N. 196 SENTENZA 23 maggio - 5 giugno 2003

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale.

Regione  Abruzzo  -  Organi  regionali - Legge regionale recettiva di
  disposizioni  di  legge  statale  -  Assunta inapplicabilita' della
  legge  statale in tutto il territorio nazionale - Lamentata lesione
  del  limite  territoriale  di efficacia della legge regionale - Non
  fondatezza della questione.
- Legge Regione Abruzzo 19 marzo 2002, n. 1, artt. 2, 3 e 4.
- Costituzione, art. 117, secondo e quarto comma.
Regione Abruzzo - Elezione del Consiglio regionale - Assegnazione dei
  seggi  del  Consiglio alle singole circoscrizioni e indizione delle
  elezioni  -  Competenza  del  Presidente  della  Giunta regionale -
  Assunta  violazione  dei  principi  fondamentali  in  materia - Non
  fondatezza della questione.
- Legge  Regione Abruzzo 19 marzo 2002, n. 1, artt. 2 e 3, commi 6, 8
  e 9.
- Costituzione, art. 122.
Regione  Abruzzo  -  Elezioni  regionali,  provinciali  e  comunali -
  Contemporaneo svolgimento - Riparto delle spese per gli adempimenti
  comuni  - Attribuzione della competenza al Presidente della Regione
  -   Materia   spettante  allo  Stato,  ai  sensi  del  nuovo  testo
  costituzionale - Illegittimita' costituzionale.
- Legge Regione Abruzzo 19 marzo 2002, n. 1, art. 4.
- Costituzione, art. 117, secondo comma, lett. p).
Regione  Abruzzo  -  Consiglio regionale - Disciplina regionale della
  durata  del  mandato consiliare - Sostituzione della corrispondente
  disposizione  della  legge  statale  -  Violazione della riserva di
  competenza della legge statale - Illegittimita' costituzionale.
- Legge Regione Abruzzo 19 marzo 2002, n. 1, art. 3, comma 1.
- Costituzione, art. 122, primo comma.
Regione Abruzzo - Consiglio regionale - Disciplina regionale - Durata
  in  carica  ed  effettuazione delle elezioni - Non fondatezza della
  questione.
- Legge  Regione  Abruzzo 19 marzo 2002, n. 1, art. 3, comma 2, primo
  periodo, e comma 6.
- Costituzione, artt. 117 e 126.
Regione  Abruzzo  - Consiglio regionale - Termini per la riunione del
  nuovo Consiglio - Violazione della riserva di competenza statutaria
  - Illegittimita' costituzionale.
- Legge Regione Abruzzo 19 marzo 2002, n. 1, art. 3, comma 2, secondo
  periodo.
- Costituzione,  art. 123, primo comma; statuto Regione Abruzzo, art.
  18, primo comma.
Regione  Abruzzo  -  Consiglio regionale - Disciplina regionale delle
  elezioni  -  Differimento dell'indizione di nuove elezioni, in caso
  di    annullamento    delle   precedenti   -   Irragionevolezza   -
  Illegittimita' costituzionale.
- Legge Regione Abruzzo 19 marzo 2002, n. 1, art. 3, comma 7.
- Costituzione, artt. 126 e 117, secondo e quarto comma.
Regione  Abruzzo  -  Organi elettivi regionali - Disciplina regionale
  della prorogatio dopo la scadenza, lo scioglimento o la rimozione -
  Violazione  della  competenza statale e della riserva di competenza
  statutaria - Illegittimita' costituzionale.
- Legge  Regione  Abruzzo 19 marzo 2002, n. 1, art. 3, commi 2, terzo
  periodo, 3, 4 e 5.
- Costituzione, artt. 123 e 126, quinto comma.
Regione  Calabria  - Organi regionali - Disciplina regionale dei casi
  di  scioglimento  e  prorogatio  -  Violazione della competenza del
  legislatore   statale   ad   integrare  ed  attuare  le  previsioni
  costituzionali,   nonche'  della  riserva  di  legge  statutaria  -
  Illegittimita' costituzionale.
- Legge Regione Calabria 15 marzo 2002, n. 14.
- Costituzione, artt. 123, 126.
Regione  Abruzzo - Elezione del Consiglio regionale - Esercizio delle
  funzioni  regionali  in  caso di annullamento giurisdizionale delle
  elezioni - Assorbimento della censura.
- Legge Regione Abruzzo 19 marzo 2002, n. 1, art. 3, comma 5.
(GU n.23 del 11-6-2003 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Riccardo CHIEPPA;
  Giudici:  Gustavo  ZAGREBELSKY,  Valerio  ONIDA,  Carlo MEZZANOTTE,
Fernanda   CONTRI,  Guido  NEPPI  MODONA,  Piero  Alberto  CAPOTOSTI,
Annibale  MARINI,  Franco  BILE, Giovanni Maria FLICK, Ugo DE SIERVO,
Romano VACCARELLA, Alfio FINOCCHIARO;
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nei  giudizi di legittimita' costituzionale della legge della Regione
Calabria  15 marzo  2002,  n. 14 (Disposizioni sulla prorogatio degli
organi regionali), e della legge della Regione Abruzzo 19 marzo 2002,
n. 1  (Disposizioni  sulla durata degli Organi e sull'indizione delle
elezioni   regionali),   promossi  con  ricorsi  del  Presidente  del
Consiglio   dei  ministri  notificati  rispettivamente  il  15  e  il
23 maggio  2002,  depositati in cancelleria il 25 e 31 maggio 2002 ed
iscritti ai numeri 36 e 38 del registro ricorsi 2002.
    Visto l'atto di costituzione della Regione Abruzzo;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  25 febbraio  2003  il giudice
relatore Valerio Onida;
    Udito  l'avvocato dello Stato Franco Favara per il Presidente del
Consiglio dei ministri.

                          Ritenuto in fatto

    1.1. - Con  ricorso  notificato  il  15 maggio  2002 e depositato
nella  cancelleria  di  questa  Corte  il  successivo  25  maggio, il
Presidente  del  Consiglio  dei ministri ha sollevato, in riferimento
agli  artt. 123,  primo comma, e 126 della Costituzione, questione di
legittimita'   costituzionale  della  legge  della  Regione  Calabria
15 marzo  2002,  n. 14  (Disposizioni  sulla  prorogatio degli organi
regionali), pubblicata il 21 marzo 2002 nel supplemento straordinario
n. 3 al Bollettino ufficiale n. 5 del 16 marzo 2002.
    La   legge  regionale  riguarda  il  «caso  di  scioglimento  del
Consiglio  regionale».  L'Avvocatura  premette  che tale scioglimento
puo'   avere   diverse   origini:   puo'  essere  disposto  ai  sensi
dell'art. 126,  primo  comma,  della  Costituzione,  con  decreto del
Presidente  della Repubblica, per il compimento di atti contrari alla
Costituzione  o  per  gravi  violazioni  di  legge  o  per ragioni di
sicurezza    nazionale;   puo'   essere   conseguente   alla   morte,
all'impedimento   permanente   od   alle  dimissioni  volontarie  del
Presidente  della  Giunta  regionale,  od  a  mozione di sfiducia nei
confronti  del  medesimo  approvata dallo stesso Consiglio regionale;
puo', ancora, derivare dalle dimissioni contestuali della maggioranza
dei componenti il Consiglio regionale. Osserva inoltre che un effetto
assimilabile allo scioglimento di detto Consiglio si produce nel caso
di sentenza di annullamento di atti del procedimento elettorale.
    La  legge  regionale  in  questione,  senza  distinguere  tra  le
differenti  vicende  appena  elencate,  prevede  che, non soltanto la
Giunta  regionale  ed  il  suo  Presidente,  ma  anche  il  Consiglio
regionale   «continuano   ad   esercitare   le   loro  funzioni  fino
all'insediamento  del  nuovo  Presidente  della  Regione  e del nuovo
Consiglio regionale».
    Ad  avviso  dell'Avvocatura,  la  legge  della  Regione  Calabria
sarebbe in contrasto con la Costituzione per piu' ragioni.
