N. 211 SENTENZA 4 - 18 giugno 2003
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Esecuzione forzata - Crediti vantati nei confronti di enti locali - Nullita' del processo esecutivo - Rilevabilita' d'ufficio - Nullita' eccepita dal Comune esecutato - Difetto evidente di rilevanza - Manifesta inammissibilita' della questione. - D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, art. 159, comma 2. - Costituzione, artt. 3, primo comma, e 24, secondo comma. Esecuzione forzata - Esecuzione nei confronti di enti locali - Impignorabilita' di somme destinate a fini espressamente indicati - Mancata esclusione della impignorabilita' in caso di emissione di mandati a titoli diversi da quelli vincolati senza l'osservanza dell'ordine cronologico delle fatture o delle deliberazioni di impegno - Irragionevole disparita' di trattamento, rispetto alla disciplina stabilita per le aziende sanitarie - Dichiarazione di incostituzionalita' gia' adottata negli stessi termini nei confronti di norma di identico contenuto - Illegittimita' costituzionale in parte qua - Assorbimento di altre censure. - D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, art. 159, commi 2, 3 e 4. - Costituzione, artt. 3, primo comma, e 24, secondo comma (e art. 97).(GU n.25 del 25-6-2003 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: Riccardo CHIEPPA; Giudici: Gustavo ZAGREBELSKY, Valerio ONIDA, Carlo MEZZANOTTE, Guido NEPPI MODONA, Piero Alberto CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco BILE, Giovanni Maria FLICK, Ugo DE SIERVO, Romano VACCARELLA, Alfio FINOCCHIARO;
ha pronunciato la seguente Sentenza nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 159, commi 2, 3 e 4, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali), promosso con ordinanza del 28 marzo 2002 dal Tribunale di Messina nel procedimento esecutivo promosso dall'Associazione temporanea d'imprese, costituita tra le imprese «ing. Nino Ferrari - Impresa Costruzioni Generali s.r.l.» e «Puglisi Antonino Giovanni», contro il comune di Messina ed altro, iscritta al n. 551 del registro ordinanze 2002 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, edizione straordinaria, 1ª serie speciale, del 27 dicembre 2002. Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella camera di consiglio del 12 marzo 2003 il giudice relatore Annibale Marini. Ritenuto in fatto Con ordinanza del 28 marzo 2002, il Tribunale di Messina ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, primo comma, 24, secondo comma, e 97, primo comma, della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 159, commi 2, 3 e 4, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali), nella parte in cui «non prevede, quale condizione ulteriore per l'impignorabilita' delle somme di pertinenza degli enti locali, che l'impignorabilita' delle somme destinate ai fini ivi indicati non opera qualora, dopo l'adozione da parte dell'organo esecutivo della delibera semestrale di quantificazione preventiva degli importi delle somme stesse, siano emessi mandati (di pagamento) a titoli diversi da quelli vincolati, senza seguire l'ordine cronologico delle fatture cosi' come pervenute per il pagamento o, se non e' prescritta fattura, delle deliberazioni di impegno da parte dell'ente». Il rimettente, motivata la rilevanza della questione, riferisce che il comune di Messina ha proposto opposizione ad un pignoramento eseguito presso il suo tesoriere, deducendo la impignorabilita' delle somme oggetto dell'azione esecutiva. Evidenzia, poi, che l'art. 113 del decreto legislativo 25 febbraio 1995, n. 77 (Ordinamento finanziario e contabile degli enti locali), di cui il vigente art. 159 del d.lgs. n. 267 del 2000 ripropone il medesimo contenuto, e' stato dichiarato costituzionalmente illegittimo «nella parte in cui non prevede che l'impignorabilita' delle somme destinate ai fini ivi indicati non opera qualora, dopo l'adozione da parte dell'organo esecutivo della delibera semestrale di quantificazione preventiva degli importi delle somme stesse, siano emessi mandati a titoli diversi da quelli vincolati, senza seguire l'ordine cronologico delle fatture cosi' come pervenute per il pagamento o, se non e' prescritta