N. 364 ORDINANZA (Atto di promovimento) 7 febbraio 2003

Ordinanza  emessa  il  7  febbraio  2003  dal tribunale di Torino nel
procedimento penale a carico di Tololoi Catalina ed altra

Straniero - Espulsione amministrativa - Reato di trattenimento, senza
  giustificato  motivo,  nel  territorio  dello  Stato  in violazione
  dell'ordine  di  allontanamento, entro il termine di cinque giorni,
  impartito  dal  questore  -  Arresto  obbligatorio  in  flagranza -
  Disparita'  di  trattamento rispetto ad ipotesi di reato analoghe o
  piu'  gravi - Carenza del requisito della necessita' ed urgenza per
  l'adozione  da  parte  della  polizia  giudiziaria di provvedimenti
  provvisori   destinati  ad  incidere  sulla  liberta'  personale  -
  Contrasto  con  il  principio  di  buon  andamento  della  pubblica
  amministrazione.
- D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 14, comma 5-quinquies, aggiunto
  dalla legge 30 luglio 2002, n. 189.
- Costituzione, artt. 3, 13 e 97.
(GU n.25 del 25-6-2003 )
                            IL TRIBUNALE

    Ha  pronunziato  la  seguente  ordinanza nei confronti di Tololoi
Catalina,  nata a Iasi il 10 aprile 1974 e Tololoi Gheorghita, nato a
Iasi  il  26  febbraio  1966,  entrambi  elettivamente  domiciliati a
Moncalieri,  piazza  del  Fieno  n. 3, difensore d'ufficio avv. Fabio
Arcangeli.
    Indagati e presentati in udienza per la convalida dell'arresto ed
il  contestuale giudizio direttissimo per il reato di cui all'art. 14
comma  5-ter  in  relazione all'art. 14 comma 5-bis d.lgs n. 286/1998
per   come   modificato   dalla   legge  n. 189/2002  perche',  senza
giustificato  motivo,  si  trattenevano nel territorio dello Stato in
violazione dell'ordine impartitogli dal Questore di Torino in data 11
novembre  2002  loro  notificato  nella  stessa  data, di lasciare il
territorio nazionale entro il termine di giorni cinque.
    Visto il verbale di arresto (avvenuto il 5 febbraio 2003 alle ore
11,30)  e  le  dichiarazioni  degli  indagati,  vista la richiesta di
convalida  del  P.M.,  e  la questione di legittimita' costituzionale
sollevata dalla difesa,

                            O s s e r v a

    Gli  indagati  sono  stati presentati in udienza per la convalida
dell'arresto  nei  termini  di  legge  e sussistono i presupposti per
procedere  all'arresto  in  quanto l'art. 5-quinques d.P.R. 286/1998,
recentemente  modificato  dalla  legge  n. 189/02,  prevede l'arresto
obbligatoria per l'iposi di reato per la quale si procede.
    Tuttavia  questo giudice ritiene che le questioni di legittimita'
costituzionale  sollevate  dalla  difesa  siano  condivisibili per le
seguenti ragioni:
    1. - Violazione dell'art. 3 Cost.
    L'arresto   obbligatoria   in  flagranza  di  reato  e'  istituto
esistente  da  gran  tempo  nel  nostro ordinamento. Attualmente esso
trova la sua disciplina dell'art. 380 del codice di procedura penale,
il  quale  obbliga  la  polizia  giudiziaria  all'arresto  di chi sia
colpito  nella  flagranza  di  un  delitto  per  il  quale  la  legge
stabilisca   la  pena  dell'ergastolo  ovvero  della  reclusione  non
inferiore nel minimo a cinque anni e nel massimo, a venti.
