N. 420 ORDINANZA (Atto di promovimento) 5 aprile 2003
Ordinanza emessa il 5 aprile 2003 dal tribunale di Firenze nel procedimento penale a carico di Sadiku Naser Straniero - Espulsione amministrativa - Reato di trattenimento nel territorio dello Stato in violazione dell'ordine di allontanamento, entro il termine di cinque giorni, impartito dal questore - Arresto obbligatorio in flagranza - Rito direttissimo - Impossibilita' per il giudice di emettere una pronuncia di merito (in conseguenza dell'obbligo del rilascio del nulla osta all'espulsione, per l'inapplicabilita' della misura della custodia cautelare in carcere) - Violazione del principio di ragionevolezza - Lesione dei diritti inviolabili dell'uomo e della tutela della condizione giuridica dello straniero, regolata dalla legge in conformita' delle norme e dei trattati internazionali (in particolare artt. 5 e 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali) - Violazione del diritto di accesso ad un giusto processo e del diritto di difesa - Restrizione della liberta' personale - Violazione del principio di soggezione del giudice soltanto alla legge. - Codice di procedura penale, art. 558, in combinato disposto con gli artt. 13 e 14 del d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, come modificati dalla legge 30 luglio 2002, n. 189. - Costituzione artt. 2, 3, 10, 24, 101 e 111.(GU n.27 del 9-7-2003 )
IL TRIBUNALE Ha pronunciato la seguente ordinanza su richiesta di convalida di arresto (artt. 391 e 558 del c.p.p.) Vista la richiesta di convalida dell'arresto, operato nei confronti di Naser Sadiku, in atti generalizzato; O s s e r v a In forza del combinato disposto degli artt. 558 c.p.p. e 14, comma cinque-quinquies, decreto legislativo 25 luglio 1998 n. 286 (testo unico delle norme sull'immigrazione e la condizione giuridica degli stranieri), come modificato dalla legge 30 luglio 2002 n. 189, l'arresto dell'imputato, effettuato in relazione al reato di cui all'art. 14, comma cinque-ter testo unico cit., dovrebbe essere convalidato da questo giudice e si dovrebbe provvedere a giudizio direttissimo. Si ritiene tuttavia che la novella alle norme del testo unico presenti dei profili di incostituzionalita' rilevanti gia' nella fase della convalida, in quanto attinenti alla stessa costituzionalita' della previsione dell'arresto obbligatorio per la fattispecie di cui si tratta, e che pertanto la questione relativa debba essere sollevata gia in questa sede. Infatti, la novella prevede l'arresto - in questo caso obbligatorio, in altri facoltativo - per reati contravvenzionali puniti nel massimo con un anno di arresto, dunque con pena massima edittale lontana per difetto da quella generale prevista per le contravvenzioni, il che e' significativo di una valutazione di non eccessiva gravita' della condotta da parte del legislatore. Nel codice di procedura penale, invece, l'arresto in flagranza - misura fortemente restrittiva della liberta' personale - in generale, e salvi i casi tassativamente previsti al secondo comma dell'art. 381, non e' consentito per i delitti puniti con la pena della reclusione pari o inferiore, nel massimo, a tre anni. Ancor piu' ristretti sono i casi di arresto obbligatorio previsti dall'art. 380 c.p.p., con i quali occorre istituire il raffronto in questo caso, dato che, come s'e' gia' detto, la novella prevede tale categoria di arresto. Il sistema penale, in altri termini, prescrive l'obbligatorieta' della misura restrittiva della liberta' personale solo per reali, obiettive situazioni di singolare gravita' 1) ma in questo caso, derogando in maniera evidente alla disciplina generale, introduce l'arresto obbligatorio per una contravvenzione neppure particolarmente grave. Ne' puo' obiettarsi che il principio di ragionevolezza, prima implicitamente richiamato, che trova la sua fonte normativa costituzionale nell'art. 3 della carta fondamentale, non puo' venire in rilevo in quanto si tratta di normativa dettata solo in relazione agli stranieri, dal momento che lo stesso art. 3 limita il suo ambito di applicazione ai cittadini. Infatti, e' del tutto pacifico che la norma richiamata deve coordinarsi con gli artt. 2 Cost., che garantisce i diritti inviolabili dell'uomo indipendentemente dalla nazionalita', e con l'art. 10 secondo comma Cost., che prevede che la condizione giuridica dello straniero e' regolata dalla legge in conformita' delle norme dei trattati internazionali. Ne consegue che, ove la disciplina giuridica applicabile allo straniero attenga a diritti inviolabili, o comunque a materie oggetto di trattati internazionali, il diverso trattamento deve garantire i diritti inviolabili dell'uomo ed essere rispettoso dei principi dettati dai trattati. Ora, ampie garanzie in materia di processo penale e di arresto sono oggetto degli artt. 5 e 6 della convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, ratificata dall'Italia con legge 4 agosto 1955 n. 