fattura, delle deliberazioni di impegno da parte dell'ente» (sentenza n. 69 del 1998). Osserva il giudice a quo che, nella citata sentenza, il giudice delle leggi pose a confronto l'allora vigente art. 113 del d.lgs. n. 77 del 1995 con la disciplina applicabile alle unita' sanitarie locali (cioe' l'art. 1, comma 5, del decreto-legge 18 gennaio 1993, n. 9, convertito, con modificazioni, nella legge 18 marzo 1993, n. 67), rilevando che, quest'ultima, per effetto della addizione derivata da una precedente sentenza della Corte costituzionale, la sentenza n. 285 del 1995, prevedeva quale condizione per la impignorabilita' delle somme destinate ai fini indicati dal predetto art. 1, comma 5, del decreto-legge n. 9 del 1993 che, dopo la adozione della delibera di quantificazione delle somme, non fossero intervenuti pagamenti, diversi da quelli vincolati, in violazione dell'ordine cronologico delle fatture pervenute o, laddove non previste, della data della deliberazione di impegno da parte dell'ente. La ritenuta omogeneita' dei soggetti destinatari delle distinte normative precitate indusse, allora, la Corte costituzionale ad affermare che la disparita' di trattamento, in quanto del tutto priva di motivazione, era lesiva del principio di eguaglianza sancito dall'art. 3 della Costituzione. Tanto premesso, il tribunale rileva che l'art. 159, commi 2, 3 e 4, del d.lgs. n. 267 del 2000 ha reintrodotto nell'ordinamento una disposizione gia' dichiarata illegittima, sicche' i dubbi di costituzionalita' a suo tempo prospettati in relazione all'art. 113 del d.lgs. n. 77 del 1995 devono essere riproposti. Infatti, aggiunge il giudice a quo, essendo tuttora vigente il tertium comparationis, costituito dalla ricordata disciplina applicabile alle aziende sanitarie locali, il creditore che debba procedere in executivis nei confronti di un ente locale si troverebbe in una situazione irragionevolmente deteriore rispetto a chi agisca in danno di una azienda sanitaria: mentre al primo, ai fini della impignorabilita' delle somme di pertinenza dell'ente locale, quest'ultimo potrebbe limitarsi ad opporre la sola delibera semestrale di quantificazione delle somme necessarie ai fini essenziali dell'ente debitore, nei confronti del secondo la impignorabilita' sarebbe condizionata anche all'osservanza da parte dell'esecutato di un determinato ordine nei pagamenti relativi a titoli diversi da quelli vincolati. Per il rimettente si determinerebbe cosi' anche un'insopportabile compressione del diritto del creditore di agire in giudizio, in violazione dell'art. 24 della Costituzione. I medesimi principi costituzionali sarebbero, altresi', vulnerati dal fatto che, attesa la rilevabilita' di ufficio della nullita' del processo esecutivo sancita dall'art. 159, comma 2, del d.lgs. n. 267 del 2000, le pretese del creditore dell'ente locale, diversamente da quanto previsto per il creditore della azienda sanitaria, potrebbero essere frustrate anche in mancanza di opposizione del debitore. La norma censurata contrasterebbe anche con l'art. 97 della Costituzione poiche' il mancato inserimento della addizione introdotta nell'art. 113 del d.lgs. n. 77 del 1995, per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 69 del 1998, potrebbe agevolare condotte della pubblica amministrazione contrarie ai principi di imparzialita' e buon andamento, date le diverse conseguenze dell'inosservanza dell'ordine cronologico nella emissione dei mandati di pagamento. E' intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dalla Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per la infondatezza della questione. Osserva, infatti, la difesa della parte pubblica che le sentenze della Corte costituzionale di dichiarazione di incostituzionalita', con riferimento dapprima alle unita' sanitarie locali e quindi agli enti locali, delle discipline relative alla impignorabilita' delle somme di danaro, si fondavano, data «l'omogeneita' delle due situazioni giuridiche poste a confronto», sull'irragionevole disparita' di trattamento delle discipline di tali categorie di enti. Conseguentemente, secondo la Avvocatura, pur riproducendo la norma ora censurata l'art. 113 del d.lgs. n. 77 del 1995 nella versione