    L'obbligo  dell'arresto trova una sua prima giustificazione, come
e'  evidente,  nella  gravita'  tutta particolare dei reati flagranti
considerati  dalla  norma; tale conclusione non e' contraddetta dalle
ulteriori previsioni, pure contenute nell'art. 380 c.p.p., di singoli
titoli di reato che obbligano all'arresto: trattasi infatti, anche in
tali  casi,  di  delitti  che  denotano  spiccatissima  pericolosita'
sociale,  quantunque  puniti  con  pene  inferiori,  nel minimo a nel
massimo,  ai  limiti  fissati  in via generale al primo comma. I piu'
modesti  di  tali  reati,  se  non  si  erra, sono quelli di furto in
abitazione e furto con strappo di cui all'art. 625-bis c.p., che sono
pur  sempre  colpiti dalla ragguardevole sanzione della reclusione da
uno  a  sei  anni  piu'  multa.  In  secondo luogo, tutti i reati che
impongono  l'arresto  in flagranza ex art. 380 c.p.p. hanno natura di
delitti,  e  sono dunque caratterizzati dall'elemento psicologico del
dolo,   perche'   il  sacrificio  della  liberta'  personale  imposto
all'imputato  trova  fondamento  anche  nel particolare atteggiamento
dell'agente, deliberatamente volta alla violazione della legge.
    L'art. 14  comma  5-quinquies  del  d.P.R. n. 286/1998, nel testo
risultante   dopo   l'entrata  in  vigore  della  legge  n. 189/2002,
introduce  invece  per  la  polizia giudiziaria un obbligo di arresto
nella  flagranza di un reato (quello di cui al comma 5-ter) che ha le
seguenti, peculiari caratteristiche:
        a)  un  reato  che  lo  stesso  legislatore configura come di
modesta gravita', essendo per esso stabilita la sanzione dell'arresto
da sei mesi a un anno;
        b)  un  reato cantravvenzionale, punibile anche a mero titolo
di colpa.
    Queste  due  caratteristiche  allontanano  assai  la  fattispecie
incriminatrice  in  esame  da  tutte le altre ipotesi per le quali e'
stabilito  l'obbligo  di arresto in flagranza, e la avvicinano invece
ai  numerosissimi  reati  contravvenzionali  in relazione ai quali e'
esclusa  non  solo  l'obbligo,  ma  anche  la facolta' di arresto: si
pensi,  a titolo meramente esemplificativo, ai reati di fabbricazione
senza  le  prescritte  cautele  di materie esplodenti (art. 678 c.p.:
arresto  fino  a  diciotto  mesi piu' ammenda), porto abusivo di armi
bianche  per  cui  non  e'  ammessa  licenza  (art. 699 comma 2 c.p.:
arresto  da  diciotto  mesi  a  tre anni), possesso ingiustificato di
chiavi  alterate  (art. 707  c.p.:  arresto  da sei mesi a due anni),
smaltimento  non  autorizzato  di rifiuti pericolosi (art. 51 comma 1
lett. b), d.lgs 22/1997: arresto da sei mesi a due anni piu' ammenda)
e molti altri ancora.
    Sembra   dunque   innegabile   che  l'art. 14  comma  5-quinquies
introduce,  per  tale del reato di cui al comma 5-ter, un trattamento
assai  diversa  (e  ben  afflittivo) da quello prevista per tutti gli
altri   autori   di   reati   contravvenzionali,  anche  piu'  gravi,
equiparando  la  sua  posizione  a quella degli autori dei gravissimi
delitti dolosi di cui all'art. 380 c.p.p.
    Se  e'  vero  che  rientra nella discrezionalita' del legislatore
stabilire  i  casi in cui e' imprenscindibile incidere sulla liberta'
personale  dell'imputato, e' altrettanto vera che la nuova ipotesi di
arresto  in  flagranza  va  ad  inserirsi in un tessuto normativo del
quale sembra doveroso, anche per il legislatore ordinario, conservare
una  qualche  coerenza  interna,  proprio al fine di salvaguardare il
principio costituzionale di eguaglianza formale che vuole trattate in
moda non discriminatorio situazioni personali amogenee.
