N. 208 ORDINANZA 3 - 11 giugno 2003

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Processo penale - Imputati minorenni - Udienza preliminare - Sentenza
  di  condanna a pena pecuniaria o a sanzione sostitutiva - Pronuncia
  non subordinata al consenso dell'imputato - Prospettata lesione del
  principio del contraddittorio tra le parti - Difetto di motivazione
  in  ordine  a  diversa  interpretazione  conforme  a Costituzione -
  Manifesta inammissibilita' della questione.
- D.P.R. 22 settembre 1988, n. 448, art. 32, comma 2.
- Costituzione, art. 111, commi quarto e quinto.
(GU n.24 del 18-6-2003 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Riccardo CHIEPPA;
  Giudici:  Gustavo  ZAGREBELSKY,  Valerio  ONIDA,  Carlo MEZZANOTTE,
Fernanda   CONTRI,  Guido  NEPPI  MODONA,  Piero  Alberto  CAPOTOSTI,
Annibale   MARINI,  Franco  BILE,  Giovanni  Maria  FLICK,  Francesco
AMIRANTE,  Ugo  DE  SIERVO, Romano VACCARELLA, Paolo MADDALENA, Alfio
FINOCCHIARO;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale dell'art. 32, comma 2,
del d.P.R. 22 settembre 1988, n. 448 (Approvazione delle disposizioni
sul  processo  penale  a  carico  di  imputati  minorenni), promosso,
nell'ambito  di  un  procedimento  penale,  dal  giudice dell'udienza
preliminare  del  Tribunale  per i minorenni di Catania con ordinanza
del  18 marzo  2002, iscritta al n. 466 del registro ordinanze 2002 e
pubblicata  nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 43, 1ª serie
speciale, dell'anno 2002.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 7 maggio 2003 il giudice
relatore Guido Neppi Modona.
    Ritenuto  che  il  giudice dell'udienza preliminare del Tribunale
per i minorenni di Catania ha sollevato, in riferimento all'art. 111,
commi  quarto  e  quinto,  della Costituzione (commi non indicati nel
dispositivo,  ma  espressamente menzionati in motivazione), questione
di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 32,  comma 2,  del d.P.R.
22 settembre   1988,  n. 448  (Approvazione  delle  disposizioni  sul
processo  penale a carico di imputati minorenni), «nella parte in cui
non  subordina  al  consenso  dell'imputato la sentenza di condanna a
pena pecuniaria o ad una sanzione sostitutiva»;
        che   il  rimettente  premette  che  nel  corso  dell'udienza
preliminare,  sentito  l'imputato,  il  pubblico  ministero  ne aveva
chiesto la condanna a pena pecuniaria per i reati di getto pericoloso
di  cose  e rifiuto di indicazioni sulla propria identita' personale,
invitando   il   giudice   a   valutare  se  sollevare  questione  di
legittimita'  costituzionale  della norma anzidetta nei termini sopra
esposti;
        che  il  giudice  a quo ritiene che la disposizione censurata
permette  di pronunciare sentenza di condanna in assenza del consenso
dell'imputato  alla  definizione del processo nella fase dell'udienza
preliminare;
        che  la  norma  si porrebbe in contrasto con i commi quarto e
quinto dell'art. 111 Cost., che assicurano all'imputato il diritto ad
essere  giudicato  sulla  base di prove formatesi nel contraddittorio
tra  le  parti,  demandando alla legge di regolare i casi in cui, per
consenso dell'imputato, si puo' derogare a tale principio;
        che   il  rimettente  rileva  inoltre  che  nel  procedimento
minorile  sono  previste  ipotesi  di definizione del procedimento in
udienza  preliminare,  quali  le  sentenze di concessione del perdono
giudiziale  o di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto, che
presuppongono un «giudizio di responsabilita» e che - a seguito delle
modifiche  recate in attuazione del nuovo art. 111 Cost. all'art. 32,
comma 1,  del  d.P.R.  n. 448  del  1988 - possono essere pronunciate
soltanto  se  la persona imputata ha prestato il proprio consenso «ad
essere giudicata allo stato degli atti»;
        che «inspiegabilmente» il legislatore non ha invece esteso la
necessita'  del  consenso  del minorenne al comma 2 dell'art. 32, che
contempla  una  «ipotesi  di  definibilita'  del  giudizio  in  malam
partem»,  mantenendo  inalterata la possibilita' di addivenire ad una
condanna  a  pena  pecuniaria  o a sanzione sostitutiva a prescindere
«dalla  volonta'  dell'imputato,  se  non,  addirittura, col dissenso
esplicito di quest'ultimo»;
        che  e'  intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato,  chiedendo  che  la  questione  sia dichiarata inammissibile o
comunque infondata;
        che  ad  avviso  dell'Avvocatura  la  disposizione censurata,
prevedendo,  in  particolare,  una  diminuzione  della pena sino alla
meta'  del  minimo edittale, delinea, sia pure con aspetti peculiari,
uno  schema  di  definizione  del  procedimento  analogo a quello del
decreto  penale  di  condanna,  la  cui  applicazione e' preclusa nel
processo minorile (art. 25 del d.P.R n. 448 del 1988);
        che  la  normativa  in  esame si giustificherebbe percio' con
l'esigenza   di  «non  prevedere  per  il  minorenne  un  trattamento
deteriore  rispetto  al  maggiorenne  nel  caso in cui si proceda per
reati  che,  per  il  maggiorenne, consentirebbero la definizione con
decreto penale di condanna».