848, per cui appare inammissibile la discriminazione dello straniero in relazione a tale materia. Dubbi ancor piu' evidenti e gravi di incostituzionalita' emergono in relazione al rito direttissimo che dalla convalida dell'arresto originerebbe. Infatti, secondo quanto disposto dal legislatore, appare ineluttabile una pronuncia non di merito nei confronti dell'odierno imputato. Cio' emerge coordinando varie norme della novella, secondo l'iter logico che si passa ad illustrare. Il giudice monocratico non puo' applicare allo straniero arrestato in flagranza per il reato di cui si giudica la misura della custodia cautelare in carcere, non prevista per le contravvenzioni. Dunque, lo straniero potra' - o, per meglio dire, dovra', dati i ristrettissimi margini di discrezionalita' dell'autorita' amministrativa - essere espulso, in quanto dall'art. 13 terzo comma del testo unico, cosi' come novellato, risulta evidente che solo l'applicazione della misura cautelare indicata costituisce impedimento assoluto all'espulsione disposta dal questore; in caso di mancata applicazione di essa, invece, opera il regime del nulla osta del giudice. Orbene, il giudice ha uno spazio di discrezionalita' minimo nel rilasciare il nulla osta: «puo' negarlo solo in presenza di inderogabili esigenze processuali valutate in relazione all'accertamento della responsabilita' di eventuali concorrenti nel reato o imputati di procedimenti connessi, e all'interesse della persona offesa»; 2) oppure se si tratta dei reati previsti dall'art. 407, secondo comma, lett. a) c.p.p. . Nell'assoluta maggioranza dei casi, e comunque per il reato per il quale si procede, in cui sembra difficile ipotizzare forme di concorso il cui accertamento richieda la deposizione del coimputato, ne' e' individuabile una persona offesa, l'attuazione dell'espulsione - che quale provvedimento amministrativo costituisce lo stesso presupposto del reato - non puo' essere impedita dal giudice ed e' dunque certa. In caso di espulsione, il giudice, «se non e' ancora stato emesso il provvedimento che dispone il giudizio» - come avviene nel caso di giudizio direttissimo monocratico, che non conosce tale provvedimento, ben diversa essendo la forma e la natura del decreto di presentazione dell'arrestato da parte del pubblico ministero di cui all'art. 558 c.p.p. - «acquisita la prova dell'avvenuta espulsione (...) pronuncia sentenza di non luogo a procedere» 3). Emerge quindi l'obbligatorieta', nella maggior parte dei casi di reati commessi da immigrati espulsi e comunque - e' bene ripeterlo ai fini della rilevanza dell'eccezione di costituzionalita' - per il reato contestato all'odierno imputato, della pronuncia di una sentenza di improcedibilita' dell'azione penale nei giudizi direttissimi monocratici a carico di tali soggetti. Infatti, interviene a rendere obbligatoria la pronuncia la mera circostanza estrinseca dell'esecuzione dell'espulsione prima della conclusione del giudizio, condizione che si realizza automaticamente, ad esempio, a seguito di richiesta di termini a difesa. Lo straniero viene cosi' privato del diritto di accedere ad un giusto processo quanto ai fatti contestati, con chiara violazione dell'art. 111 cost., nonche' dell'art. 24 Cost. quanto al diritto di difesa, ed ancora degli artt. 5 e 6 della convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo gia' citata - che pacificamente ha rango di norma costituzionale in forza di quanto s'e' poc'anzi osservato circa il richiamo dell'art. 10, secondo comma, Cost. - , articoli che prevedono il diritto per ogni persona privata della propria liberta' con un arresto a presentare ricorso davanti ad un tribunale affinche' decida sulla legittimita' della propria detenzione, ed ancora il diritto a che la sua causa sia esaminata imparzialmente, pubblicamente ed in un tempo ragionevole da parte di un tribunale indipendente ed imparziale costituito per legge quanto al fondamento di ogni accusa penale. Nel meccanismo creato dalla novella, invece, la richiesta di un termine a difesa, che realizza un altro dei diritti sanciti dall'art. 6 della convenzione, quello dell'arrestato di «disporre del tempo e delle facilitazioni necessarie per preparare la sua difesa», previsto dalla lett. a) del terzo comma, finisce con l'impedire una decisione di merito, con evidente contrasto con il diritto a provare la propria innocenza: infatti, senza chiedere un termine a difesa, e' impossibile per l'arrestato in fiagranza dimostrare che la sua permanenza nel territorio dello stato e' legittima, giacche' non ha modo di recuperare e produrre la documentazione necessaria alla prova o di ottenere la citazione di testi a difesa. Il contrasto di tutto cio' con l'art. 24 Cost., norma che tutela «tutti», non solo i cittadini italiani, appare evidente. Se poi si vuol dare dell'espressione «provvedimento che dispone il giudizio» un'interpretazione estensiva, comprensiva della presentazione del