gia' dichiarata incostituzionale, occorrerebbe tener conto del fatto che, medio tempore, si sarebbe verificato un profondo mutamento nel sistema che avrebbe provocato il venir meno della norma, relativa alle unita' sanitarie locali, indicata dal rimettente quale tertium comparationis. Le unita' sanitarie, infatti, non esisterebbero piu' e le loro funzioni sarebbero ora svolte dalle aziende sanitarie, dotate di «personalita' giuridica pubblica e autonomia imprenditoriale», operanti mediante atti di diritto privato e caratterizzate da «una disciplina contabile del tutto nuova e diversa, specie rispetto a quella degli enti locali» dei quali le unita' sanitarie, a differenza delle attuali aziende, erano organi. In definitiva, il mutato quadro normativo, secondo l'interveniente difesa, legittimerebbe il diverso regime della impignorabilita' delle somme di danaro degli enti locali, introdotto dal legislatore del 2000, rispetto a quello originato dalla citata sentenza della Corte costituzionale n. 69 del 1998. Considerato in diritto 1. - Il Tribunale di Messina dubita, in riferimento agli artt. 3, primo comma, 24, secondo comma, e 97, primo comma, della Costituzione, della legittimita' costituzionale dell'art. 159, commi 2, 3 e 4, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali), nella parte in cui esso - diversamente da quanto disposto per le aziende sanitarie dall'art. 1, comma 5, del decreto-legge 18 gennaio 1993, n. 9 (Disposizioni urgenti in materia sanitaria e socio-assistenziale), convertito, con modificazioni, nella legge 18 marzo 1993, n. 67 - non prevede, quale condizione per la impignorabilita' delle somme destinate alle finalita' di cui alle lettere a), b) e c) del comma 2 dello stesso art. 159, oltre alla adozione della delibera semestrale di quantificazione delle somme stesse, che l'ente locale, successivamente a detta delibera, non emetta mandati, a titoli diversi da quelli vincolati, senza seguire l'ordine cronologico delle fatture o, in assenza della previsione di queste ultime, delle deliberazioni di impegno. Ad avviso del rimettente, la norma denunciata determinerebbe un'ingiustificata disparita' di trattamento fra la posizione di chi debba procedere in executivis nei confronti di un ente locale e quella di chi proceda, invece, in danno di una azienda sanitaria: infatti, mentre al primo, ai fini della impignorabilita' delle somme oggetto dell'azione esecutiva, l'ente esecutato potrebbe limitarsi ad opporre la sola delibera semestrale di quantificazione delle somme necessarie alla realizzazione dei compiti essenziali dell'ente debitore, nei confronti del secondo la impignorabilita' sarebbe condizionata anche all'osservanza da parte dell'ente esecutato di un determinato ordine cronologico nei pagamenti relativi a titoli diversi da quelli vincolati. La norma violerebbe, altresi', l'art. 24 della Costituzione, stante l'insopportabile compressione del diritto del creditore di agire in giudizio a difesa dei propri diritti. I medesimi parametri sarebbero, altresi', vulnerati poiche', diversamente da quanto previsto per le esecuzioni in danno delle aziende sanitarie, le pretese del creditore dell'ente locale - attesa la rilevabilita' di ufficio della nullita' del processo esecutivo prevista dall'art. 159, comma 2, del d.lgs. n. 267 del 2000 - potrebbero essere frustrate anche in mancanza di opposizione del debitore. La norma censurata contrasterebbe anche con l'art. 97 della Costituzione poiche' la mancata riproposizione della addizione introdotta nell'art. 113 del d.lgs. 25 febbraio 1995, n. 77 (Ordinamento finanziario e contabile degli enti locali), per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 69 del 1998, potrebbe agevolare condotte della pubblica amministrazione contrarie a principi di imparzialita' e buon andamento. 2. - Deve preliminarmente affermarsi l'inammissibilita' per evidente difetto di rilevanza della questione relativa alla rilevabilita' d'ufficio della nullita' del processo esecutivo sancita dall'art. 159, comma 2, del d.lgs. n. 267 del 2000, posto che, come riferito dal giudice rimettente, nella fattispecie in esame la impignorabilita' con la conseguente nullita' del processo esecutivo risulta essere stata eccepita dal comune esecutato. 