    Considerato   che   il   rimettente   dubita  della  legittimita'
costituzionale  dell'art. 32,  comma 2, del d.P.R. 22 settembre 1988,
n. 448  (Approvazione delle disposizioni sul processo penale a carico
di  imputati  minorenni), in riferimento all'art. 111, commi quarto e
quinto,  della  Costituzione,  nella  parte  in  cui  non richiede il
consenso  dell'imputato per la pronuncia della sentenza di condanna a
pena  pecuniaria  o  ad una sanzione sostitutiva; consenso richiesto,
invece, dal comma 1 del medesimo art. 32 per la sentenza di non luogo
a procedere;
        che,  per  quanto interessa la questione oggetto del presente
giudizio, il comma 1 dell'art. 32, come sostituito dall'art. 22 della
legge   1° marzo   2001,  n. 63,  prevede,  nel  primo  periodo,  che
nell'udienza  preliminare  il  giudice debba chiedere all'imputato se
consente  alla  definizione del processo in quella stessa fase e, nel
secondo  periodo,  che,  ove  il  consenso venga prestato, il giudice
possa  pronunciare  sentenza di non luogo a procedere nei casi di cui
all'art. 425  cod.  proc.  pen.,  ovvero  per concessione del perdono
giudiziale o per irrilevanza del fatto;
        che,   prima   di   tale  modifica,  l'art. 1,  comma 5,  del
decreto-legge  7 gennaio 2000, n. 2, nel testo risultante dalla legge
di  conversione 25 febbraio  2000, n. 35, aveva previsto, a titolo di
attuazione   transitoria   dell'art. 111   Cost.,  che  «nell'udienza
preliminare  dei  processi  penali in corso nei confronti di imputato
minorenne,  il,  se  ritiene di poter decidere allo stato degli atti,
informa   l'imputato   della   possibilita'   di  consentire  che  il
procedimento a suo carico sia definito in quella fase»;
        che la disciplina transitoria, destinata ad incidere, sia per
il  suo  contenuto che per la sua collocazione, su qualsiasi forma di
definizione   dell'udienza   preliminare,  risulta  pertanto  diversa
rispetto alla disciplina a regime, che sembrerebbe riguardare le sole
ipotesi  di  sentenza di non luogo a procedere elencate nell'art. 32,
comma 1;
        che  peraltro  dai  lavori  preparatori della legge n. 63 del
2001  emerge  la mera intenzione di «trasformare in norma a regime la
norma  transitoria  prevista  nel decreto-legge 7 gennaio 2000, n. 2,
convertito  in  legge dalla legge 25 febbraio 2000 n. 35, relativa al
procedimento minorile» (cfr. Camera dei deputati - XIII legislatura -
Resoconto  della  II Commissione permanente in sede referente, seduta
del 5 ottobre 2000: illustrazione dell'emendamento 18.06 al d.d.l. C.
6590);
        che, a fronte dell'iter legislativo sommariamente richiamato,
il  tenore  testuale  del  primo periodo del comma 1 dell'art. 32 del
d.P.R.   n. 448   del   1988,  unitamente  alla  ratio  della  norma,
indubbiamente  finalizzata  a riconoscere al minorenne la facolta' di
non  prestare  il  consenso  alla pronuncia in udienza preliminare di
sentenze    che    comunque    presuppongono   un   accertamento   di
responsabilita'  (cfr.  sentenza  n. 195  del 2002), permetterebbe di
ritenere,  secondo larga parte degli interpreti, che il consenso vada
riferito  in  via  generale alla possibilita' di definire il processo
nell'udienza  preliminare  e  non ad uno specifico esito dell'udienza
stessa;
        che   il   rimettente   omette  qualsiasi  motivazione  circa
l'impossibilita'  di seguire una interpretazione idonea ad attribuire
alla  norma  censurata  il  significato  che  egli ritiene conforme a
Costituzione;
        che   la  questione  va  pertanto  dichiarata  manifestamente
inammissibile.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara   la   manifesta  inammissibilita'  della  questione  di
legittimita'   costituzionale   dell'art. 32,   comma 2,  del  d.P.R.
22 settembre   1988,  n. 448  (Approvazione  delle  disposizioni  sul
processo  penale  a  carico  di  imputati  minorenni),  sollevata, in
riferimento  all'art. 111, commi quarto e quinto, della Costituzione,
dal giudice dell'udienza preliminare del Tribunale per i minorenni di
Catania, con l'ordinanza in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 3 giugno 2003.
                       Il Presidente: Chieppa
                     Il redattore: Neppi Modona
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria l'11 giugno 2003.
               Il direttore della cancelleria:Di Paola
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