N. 206 ORDINANZA 3 - 11 giugno 2003

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Reati  e  pene - Previdenza e assistenza - Reati di omesso versamento
  di  ritenute  previdenziali  e assistenziali sulle retribuzioni dei
  lavoratori    dipendenti   -   Sanzione   penale   -   Prospettata,
  irragionevole,  disparita'  rispetto  al  trattamento  del reato di
  omesso  versamento  di  ritenute  fiscali  - Manifesta infondatezza
  della questione.
- D.L.  12 settembre  1983,  n. 463  (convertito,  con modificazioni,
  nella legge 11 novembre 1983, n. 638), art. 2, comma 1-bis.
- Costituzione, artt. 3, primo comma, 1, 4, 35, 38 e 53.
(GU n.24 del 18-6-2003 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente:, Riccardo CHIEPPA;
  Giudici:  Gustavo  ZAGREBELSKY,  Valerio  ONIDA,  Carlo MEZZANOTTE,
Fernanda   CONTRI,  Guido  NEPPI  MODONA,  Piero  Alberto  CAPOTOSTI,
Annibale  MARINI,  Franco  BILE, Giovanni Maria FLICK, Ugo DE SIERVO,
Romano VACCARELLA, Alfio FINOCCHIARO;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 1-bis,
della   legge   11 novembre   1983,  n. 638  -  recte:  decreto-legge
12 settembre  1983, n. 463 (Misure urgenti in materia previdenziale e
sanitaria  e  per  il contenimento della spesa pubblica, disposizioni
per  vari  settori della pubblica amministrazione e proroga di taluni
termini),  convertito,  con  modificazioni,  nella  legge 11 novembre
1983,  n. 638  -  promosso  con  ordinanza  del  15 maggio  2002  dal
Tribunale  di  Reggio  Emilia  nel  procedimento  penale  a carico di
Zambelli  Paola  ed  altro, iscritta al n. 332 del registro ordinanze
2002 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 28, 1ª
serie speciale, dell'anno 2002.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 9 aprile 2003 il giudice
relatore Riccardo Chieppa.
    Ritenuto  che nel corso di un procedimento penale a carico di due
persone   imputate   del  reato  di  omesso  versamento  di  ritenute
previdenziali e assistenziali il Tribunale di Reggio Emilia, compiuta
l'istruzione dibattimentale, ha sollevato, in riferimento all'art. 3,
primo   comma,   della   Costituzione,   questione   di  legittimita'
costituzionale  dell'art. 2,  comma 1-bis,  della  legge  11 novembre
1983,  n. 638  -  recte:  del decreto-legge 12 settembre 1983, n. 463
(Misure  urgenti  in  materia  previdenziale  e  sanitaria  e  per il
contenimento  della  spesa  pubblica,  disposizioni  per vari settori
della   pubblica   amministrazione   e  proroga  di  taluni  termini)
convertito, con modificazioni, nella legge 11 novembre 1983, n. 638 -
nella  parte  in  cui punisce con sanzione penale il datore di lavoro
che   non   effettua   il   prescritto   versamento   delle  ritenute
previdenziali   e   assistenziali   operate  sulle  retribuzioni  dei
lavoratori dipendenti;
        che   il   giudice  remittente  osserva  che  dalla  relativa
risoluzione dipende la scelta tra la condanna degli imputati (qualora
ne  sussistano  i  presupposti di fatto), il loro proscioglimento ed,
eventualmente, la formula di proscioglimento piu' appropriata;
        che,  quanto  al  merito  della  questione,  il giudice a quo
sostiene  che  il reato attualmente contestato agli imputati e quello
di   mancato   versamento   delle  ritenute  di  acconto  -  previsto
dall'art. 2, commi 2, 3 e 4, del decreto-legge 10 luglio 1982, n. 429
(Norme  per  la  repressione della evasione in materia di imposte sui
redditi  e  sul  valore aggiunto e per agevolare la definizione delle
pendenze  in materia tributaria) convertito, con modificazioni, nella
legge  7 agosto  1982,  n. 516  (abrogato  dall'art. 25  del  decreto
legislativo 10 marzo 2000, n. 74, recante «Nuova disciplina dei reati