3. - L'altra e diversa questione, sollevata dal tribunale rimettente, e' fondata. La norma impugnata, per la parte che interessa, riproduce, infatti, il testo dell'art. 113 del d.lgs. n. 77 del 1995 che, come si e' ricordato, e' stato dichiarato costituzionalmente illegittimo con la sentenza n. 69 del 1998. Questa Corte ebbe, allora, ad osservare che, stante la omogeneita' delle situazioni giuridiche riferibili, rispettivamente, alle unita' sanitarie locali ed agli enti locali, del tutto irragionevole risultava la disparita' di trattamento della disciplina censurata nella parte in cui disponeva la impignorabilita' delle somme di danaro destinate alla realizzazione degli scopi essenziali degli enti locali senza condizionarla, in conformita' a quanto previsto per le unita' sanitarie locali, alla inesistenza di pagamenti c.d. preferenziali e cioe' effettuati da tali enti senza l'osservanza di un determinato ordine cronologico. Le medesime considerazioni si ripropongono con riferimento alla disciplina ora impugnata. Per effetto di essa, infatti, si determina, in violazione della garanzia della par condicio creditorum, la identica, irragionevole, disparita' di trattamento fra ente locale ed azienda sanitaria, gia' dichiarata incostituzionale da questa Corte, nessun rilievo avendo la circostanza - evidenziata dalla Avvocatura dello Stato - che nell'ordinamento sanitario vigente le unita' sanitarie locali siano state sostituite dalle aziende sanitarie locali. Per un verso, infatti, e' applicabile a tali aziende la disciplina riguardante le unita' sanitarie contenuta nell'art. 1 del decreto-legge n. 9 del 1993, cosi' come risultante a seguito della sentenza n. 285 del 1995 di questa Corte, per altro verso, le aziende stesse sono caratterizzate dagli stessi scopi propri delle unita' sanitarie locali. E', d'altra parte, significativo che la stessa immotivata diversita' normativa riscontrabile fra la disciplina applicabile agli enti locali e quella riferibile alle aziende sanitarie si ripresenti, in maniera altrettanto ingiustificata, ove si confronti la prima con l'art. 11, comma 1, del decreto-legge 18 gennaio 1993, n. 8 (Disposizioni urgenti in materia di finanza derivata e di contabilita' pubblica), tuttora in vigore limitatamente alle esecuzioni in danno delle regioni, che prevede, quale condizione per la non assoggettabilita' ad esecuzione forzata delle somme di danaro delle regioni, che non siano stati effettuati pagamenti, per titoli diversi da quelli vincolati, se non seguendo l'ordine cronologico delle fatture o, in assenza di queste, delle deliberazioni di impegno da parte dell'ente stesso. Si deve, pertanto, fare luogo ad una dichiarazione di incostituzionalita' della disposizione denunciata negli stessi termini di cui alla citata sentenza n. 69 del 1998. Con assorbimento di ogni altra e diversa censura.
Per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 159, commi 2, 3 e 4, del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali), nella parte in cui non prevede che la impignorabilita' delle somme destinate ai fini indicati alle lettere a), b) e c) del comma 2 non operi qualora, dopo la adozione da parte dell'organo esecutivo della deliberazione semestrale di preventiva quantificazione degli importi delle somme destinate alle suddette finalita' e la notificazione di essa al soggetto tesoriere dell'ente locale, siano emessi mandati a titoli diversi da quelli vincolati, senza seguire l'ordine cronologico delle fatture cosi' come pervenute per il pagamento o, se non e' prescritta fattura, delle deliberazioni di impegno da parte dell'ente stesso; Dichiara la manifesta inammissibilita' della ulteriore questione di legittimita' costituzionale dell'art. 159, comma 2, dello stesso decreto legislativo n. 267 del 2000 sollevata in riferimento agli artt. 3, primo comma, e 24, secondo comma, della Costituzione, dal Tribunale di Messina con l'ordinanza in epigrafe. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 giugno 2003. Il Presidente: Chieppa Il redattore: Marini Il cancelliere:Di Paola Depositata in cancelleria il 18 giugno 2003. Il direttore della cancelleria:Di Paola 03C0698