    La  rilevata  disparita'  di trattamento risulta confermata, poi,
laddove  la previsione normativa in esame sia confrontata con l'altro
caso  di  arresto in flagranza per reato contravvenzionale introdotto
dalla  legge n. 189/2002: ci si riferisce all'ipotesi di cui al nuovo
art. 13  comma 13 del d.lgs n. 286/1998, come modificato dalla «legge
Bossi  -  Fini»,  che punisce con l'identica pena dell'arresto da sei
mesi a un anno lo straniero espulso che rientri nello Stato prima del
termine  consentito e senza autorizzazione del Ministro dell'interno:
in   questa   ipotesi,   caratterizzata  oltretutto  da  un  elemento
convenzionale   particolarmente   evidente   (mentre   per   lo  piu'
l'inottemperanza  all'ordine  di  allontanamento e' dovuta a condotta
semplicemente  negligente  o  passiva),  e'  prevista  (art. 13 comma
13-ter)   solo   l'arresto  facoltativo  in  flagranza,  e  non  gia'
obbligatorio.
    Passando  poi a valutare se le rilevate disparita' di trattamento
abbiano  una  ragionevole  giustificazione la risposta, ad avviso del
remittente,  sembra  dover  essere  radicalmente negativa. Tuttavia i
profili  riguardanti  la  ragionevolezza  del  trattamento  cautelare
particolarmente  rigoroso prevista dall'art. 14 comma 5-quinquies per
la  cantravvenzione  di  cui  al  comma  5-ter  possono  essere  piu'
compiutamente  valutati  in relazione al parametro di cui all'art. 13
della Costituzione.
    2. - Violazione dell'art. 13 comma 3 Cost.
    Poiche'  la  disposizione  di legge sapra indicata e' destinata a
comprimere   la   liberta'   personale,  la  verifica  circa  la  sua
legittimita'  costituzionale  deve  essere  condotta non soltanto con
riferimento  al  principio  di eguaglianza, ma anche in rapporto agli
ulteriori   e   piu'   pregnanti   parametri  costituzionali  di  cui
all'art. 13  Cost.,  a  norma  del  quale  i provvedimenti provvisori
destinati ad incidere sullo status libertatis possono essere adottati
dall'autorita' amministrativa solo «in casi eccezionali di necessita'
ed urgenza» indicati tassativamente dalla legge.
    Con   questa   disposizione   il  costituente,  nell'affidare  al
legislatore ordinario la disciplina dell'intervento dell'autorita' di
P.S.  sulla  liberta'  personale,  ha  contemporaneamente  fissato un
preciso  limite  alla  discrezionalita'  del legislatore: occorre che
l'intervento  degli organi di P.G. sia giustificato da condizioni che
lo rendano necessario ed urgente.
    Ebbene,  pare al remittente che proprio la complessiva disciplina
positiva   deitata   dal   legislatore   per   le   fasi   successive
all'obbligatorio  arresto  in  flagranza dell'autore del reato di cui
all'art. 14   comma   5-ter   renda  evidente  la  totale  inutilita'
dell'arresto medesimo.
    E'  incontroverso  che,  nell'impostazione  generale  del  nostro
sistema  penale,  l'arresto  in  flagranza  di  reato  ad opera della
polizia giudiziaria e' connotato da una finalita' anticipatoria degil
effetti,  dell'applicazione,  da  parte  del  giudice,  di una misura
cautelare.  Cio' emerge con evidenza dal disposto dell'art. 391 comma
5  c.p.p. il quale istituisce una corrispondenza diretta fra facolta'
di  arresto  per  delitto flagrante e potere del giudice di applicare
una misura cautelare.
    Ne consegue che in linea generale l'arresto in flagranza e' privo
di  senso laddove sia esclusa ab origine la possibilita' di applicare
una  misura  cautelare in sede di convalida. Se non ci si inganna, il
nostro  ordinamento  conosce  una  sola  altra  ipotesi di arresto in
flagranza  (peraltro  facoltativo) in cui sia esclusa la possibilita'
di  applicazione di una misura cautelare: quella in cui il conducente
di  un veicolo si dia alla fuga dopo un sinistro stradale con lesioni
(art. 189  comma  6  del  nuovo codice della strada). In questa caso,
pero',  e'  agevole  individuare il motivo, estremamente ragionevole,
per  cui  e'  comunque possibile procedere all'arresto: vi e' infatti
l'impellente  necessita'  della fisica apprensione di un soggetto che
si  sta  dileguando,  sottraendosi alle sue responsabilita' di natura
penale e risarcitoria.