    In  via principale, assumendosi il contrasto con l'art. 126 della
Costituzione, il ricorso prospetta la violazione della competenza del
legislatore   statale   ad   integrare   ed   attuare  le  previsioni
costituzionali  riguardanti  i  casi  di  scioglimento  del Consiglio
regionale  o  con  questi  assimilabili.  Non  spetta  al legislatore
regionale,  si  afferma,  integrare  l'art. 126 della Costituzione; a
cio'   dovra'  provvedere  una  legge  statale  di  attuazione  della
Costituzione.   La   necessita'   di   una   legge   statale  sarebbe
particolarmente  evidente  per  il  caso di pronuncia giurisdizionale
esecutiva  od alla quale debba darsi leale ottemperanza e per il caso
di scioglimento disposto con decreto del Presidente della Repubblica;
in  questi  casi  la legge regionale «sostanzialmente produrrebbe una
assurda,    ancorche'    temporanea,    sospensione   e   limitazione
dell'efficacia  dell'atto  statale», mentre l'appartenenza allo Stato
di   queste   funzioni   comporterebbe   la   competenza   statale  a
disciplinarne effetti e in genere conseguenze (anche immediati).
    In   via   «logicamente   subordinata»  il  ricorso  denuncia  la
violazione  dell'art. 123,  primo comma, della Costituzione. La legge
della Regione Calabria, approvata in esito a procedimento legislativo
ordinario,  contrasterebbe  con  la  riserva di statuto posta da tale
norma costituzionale, in quanto essa concorre a disciplinare la forma
di   governo   e   i   principi   fondamentali  di  organizzazione  e
funzionamento della Regione.
    In     via    «ulteriormente    subordinata»,    l'illegittimita'
costituzionale  della  legge  regionale  risiederebbe  nella  mancata
distinzione   dei  differenti  casi  di  scioglimento  del  Consiglio
regionale,  nella mancata riferibilita' delle funzioni «prorogate» ai
soli  atti  urgenti  ed  improrogabili,  nonche'  nell'estensione  al
Consiglio   regionale   di   una   «misura»   temporanea  applicabile
eventualmente soltanto alla Giunta regionale.
    1.2. - Nel giudizio dinanzi alla Corte la Regione Calabria non si
e' costituita.
    2.1. - Con  ricorso  notificato  il  23 maggio  2002 e depositato
nella  cancelleria  di  questa  Corte  il  31 maggio  successivo,  il
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri ha promosso, in riferimento
agli  artt. 117, secondo e quarto comma, 122, 123, primo comma, e 126
della  Costituzione,  questione  di legittimita' costituzionale della
legge  della  Regione Abruzzo 19 marzo 2002, n. 1 (Disposizioni sulla
durata  degli  Organi  e  sull'indizione  delle  elezioni regionali),
pubblicata nel Bollettino ufficiale n. 5 del 27 marzo 2002.
    Una  prima  ragione di illegittimita' costituzionale investirebbe
la  formulazione  degli  artt. 2,  3 e 4 della legge regionale, con i
quali  il  legislatore  regionale ha «sostituito» alcune disposizioni
della  legge  statale 17 febbraio 1968, n. 108, recante «Norme per la
elezione  dei  Consigli  regionali  delle Regioni a statuto normale»,
senza  «aver  cura  di  stabilire  il limite territoriale delle nuove
sostitutive  disposizioni».  Ne  deriverebbe  che,  in  contrasto con
l'art. 117,  secondo  e  quarto  comma,  Cost.,  la  legge  regionale
avrebbe,  a  rigore,  l'effetto  di  rendere  le disposizioni statali
«sostituite»  non  piu' applicabili in tutto il territorio nazionale,
dato  che,  in  linea  di  principio, la legge regionale ha forza non
inferiore a quella della legge statale.
    Una  seconda censura di costituzionalita' riguarda l'art. 3 della
legge  regionale,  la'  dove  esso  novella  i  commi 3,  4,  5  e  7
dell'art. 3 della legge statale n. 108 del 1968. La norma prevede tre
discipline  differenziate,  relative rispettivamente: (a) al «caso di
scioglimento  del  Consiglio  regionale o di rimozione del Presidente
della Giunta per atti contrari alla Costituzione per gravi violazioni
di legge e per ragioni di sicurezza nazionale»; (b) alle «ipotesi» di
scioglimento  anticipato  diverse da quelle indicate sub (a), e cioe'
allo  scioglimento conseguente alla morte, all'impedimento permanente
od  alle dimissioni volontarie del Presidente della Giunta regionale,
od  a  mozione di sfiducia nei confronti del medesimo approvata dallo
stesso   Consiglio  regionale,  ovvero  conseguente  alle  dimissioni
contestuali della maggioranza dei componenti del Consiglio regionale;
(c)  al  «caso di annullamento delle elezioni pronunciato dal giudice
amministrativo»,  caso diverso dai due precedenti, in quanto concerne
l'annullamento e non la cessazione dei mandati.
    Con  riguardo  a  queste  disposizioni, l'Avvocatura prospetta la
violazione  dell'art. 126  della  Costituzione,  sostenendo  che  non
spetta al legislatore regionale integrarne la portata, perche' a cio'
dovra' provvedere una legge statale di attuazione della Costituzione.
Nel ricorso si osserva che la necessita' di una legge statale sarebbe
«particolarmente  evidente  per  il caso di pronuncia giurisdizionale
esecutiva  od alla quale debba darsi leale ottemperanza e per il caso
di   scioglimento   disposto   con   decreto   del  Presidente  della
Repubblica»,  giacche'  «l'appartenenza  allo  Stato  delle  funzioni
teste'  considerate  comporta  la  competenza statale a disciplinarne
effetti e in genere conseguenze (anche immediati)».
    In  via  «logicamente  subordinata», la difesa erariale deduce la
violazione  dell'art. 123,  primo comma, della Costituzione: la legge
regionale,  approvata  in esito a procedimento legislativo ordinario,
contrasterebbe  con  la riserva di statuto, in quanto essa concorre a
disciplinare  la  forma  di  governo  e  i  principi  fondamentali di
organizzazione e funzionamento della Regione.
    In   via   «ulteriormente   subordinata»,  e  nel  dettaglio,  il
ricorrente, sempre con riguardo al novellato art. 3, osserva che: (a)
il  comma 3  ripristina  la  disposizione  contenuta  nel  previgente
art. 126,  ultimo  comma,  della  Costituzione, senza considerare che
l'avvenuta  soppressione  di  tale  ultimo comma e' stata determinata
anche dalla non approvazione, nel corso del procedimento di revisione
costituzionale,  di  un  emendamento  mirante  a  conservarlo;  (b) i
commi 4  e  5  prevedono  la permanenza in carica anche del Consiglio
regionale  sciolto  o  colpito da annullamento giurisdizionale, cosi'
estendendo una «misura» temporanea eventualmente applicabile soltanto
alla  Giunta  regionale;  (c)  il  comma 4  non pone il limite «degli
affari   indifferibili  ed  urgenti»;  (d)  il  comma 6,  riguardante
l'indizione  delle  nuove  elezioni,  prevede  un termine dilatorio -
«entro  tre  mesi» (peraltro senza precisarne sempre la decorrenza) -
eccessivamente  lungo  anche  perche' in ipotesi riferito soltanto ai
casi  di  scioglimento del Consiglio o rimozione del Presidente della
Giunta  o  annullamento  delle  elezioni,  ed  il  successivo comma 7
ulteriormente  prolunga  detto  termine  facendolo  decorrere  «dallo
spirare del termine per l'azione revocatoria».
    Queste   disposizioni   contrasterebbero   con  l'art. 126  della
Costituzione,  che  pretenderebbero  di  integrare, e con l'art. 117,
secondo e quarto comma, della Costituzione.
