N. 384 ORDINANZA (Atto di promovimento) 17 febbraio 2003

Ordinanza  emessa  il 17 febbraio 2003 dal giudice di pace di Ferrara
nel procedimento penale a carico di Perdono' Sergio

Processo  penale  - Procedimento dinanzi al giudice di pace - Decreto
  di citazione a giudizio disposto dalla polizia giudiziaria - Avviso
  all'imputato, a pena di nullita' del decreto stesso, della facolta'
  di  presentare,  prima  dell'apertura  del dibattimento, domanda di
  oblazione  -  Mancata  previsione  -  Incidenza  sul  principio  di
  uguaglianza,  sul diritto di difesa e sui principi di imparzialita'
  e buon andamento della pubblica amministrazione.
- Decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274, art. 20.
- Costituzione, artt. 3, 24, comma secondo, e 97, primo comma.
(GU n.26 del 2-7-2003 )
                         IL GIUDICE DI PACE

    A    scioglimento    della    riserva    espressa    nell'udienza
predibattimentale  del  30 gennaio  2003 nel procedimento penale R.G.
n. 62/2002   contro  Pedorno'  Sergio,  imputato  del  reato  di  cui
all'art. 186, secondo, quarto e sesto comma, del codice della strada,
sulla   questione  legittimita'  costituzionale  dell'art. 20  d.lgs.
28 agosto  2000,  n. 274,  per  violazione degli artt. 3, 24, secondo
comma,  e 97, primo comma, della Costituzione, nella parte in cui non
prevede  che il decreto di citazione a giudizio dinanzi al giudice di
pace  debba,  a  pena di nullita', contenere l'avviso che l'imputato,
qualora  ne  ricorrano  i  presupposti,  prima della dichiarazione di
apertura  del dibattimento (ex art. 29, sesto comma, d.lgs. 28 agosto
2000,  n. 274)  puo'  presentare  domanda di oblazione, ha emanato la
seguente ordinanza