    Passando  ora ad esaminare l'art. 14, commi 5-ter e quinquies del
testo  unico  sugli  stranieri,  va  detto  innanzitutto  che  non si
rinviene  alcuna norma che consenta al giudice, una volta convalidato
l'arresto,  di  adottare  una  qualche  misura  cautelare.  L'arresto
obbligatoria  in  flagranza,  pertanto,  e'  destinato per sua stessa
natura  a sfociare immediatamente nella liberazione dell'arrestato. E
si  badi che a cio' potra' e dovra' provvedere non solo il guudice in
sede  di  convalida,  ma - ancor prima - lo stesso pubblico ministero
che  venga  informata  dell'arresta: come e' noto, infatti, la regola
generale  e'  che laddove il p.m. non intenda chiedere l'applicazione
di   misure   coercitive   dovra'  disporre  l'immediata  liberazione
dell'arrestato  (art. 121  disp.  att.  c.p.p  applicabile a fortiori
nelle ipotesi in cui l'applicazione di misure cautelari la vietata ex
lege, a prescindere da ogni valutazione discrezionale del P.M.).
    Posto   che   il  provvedimento  coercitivo  in  esame  non  puo'
conseguire  quello  effetti  che  dovrebbe  esserne lo scopo naturale
(=anticipare gli effetti dell'applicazione di una misura cautelare da
parte  del  giudice), occorre allora chiedersi quale sia, non solo la
«eccezionale  necessita' ed urgenza», ma anche soltanto l'utilita' di
procedere  a  siffatto  arresto,  i  cui  effetti sono destinati alla
immediata cessazione.
    E'  forse  possibile  pensare a due risposte nessuna delle quali,
peraltro, appare minimamente convincente:
        a) l'arresto obbligatorio sarebbe finalizzato alla successiva
instaurazione del giudizio direttissimo.
    La  lettura  delle  citate disposizioni parrebbe suggerire che il
legislatore  abbia  vagheggiato  un congegno procedurale fulmineo: la
straniero    viene    obbligatoriamente   arrestato,   immediatamente
processata  subito  dopo la convalida, condannato, nuovamente espulso
ed  accompagnato  alla  frontiera.  Ma  si  tratta  di un intento non
compatibile  con  il  nostro  sistema  processuale: basti pensare che
l'imputato,  dopo la convalida e la sua liberazione, ha il diritto di
ottenere un termine a difesa (art. 558 comma 7 c.p.p.), il diritto di
lasciar liberamente l'aula, il diritto di difendersi nelle successive
udienze  adducendo  l'esistenza  di  un  giustificato  motiva  per la
propria  inottemperanza all'ordine del Questore, infine il diritto di
impugnare   l'eventuale   condanna  in  primo  grado.  Il  meccanismo
vagheggiato  dal  legislatore  e' dunque di impossibile funzionamento
perche'  si  scontra  con  le  regole  generali del processo e con il
diritto di difesa costituzionalmente garantito.
