N. 362 ORDINANZA (Atto di promovimento) 17 gennaio 2003
Ordinanza emessa il 17 gennaio 2003 dal tribunale di Modena nel procedimento penale a canrio di Ayari Ali' Straniero - Espulsione amministrativa - Reato di trattenimento, senza giustificato motivo, nel territorio dello Stato in violazione dell'ordine di allontanamento, entro il termine di cinque giorni, impartito dal questore - Arresto obbligatorio in flagranza - Disparita' di trattamento rispetto ad ipotesi di reato analoghe o piu' gravi - Violazione del principio di ragionevolezza. - D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 14, comma 5-quinquies, aggiunto dalla legge 30 luglio 2002, n. 189. - Costituzione, art. 3.(GU n.25 del 25-6-2003 )
IL TRIBUNALE Esaminati gli atti del procedimento nei confronti di Ayari Ali', nato a Tangeri (Marocco) il 9 dicembre 1980, arrestato da personale della Questura di Modena il 16 gennaio 2003 alle ore 22, per il reato di cui all'art. 14, comma 5-ter, d.lgs. n. 286/1998, modificato dalla legge n. 189/2002; Sentite le conclusioni del p.m., e della difesa dell'imputato in ordine alla convalida dell'arresto; O s s e r v a Il regime introdotto del d.lgs. n. 286/1998 modificato dalla legge n. 189/2002 prevede l'espulsione dello straniero che sia entrato nel territorio dello Stato sottraendosi ai controlli di frontiera (art. 13, comma 2, lettera a). L'espulsione e' disposta dal prefetto (art. 13, comma 2) ed e' sempre eseguita dal questore con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica (art. 13, comma 4). Fanno eccezione i casi di cul al comma 5, concernenti lo straniero il cui permesso di soggiorno sia scaduto di validita' da piu' di sessanta giorni senza che ne sia stato chiesto il rinnovo. La regola fissata dal comma 4, dell'art. 13, puo' essere derogata «quando non e' possibile eseguire con immediatezza l'espulsione mediante accompagnamento alla frontiera ... perche' occorre procedere al soccorso dello straniero, ad accertamenti supplementari in ordine alla sua identita' o nazionalita', ovvero all'acquisizione di documenti per il viaggio, ovvero per l'indisponibilita' del vettore o altro mezzo di trasporto idoneo» (art. 14, comma 1). In tal caso, il questore dispone che lo straniero sia trattenuto per il tempo strettamente necessario presso il centro di permanenza temporanea e assistenza piu' vicino ...» (art. 14, comma 1). E' contemplato un rimedio estremo per l'eventualita' che non sia possibile eseguire l'espulsione immediata con accompagnamento alla frontiera e non si riesca neanche a trattenere, o a trattenere ulteriormente, la straniero presso un centro di permanenza temporanea. Qualora questa duplice impossibilita' si verifichi, il questore ordina allo straniero di lasciare il territorio dello Stato entro il termine di cinque giorni (art. 14, comma 5-bis). L'apparato sanzionatorio predisposto del testo normativo tiene conto delle differenti modalita' esecutive dell'espulsione. La disobbedienza, quando si realizzi la prima volta, integra un illecito contravvenzionale. Le condotte incriminate sono il rientro nel territorio dello Stato dopo l'accompagnamento alla frontiera e senza la speciale autorizzazione del Ministro dell'interno (art. 13, comma 13) oppure il trattenimento in Italia senza giustificato motivo in violazione dell'ordine impartito del questore ai sensi dell'art. 14, comma 5-bis (art. 14, comma 5-ter). Per entrambe le contravvenzioni e' comminata la pena dell'arresto da sei mesi ad un anno ed e' prevista una nuova espulsione con accompagnamento immediato alla frontiera. La reiterazione della condotta disobbediente da parte dello straniero realizza una fattispecie piu' grave, qualificata come delitto. Lo straniero, gia' denunciato per