    Un'ulteriore   censura   e'  mossa  alla  disposizione  contenuta
nell'ultimo  periodo  del  comma 2 del «sostituito» art. 3, a termini
del quale «Finche' non e' riunito il nuovo Consiglio sono prorogati i
poteri del precedente». Si tratterebbe di una disposizione innovativa
rispetto  all'art. 3,  secondo comma, della legge n. 108 del 1968, il
quale  prevede  che  i Consigli regionali esercitano le loro funzioni
fino  al quarantaseiesimo giorno antecedente alla data delle elezioni
per   la   loro   rinnovazione.   Ad   avviso  dell'Avvocatura,  tale
disposizione della legge regionale consentirebbe alla maggioranza del
Consiglio  regionale  uscente  di produrre leggi ed altri atti di sua
competenza, non soltanto durante la campagna elettorale e per qualche
settimana  dopo  le  elezioni,  ma  persino  nell'eventualita' di una
sconfitta  elettorale; il tutto senza il limite degli «affari urgenti
ed  indifferibili».  La  norma  contrasterebbe  con  l'art. 122 della
Costituzione,  perche'  spetta  allo  Stato stabilire la durata degli
organi  elettivi  delle  Regioni,  e  quindi anche il perdurare delle
funzioni  ad  essi  affidate.  In  via  logicamente subordinata, essa
contrasterebbe  con  l'art. 123,  primo  comma,  della  Costituzione,
perche'  avrebbe  dovuto  essere  approvata  non  con legge regionale
«ordinaria»   ma  nel  contesto  dello  statuto,  e  percio'  con  il
particolare procedimento per questo previsto.
    Costituzionalmente   illegittime  sarebbero  inoltre  le  diverse
disposizioni    della    legge    regionale    nelle   quali   (anche
incidentalmente)  e'  prevista  una durata quinquennale del Consiglio
regionale («in cinque anni», «il quinquennio», «del quinquennio»). Ai
sensi  dell'art. 122 della Costituzione la durata di tutti i Consigli
regionali  e' unitariamente stabilita «con legge (al singolare) della
Repubblica».
    Le     ulteriori    disposizioni    residue,    non    menzionate
specificatamente,  sarebbero  da  ritenersi  attinenti  alla  materia
elettorale   considerata   dal   primo,   secondo   e   quinto  comma
dell'art. 122  della  Costituzione,  e  percio'  contrasterebbero con
detti parametri costituzionali, ed in particolare con il primo comma,
ove  e'  previsto  che la «legge della Regione» debba essere prodotta
dopo  una legge dello Stato stabilente «principi fondamentali» e «nei
limiti»  fissati  da  detti  principi.  Osserva  l'Avvocatura  che il
disegno   di   legge   statale   di  attuazione  dell'art. 122  della
Costituzione  e' attualmente all'esame del Parlamento nazionale e che
a  tale  disegno  di  legge dovrebbe essere affidato, tra l'altro, il
compito di modificare le disposizioni della legge n. 108 del 1968 che
prevedono decreti del Commissario del Governo.
    2.2. - Nel  giudizio  dinanzi  alla  Corte  si  e'  costituita la
Regione Abruzzo, concludendo per l'infondatezza delle questioni.
    Innanzitutto,  quanto  alla  ritenuta  «natura sostitutiva» delle
disposizioni  contenute  nell'art. 3  della  legge  regionale,  nella
memoria  si  osserva  che  il ricorso del Governo muove da un erroneo
presupposto  interpretativo: l'art. 1 della legge regionale, infatti,
recepisce  la legge statale n. 108 del 1968, quindi la recepisce e la
fa propria solo per la Regione Abruzzo, che non ha potere di disporre
per  altre  Regioni. Una volta recepita nell'ordinamento regionale la
legge  statale,  anche  le  modifiche  e  le  integrazioni  apportate
dall'art. 3, si sostiene, sono destinate ad avere effetti soltanto in
ambito regionale.
    Sarebbe da escludere anche la denunciata violazione dell'art. 126
della  Costituzione.  In  tale  disposizione non vi e' infatti alcuna
norma  che  direttamente ascriva allo Stato la competenza esclusiva a
regolare  gli  effetti  dello  scioglimento.  Sarebbe  quindi preciso
dovere  della  Regione,  specie  dopo  la  riforma del titolo V della
Costituzione,  regolare  gli  effetti  di atti, quali la declaratoria
giudiziale  di annullamento delle elezioni, comportanti la cessazione
degli  organi  primari,  di legislazione e di governo, della Regione.
Ne'  di  alcun  rilievo sarebbe la non approvazione, durante i lavori
parlamentari  culminati  nella  legge costituzionale 18 ottobre 2001,
n. 3,  di  un  emendamento  mirante  a  confermare l'ultimo comma del
previgente art. 126 della Costituzione: se, infatti, la Regione ha il
potere  di regolare effetti di atti patologici riferiti alla vita dei
suoi  organi,  il  limite  sarebbe quello dell'attuale art. 126 della
Costituzione,   che   non  vieta  affatto  una  disciplina  regionale
atteggiata sulla scorta del precedente principio costituzionale.
    Anche  la  dedotta  violazione  dell'art. 123  della Costituzione
sarebbe  infondata,  perche'  tra  gli oggetti affidati espressamente
alla   normazione   statutaria  non  rientra  quello  concernente  la
regolazione   degli  effetti  dello  scioglimento  degli  organi.  Si
sostiene inoltre che lo statuto regionale, attualmente ancora in fase
di  predisposizione,  ben  «potra'  nel  momento di sua formazione ed
adozione comprendere e modificare, ove occorra, la normazione» di cui
alla legge regionale oggetto del ricorso.
    3. - In  prossimita'  dell'udienza,  la difesa del Presidente del
Consiglio  dei  ministri  ha  depositato una memoria illustrativa nel
giudizio  promosso  nei  confronti  della  Regione Abruzzo (reg. ric.
n. 38 del 2002).
    Si  invoca  la  sopravvenuta  sentenza della Corte costituzionale
n. 304  del  2002, che dimostrerebbe la illegittimita' costituzionale
di talune disposizioni della legge impugnata.
    L'Avvocatura  ritiene  utile  una pronuncia che affermi rientrare
nella  legislazione  esclusiva dello Stato qualsiasi disposizione «in
tema  di  ottemperanza  (e dei relativi tempi e modi) alle sentenze e
decisioni degli organi giurisdizionali».
    In  replica alla memoria della Regione, l'Avvocatura sostiene che
la  categoria  degli atti indifferibili ed urgenti e' nozione precisa
ed e' gia' stata utilizzata, in vicenda analoga, nel d.P.R. 16 luglio
2001,  con  cui  sono  state  dettate  disposizioni per assicurare il
compimento  di  tale  genere  di atti da parte della Regione Molise a
seguito  dell'annullamento  in  via  giurisdizionale delle operazioni
elettorali per il rinnovo di quel Consiglio regionale.

                       Considerato in diritto

    1. - Il  Governo  ha impugnato con due distinti ricorsi due leggi
regionali,  rispettivamente  della  Regione Calabria (reg. ric. n. 36
del  2002)  e  della  Regione  Abruzzo (reg. ric. n. 38 del 2002). La
legge   regionale   della   Calabria   15 marzo   2002,  n. 14,  reca
«Disposizioni  sulla  prorogatio  degli  organi  regionali». L'art. 1
della   legge   (l'unico  a  contenuto  normativo:  l'art. 2  prevede
l'anticipata  entrata  in  vigore  della stessa legge) stabilisce che
«Nel  caso  di  scioglimento  del  Consiglio regionale, il Presidente
della  Regione,  la  Giunta  regionale  e  il Consiglio continuano ad
esercitare le loro funzioni fino all'insediamento rispettivamente del
nuovo Presidente della Regione e del nuovo Consiglio regionale».
    Il Governo contesta anzitutto che spetti al legislatore regionale
integrare  l'art. 126 della Costituzione, in tema di scioglimento del
Consiglio  regionale.  In  via  subordinata,  sostiene  che  la legge
regionale  contrasterebbe  con  la riserva di legge statutaria di cui
all'art. 123,  primo  comma,  della  Costituzione, concorrendo essa a
disciplinare   la  forma  di  governo  della  Regione  e  i  principi
fondamentali  di  organizzazione  e di funzionamento della stessa. In
via  ulteriormente  subordinata,  il  Governo  lamenta  che  la legge
regionale  non  distingua  tra  i differenti casi di scioglimento del
Consiglio,  cioe'  quello  disposto  con decreto del Presidente della
Repubblica  ai  sensi dell'art. 126, primo comma, della Costituzione,
per atti contrari alla Costituzione o per gravi violazioni di legge o
per  ragioni  di  sicurezza nazionale; quello conseguente alla morte,
all'impedimento  permanente  o  alle  dimissioni del Presidente della
Regione  o  a voto di sfiducia nei suoi confronti; quello conseguente
alle  dimissioni  contestuali  della  maggioranza  dei componenti del
Consiglio;   nonche'  il  caso,  assimilabile  per  gli  effetti,  di
pronuncia  giurisdizionale  che  annulli  gli  atti  del procedimento
elettorale.  Inoltre  la  legge  impugnata  sarebbe illegittima anche
perche'  non  circoscrive  l'esercizio  delle  funzioni del Consiglio
prorogato  ai  soli  atti  urgenti, ed in quanto estende al Consiglio
regionale  una  misura  temporanea  che  sarebbe,  a tutto concedere,
applicabile soltanto alla Giunta.