    Ma,   quel   che   piu'  rileva,  ipotizzare  una  finalizzazione
necessania    dell'arresto    obbligatoria    asuccessivo    giudizio
direttissimo  e'  frutto  di  una  arbitraria confusione di piani non
sovrapponibili,  perche'  ai  fini  dell'instaurazione  del  giudizio
direttissimo  non e' affatto necessario che vi sia stato, a monte, un
arresto  (obbligatorio  o facoltativo) in flagranza; come e' noto, il
rito  direttissimo  presuppone  semmai  una situazione di particolare
evidenza   della   prova   a   carico,   non  lo  status  detentionis
dell'imputato:   la   stessa  art. 449  c.p.p.  prevede,  in  termini
generali,  il  rito  direttissimo  nel  casi  in  cui l'imputato, mai
arrestato  e  mai  detenuto,  abbia  reso  confessione;  e il comma 2
dell'art. 450  c.p.p.  contiene  disposizioni procedurali proprio per
l'ipotesi  di citazione a giudizio direttissimo dell'imputato a piede
libero;  giudizi  direttissimi  senza  previo  arresto  sono altresi'
previsti  da  disposizioni  speciali, quali l'art. 6 ult. comma legge
n. 122/1993   (relativo   ai   reati  aggravati  dalla  finalila'  di
discriminazione razziale o religiosa) e, prima del 1991, dall'art. 21
legge legge 47/1948 in tema di reati commessi col mezzo della stampa.
    Il legislatore, pertanto, ben avrebbe potuto prevedere un'ipotesi
di  giudizio  direttissimo  obbligatorio  senza  alcuna necessita' di
imporre il previo arresto in flagranza dello straniero contravventore
all'art. 14 comma 5-ter.
        b) l'arresto obbligatorio sarebbe finalizzato alia successiva
esecuzione  dell'espulsione  dell'arrestato  con accompagnamento alla
frontiera.
    Come  e' noto, la legge 189/2002, nel modificare l'art. 13 d.lgs.
286/1998  (comma  4),  ha stabilito che, diversamente che in passato,
l'espulsione  viene  sempre  eseguita  mediante  accompagnamento alla
frontiera.
    La   velleitaria  disposizione  si  scontra  peraltro,  su  piano
attuativo,  con  innumerevoli  difficolta'  pratiche,  di  talche' il
legislatore  ha  previsto  che  ove  l'immediato accompagnamento alla
frontiera  non  possa  aver  luogo  lo straniero sia trattenuto in un
centro  di  permanenza  temporanea,  per  la durata di trenta giorni,
prorogabili  per  altri  trenta (art. 14 comma 5). Questa premessa e'
importante perche' permette di evidenziare che:
        1)     l'amministrazione     puo'    sempre,    autonomamente
dall'autorita'  giudiziaria  -  ed  in  qualunque  momento,  eseguire
coattivamente l'espulsione;
        2)  l'amministrazione  puo' fare affidamento su un periodo di
complessivi  60  giorni  per  risolvere  le  difficolta' pratiche che
ostacolano l'esecuzione dell'espulsione.
    In questo quadro appare totalmente fuori della realta' immaginare
che l'esecuzione dell'espulsione possa essere facilitata dall'arresto
in  flagranza  dello straniero colpito da provvedimento di espulsione
che si trattiene in territorio nazionale in violazione del successivo
ordine  di  allontanamento  del  Questore.  Se la polizia, al momento
dell'arresto  dello straniero, e' in condizione di procedere alla sua
effettiva    espulsione   (per   sopravvenuta   identificazione   del
clandestino,  reperimento di un vettore, ecc.) la miglior cosa e' che
vi  dia corso senz'altro, e non ha alcuna utilita' che conduca invece
la straniero in carcere (per vederlo poi liberare poco dopo da p.m. o
dal  giudice); se invece a possibilita' di allontanare effettivamente
la  straniero  non  sussiste, non saranno certo poche ore di custodia
(che  oltretutto  obbligano le forze di polizia ad occuparsi non piu'
dell'espulsione,  bensi  degli  atti  di  polizia  giudiziaria!)  che
potranno modificare tale situazione di impotenza.
    Da  qualunque punto di vista la si consideri, pertanto, l'arresto
obbligatorio   in   esame   risulta   essere  un'attivita'  priva  di
qualsivoglia utilita'. Essa non appare giustificato da alcuna ragione
di  necessita'  o  urgenza,  onde  la  sua  introduzione ad opera del
legislatore si pone in contrasto con la citata norma costituzionale.
    3. - Violazione dell'art. 97 Cost.