in  materia  di  imposte  sui  redditi e sul valore aggiunto, a norma
dell'art. 9  della  legge  25  giugno 1999,  n. 205») - si inserivano
nello  stesso  modo  nell'ambito  del  rapporto di lavoro e della sua
esecuzione,  poiche'  entrambi  sanzionavano penalmente l'obbligo del
datore   di   lavoro  di  provvedere  ad  estinguere,  attraverso  il
versamento  delle  somme  trattenute allo scopo sulla retribuzione, i
debiti  del lavoratore verso il fisco e verso l'ente previdenziale di
appartenenza,  secondo  uno schema analogo a quello della delegazione
di pagamento;
        che,  pertanto,  ad  avviso  del remittente, i suddetti reati
avrebbero  avuto  identica  situazione  tipica  (il  pagamento  della
retribuzione)   e   identica  condotta  (l'omissione  del  versamento
dovuto),  mentre  l'unico  elemento  che li differenziava era il bene
tutelato  che, per il primo, era l'interesse degli enti previdenziali
alla  percezione  dei  contributi e, per il secondo, quello del fisco
alla riscossione dei tributi;
        che, secondo il Tribunale di Reggio Emilia, si tratterebbe di
interessi   «abbastanza  omogenei»  tra  i  quali,  quindi,  si  puo'
istituire  un  confronto al cui esito appare irragionevole che per la
sola  protezione  del  primo  dei  suddetti  interessi sia rimasta la
previsione  della  sanzione penale, mentre con la riforma operata dal
d.lgs.  n. 74 del 2000 si sia ritenuto non piu' meritevole di analoga
sanzione  l'interesse  del  fisco,  il  quale sembra essere quello di
rango  piu'  elevato  avendo  il  fisco  compiti di maggiore ampiezza
rispetto a quelli degli enti previdenziali;
        che  e'  intervenuto  in giudizio il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato,  che  ha  concluso per la dichiarazione di inammissibilita' e,
comunque,   di   infondatezza   della   questione  sottolineando,  in
particolare,   che   la   motivazione   sulla   rilevanza   contenuta
nell'ordinanza  di  rimessione  non puo' considerarsi esauriente, non
contenendo  alcun riferimento alla fattispecie oggetto del giudizio a
quo,  a  parte quello, del tutto insufficiente, relativo all'avvenuto
compimento dell'istruttoria dibattimentale.
    Considerato   che  il  Tribunale  di  Reggio  Emilia  dubita,  in
riferimento   all'art. 3,  primo  comma,  della  Costituzione,  della
legittimita'    costituzionale    dell'art. 2,    comma 1-bis,    del
decreto-legge    12 settembre    1983,    n. 463    convertito,   con
modificazioni, nella legge 11 novembre 1983, n. 638;
        che,  secondo  il  remittente, il reato di mancato versamento
delle  ritenute previdenziali da parte del datore di lavoro, previsto
dalla  norma  censurata,  presenterebbe  elementi  di analogia con il
reato di omesso versamento delle ritenute fiscali da parte del datore
di  lavoro  quale  sostituto  di  imposta,  reato  che  era  previsto
dall'art. 2  del  decreto-legge  n. 429  del  1982,  convertito,  con
modificazioni,  nella  legge  n. 516  del  1982,  il  quale  e' stato
abrogato dall'art. 25 del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74;
        che,  sempre  ad  avviso  del giudice a quo, la permanenza in
vigore  della  norma  censurata,  mentre e' stata abrogata quella che
configurava  il reato di omesso versamento delle ritenute tributarie,
determinerebbe   una  ingiustificata  diversita'  di  trattamento  di
situazioni  simili,  in quanto l'interesse che il legislatore intende
tutelare  sanzionando  penalmente  l'omissione  avente  ad oggetto le
ritenute  previdenziali  non  avrebbe maggior rilevanza di quello che
era  protetto  dalla previsione del reato di mancato versamento delle
ritenute tributarie;