    2. - La legge regionale dell'Abruzzo 19 marzo 2002, n. 1, recante
«Disposizioni  sulla  durata  degli  Organi  e  sull'indizione  delle
elezioni regionali», ha una struttura piu' complessa. Essa esordisce,
all'art. 1,   stabilendo  che  «E'  recepita  la  legge  dello  Stato
17 febbraio   1968,   n. 108,   con  le  successive  modificazioni  e
integrazioni»   (si   tratta   della  legge  statale  che  disciplina
l'elezione  dei  Consigli  delle  Regioni  ordinarie).  I  successivi
artt. 2,  3 e 4 sostituiscono alcune disposizioni della legge statale
n. 108  del  1968,  in  parte  confermandone  il  contenuto, in parte
modificandolo e integrandolo.
    In  particolare,  un  primo gruppo di disposizioni attribuisce al
Presidente  della  Giunta regionale la competenza ad emanare atti del
procedimento  elettorale,  che  la legge statale collocava in capo al
Commissario del Governo: cosi' per il decreto che determina il numero
di  seggi  del  Consiglio  e  l'assegnazione  di  essi  alle  singole
circoscrizioni  (art. 2  della  legge  regionale,  che sostituisce il
comma 3  dell'art. 2  della legge statale); per il decreto che indice
le  elezioni  (art. 3,  comma 6, del testo legislativo recepito, come
sostituito  dall'art. 3  della legge regionale); per l'atto che rende
esecutivo il riparto delle spese derivanti da adempimenti comuni alle
elezioni  nel  caso  di contemporaneita' della elezione del Consiglio
regionale con le elezioni dei consigli provinciali e comunali (art. 4
della  legge  regionale,  che  modifica il comma 2 dell'art. 21 della
legge statale).
    Un  secondo gruppo di disposizioni regola la durata in carica del
Consiglio  e  i  termini  per la nuova elezione e per gli adempimenti
successivi:  si  prevede  che  «La  durata del Consiglio regionale e'
stabilita  dalla  legge dello Stato in cinque anni», decorrenti dalla
data   dell'elezione   (art. 3,   comma 1,   del   testo  recepito  e
sostituito);  che  le  elezioni possono essere effettuate a decorrere
dalla  quarta  domenica  precedente  il  compimento  del  quinquennio
(art. 3, comma 2, primo periodo, del testo recepito e sostituito, che
riprende  su  questo  punto  l'art. 3,  secondo  comma,  della  legge
statale);  che  la  prima  riunione  del nuovo Consiglio ha luogo non
oltre  il  ventesimo  giorno dalle elezioni (art. 3, comma 2, secondo
periodo);  che  le  elezioni  sono  indette  «entro tre mesi», non e'
chiaro  se decorrenti dalla scadenza o dallo scioglimento, ovvero dal
termine  iniziale  a partire dal quale possono aver luogo le elezioni
medesime  (art. 3, comma 6); che il termine, nel caso di annullamento
giurisdizionale  delle  elezioni,  decorre «dallo spirare del termine
per l'azione revocatoria» (art. 3, comma 7).
    Un  terzo,  articolato  gruppo di disposizioni regola l'esercizio
delle   funzioni  degli  organi  regionali  dopo  la  scadenza  o  lo
scioglimento,  stabilendo,  ma  non  in ogni caso, il principio della
prorogatio: «finche' non e' riunito il nuovo Consiglio sono prorogati
i  poteri  del precedente» (art. 3, comma 2, terzo periodo); nel caso
di  scioglimento  del  Consiglio  o di rimozione del Presidente della
Giunta  per  atti contrari alla Costituzione, per gravi violazioni di
legge  o  per  ragioni  di  sicurezza  nazionale,  «con il decreto di
scioglimento  e' nominata una Commissione di tre cittadini eleggibili
al  Consiglio  regionale,  che  indice  le  elezioni entro tre mesi e
provvede  all'ordinaria  amministrazione di competenza della Giunta e
agli  atti  improrogabili,  da  sottoporre  alla  ratifica  del nuovo
Consiglio»  (art. 3,  comma 3,  sulla falsariga del vecchio art. 126,
quinto  comma,  della  Costituzione,  nel  testo anteriore alla legge
costituzionale  22 novembre 1999, n. 1); al di fuori di tale ipotesi,
«in  caso  di scioglimento anticipato, il Presidente della Giunta, la
Giunta  e il Consiglio regionale sono prorogati sino all'insediamento
del  nuovo  Consiglio»  (art. 3,  comma 4);  in  caso di annullamento
giurisdizionale  delle  elezioni,  «il  Presidente  della  Giunta, la
Giunta   e   il   Consiglio   regionale   restano   in   carica  sino
all'insediamento    del    nuovo    Consiglio,   per   l'espletamento
dell'ordinaria  amministrazione  e  per  la  trattazione degli affari
indifferibili ed urgenti» (art. 3, comma 5).
    Secondo   il   Governo   ricorrente,   una   prima   ragione   di
illegittimita'  costituzionale,  per  contrasto  con  gli  artt. 117,
secondo  e  quarto  comma,  della  Costituzione, coinvolgerebbe quasi
tutto  il testo legislativo, e dovrebbe ravvisarsi nella formulazione
degli  artt. 2, 3 e 4 della legge regionale, in quanto il legislatore
regionale  avrebbe sostituito disposizioni della legge statale n. 108
del  1968  senza  aver  cura  di  stabilire il limite territoriale di
efficacia delle nuove disposizioni, cosi' che, a rigore, esso avrebbe
inciso  sull'efficacia  di  quest'ultima legge in tutto il territorio
nazionale.
    Quanto  alle  disposizioni  in  tema  di esercizio delle funzioni
degli   organi   regionali  dopo  lo  scioglimento  del  Consiglio  o
l'annullamento delle elezioni, il ricorrente muove censure analoghe a
quelle  prospettate  relativamente alla legge della Regione Calabria:
non  spetterebbe  al legislatore regionale integrare l'art. 126 della
Costituzione,  e  in particolare regolare effetti e conseguenze della
pronuncia  di annullamento giurisdizionale delle elezioni o dell'atto
statale  di  scioglimento  del  Consiglio;  in  subordine,  la  legge
violerebbe  la riserva di legge statutaria di cui all'art. 123, primo
comma, della Costituzione.
    In  via ulteriormente subordinata, sarebbero in contrasto con gli
artt. 126 e 117, secondo e quarto comma, della Costituzione, la norma
della  legge  regionale  che  «ripristina»  la previsione del vecchio
art. 126,  quinto  comma,  della Costituzione senza tener conto della
avvenuta  soppressione  di  esso  nel  nuovo  testo dell'art. 126; la
previsione della permanenza in carica del Consiglio sciolto o colpito
da  annullamento  giurisdizionale,  misura  che,  a  tutto concedere,
sarebbe  applicabile  solo  alla  Giunta;  la  mancata previsione del
limite   degli   «affari   indifferibili  ed  urgenti»  nel  caso  di
scioglimento  del  Consiglio  diverso  da  quello  disposto  ai sensi
dell'art. 126,  primo  comma,  della Costituzione; la statuizione del
termine  eccessivamente  lungo  di  tre  mesi  per  l'indizione delle
elezioni,  termine ulteriormente prolungato, nel caso di annullamento
delle  elezioni,  facendolo  decorrere  dallo spirare del termine per
l'azione revocatoria.