    La rilevata inutilita' dell'arresto obbligatoria in flagranza del
reato  di  cui  all'art. 14 comma 5-ter T.U. stranieri si accompagna,
nella  quotidiana  applicazione concreta dell'istituto, a conseguenze
pratiche   sulle   quali  sembra  doveroso  insistere,  perche'  esse
evidenziana come la norma denunciata cantrasti anche con il principio
di   buon   andamento   della   pubblica  amministrazione  consacrato
nell'art. 97 Cost.
    La  nuova norma ha comportato un sensibile aggravia di lavoro per
ufficiali  ed  agenti di P.G., i quali sono ora obbligati a procedere
all'arresto  (con  tutti  gli  incombenti  conseguenti: redazione del
verbale   di  arresto;  informativa  alle  autorita'  diplomatiche  o
consolari,  al  p.m.,  al  difensore,  conduzione  in  carcere  ecc.)
Ogniqualvolta   si   imbattono  in  uno  straniero  che  versi  nelle
condizioni   di   cui   al   comma  5-ter,  senza  alcuna  spazio  di
discrezionalita'.
    A    cio'    si    aggiunge   l'impegno   di   mezzi   e   uomini
dell'amministrazione  penitenziaria  che  deve  curare  le formalita'
matricolari  per  gli  arrestati  nonche'  provvedere  alle  numerose
traduzioni presso l'autorita' guudiziaria e ritorno.
    Infine, viene sovraccaricata anche l'attivita' dei tribunali, con
un  sensibile  aumento  delle  udienze di convalida, nelle quali, tra
l'altro, e' quasi sempre necessaria la nomina di un interprete (con i
conseguenti costi).
    Questo  consistente  e  articolato dispendio di energie e risorse
sarebbe  tollerabile  da  parte della collettivita' se permettesse di
conseguire risultati apprezzabili; ma la liberazione degli arrestati,
ineluttabilmente disposta in sito al giudizio di convalida, lascia in
tutti   i   protagonisti   del  procedimento  amara  quanto  evidente
sensazione di aver profuso un impegno vano.
    Non potendo la convalida aver luogo nei termini improrogabilmente
stabiliti  dalla  legge,  l'arrestato  dovra'  essere  immediatamente
liberato se non detenuto per altra causa. E' appena il caso di notare
che  cio'  non  fa  venir meno l'utilita' di una rinuncia della Corte
costituzionale  sulla questione sopra esposta, perche' permane la sua
rilevanza  ai  fini dell'accertamento della legittimita' dell'operato
della  P.G.  e della conseguente convalida dell'arresto (il principio
e' stato espressamente alternato dalla Corte costituzionale decidendo
la questione di costituzionalita' dell'art. 380 lett. e), c.p.p.).
                              P. Q. M.
    Visti gli artt. 134 cost., 23 e segg, legge 11 marzo 1953 n. 87;
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 14,  comma  5-quinquies,  del
d.lgs. n. 6/1998 come sostituito dalla legge n. 189/2002, nella parte
in  cui  prevede  che  per  il  reato  previsto  dal  comma 5-ter sia
obbligatoria  l'arresto  dell'autore  del fatto, per violazione degli
artt. 3, 13 e 97 Cost. come esplicitato in motivazione;
    Dispone la trasmissione degil atti alla Corte costituzionale;
    Sospende  il  giudizio  di  convalida sino all'esito del giudizio
incidentale di legittimita' costituzionale;
    Ordina  l'immediata  liberazione  di  Tololoi  Catalina e Tololoi
Gheorghita  (meglio  generalizzati  in epigrafe), se non detenuti per
altra causa;
    Dichiara che nulla osta alla loro espulsione;
    Manda  la  Cancelleria  a  notificare  la  presente  ordinanza al
Presidente  del  Consiglio dei ministri, nonche' per la comunicazione
ai Presidenti delle Camere.
        Moncalieri, addi' 7 febbraio 2003
                         Il giudice: Ferrero
03C0618