N. 441 ORDINANZA (Atto di promovimento) 8 gennaio 2003

Ordinanza  emessa  l'8 gennaio 2003 dalla Corte di appello di Bologna
nel  procedimento  civile  vertente  tra  Istituto Postelegrafonici e
Fiorini Paolo

Previdenza  e  assistenza  sociale  -  Dipendenti  postelegrafonici -
  Indennita'  di  buonuscita  -  Liquidazione  in  base alla quota di
  indennita'  integrativa speciale al 48 per cento anziche' al 60 per
  cento   -   Dedotta   violazione   del  principio  di  retribuzione
  proporzionata ed adeguata - Incidenza sulla garanzia previdenziale.
- Legge 29 gennaio 1994, n. 87, art. 1, comma 1.
- Costituzione artt. 36 e 38.
(GU n.28 del 16-7-2003 )
                         LA CORTE D'APPELLO

    A   scioglimento   della   riserva,  formulata  nell'udienza  del
19 dicembre   2002,   ha   pronunciato   la  seguente  ordinanza  nel
procedimento  iscritto  al n. 977/2001 R.G. Lavoro promosso da: Ipost
(Istituto  Postelegrafonici)  in persona del legale rappresentante in
carica,   rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  dello  Stato  di
Bologna, presso cui, ope legis, e' domiciliato;
    Contro Fiorini Paolo contumace.
    Premesso  che  Fiorini  Paolo  ha  convenuto  in giudizio l'Ipost
(Istituto  Postelegrafonici),  dinanzi  al  tribunale  di  Bologna in
funzione di giudice del lavoro, deducendo:
        che  era  stato  dipendente  dell'Ente  Poste  Italiane,  poi
divenuto Poste Italiane S.p.a., e di essere stato posto in quiescenza
in data 30 dicembre 1994;
        che   l'Ipost,  ai  fini  del  conteggio  dell'indennita'  di
buonuscita dovuta, aveva calcolato l'indennita' integrativa speciale,
nella misura del 48% anziche' del 60%.
    Si  e'  costituito  in  giudizio  l'Ipost sostenendo che l'art. 3
comma  2  del  d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032, lega l'indennita' di
buonuscita  alla  base  contributiva  di  chi  all'art. 38  e che per
effetto  del  combinato  disposto  delle  norme  anzidette,  la  base
contributiva  e'  costituita  dall'80% dell'ultimo stipendio e di una
serie  di  assegni  accessori  espressamente indicati, con esclusione
dell'indennita' integrativa speciale.
    Ha   poi  aggiunto  che,  nella  vigenza  di  tale  sistema,  era
intervenuta  la  sentenza n. 243/1993 della Corte costituzionale, che
aveva   dichiarato   l'illegittimita'  delle  norme  che  escludevano
l'indennita'  integrativa  speciale  dal  calcolo  dell'indennita' di
buonuscita,  rimettendo  alla  discrezionalita'  del  legislatore, la
definizione  dei  meccanismi  atti  a  realizzare l'equivalenza tra i
diversi trattamenti di fine rapporto.
    Ha  poi rilevato che il legislatore aveva recepito le indicazioni
della sentenza costituzionale, con legge 29 gennaio 1994, n. 87, che,
all'art. 1,  comma  1  prevede  che l'indennita' integrativa speciale
venga  computata,  dal  1° dicembre 1994, nella base di calcolo della
indennita'  di  buonuscita,  nella  misura  del  60%  dell'indennita'
integrativa  speciale,  in  godimento  alla data della cessazione dal
servizio, sottolineando che sulla base di tale quadro normativo, esso
istituto  aveva inserito il 60% della indennita' integrativa speciale
nella  base  di  calcolo,  ed  aveva poi calcolato l'80% dell'importo
risultante, determinando in tal modo la base contributiva.