    Ancora,  sarebbe  illegittima  la previsione della prorogatio dei
poteri  del  Consiglio  fino  alla  riunione  del  nuovo,  in  quanto
spetterebbe allo Stato, competente a stabilire la durata degli organi
elettivi  delle  Regioni,  ai sensi dell'art. 122 della Costituzione,
anche  prevederne  la  prorogatio:  in  subordine,  si tratterebbe di
materia  riservata  allo  statuto.  Sarebbe  altresi'  illegittima la
previsione  della  durata  quinquennale del Consiglio, spettando alla
legge  statale stabilire la durata dei Consigli regionali. Infine, le
disposizioni  residue  della  legge  regionale,  che  attengono  alla
materia elettorale, contrasterebbero con l'art. 122, primo, secondo e
quinto  comma,  della  Costituzione, in quanto la legge regionale che
disciplina l'elezione del Consiglio potrebbe essere emanata solo dopo
che  la  legge  dello Stato abbia fissato principi e limiti, ai sensi
del medesimo art. 122, primo comma: a tale legge statale competerebbe
anche il compito di modificare le disposizioni della legge n. 108 del
1968  che  attribuiscono  al  Commissario del Governo l'emanazione di
atti del procedimento elettorale.
    3. - I  due  ricorsi  propongono censure in parte comuni alle due
leggi   regionali,   a   loro  volta  destinate  a  regolare  materie
parzialmente  comuni.  E' percio' opportuno riunire i giudizi perche'
siano decisi con unica pronunzia.
    4. - La  disciplina  del  sistema  di elezione dei Consigli delle
Regioni   a   statuto  ordinario  era  riservata,  secondo  il  testo
originario dell'art. 122, primo comma, della Costituzione, alla legge
statale.  Nell'esercizio  di  tale  competenza il legislatore statale
detto'  la  legge 17 febbraio 1968, n. 108 (Norme per la elezione dei
Consigli  regionali delle Regioni a statuto normale), piu' di recente
modificata e integrata dalla legge 23 febbraio 1995, n. 43.
    Con  la  riforma  recata  dalla  legge costituzionale 22 novembre
1999,  n. 1,  si  e' fra l'altro disposto che spetta alla legge della
Regione  disciplinare  il  sistema  di  elezione del Consiglio, della
Giunta  e  del Presidente regionale (per la Giunta solo se lo statuto
accoglie  un sistema diverso da quello dell'elezione del Presidente a
suffragio universale e diretto, il quale nomina e revoca i componenti
della  Giunta),  nei  limiti  dei principi fondamentali stabiliti con
legge  della  Repubblica, che stabilisce anche la durata degli organi
elettivi (nuovo art. 122, primo e quinto comma, Cost.).
    A seguito di tale riforma, le leggi statali in materia conservano
la  loro  efficacia,  in forza del principio di continuita' (sentenze
n. 14  del 1973 e n. 376 del 2002, ordinanze n. 269 del 1974 e n. 383
del   2002),  fino  a  quando  non  vengano  sostituite  dalle  leggi
regionali:  ma  la  potesta'  legislativa  in  tema  di  elezione dei
Consigli regionali spetta ormai alle Regioni.
    Ne'   e'  a  dirsi  che  tale  potesta'  regionale  possa  essere
esercitata   solo   dopo  che  lo  Stato  abbia  dettato  i  principi
fondamentali cui i legislatori regionali dovranno attenersi, ai sensi
dell'art. 122, primo comma, della Costituzione.
    Anche  in  questo  caso  non vi e' ragione per ritenerne precluso
l'esercizio   fino   alla  statuizione  di  nuovi  principi,  con  la
conseguenza  che  il  legislatore  statale, omettendo di dettare tali
principi,  potrebbe di fatto paralizzare l'esercizio della competenza
regionale  a tempo indeterminato. Vale dunque il principio per cui la
legislazione  regionale  puo' disciplinare le nuove materie - e nella
specie   l'elezione   del  Consiglio  -  nel  rispetto  dei  principi
fondamentali  che si ricavano dalla preesistente legislazione statale
(cfr. sentenza n. 282 del 2002).
    Vi  e'  certo  l'ulteriore  complicazione nascente dal fatto che,
fino  all'entrata  in  vigore  dei nuovi statuti regionali (oltre che
delle   nuove  leggi  elettorali  regionali),  l'art. 5  della  legge
costituzionale  n. 1  del 1999 detta direttamente la disciplina della
elezione   del   Presidente   regionale,   stabilendo  che  essa  sia
contestuale  al  rinnovo  del  Consiglio  e  che  si effettui «con le
modalita'  previste  dalle disposizioni di legge ordinaria vigenti in
materia  di elezione dei Consigli regionali», cosi' indirettamente in
qualche  misura  «irrigidite»  in via transitoria; e dal fatto che la
nuova  disciplina  statutaria,  cui e' demandata la definizione della
forma  di governo regionale, condiziona inevitabilmente, in parte, il
sistema  elettorale  per  l'elezione  del  Consiglio. In pratica cio'
comporta  che  siano  esigui  gli spazi entro cui puo' intervenire il
legislatore  regionale  in  tema  di  elezione  del  Consiglio, prima
dell'approvazione  del  nuovo  statuto. Tuttavia questo non significa
che  la  legge regionale non possa nemmeno, fin d'ora, modificare, in
aspetti  di dettaglio, la disciplina delle leggi statali vigenti, per
tutto  quanto  non  e'  direttamente  o  indirettamente implicato dal
citato  art. 5  della  legge cost. n. 1 del 1999, in attesa del nuovo
statuto,   e   cosi'  per  quanto  riguarda  competenze  e  modalita'
procedurali;  ancor  meno  significa  che  alla  legge  regionale sia
precluso  dettare,  nell'esercizio  di una competenza che ormai le e'
propria,  una  disciplina  riproduttiva di quella delle leggi statali
previgenti.
    5. - Non  era dunque di per se' precluso al legislatore regionale
disporre,  come  fa  l'art. 1  della  legge  abruzzese  (peraltro non
specificamente  censurato  dal  ricorrente),  il  «recepimento» della
legge  statale  n. 108  del  1968  «con le successive modificazioni e
integrazioni».  Tale «recepimento» va ovviamente inteso nel senso che
la  legge  regionale viene a dettare, per relationem, disposizioni di
contenuto  identico  a  quelle  della  legge statale, su alcune delle
quali, contestualmente, gli articoli successivi operano modificandole
o  sostituendole:  ferma  restandone  la  diversa  forza formale e la
diversa sfera di efficacia.
    Non  si  puo'  omettere  di notare la improprieta' di una tecnica
legislativa   che,  operando  il  «recepimento»  e  poi  la  parziale
sostituzione  delle  disposizioni della legge statale (fra l'altro, a
quanto  sembra,  della  sola  legge n. 108 del 1968, con le modifiche
apportate  successivamente  al  suo  testo,  in  particolare  da vari
articoli   della   legge   n. 43  del  1995,  e  non  delle  autonome
disposizioni  dettate  successivamente  dalla  stessa legge n. 43 del
1995),   da'  vita  ad  una  singolare  legge  regionale,  dal  testo
corrispondente  a  quello  della  legge  statale,  i  cui  contenuti,
peraltro,  non risultano sempre legittimamente assumibili dalla legge
regionale,  in  quanto estranei alla sua competenza: cosi' quelli che
riguardano  ad esempio, oltre che, come si dira', la durata in carica
del  Consiglio,  di cui all'art. 3, i ricorsi giurisdizionali, di cui
all'art. 19,   o  le  norme  sullo  svolgimento  contemporaneo  delle
elezioni  regionali,  provinciali  e comunali, di cui agli artt. 20 e
21.
    Non e' pero' condivisibile la censura di carattere generale mossa
dal ricorrente agli artt. 2, 3 e 4 della legge della Regione Abruzzo,
che  sarebbero  in  contrasto  con il limite territoriale della legge
regionale   e   con   l'art. 117,   secondo  e  quarto  comma,  della
Costituzione,  in  quanto  la legge regionale non potrebbe sostituire
disposizioni    di    una   legge   statale,   facendo   venir   meno
l'applicabilita' delle disposizioni sostituite in tutto il territorio
nazionale.   In   realta'   la  legge  statale  continua  a  spiegare
l'efficacia  che  le  e'  propria;  la  legge  regionale  non  fa che
introdurre   una   disciplina   materialmente  identica,  in  cui  le
disposizioni   che   vengono  dettate  in  «sostituzione»  di  quelle
corrispondenti   della  legge  dello  Stato  esplicano  tale  effetto
sostitutivo  solo  con  riguardo  alla sfera di efficacia della legge
regionale  di  «recepimento»,  senza  intaccare  la  diversa sfera di
efficacia della legge statale.