il reato di cui all'art. 13, comma 13, ed espulso, che abbia fatto reingresso sul territorio nazionale e' punito con la reclusione da uno a quattro anni (art. 13, comma 13-bis). Analogamente, lo straniero espulso ai sensi dell'art. 14, comma 5-ter, che viene trovato nel territorio dello Stato e' punito con la reclusione da uno a quattro anni. Quanto agli aspetti processuali, gli artt. 13 e 14 prevedono, per i reati in ciascuna disposizione contemplati, rispettivamente l'arresto facoltativo in flagranza e l'arresto obbligatorio (per il delitto di cul all'art. 13, comma 13-bis, e' inoltre consentito il fermo). In entrambi i casi e' imposta l'adozione del rito direttissimo. Che la disciplina processuale appena descritta sia in contrasto con l'art. 3 della Costituzione e' di tutta evidenza. I reati contravvenzionali descritti dagli art. 13 e 14 rivestono quanto meno pari gravita'. Essi sono sanzionati con la medesima pena edittale. Identica e' la previsione delle conseguenze sul piano amministrativo, cioe' una nuova espulsione con accompagnamento immediato alla frontiera. In entrambi i casi, la reiterazione della condotta illecita dopo la denuncia per l'ipotesi contravvenzionale comporta l'integrazione di un delitto. Ma vi e' di piu'. La fattispecie descritta dall'art. 14, comma 5-ter, appare ontologicamente meno grave rispetto a quella inserita nell'art. 13, comma 13. Lo straniero che rientra nel territorio dello Stato dopo l'accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica pone in essere una condotta attiva. Piu' esattamente, trasgredisce ad un ordine non solo legalmente impartito dalla pubblica autorita' italiana ma addirittura eseguito in modo coattivo, con impiego da parte dello Stato di risorse umane ed economiche. Una simile condotta e' certamente poco compatibile con un atteggiamento colposo. La contravvenzione di cui al comma 5-ter dell'art. 14 si realizza, invece, con una condotta meramente omissiva. La trasgressione posta in essere dallo straniero non ha alle spalle un accompagnamento coatto alla frontiera ma un ordine scritto del questore di lasciare il territorio dello Stato nel breve termine di cinque giorni La disobbedienza e' sicuramente compatibile in questo caso con un atteggiamento colposo, negligente. La mancata esecuzione dell'ordine non vanifica uno sforzo compiuto dallo Stato per attuare in maniera forzata i propri provvedimenti. Che la condotta omissiva, vale a dire la mancata esecuzione spontanea di un ordine, sia in generale valutata dal legislatore con minor rigore si ricava, ad esempio, dalla previsione dell'art. 13, comma 5. Per lo straniero che si sia trattenuto nel territorio dello Stato nonostante che il permesso di soggiorno fosse scaduto di validita' e senza averne chiesto il rinnovo, l'espulsione e' eseguita, in deroga all'art. 13, comma 4, mediante intimazione a lasciare il territorio dello Stato entro il termine di quindici giorni. Lo straniero che non esegua spontaneamente l'intimazione in oggetto non e' penalmente perseguibile. Nel d.lgs. n. 286/1998, prima delle modifiche introdotte dalla legge n. 189/2002, era incriminata solo la condotta dello straniero espulso che fosse rientrato in Italia senza la speciale autorizzazione del Ministero dell'interno (art. 13, comma 13). Se e' vero che la contravvenzione introdotta dall'art. 14, comma 5-ter, riveste gravita' pari o minore rispetto a quella descritta dall'art. 13, comma 13, non vi e' alcuna ragione che giustifichi la previsione di un arresto obbligatorio nel primo caso e facoltativo nel secondo. La ingiustificata disparita' di trattamento emerge poi in modo eclatante ove si raffronti la disciplina in tema di arresto tra la contravvenzione di cui all'art. 14, comma 5-ter, ed