    Con  sentenza n. 982/2000, il giudice del lavoro del Tribunale di
Bologna  ha accolto la domanda di Fiorini Paolo, ed ha affermato che,
in  applicazione dell'art. 1 legge n. 87/1994, interpretato alla luce
della  sentenza  n. 243/1993  della  Corte  costituzionale,  la  base
contributiva  doveva  essere  determinata aggiungendo direttamente il
60%  della  indennita'  integrativa  speciale, alla base contributiva
determinata  secondo  il  meccanismo di cui al d.P.R. n. 1032/1973, e
non  poteva  invece  essere inserita nella base di calcolo della base
contributiva di cui allo stesso d.P.R. n. 103/1973.
    Ha pertanto condannato Ipost alla corresponsione delle differenze
dovute.
    Con  ricorso depositato in data 8 agosto 2001, Ipost ha appellato
la  detta  sentenza,  deducendo  che  per costante orientamento della
suprema  Corte  di  cassazione «l'art. 1 della legge 29 gennaio 1994,
n. 87,  nello  stabilire  l'inclusione  della  indennita' integrativa
speciale  nella  base di computo dell'indennita' di buonuscita, e nel
limitare   contestualmente   tale   inclusione,  ad  una  determinata
percentuale,  ha  perseguito  esclusivamente  lo  scopo di fissare la
misura  nella  quale  il primo di tali elementi e' da comprendere nel
coacervo  di  quelli  destinati  a  confluire nella base contributiva
necessaria  alla  liquidazione del secondo, non anche di impedire che
la  determinazione della consistenza di quest'ultima avvenga mediante
applicazione  generalizzata  a  tutte  le  componenti  della  base di
computo   e   quindi   alla   suddetta   percentuale  dell'indennita'
integrativa  speciale,  della  falcidia  imposta  per  giungere  alla
quantificazione della frazione di indennita' di buonuscita riferibile
a ciascun anno di servizio (Cass. n. 13634/2000).
    Tale   principio   e'   stato   ribadito   anche  dalla  sentenza
n. 13499/2000, sicche' esso costituisce ormai «diritto vivente».
    Ha chiesto pertanto la riforma della appellata sentenza.
    La Corte di appello di Bologna, all'esito della discussione orale
rileva:
        1)  il  principio  stabilito  dalle  sentenze n. 13499/2000 e
13634/2000  della suprema Corte di cassazione, ha trovato riscontro e
conferma nella successiva giurisprudenza, di guisa che puo' ritenersi
diritto vivente;
        2)  tale  interpretazione  appare a questa Corte in contrasto
con  gli  indirizzi  espressi  dalla sentenza n. 243/1993 della Corte
costituzionale,   ed  in  contrasto  con  gli  artt. 36  e  38  della
Costituzione.  Si  prospetta,  quindi,  un  conflitto  tra  le  norme
ordinarie  e  quelle costituzionali, che puo' essere risolto soltanto
dal Giudice delle leggi;
        3)   va  premesso  che  la  questione  e'  rilevante  per  la
definizione  del presente giudizio. Occorre infatti osservare che, la
Corte  costituzionale,  con  la sentenza n. 243/1993, ha stabilito la
natura retributiva e non previdenziale dell'indennita' di buonuscita,
ed ha altresi' stabilito il principio che le compressioni nel computo
della  stessa, ai fini del calcolo dell'indennita' di buonuscita, non
debbano  pregiudicare  il  principio costituzionale della sufficienza
della   retribuzione,   soprattutto   per  le  fasce  salariali  meno
retribuite,  ed  il  principio  costituzionale della proporzionalita'
della retribuzione alla quantita' e qualita' del lavoro prestato.
    Alla  luce  di  tali  principi,  la  scelta  del  legislatore  di
includere  l'indennita' integrativa speciale nella base contributiva,
nella   misura   del   solo  60%  della  quota  annua,  puo'  trovare
giustificazione  costituzionale  nelle esigenze di bilancio, solo ove
tale  percentuale  sia  interpretata  come  percentuale  da  inserire
direttamente   nella   base   contributiva,  e  conseguentemente  con
salvaguardia integrale della percentuale stessa.