    6. - Passando  ad  esaminare  le singole disposizioni della legge
della  Regione  Abruzzo,  modificative di quelle della legge statale,
vengono  in  considerazione  in  primo luogo quelle che attribuiscono
alla  competenza  del  Presidente della Giunta regionale l'emanazione
del  decreto  che  determina  e  assegna  i  seggi del Consiglio alle
singole  circoscrizioni  (art. 2  della  legge impugnata, sostitutivo
dell'art. 2, comma 3, della legge statale) e l'emanazione del decreto
di indizione delle elezioni (art. 3, comma 6, nonche' commi 8 e 9).
    Le   censure   mosse   a  tali  disposizioni  non  sono  fondate.
L'intervento  legislativo  regionale riguarda infatti un oggetto - il
procedimento  per  la  elezione  del  Consiglio  -  divenuto ormai di
competenza  della  Regione  ai sensi del nuovo art. 122, primo comma,
della  Costituzione: e riguarda aspetti procedurali non incidenti sui
principi   fondamentali  ricavabili  in  materia  dalla  legislazione
statale,  ne' sui vincoli che discendono dal rispetto della normativa
transitoria  dettata,  in  pendenza  dell'approvazione dello statuto,
dall'art. 5 della legge costituzionale n. 1 del 1999.
    7. - A  diversa  conclusione  di  fondatezza della questione deve
giungersi  con  riguardo  all'art. 4  della  legge  dell'Abruzzo, che
attribuisce alla competenza del Presidente della Regione l'emanazione
dell'atto  che  rende  esecutivo  il  riparto  delle  spese  per  gli
adempimenti comuni alle elezioni regionali, provinciali e comunali in
caso  di  loro  contemporaneita'.  La  disposizione  impugnata incide
infatti  anche  sulla  materia  della  «legislazione  elettorale» dei
comuni  e  delle  Province, che spetta allo Stato, ai sensi del nuovo
art. 117,  secondo  comma,  lettera  p, della Costituzione. Essa deve
dunque essere dichiarata costituzionalmente illegittima.
    8. - Venendo  ora  al  secondo  gruppo  di disposizioni impugnate
della  legge  della  Regione  Abruzzo,  in tema di durata del mandato
consiliare   e   di  termini  del  procedimento  elettorale  e  degli
adempimenti  successivi, deve anzitutto giudicarsi costituzionalmente
illegittimo il comma 1 del testo legislativo che l'art. 3 della legge
impugnata  «sostituisce»  all'art. 3  della  legge statale, in cui si
prevede  che  «la  durata  del Consiglio regionale e' stabilita dalla
legge   dello   Stato   in   cinque   anni»,  decorrenti  dalla  data
dell'elezione.  La disciplina della durata in carica del Consiglio e'
infatti  attribuita,  dall'art. 122, primo comma, della Costituzione,
alla  competenza della legge statale. Ne', evidentemente, spetta alla
legge  regionale  non  tanto  riprodurre  la  norma  statale,  quanto
prevedere  la  competenza  ed  il contenuto della legge statale, come
pretende di fare la disposizione impugnata.
    9. - Va esente da censura, invece, la disposizione che disciplina
il  termine  iniziale  per  lo  svolgimento  delle  elezioni (art. 3,
comma 2,   primo   periodo,   del   testo   legislativo  «sostituito»
dall'art. 3 della legge impugnata all'art. 3 della legge statale): la
previsione, conforme del resto a quella della legge statale, riguarda
il  procedimento  elettorale,  di competenza della Regione, mentre il
riferimento  al  «quinquennio»  puo' intendersi come fatto al periodo
del  mandato consiliare oggi stabilito dalla legge dello Stato, senza
che  questo  valga  a  novare  la fonte della norma che stabilisce la
durata in carica del Consiglio.
    Parimenti,  e  per la stessa ragione, non e' fondata la questione
con  riguardo  alla  disposizione  che  prevede che le elezioni siano
indette  entro  tre  mesi  (art. 3,  comma 6,  del testo «sostituito»
all'art. 3  della  legge  statale  dall'art. 3  della legge regionale
dell'Abruzzo,  da intendersi nel senso che le elezioni abbiano luogo,
e  non siano semplicemente indette, entro tale lasso di tempo): anche
se  non e' chiaro se detto termine ad quem - oggi assente nella legge
statale,  che prevede solo il termine iniziale - sia fatto decorrere,
nel  caso  di  scadenza  del  mandato, da tale scadenza, ovvero dalla
quarta  domenica  antecedente  la  stessa,  a  partire dalla quale le
elezioni possono avere luogo ai sensi del precedente comma 2. In ogni
caso,  non  puo'  dirsi  che  tale  termine sia eccessivamente lungo,
tenuto  conto  anche  che esso, pur se fatto decorrere dalla scadenza
del  Consiglio,  supera  di  soli  venti giorni il periodo massimo di
settanta  giorni  dalla fine del mandato delle Camere, entro il quale
devono  essere  elette  le nuove, ai sensi dell'art. 61, primo comma,
della Costituzione.
    10. - E',  invece,  costituzionalmente  illegittimo  il  comma 2,
secondo  periodo,  del  testo  «sostituito»  all'art. 3  della  legge
statale  dall'art. 3  della  legge  della  Regione Abruzzo, in cui si
dispone  che la prima riunione del nuovo Consiglio ha luogo non oltre
il  ventesimo  giorno dalle elezioni. Esso infatti modifica (sia pure
marginalmente),  al  di  fuori del procedimento di approvazione della
legge  statutaria  previsto  dal  nuovo  art. 123, primo comma, della
Costituzione,  la  vigente  disciplina  dello  statuto  della Regione
Abruzzo  (tuttora efficace, fino all'entrata in vigore di nuove leggi
statutarie,  per  le  parti non implicitamente abrogate dalla riforma
costituzionale: cfr. sentenza n. 304 del 2002), il cui art. 18, primo
comma, stabilisce che il Consiglio tiene la sua prima seduta il primo
giorno   non   festivo   della   terza   settimana   successiva  alla
proclamazione degli eletti.
    11. - Pure costituzionalmente illegittimo e' il comma 7 del testo
«sostituito» dall'art. 3 della legge impugnata all'art. 3 della legge
statale,  secondo  cui  il  termine ad quem di tre mesi, previsto dal
comma 5   per   l'indizione  delle  elezioni,  decorre,  in  caso  di
annullamento delle elezioni, dalla scadenza del «termine per l'azione
revocatoria»,  la  quale  - si intende - possa essere esperita per la
revoca  della  pronuncia  giurisdizionale  definitiva di annullamento
delle operazioni elettorali.
    L'intento  di  siffatta  disposizione e', all'evidenza, quello di
consentire un ulteriore prolungamento del periodo transitorio durante
il  quale, ai sensi del precedente comma 5, si dispone che restino in
carica per l'ordinaria amministrazione e per gli affari indifferibili
ed  urgenti  gli organi eletti colpiti dall'annullamento. Ma, anche a
prescindere  da questo collegamento con una disposizione che, come si
dira'   piu'   oltre,   e',  per  altre  ragioni,  costituzionalmente
illegittima,  sta  di  fatto  che  differire la indizione delle nuove
elezioni,  in caso di annullamento delle precedenti, non gia' fino al
passaggio  in giudicato della pronuncia di annullamento, ma oltre, in
attesa  di  una  del  tutto  eventuale azione di revocazione di detta
pronuncia  definitiva,  significa  prolungare  irragionevolmente  una
situazione   patologica  e  di  carenza  costituzionale  come  quella
derivante  dall'annullamento  delle  elezioni seguite alla scadenza o
allo  scioglimento  del  precedente  Consiglio;  mentre e' necessario
ripristinare  al  piu'  presto  la legittima rappresentativita' degli
organi regionali.
    12. - Si  puo'  ora  passare  ad  esaminare le disposizioni delle
leggi  impugnate  che  riguardano  il  tema  principale  su cui si e'
esplicato  l'intervento  legislativo  delle  due Regioni, vale a dire
quello  della  prorogatio degli organi regionali dopo la scadenza, lo
scioglimento o la rimozione.