il delitto di cui all'art. 13, comma 13-bis. La previsione dell'arresto obbligatorio per la contravvenzione e dell'arresto facoltativo per il delitto e' del tutto priva di ragionevolezza. L'obbligo di arrestare l'autore di un reato contravvenzionale e' istituto sconosciuto al nostro attuale ordinamento giuridico. La misura precautelare dell'arresto obbligatorio e' riservata, ai sensi dell'art. 380 c.p.p., agli autori di delitti e non di tutti i delitti ma di quelli particolarmente gravi, sanzionati con la pena dell'ergastolo o della reclusione non inferiore nel minimo a cinque anni e nel massimo a venti anni, oppure rientranti nelle fattispecie specificamente elencate nel secondo comma della stessa disposizione. Un solo caso di arresto obbligatorio in flagranza e' previsto dalle leggi speciali, ed esattamente dall'art. 12, comma 4, d.lgs. n. 286/1998 (non modificato dalla legge n. 189/2002), in riferimento comunque a delitti, quelli di cui ai commi 1 e 3 della medesima disposizione. Quanto ai reati contravvenzionali, l'arresto in flagranza e' possibile secondo l'attuale ordinamento in una sola ipotesi, l'art. 6 decreto-legge n. 122/1993, convertito nella legge n. 205/1993, ma si tratta di arresto facoltativo e non obbligatorio. La previsione dell'arresto obbligatorio per la contravvenzione di cui all'art. 14, comma 5-ter, d.lgs. n. 286/1998, modificato dalla legge n. 189/2002, contrasta in maniera eclatante con l'art. 3 della Costituzione in quanto concreta una ingiustificata disparita' di trattamento rispetto all'art. 13 comma 13 che, per fattispecie di maggiore gravita' consente ma non impone l'arresto in flagranza. Vi e' un ulteriore profilo di illegittimita' costituzionale che emerge dalla lettura dell'art. 14, comma 5-quinquies, d.lgs. n. 286/1998, modificato dalla legge n. 189/2002. Esso attiene alla introduzione di una identica disciplina processuale (arresto obbligatorio e obbligo di giudizio direttissimo) per due ipotesi di reato (quelle dei commi 5-ter e 5-quater) che lo stesso legislatore ha sensibilmente differenziato quanto a gravita' del fatto e della sanzione. E' pacifico, e costantemente ribadito dalia giurisprudenza, che, ferma la necessita' di ancorare le scelte criminalizzatrici alla tutela di beni costituzionalmente rilevanti, le valutazioni sulla qualita' e quantita' della sanzione, in quanto di natura ideologica e politica, rientrano nell'ambito del potere discrezionale del legislatore. Nella sfera della discrezionalita' legislativa devono pure ricondursi le scelte sui presupposti di applicabilita' delle misure precutelari e cautelari, nel limiti imposti dall'art. 13 della Costituzione (cfr. sentenze Corte cost. n. 126/1972; n. 305/1996). E' altrettanto pacifico, tuttavia, che l'uso della discrezionalita' legislativa possa essere censurato, sotto il profilo della legittimita' costituzionale, nei casi in cui non sia stato rispettato il limite della ragionevolezza (cfr. sentenze Corte cost. nn. 26/1979, 103/1982, 409/1989, 341/1994). Nell'esercizio del suo indiscusso potere discrezionale, il legislatore ha qualificato come contravvenzione la condotta dello straniero che per la prima volta disobbedisce all'ordine di lasciare il territorio nazionale, in linea con fattispecie omologhe contemplate dal codice penale (cfr. art. 650 c.p., 2 legge n. 1423/1956). Scegliendo il tipo meno grave di reato, il legislatore ha escluso che potesse applicarsi all'imputato qualsiasi misura cautelare. La disobbedienza reiterata nelle forme dell'art. 14, comma 5-quater, e' stata invece elevata al rango di delitto, punito con la reclusione da uno a quattro anni, quindi compatibile, secondo il sistema processuale, con il ricorso a misure precautelari e cautelari. Il