pubblico ministero o dell'ordinanza del giudice monocratico che, convalidato l'arresto, da' inizio al rito direttissimo, si risolverebbe il problema del contenuto necessitato della pronuncia, ma non quello della compressione del diritto di difesa: in tal caso, infatti, non si verificherebbe la condizione temporale che costituisce presupposto necessario della pronuncia di non doversi procedere, ovvero l'esecuzione dell'ordine di espulsione prima del provvedimento che dispone il giudizio, dato che lo straniero verrebbe espulso dopo l'inizio del giudizio direttissimo; tuttavia, se solo il giudizio direttissimo non si concludesse, per qualsiasi ragione, in una sola udienza, l'imputato sarebbe subito espulso e non avrebbe modo di difendersi. Sarebbe cioe' processato in absentia per un fatto esterno, l'esecuzione dell'ordine di espulsione, che in nessun modo puo' equipararsi alla contumacia, situazione che deriva dalla volonta' dell'imputato. Anche in questo caso, dunque, il diritto di difesa viene, piu' che compresso, quasi impedito: lo straniero potrebbe tentare di dimostrare la sua innocenza solo nel caso in cui il processo si concludesse in una sola udienza, subito dopo la convalida; se invece, per sua richiesta o per altra ragione, il processo viene rinviato, egli viene espulso, sulla base del provvedimento che gli viene contestato di aver violato. Ulteriore violazione costituzionale ravvisabile in questa disciplina attiene a quanto previsto dall'art. 13 Cost. Infatti - se si da' dell'espressione «provvedimento che dispone il giudizio» quell'interpretazione restrittiva di cui s'e' detto, che sola appare fondata - si configura un caso di restrizione della liberta' personale, cioe' un arresto obbligatorio, che non trova il suo naturale sbocco nell'esercizio dell'azione penale e nel conseguente vaglio giurisdizionale sul merito dell'accusa, vaglio cui si sostituisce una pronuncia di non luogo a procedere conseguente all'avvenuta esecuzione dell'espulsione che consegue al rilascio, come s'e' visto quasi sempre obbligatorio ed automatico, del nulla osta da parte dell'autorita' giudiziaria. Il giudice finisce cosi' con l'essere espropriato dell'esercizio della giurisdizione e diviene soggetto non alla legge, bensi' ad una decisione amministrativa del questore, dalla quale deriva il contenuto necessitato della sua pronuncia, con violazione anche dell'art. 101 secondo comma cost. Alla rilevanza di tutti questi dubbi in questo procedimento si e' gia' accennato, ma e' bene ulteriormente sottolineare che l'arresto di cui si tratta dovrebbe essere convalidato in forza di una norma che si ritiene sospetta di incostituzionalita' e che, dopo la convalida, si dovrebbe procedere ad un giudizio direttissimo decisamente anomalo, che presenta gli ulteriori profili di incostituzionalita' poco sopra argomentati. Conseguentemente, l'incidente di costituzionalita' dev'essere sollevato gia' in questa fase, con la sospensione dello stesso giudizio di convalida. Ne deriva che non puo' farsi luogo al giudizio direttissimo, la cui celebrazione presuppone l'avvenuta convalida dell'arresto, che in questo caso manca, in forza della sospensione. Ulteriore conseguenza, ad avviso di questo giudice, e' la restituzione degli atti al pubblico ministero perche' proceda con il rito ordinario. Non sembra infatti che si possa sospendere anche il giudizio direttssimo, che non e' ancora instaurato. 1) Cosi' la Corte costituzionale nella sentenza 11 marzo 1970 n. 39, dichiarava dell'illegittimita' costituzionale dell'art. 220 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza nella parte in cui prevedeva l'arresto obbligatorio in flagranza di chi contravveniva al divieto di comparire mascherato in luogo pubblico. 2) Art. 13 comma 3, richiamato dal comma 3-bis in relazione all'arresto in flagranza. 3) Art. 13 comma 3-quater.
P. Q. M. Il giudice, visto l'art. 23 legge 11 marzo 1953, n. 87, ritenutala rilevante per la decisione di questo giudizio di convalida e del giudizio direttissimo da iniziare solleva questione di legittimita' costituzionale del combinato disposto degli artt. 558 c.p.p., 13 e 14 d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286 (testo unico delle norme sull'immigrazione e la condizione giuridica degli stranieri), come modificato dalla legge 13 luglio 2002, n. 189, nelle parti menzionate in motivazione, per contrasto con gli artt. 10, 24, 101 e 111 cost. Sospende il giudizio ed ordina l'immediata trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale. Ordina la notifica, a cura della cancelleria, di questa ordinanza al presidente del Consiglio dei ministri e la sua comunicazione ai presidenti delle due Camere del Parlamento. Ordina restituirsi gli atti al pubblico ministero affinche' proceda con rito ordinario. Ordina l'immediata liberazione dell'imputato se non detenuto o ristretto per altra causa. Firenze addi' 5 aprile 2003 Il giudice: Lamberti 03c0681