    L'art. 3 della legge n. 108 del 1968 stabilisce fra l'altro che i
Consigli  regionali  si  rinnovano  ogni  cinque  anni (primo comma),
decorrenti  dalla  data  della  elezione  (terzo  comma), ma che essi
«esercitano le loro funzioni fino al 46° giorno antecedente alla data
delle  elezioni  per  la loro rinnovazione, che potranno aver luogo a
decorrere dalla quarta domenica precedente il compimento del periodo»
della loro durata in carica (secondo comma).
    Tale   disposizione   non  accoglie  dunque  il  principio  della
prorogatio  del  Consiglio  dopo la sua scadenza e fino alla riunione
del   nuovo   Consiglio   eletto,   previsto  invece  per  le  Camere
dall'art. 61,  secondo  comma,  della  Costituzione, e per i Consigli
delle   Regioni   ad   autonomia  speciale  dall'art. 4  della  legge
costituzionale   23 febbraio  1972,  n. 1:  anche  se  questa  Corte,
chiamata  a  dirimere  alcuni  conflitti di attribuzione in ordine al
legittimo  esercizio  del  potere  governativo  di rinvio delle leggi
regionali   (previsto   dal   vecchio   testo   dell'art. 127   della
Costituzione),  nell'affermare  il  vigore  nelle  Regioni  del  c.d.
«principio  di rappresentativita», per cui i procedimenti legislativi
in  itinere  decadono con la fine della legislatura, ebbe a stabilire
che  dopo  il  46°  giorno anteriore alle elezioni per il rinnovo del
Consiglio  regionale,  e  fino  alla sua cessazione, vale a dire «nel
corso  degli ultimi quarantacinque giorni di permanenza in carica del
Consiglio  stesso»,  le  assemblee  «dispongono  di  poteri attenuati
confacenti  alla  loro  situazione  di  organi  in scadenza, analoga,
quanto  a  intensita' di poteri, a quella degli organi legislativi in
prorogatio» (sentenza n. 468 del 1991, e analogamente sentenza n. 515
del 1995).
    Puo'  dirsi  dunque  che,  allo  stato della legislazione statale
(tuttora   applicabile  fino  all'esercizio  delle  nuove  competenze
statutarie  e legislative regionali), i Consigli regionali conservano
i loro poteri solo fino alla scadenza.
    Nel  sistema antecedente alla riforma costituzionale recata dalla
legge  costituzionale n. 1 del 1999, era disciplinato a parte il caso
dello  scioglimento  anticipato del Consiglio regionale, disposto con
decreto del Presidente della Repubblica, ai sensi dell'art. 126 della
Costituzione,  per  aver  compiuto  atti contrari alla Costituzione o
gravi  violazioni  di  legge, per non aver corrisposto all'invito del
Governo  di  sostituire  la  Giunta  o  il  Presidente,  che avessero
compiuto   analoghi   atti   o   violazioni,  per  impossibilita'  di
funzionamento a seguito di dimissioni o impossibilita' di formare una
maggioranza,  o  infine per ragioni di sicurezza nazionale. In questi
casi  era  previsto,  infatti,  che col decreto di scioglimento fosse
nominata  una  commissione  di  tre cittadini eleggibili al Consiglio
regionale,  che  indicesse  le  elezioni entro tre mesi e provvedesse
all'ordinaria  amministrazione di competenza della Giunta e agli atti
improrogabili,  da  sottoporre  alla  ratifica  del  nuovo  Consiglio
(art. 126, vecchio testo, quinto comma).
    Non  era  e  non e' invece regolato il caso di annullamento delle
operazioni  elettorali  dopo  l'elezione del Consiglio: tanto e' vero
che,  quando  si  verifico'  questa  ipotesi  nel Molise, il Governo,
invocando  il  carattere  necessario  dell'ente  con  la  conseguente
necessita'  di assicurare il compimento degli atti improrogabili, nel
silenzio  dello  statuto  regionale,  non ancora adeguato ai principi
della  legge  cost.  n. 1 del 1999 (cosi' implicitamente riconosciuto
fonte  competente  in materia) e i «poteri residuali del Governo», in
base   ad   un   (per   la   verita',  inedito)  «principio  generale
dell'ordinamento  che  attribuisce al Governo un potere di intervento
per  assicurare l'adempimento degli obblighi attinenti a interessi di
rilievo   costituzionale»,  ebbe  a  disporre  che  la  Giunta  e  il
Presidente,  la cui elezione era stata annullata, provvedessero «agli
atti  urgenti  e  improrogabili  sino  alla  proclamazione  del nuovo
consiglio  e  del  presidente  della Regione» (d.P.R. 16 luglio 2001,
recante  «Disposizioni per assicurare il compimento di atti urgenti e
improrogabili  da  parte  della  Regione  Molise»:  la motivazione e'
contenuta nel preambolo del decreto).
    Quanto  alla  permanenza  in carica della Giunta e del Presidente
della  Regione, l'art. 26, terzo comma, della legge 10 febbraio 1953,
n. 62 (derogabile pero' dagli statuti regionali, ai sensi dell'art. 2
della  legge  23 dicembre  1970,  n. 1084)  stabiliva  che  la Giunta
durasse  in  carica  «fino alla rinnovazione del Consiglio», salvo il
caso  di revoca con voto del Consiglio medesimo. In molte Regioni, ma
non  in  tutte,  la materia e' oggetto di previsioni statutarie, come
nel  caso  dell'Abruzzo, il cui statuto, all'art. 42, prevede che «la
Giunta  e il suo Presidente, in caso di dimissioni o di revoca ovvero
nel  caso di rinnovazione del Consiglio, rimangono in carica, per gli
affari correnti, fino all'elezione del nuovo Presidente e della nuova
Giunta»  (e  l'art. 19,  settimo  comma,  prevede  a  sua  volta  che
l'ufficio  di  presidenza  del  Consiglio  resti in carica «fino alla
convocazione  del  nuovo Consiglio»); o come nel caso della Calabria,
il  cui  statuto,  all'art. 19,  prevede  che  «la  Giunta  e  il suo
Presidente rimangono in carica fino all'elezione del nuovo Presidente
e  della  nuova  Giunta»,  limitandosi  pero',  dopo  la scadenza del
Consiglio  o  l'approvazione  della  proposta di revoca o il voto del
Consiglio sulle dimissioni, agli affari di ordinaria amministrazione.
    13. - Con  la  legge  costituzionale  n. 1 del 1999 la disciplina
dell'organizzazione  di  governo delle Regioni e' stata profondamente
innovata. Spetta ora ai nuovi statuti, approvati con legge regionale,
determinare,  in  armonia  con  la  Costituzione, la forma di governo
delle  Regioni  e i principi fondamentali della loro organizzazione e
del   loro   funzionamento   (nuovo   art. 123,  primo  comma,  della
Costituzione).  Spetta  alla  legge  della  Regione  disciplinare  il
sistema  di  elezione  del  Consiglio,  della Giunta e del Presidente
regionale  (per  la  Giunta,  solo  se lo statuto accoglie un sistema
diverso da quello dell'elezione del Presidente a suffragio universale
e  diretto), nei limiti dei principi fondamentali stabiliti con legge
della  Repubblica,  che  stabilisce  anche  la  durata  degli  organi
elettivi  (nuovo  art. 122,  primo e quinto comma, Cost.). Infine, il
nuovo  art. 126 della Costituzione prevede ancora lo scioglimento del
Consiglio  che abbia compiuto atti contrari alla Costituzione o gravi
violazioni  di  legge,  o  per  ragioni di sicurezza nazionale, senza
pero'  piu'  prevedere  la nomina, in questi casi, di una commissione
incaricata  di  indire  le  elezioni  e  nel  frattempo di assicurare
l'ordinaria amministrazione e il compimento degli atti improrogabili,
salvo  ratifica del nuovo Consiglio, come stabiliva il vecchio testo;
e  aggiunge  che lo scioglimento del Consiglio consegue altresi' alla
approvazione  della  mozione di sfiducia nei confronti del Presidente
eletto a suffragio universale e diretto, nonche' alla rimozione, alla
morte,  all'impedimento  permanente e alle dimissioni del medesimo, e
alle  dimissioni contestuali della maggioranza dei consiglieri: anche
in  queste  ultime ipotesi la Costituzione non disciplina l'esercizio
delle  funzioni  nel  periodo  di transizione fra lo scioglimento del
Consiglio e l'elezione del nuovo.
