N. 437 ORDINANZA (Atto di promovimento) 20 febbraio 2003
Ordinanza emessa il 20 febbraio 2003 dal tribunale di Ascoli Piceno sezione distaccata di S. Benedetto del Tronto nel procedimento penale a carico di Ben Yousef Dodi Straniero - Espulsione amministrativa - Straniero sottoposto a procedimento penale, tratto in giudizio con citazione diretta - Rilascio da parte dell'autorita' giudiziaria, su richiesta del questore, del nulla osta all'espulsione - Possibilita' da parte del giudice del dibattimento di emettere sentenza di non luogo a procedere, qualora sia acquisita la prova dell'avvenuta espulsione - Mancata previsione - Disparita' di trattamento rispetto allo straniero imputato di un reato per il quale e' prevista la udienza preliminare - Lesione del diritto di difesa. - Decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, art. 13, commi 3 e 3-quater come modificati dalla legge 30 luglio 2002, n. 189. - Costituzione, artt. 3 e 24.(GU n.28 del 16-7-2003 )
IL GIUDICE DI PACE O s s e r v a Il cittadino straniero Ben Youdef Dodi, imputato del delitto di cui all'art. 385 c.p. e' stato tratto a giudizio con citazione diretta per l'udienza del 28 marzo 2003 (decreto emesso il 14 novembre 2002 - procedimento n. 95/2003 mod. l6 - n. 1780/2001 Mod. 22). La questura di Ancona, con domanda pervenuta via fax il 7 febbraio 2003, ha chiesto il rilascio del nulla osta per eseguire l'espulsione dell'imputato, secondo quanto previsto dall'art. 13, comma terzo del decreto legislativo n. 286/1998, cosi' come modificato dalla legge n. 189 del 30 luglio 2002. Ritiene il giudicante di non poter, allo stato, aderire alla richiesta, in quanto sussistono gravi motivi che fanno ritenere, anche in considerazione dell'art. 13, comma 3-quater, l'applicazione della norma in esame lesiva sia del diritto inviolabile alla difesa sancito dall'art. 24 della Costituzione per l'impossibilita' e/o per le difficolta' dello straniero espulso di essere e stare in giudizio, sia del diritto di eguaglianza cristallizzato nell'art. 3 della Costituzione. Risulta, infatti, evidente in tale ultima ipotesi, l'ingiustificata e illogica disparita' di trattamento tra lo straniero che ha commesso un reato per il quale e' prevista l'udienza preliminare e lo straniero che e' stato tratto a giudizio con procedimento direttissimo o per il quale sia stata disposta la citazione diretta ex art. 550 c.p.p. I due rilievi non possono prescindere dall'analisi dei presupposti per emettere la sentenza di non luogo a procedere: 1. - deve trattarsi di un immigrato clandestino o di un soggetto al quale sia stato revocato il permesso di soggiorno con emissione del decreto di espulsione; 2. - il decreto deve essere stato eseguito e deve aversi la «prova dell'avvenuta espulsione»; 3. - non deve essere stato ancora emesso il provvedimento che dispone il giudizio. In sostanza, tralasciando il discorso giuridico attinente ai requisiti che definiscono la condizione di «immigrato clandestino», il giudice puo' pronunciare la sentenza ex art. 425 c.p.p. solo quando per il reato commesso dallo straniero e' prevista l'udienza preliminare. Il provvedimento che dispone il giudizio costituisce, dunque, una «frontiera» oltre la quale l'immigrato clandestino non ha diritto ad una pronuncia ai sensi dell'art. 425 c.p.p., ne' tanto meno a quella di proscioglimento prima del dibattimento (art. 469 c.p.p.), in quanto il limite posto dall'art. 13, comma 3-quater e' tassativo ed invalicabile. Cio' e' dimostrato indirettamente anche dall'art. 16, sempre della legge in esame, che prevede, in caso di sentenza di condanna, la possibilita' da parte del giudice di poter sostituire la pena con la sanzione dell'espulsione, sostitutiva o alternativa alla detenzione. Sussiste, dunque, un vuoto normativo tra il provvedimento che dispone il giudizio e la sentenza di primo grado, che, di fatto, pregiudica i diritti sopra menzionati, perche' l'imputato clandestino tratto in giudizio con citazione diretta, qualora sia rilasciato il nulla osta (soprattutto una volta espulso), non ha la possibilita' di difendersi, ne' di poter essere prosciolto con la formula di non doversi procedere. La rilevanza della questione sollevata risulta certa, qualora si consideri che, per le considerazioni svolte, l'eventuale nulla osta all'espulsione comporterebbe la violazione per l'imputato di diritti inviolabili, costituzionalmente tutelati e protetti.
P. Q. M. Visti gli articoli 134 della Costituzione e 23 legge 11 marzo 1953, n. 87, dichiara d'ufficio rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale, per violazione degli articoli 3 e 24 della Costituzione, dell'art. 13, comma 3 e comma 3-quater del decreto legislativo n. 286/1998, cosi' come modificato dalla legge n. 189 del 30 luglio 2002, nella parte in cui non prevede la possibilita' da parte del giudice del dibattimento di emettere sentenza di non luogo a procedere qualora a seguito del rilascio del nulla osta, sia acquisita la prova dell'avvenuta espulsione; Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Sospende il giudizio in corso; Manda alla cancelleria per la notificazione della presente ordinanza al Presidente del Consiglio dei ministri e per la comunicazione della stessa ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato. Si comunichi alla Questura di Ancona. San Benedetto del Tronto, addi' 19 febbraio 2003 Il giudice: Mariani 03C0710