legislatore ha mostrato da un lato di voler differenziare sensibilmente le due condotte in esame, la prima disobbedienza e quella reiterata nonostante l'espulsione coattiva, addirittura adottando diverse categorie di reato e comminando sanzioni significativamente differenti, con tutta una serie di implicazioni specifiche quanto ad elemento soggettivo, a termini di prescrizione ecc. Tradendo questa impostazione e senza alcuna plausibile ragione ha poi dettato, nel comma 5-quinquies, una disciplina identica quanto all'adozione di misure precautelari e al rito da seguire. Ha in tal modo introdotto una deroga enorme rispetto al sistema del codice di procedura penale, prevedendo per la contravvenzione l'arresto obbligatorio dell'autore, caso unico nel nostro ordinamento. La disarmonia che tale disciplina esprime rileva ai fini dell'art. 3 della Costituzione sotto l'aspetto della assoluta irragionevolezza. Il principio di ragionevolezza impone, per le fattispecie che costituiscono diversi gradi di aggressione del medesimo bene giuridico, discipline proporzionatamente differenziate (cfr. sentenza Corte cost. n. 26/1979, secondo cui: «E' giurisprudenza costante di questa Corte che la configurazione delle fattispecie criminose e le valutazioni sulla congruenza fra i reati e le pene appartengono alla politica legislativa; salvo pero' il sindacato giurisdizionale sugli arbitri del legislatore, cioe' sulle sperequazioni che assumano una tale gravita' da risultare radicalmente ingiustificate ... questo e' appunto il caso della norma impugnata ... l'art. 186 cpmp, nel primo e, in parte, nel secondo comma, ricomprende ed appiattisce in un'unica ipotesi delittuosa - quella della insubordinazione con violenza - distinte condotte tipiche, nettamente differenziate nei loro elemento oggettivi e soggettivi»). Coerentemente a tali criteri, l'art. 9, legge n. 1423/1956, qualifica come contravvenzione la violazione degli obblighi inerenti alla sorveglianza speciale e come delitto l'analoga violazione quando la sorveglianza speciale includa anche l'obbligo o il divieto di soggiorno. Solo per la fattispecie delittuosa e' previsto, in base all'art. 381 c.p.p., l'arresto facoltativo in flagranza e, ai sensi dell'art. 9, legge n. 1423/1956, comma 3, anche fuori dei casi di flagranza. In materia di stupefacenti, l'art. 380 c.p.p. prevede l'arresto obbligatorio per i delitti di cui all'art. 73, d.P.R. 309/1990, in deroga ai limiti di pena di cui al comma 1. La piu' grave misura precautelare non e' estesa alle ipotesi attenuate di cui al quinto comma del citato art. 73. Nell'art. 14, comma 5-quinquies, il legislatore ha in sostanza trattato allo stesso modo, imponendo l'arresto in flagranza ed il rito direttissimo, fattispecie che egli stesso ha, nella medesima disposizione, differenziato notevolmente quanto a gravita'. La disarmonia che tale disciplina esprime rileva ai fini dell'art. 3 della Costituzione sotto l'aspetto della assoluta irragionevolezza («Non si compiono valutazioni di natura politica e nemmeno si controlla l'uso del potere discrezionale del legislatore se si dichiara che il principio dell'uguaglianza e' violato quando il legislatore assoggetta ad una indiscriminata disciplina situazioni che esso stesso considera e dichiara diverse», Corte cost. n. 53/1958). Non vi e' dubbio che il principio di uguaglianza, nonostante il riferimento letterale dell'art. 3 Cost. ai cittadini, debba ritenersi esteso agli stranieri, allorche' si tratti della tutela dei diritti inviolabili dell'uomo (Corte cost. n. 104/1969). Pacifica e' la rilevanza della questione. L'imputato e' stato arrestato ai sensi della disposizione impugnata. Sulla rilevanza della questione non puo' avere effetto l'avvenuta