    Una   interpretazione   sistematica   delle  citate  nuove  norme
costituzionali  conduce  a ritenere che la disciplina della eventuale
prorogatio  degli  organi  elettivi regionali dopo la loro scadenza o
scioglimento  o  dimissioni,  e degli eventuali limiti dell'attivita'
degli organi prorogati, sia oggi fondamentalmente di competenza dello
statuto  della  Regione,  ai sensi del nuovo articolo 123, come parte
della  disciplina  della forma di governo regionale: cosi' come e' la
Costituzione  (art. 61,  secondo  comma;  art. 77, secondo comma) che
regola la prorogatio delle Camere parlamentari.
    Non puo' condividersi la tesi secondo cui tale competenza sarebbe
attribuita  alla  legge  statale, cui spetta, ai sensi dell'art. 122,
primo  comma,  Cost.  stabilire  «la  durata  degli  organi elettivi»
regionali.  L'istituto  della  prorogatio,  a differenza della vera e
propria  proroga  (cfr.,  rispettivamente,  art. 61, secondo comma, e
art. 60,  secondo  comma,  Cost., per quanto riguarda le Camere), non
incide  infatti  sulla  durata del mandato elettivo, ma riguarda solo
l'esercizio  dei  poteri  nell'intervallo fra la scadenza, naturale o
anticipata,  di  tale mandato, e l'entrata in carica del nuovo organo
eletto.
    E' ovvio, peraltro, che gli statuti, nel disciplinare la materia,
dovranno  essere  in  armonia  con  i precetti e con i principi tutti
ricavabili  dalla  Costituzione, ai sensi dell'art. 123, primo comma,
della Costituzione (cfr. sentenza n. 304 del 2002).
    Si deve pero' eccettuare l'ipotesi dello scioglimento o rimozione
«sanzionatori»,    prevista   dall'art. 126,   primo   comma,   della
Costituzione. In questo caso, trattandosi di un intervento repressivo
statale   (non  piu'  previsto  per  la  semplice  impossibilita'  di
funzionamento,  come  accadeva nel vecchio testo dell'art. 126 Cost.,
ma  solo  a seguito di violazioni della Costituzione o delle leggi, o
per  ragioni  di  sicurezza nazionale), e' logico che le conseguenze,
anche  in  ordine  all'esercizio delle funzioni fino all'elezione dei
nuovi  organi,  siano  disciplinate  dalla legge statale, cui si deve
ritenere    che   l'art. 126,   primo   comma,   della   Costituzione
implicitamente rinvii, nonostante l'avvenuta soppressione del vecchio
art. 126,  quinto  comma:  non  potendosi  supporre  che  resti nella
disponibilita' della Regione disporre la proroga dei poteri di organi
sciolti o dimessi a seguito di gravi illeciti, o la cui permanenza in
carica rappresenti un pericolo per la sicurezza nazionale.
    A  parte  deve  essere considerata l'ipotesi - che la legge della
Regione    Abruzzo    fa    oggetto    di    specifica   disciplina -
dell'annullamento  giurisdizionale  della elezione: in questo caso si
verifica  non  la  scadenza  o  lo  scioglimento o la rimozione di un
Consiglio  o  di un Presidente legittimamente eletti ed in carica, ma
il  venir  meno  ex  tunc, secondo i principi, dello stesso titolo di
investitura dell'organo elettivo.
    Anche  in  questa  ipotesi  la  disciplina  dell'esercizio  delle
funzioni  regionali  fino  alla  nuova  elezione  rientra in linea di
principio  nella  competenza statutaria della Regione, salvi i limiti
che  la  Regione  stessa  incontra  in forza della competenza statale
esclusiva   in   materia  giurisdizionale,  stabilita  dall'art. 117,
secondo  comma,  lettera  l,  della  Costituzione.  In  ogni caso, e'
escluso  che  possa  provvedere  in  materia  una legge regionale non
statutaria.
    In  conclusione, dunque, in tema di disciplina dell'esercizio dei
poteri  degli organi regionali dopo la loro scadenza o scioglimento o
rimozione,  o  dopo l'annullamento della elezione, la legge regionale
e'   priva  di  competenza,  almeno  fino  a  quando  lo  statuto,  o
rispettivamente  la  legge  statale,  abbiano fissato i principi e le
regole fondamentali.
    14. - Discende   dalle   premesse   poste  che  devono  ritenersi
costituzionalmente  illegittime  tutte  le  disposizioni  delle leggi
regionali  impugnate  che  disciplinano  la  prorogatio  degli organi
elettivi  regionali  (art. 1  della  legge  regionale della Calabria;
art. 3  della  legge  regionale  dell'Abruzzo,  nella  parte  in  cui
sostituisce l'art. 3, secondo comma, prima parte, della legge statale
n. 108  del  1968  con  le  disposizioni  dell'art. 3, comma 2, terzo
periodo,  e  commi 3,  4  e 5, del nuovo testo legislativo): vuoi per
violazione  della  «riserva  di  statuto»  di  cui all'art. 123 della
Costituzione,  vuoi,  per  quelle  di esse che disciplinano l'ipotesi
dello  scioglimento  o  della  rimozione «sanzionatori» (art. 1 della
legge della Regione Calabria nella parte in cui, non distinguendo, si
riferisce   anche  a  questa  ipotesi;  art. 3,  comma 3,  del  testo
sostituito  della  legge della Regione Abruzzo), per violazione della
competenza statale a disciplinare la materia.
    Quanto  a  quest'ultima  disposizione  della  legge della Regione
Abruzzo,  non  puo'  valere  in  contrario il fatto che essa riprenda
testualmente  la previsione del vecchio art. 126, quinto comma, della
Costituzione,  abrogato  dalla legge costituzionale n. 3 del 2001: in
ogni  caso, la Regione non puo' reintrodurre una norma costituzionale
ormai scomparsa.
    Rimane  assorbito  ogni  altro profilo di censura, in particolare
per  quanto  riguarda  la disciplina, nell'art. 3, comma 5, del testo
sostituito  della  legge regionale dell'Abruzzo, dell'esercizio delle
funzioni  regionali  nel  caso  di annullamento giurisdizionale delle
elezioni.
    15. - In  definitiva,  mentre  la  legge regionale della Calabria
deve  essere dichiarata in toto costituzionalmente illegittima, della
legge   regionale   dell'Abruzzo   restano   indenni   l'art. 1  (non
specificamente  censurato  dal  Governo, e comunque da intendersi nel
senso  sopra precisato al n. 5), l'art. 2, nonche', dell'art. 3, solo
le  parti che, «sostituendo» l'art. 3 della legge statale, dettano le
disposizioni  dei commi 2 (limitatamente al primo periodo), 6, 8 e 9.
Tutte   le  altre  disposizioni  della  stessa  legge  devono  essere
dichiarate costituzionalmente illegittime.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Riuniti i giudizi,
    a) Dichiara  l'illegittimita'  costituzionale  della  legge della
Regione  Calabria 15 marzo 2002, n. 14 (Disposizioni sulla prorogatio
degli organi regionali);
    b) Dichiara  l'illegittimita'  costituzionale  dell'art. 3  della
legge  della  Regione Abruzzo 19 marzo 2002, n. 1 (Disposizioni sulla
durata degli Organi e sull'indizione delle elezioni regionali), nella
parte  in cui introduce, sostituendo il testo dell'art. 3 della legge
statale  17 febbraio 1968, n. 108 (Norme per la elezione dei Consigli
regionali  delle  Regioni  a  statuto  normale),  le disposizioni dei
commi 1,  2 - limitatamente al secondo e al terzo periodo -, 3, 4, 5,
7;
    c) Dichiara  l'illegittimita'  costituzionale  dell'art. 4  della
predetta legge della Regione Abruzzo n. 1 del 2002;
    d) Dichiara    non   fondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale  delle  rimanenti  disposizioni - diverse da quelle di
cui  ai  capi b e c - della predetta legge della Regione Abruzzo n. 1
del  2002, sollevata, in riferimento agli artt. 117, secondo e quarto
comma,  e  122  della  Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei
ministri con il ricorso in epigrafe (reg. ric. n. 38 del 2002).
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 23 maggio 2003.
                       Il Presidente: Chieppa
                         Il redattore: Onida
                      Il cancelliere: Di Paola
    Depositata in cancelleria il 5 giugno 2003.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
03C0613