allo  stesso  modo  anche  sull'art. 1, commi 260 e 261, della
legge   n. 662   del  1996,  ovvero  ne  comporti  l'abrogazione  per
incompatibilita';
        che  -  ai  fini di ritenere la rilevanza della questione - i
rimettenti  avrebbero  dovuto  motivare  non solo sull'applicabilita'
dell'art. 38,  commi 7 e 8, citato, anche agli indebiti previdenziali
sorti  prima del 1° gennaio 1996, ma altresi' sulla negazione di ogni
residuale  operativita'  dell'art. 1,  commi 260  e  261,  citato,  a
seguito  dell'eventuale caducazione della prima disposizione, da essi
sollecitata;
        che  sotto  entrambi i profili la motivazione sulla rilevanza
della  sollevata  questione  di legittimita' costituzionale si rivela
carente, onde quest'ultima e' manifestamente inammissibile.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Riuniti i giudizi,
    Dichiara   la   manifesta  inammissibilita'  della  questione  di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 38,  commi 7 e 8, della legge
28 dicembre 2001, n. 448 (Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale   e  pluriennale  dello  Stato  -  legge  finanziaria  2002),
sollevata,  in  riferimento agli artt. 3 e 38 della Costituzione, dal
Tribunale  di  Viterbo  e  dal Tribunale di Macerata con le ordinanze
indicate in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 10 maggio 2004.
                     Il Presidente: Zagrebelsky
                         Il redattore: Bile
                      Il cancelliere: Di Paola
    Depositata in cancelleria il 14 maggio 2004.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
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