liberazione della persona arrestata, imposta dall'art. 391 u.c., richiamato dall'art. 558 c.p.p. Il giudizio di convalida dell'arresto non e' stato esaurito ma e' stato sospeso al fine di trasmettere gli atti alla Corte costituzionale. La decisione sulla questione di legittimita' costituzionale ha incidenza diretta sulla pronuncia di legittimita' dell'arresto eseguito dalla polizia giudiziaria ai sensi della disposizione impugnata (cfr. al riguardo sentenza Corte cost. n. 54/1993 «... il provvedimento di liberazione dell'arrestata era imposto ... dalla disposizione di cui all'art. 391, settimo comma, ultima parte, del codice di rito ... Poiche' tale disposizione ricollega la perdita di efficacia dell'arresto alla carenza, per qualsiasi ragione, di un provvedimento positivo di canvalida nella stesso termine, e' ovvio che l'impossibilita' di rispettarlo conseguente all'elevazione della questione comportava (o avrebbe di li' a poco ineludibilmente comportato) l'intervento di tale autonoma causa di carenza di valido titolo di detenzione, a prescindere dall'esaurimento del procedimento di convalida, che ... era stato contestualmente sospeso. Tale procedimento non puo' percio' ritenersi esaurito, ne' di esso i giudici si sono spogliati: e la sua persistenza nonostante la liberazione trova ragione nell'interesse generale ad una pronuncia sulla legittimita' dell'arresto, che ha pur sempre determinato una pnivazione della liberta'. La rilevanza della questione, dunque, permane, trattandosi di stabilire se la liberazione dell'arrestata debba considerarsi conseguente all'applicazione dell'art. 391, settimo comma, ovvero, piu' radicalmente, alla caducazione con effetto retroattivo della disposizione in base alla quale gli arresti furono eseguiti»). La rilevanza della questione esiste, nel caso concreto, anche qualora si ritenesse conforme a Costituzione la previsione dell'arresto facoltativo anziche' obbligatorio, poiche' l'assenza di specifici indici di gravita' della condotta e di pericolosita' dell'imputato renderebbe comunque ingiustificata, ai sensi dell'art. 381, comma 4 c.p.p., la misura precautelare in oggetto. Sulla base delle considerazioni fin qui svolte, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 14, comma 5-quinquies, d.lgs. n. 286/1998, modificato dalla legge n. 189/2002, in relazione all'art. 3 Cost., appare non manifestamente infondata e rilevante. La decisione sulla convalida dell'arresto non puo' essere adottata senza attendere l'esito del giudizio sulla questione di legittimita' costituzionale. Una pronuncia sulla convalida dell'arresto non puo' infatti intervenire nel termine di quarantotto ore fissato dall'art. 558 c.p.p. Va pertanto disposta l'immediata liberazione dell'imputato, se non detenuto per altra causa.
P. Q. M. Visti gli artt. 23 e ss. legge n. 87/1953, Dichiara non manifestamente infondata e rilevante la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 14, comma 5-quinquies, d.lgs. n. 286/1998, come modificato dalla legge n. 189/2002, per violazione dell'art. 3 della Costituzione. Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e sospende il giudizio di convalida in corso. Dispone che, a cura della cancelleria, l'ordinanza di trasmissione degli atti alla Corte costituzionale sia notificata al Presidente del Consiglio dei ministri. Della presente ordinanza prendono atto, mediante lettura, l'imputato, il difensore dello stesso e il pubblico ministero. Dispone inoltre che la citata ordinanza sia comunicata, a cura della cancelleria, ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Dispone infine l'immediata liberazione dell'imputato, se non detenuto per altra causa. Modena, addi' 17 gennaio 2003. Il giudice: Dall'Olio 03C0611