        che  l'eccezione di inammissibilita' sollevata dal Presidente
del  Consiglio  dei  ministri  non  puo' essere accolta, in quanto il
remittente   ha   sufficientemente  motivato  sulla  rilevanza  della
questione,  enunciando  che  il  procedimento  penale  davanti  a lui
incardinato  riguarda l'imputazione per il reato di omesso versamento
delle  ritenute previdenziali e precisando, non implausibilmente, che
la  risoluzione della sollevata questione influisce quanto meno sulla
formula di assoluzione;
        che,  secondo  i  principi  costantemente affermati da questa
Corte,  uno scrutinio che investa direttamente il merito delle scelte
sanzionatorie  del  legislatore  e' possibile soltanto «ove l'opzione
normativa contrasti con il principio di eguaglianza, sotto il profilo
dell'assoluta   arbitrarieta'  o  della  manifesta  irragionevolezza»
(sentenze  n. 287 del 2001 e n. 313 del 1995 nonche' ordinanze n. 323
del 2002, n. 110 del 2002, n. 144 del 2001 e n. 58 del 1999);
        che  tale  situazione non si puo' ravvisare nel caso in esame
in  quanto  la  fattispecie  oggetto  della  norma censurata non puo'
considerarsi  omologa  rispetto  al tertium comparationis individuato
dal  remittente, ne' puo' ritenersi che, gli obblighi tributari e gli
obblighi  previdenziali  di  cui si tratta, pur rientrando nell'ampia
categoria delle obbligazioni pubbliche, siano correlativi a interessi
diversi,  rispettivamente  presi  in  considerazione  dai due diversi
precetti   costituzionali   di   cui  agli  articoli 53  e  38  della
Costituzione;
        che  il  mancato  adempimento  dell'obbligo di versamento dei
contributi  previdenziali  determina  un  rischio  di pregiudizio del
lavoro  e dei lavoratori, la cui tutela e' assicurata da un complesso
di  disposizioni costituzionali contenute nei principi fondamentali e
nella   parte   I  della  Costituzione  (artt. 1,  4,  35,  38  della
Costituzione);
        che  per  assicurare  il  rituale adempimento degli anzidetti
obblighi   sono   prevedibili   differenziati  e  specifici  sistemi,
nell'ambito  di  ciascuno  dei  quali  la sanzione penale rappresenta
soltanto  uno dei mezzi cui il legislatore puo' ricorrere, sicche' la
valutazione  della ragionevolezza delle diverse opzioni sanzionatorie
prescelte  va  effettuata  nell'ambito  di ciascun sistema e comunque
«rientra nella piu' ampia discrezionalita' legislativa, non spettando
alla   Corte  rimodulare  le  scelte  punitive  del  legislatore  ne'
stabilire la misura» e la tipologia delle sanzioni;
        che infine non e' assolutamente configurabile una esigenza di
minore   protezione   del   lavoro,   tantomeno   sotto   il  profilo
previdenziale;
        che, pertanto, la questione e' manifestamente infondata.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara   la   manifesta   infondatezza   della   questione   di
legittimita'    costituzionale    dell'art. 2,    comma 1-bis,    del
decreto-legge  12 settembre  1983,  n. 463 (Misure urgenti in materia
previdenziale e sanitaria e per il contenimento della spesa pubblica,
disposizioni  per  vari  settori  della  pubblica  amministrazione  e
proroga di taluni termini) convertito, con modificazioni, nella legge
11 novembre 1983, n. 638, sollevata, in riferimento all'art. 3, primo
comma,  della  Costituzione,  dal  Tribunale  di  Reggio  Emilia, con
l'ordinanza indicata in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 3 giugno 2003.
                  Il Presidente-redattore: Chieppa
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il l'11 giugno 2003.
               Il direttore della cancelleria:Di Paola
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