                              Premesso

    L'art. 52  del  d.lgs.  n. 274/2000,  mutando  radicalmente  - ad
eccezione  dei  reati  attribuiti alla competenza del giudice di pace
per  cui  e'  prevista la sola pena della multa o dell'ammenda, per i
quali continuano ad applicarsi le pene pecuniarie vigenti - il quadro
sanzionatorio,  privilegia  la pena pecuniaria ponendo in successione
alternativa  le  altre  pene.  Cio' consente l'applicazione oltre che
della  oblazione volontaria ex art. 162 c.p., anche dell'obbligazione
discrezionale  ex  art. 162-bis,  fermi  i requisiti soggettivi, alle
contravvenzioni   gia'  punite  con  pena  congiunta  dell'arresto  e
dell'ammenda,  oggi  puniti,  dinanzi  al  giudice  di pace, con pena
alternativa  dell'ammenda o della permanenza domiciliare o del lavoro
di   pubblica   utilita',   considerati   questi   ultimi,  ai  sensi
dell'art. 58,   primo   comma   «come  pena  detentiva  della  specie
corrispondente a quella della pena originaria».
    L'art. 20  del  richiamato  decreto legislativo che disciplina il
contenuto   della   citazione   a  giudizio  disposta  dalla  polizia
giudiziaria  omette  qualsiasi riferimento sulla possibilita' fornita
all'imputato   dall'art. 29   del  medesimo  decreto  legislativo  di
accedere,  qualora ne ricorrano i presupposti, all'oblazione ai sensi
degli  artt. 162  o  162-bis  c.p.  (cosi'  come  omette  anche  ogni
riferimento  alla  possibilita'  di  accedere  a forme alternative di
definizione  del procedimento tipiche del giudizio dinanzi al giudice
di     pace,     disciplinate     dall'art. 35)     l'eccezione    di
incostituzionalita'  del  richiamato  art. 20  del  d.lgs. cosi' come
sollevata, si appalesa non manifestamente infondata in relazione agli
artt. 3, 24 primo comma, e 97, primo comma della Costituzione.
    Viola infatti:
        l'art. 3  della Costituzione, nella enunciazione dei principi
di  uguaglianza  e  di ragionevolezza cui debbono ispirarsi le scelte
normative,  venendo  cosi'  a  porre  in essere una ingiustificata ed
irragionevole    disparita'    di    trattamento    tra    situazioni
sostanzialmente  identiche.  L'art. 552 c.p.p. alla lett. f) sancisce
che  nel  decreto  di  citazione  a  giudizio avanti al Tribunale sia
contenuto:   «l'avviso  che,  qualora  ne  ricorrano  i  presupposti,
l'imputato,  prima  della dichiarazione di apertura del dibattimento,
puo'   presentare   domanda   di   oblazione».  In  assenza  di  tale
avvertimento,  per  quanto  espressamente  previsto dal secondo comma
della disposizione in esame, il decreto e' nullo.
    La  normativa  che  disciplina  il  processo avanti il giudice di
pace,   allorche'   non   prevede   analoga   prescrizione,  comporta
conseguenze   ingiustificatamente   discriminatorie   e   sfavorevoli
all'imputato  che  ivi  sia  citato a giudizio, rispetto all'imputato
citato  in  giudizio avanti al tribunale. Risultano cosi' lesi sia il
principio di uguaglianza tra le persone, sia quello di ragionevolezza
che  esige  che le disposizioni normative contenute nelle leggi siano
adeguate e congruenti rispetto al fine perseguito dal legislatore;
        l'art. 24,    secondo   comma,   della   Costituzione   nella
enunciazione del diritto di difesa dell'imputato.
    La  disposizione  censurata  preclude  all'imputato, che non puo'
considerarsi  inerte  se  non  vi  e'  espresso  obbligo di avviso ed
informazione,  la  facolta'  di  decidere  se  aderire  o  meno  alla
richiesta  di  applicazione  della  procedura  di  oblazione,  con le
favorevoli  conseguenze  che ne derivano. L'oblazione, infatti, e' un
istituto che trova la sua ratio nell'interesse da parte dello Stato a
definire  (con risparmio di tempo e di spese) i procedimenti relativi
a   reati   di  minore  importanza  ed  altresi'  nell'interesse  del
contravventore   di  evitare  la  lungaggine  di  un  procedimento  e
l'eventuale  condanna,  con  tutte  le  conseguenze  di  essa  (Corte
costituzionale n. 207 del 1974 e costantemente ribadito da successive
pronunce  della  Consulta  sul  punto,  anche sent. 530 del 1995). La
conseguenza  tipica  di  tale  istituto consiste nella estinzione del
reato.  Si  evince  quindi,  come la scelta da parte dell'imputato di
richiesta   d'essere   ammesso  all'oblazione  esprima  una  concreta
espressione del diritto di difesa.
    Il  legislatore,  nel procedimento avanti al giudice di pace mira
inoltre    palesemente   a   realizzare   i   principi   di   massima
semplificazione  e di deflazione del dibattimento. La disposizione de
quo  risulta  quindi  irragionevole,  in  quanto  in contrasto con le
suddette  esigenze  senza  che  sussista  un  apprezzabile  interesse
pubblico  che  giustifichi un trattamento differenziato rispetto alla
disciplina dettata per il procedimento avanti il tribunale. La stessa
Corte  costituzionale  con  la sentenza n. 497 del 1995 ha dichiarato
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 555 c.c.p. (i cui contenuti
sono  ora rifluiti nell'art. 552, secondo comma, c.p.p.), nella parte
in  cui  non  prevedeva  espressamente  la nullita' della citazione a
giudizio  in  caso di mancata indicazione nell'avviso di avvalersi di
riti  alternativi  al  dibattimento  -  lacuna  colmata  dalla  legge
n. 479/1999  con  il nuovo art. 552 c.p. - sostenendo che l'omissione
di tale avviso concretizzasse violazione dell'art. 24, secondo comma,
della  Costituzione  implicante  una  diminuzione irragionevole delle
potenzialita'  difensive  dell'imputato  rispetto alle quali non puo'
ritenersi sufficiente la garanzia dell'assistenza tecnica.
        l'art. 97,    primo    comma,   della   Costituzione,   nella
enunciazione  dei  criteri  di efficienza cui ogni attivita' pubblica
deve uniformarsi.
    La mancata previsione a pena di nullita' dell'obbligo di avvisare
l'imputato  nel  decreto  di  citazione  a giudizio della facolta' di
presentare  domanda  di  oblazione  (art. 20,  d.lgs. 28 agosto 2000,
n. 274)  comporta  ritardi  nella  fase  del  dibattimento, in quanto
l'imputato,  stante  l'assenza  dell'informazione  non e' posto nella
condizione di scegliere tale strada alternativa, in anticipo rispetto
alla  fase dibattimentale: il dibattimento di conseguenza, diviene in
effetti una fase del procedimento del tutto obbligata.
                              P. Q. M.
    Ritenuta rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita'   costituzionale  dell'art. 20  d.lgs.  28 agosto  2000,
n. 274,  in  riferimento agli artt. 3, 24, secondo comma, e 97, primo
comma,  della  Costituzione,  nella  parte  in cui non prevede che il
decreto  di  citazione  a giudizio avanti il giudice di pace debba, a
pena  di  nullita',  contenere  l'avviso  che  l'imputato, qualora ne
ricorrano  i  presupposti,  prima della dichiarazione di apertura del
dibattimento (ex art. 29, sesto comma, d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274)
puo' presentare domanda di oblazione;
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Dispone  che  a  cura della cancelleria la presente ordinanza sia
trasmessa alla cancelleria della Corte costituzionale, sia notificata
alle  parti  e  al  Presidente  del  Coniglio  dei ministri e che sia
comunicata  ai  Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera
dei deputati;
    Dispone  la  sospensione  del  procedimento  in  corso  fino alla
decisione della Corte costituzionale.
        Ferrara, addi' 17 febbraio 2003
                   Il giudice di pace: Gianferrara
03C0635