    Ove  invece  la  percentuale del 60% della indennita' integrativa
speciale, sia interpretata come percentuale da inserire nella base di
calcolo,   ai   fini   della  successiva  determinazione  della  base
retributiva,  e  sulla  stessa  sia poi operata la riduzione all'80%,
come  previsto  dal  d.P.R.  n. 1032/1973,  deriva che la percentuale
realmente  ed  in concreto applicata, e' determinata nella misura del
48%,  senza  piu'  alcuna  giustificazione  sotto  il  profilo  della
ragionevolezza, di una siffatta compressione.
    Non  e'  poi  razionalmente  e  giuridicamente  comprensibile  la
ragione  del  trattamento  penalizzante  e  deteriore  riservato alla
indennita'   integrativa   speciale,   rispetto   alle   altre   voci
stipendiali,   utili   per  la  determinazione  della  indennita'  di
buonuscita.  L'applicazione  in  concreto  della percentuale del solo
48%,   realizza   pertanto,   un'aperta   lesione  del  principio  di
adeguatezza   e   proporzionalita'   della   retribuzione   garantito
dall'art. 36  della  Costituzione,  poiche'  determina  un computo in
misura  addirittura inferiore al 50%, misura palesemente non adeguata
alla  natura  retributiva dell'indennita' in questione, specie per le
retribuzioni   piu'  basse,  ed  in  aperto  contrasto  altresi'  con
l'art. 38  primo  e  secondo comma della Costituzione, nella parte in
cui  prevede  il  diritto  dei  lavoratori a mezzi adeguati alle loro
esigenze di vita, nel caso di vecchiaia.
    L'indennita'  in  questione, infatti interviene normalmente in un
periodo  che  coincide  con  la  cessazione  del lavoro per raggiunti
limiti di eta', e con la conseguente diminuzione, anche significativa
del reddito percepito, posto che il trattamento di pensione non copre
mai integralmente il reddito percepito in costanza di lavoro.
    In tale contesto, l'indennita' di buonuscita, nella sua natura di
retribuzione   differita,  svolge  tale  funzione  di  concorrere  ad
assicurare  mezzi  adeguati alle esigenze di vita dei lavoratori, nel
corso della vecchiaia.
    Per   gli  stessi  motivi,  l'applicazione  in  concreto  di  una
percentuale  del  solo  48%,  contrasta  con le indicazioni contenute
nella sentenza n. 243/1993 della Corte costituzionale.
    E' pertanto rilevante e non manifestamente infondata la questione
di  legittimita' costituzionale dell'art. 1 comma 1 della legge n. 87
del 29 gennaio 1994, nell'interpretazione seguita uniformemente dalla
suprema  Corte  di cassazione e costituente ormai diritto vivente, in
relazione agli artt. 36 e 38 della Costituzione.
    La questione e' altresi' rilevante nel giudizio in corso, poiche'
l'accoglimento   della   medesima  determinerebbe  un  aumento  della
indennita'  di  buonuscita  dovuta a Fiorini Paolo, che passerebbe da
L. 19.888.355   a   L. 25.009.526   lorde,  pari  rispettivamente  ad
Euro 10.271,48 e ad Euro 12.916,34.
    Il   presente   giudizio   deve   pertanto  essere  sospeso,  con
trasmissione  degli atti alla Corte costituzionale, al Presidente del
Consiglio  dei ministri, e con comunicazione della presente ordinanza
ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.
                              P. Q. M.
    Solleva  questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 1
comma 1 legge n. 87 del 29 gennaio 1994, nell'interpretazione seguita
uniformemente  dalla  suprema Corte di cassazione e costituente ormai
diritto   vivente,   in   relazione  agli  articoli  36  e  38  della
Costituzione.
    Ordina  la  sospensione  del  presente giudizio e la trasmissione
degli atti alla Corte costituzionale, al Presidente del Consiglio dei
ministri,  e  la comunicazione della presente ordinanza ai Presidenti
delle due Camere del Parlamento.
        Bologna, addi' 7 gennaio 2003
                     Il Presidente: Castiglione
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