N. 497 ORDINANZA (Atto di promovimento) 1 aprile 2003

Ordinanza  emessa  il  1°  aprile  2003 dalla Corte di cassazione nel
procedimento  civile  vertente  tra  Simone Gianpaolo e Prefettura di
Firenze

Sanzioni  amministrative  -  Giudizio  di  opposizione  all'ordinanza
  ingiunzione  -  Modalita'  di  deposito del ricorso Possibilita' di
  utilizzo   del   servizio  postale  -  Esclusione  -  Irragionevole
  assimilazione  alla  disciplina  delle  cause di lavoro, anziche' a
  quella  del ricorso per cassazione - Imposizione all'ingiunto di un
  onere  vessatorio  - Richiamo alla sentenza n. 520/2002 della Corte
  costituzionale.
- Legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 22.
- Costituzione, artt. 3 e 24.
(GU n.32 del 13-8-2003 )
                   LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

    Ha  pronunciato  la seguente ordinanza interlocutoria sul ricorso
proposto  da  Simone  Giampaolo,  elettivamente  domiciliato in Roma,
Piazza  Cavour,  presso  la cancelleria civile della Corte suprema di
cassazione,   rappresentato   e  difeso  dall'avvocato  Francesco  P.
Olivieri giusta procura in calce, ricorrente;
    Contro  la  Prefettura  di Firenze, intimata, avverso l'ordinanza
del  Giudice  di  pace  di  Firenze,  depositata  il  30 agosto  2000
(n. 8440/00 R.G.).
    Udita  la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
18 dicembre 2002 dal Consigliere dott. Angelo Spirito;
    Udito il p.m. in persona del sostituto procuratore generale dott.
Raffaele   Ceniccola   che   ha   concluso  in  via  principale,  per
l'accoglimento del ricorso, in subordine per la rimessione alla Corte
costituzionale;

                      Svolgimento del processo

    Il  sig.  Simone  propose ricorso avverso l'ordinanza ingiunzione
emessa  nei  suoi  confronti  dal Prefetto di Firenze (n. 1362 dell'8
giugno  2000),  facendolo  pervenire  al Giudice di pace di Firenze a
mezzo  di  raccomandata  postale.  Il  giudice,  con ordinanza del 28
agosto 2000, dichiaro' inammissibile il ricorso, rilevando che la sua
proposizione   doveva  essere  effettuata  mediante  il  deposito  in
cancelleria e non attraverso la spedizione postale.
    Il  Simone  propone  ora ricorso per la cassazione del menzionato
provvedimento,  formulando  un motivo, con il quale, nel lamentare la
violazione  e  falsa applicazione dell'art. 23 della legge n. 689 del
1981,  sostiene che il giudice puo' dichiarare l'inammissibilita' del
ricorso  in opposizione ad ordinanza ingiunzione nel solo caso in cui
esso   sia  proposto  oltre  il  termine  previsto  dal  primo  comma
dell'art. 22,  ma  non  in altre ipotesi, come quella di specie; che,
inoltre,  nel  procedimento  in oggetto non sono applicabili le norme
generali  in  punto  di  proposizione  di  ricorso,  tenuto conto del
carattere assolutamente speciale del procedimento stesso.
    Non resiste in giudizio l'intimato prefetto.

                       Motivi della decisione

    E'  consolidato nella giurisprudenza di questa S .C. il principio
secondo cui il ricorso in opposizione contro le ordinanze-ingiunzione
che  irrogano  sanzioni  amministrative  non puo' essere inoltrato al
giudice  competente  con  plico  postale,  ma  deve essere depositato
presso  la  cancelleria  con  consegna  a  mani del cancelliere. Tale
principio scaturisce dalla considerazione che il deposito del ricorso
e'  effettuabile a mezzo del servizio postale solo in presenza di una
specifica  norma  che  preveda  la  relativa  modalita' (quale quella
dell'art. 134 disp. att. c.p.c., inerente al deposito del ricorso per
Cassazione,   non   suscettibile   di   applicazione  analogica),  in
alternativa a quella della consegna diretta al cancelliere. Specifica
disposizione  che  manca  negli  artt. 22  e seguenti, della legge 24
novembre  1981,  n. 689  (in  tal  senso, cfr., tra le varie, Cass. 8
novembre  1999,  n. 12438;  18 marzo 1999, n. 2450; 15 febbraio 1999,
n. 1262).  La  sentenza  impugnata,  in  quanto  adeguatasi  a questo
principio, sarebbe, dunque, immune da censura.
    Tuttavia,  il  collegio  ritiene  che  la mancanza di un apposito
precetto  che  conceda  all'ingiunto la possibilita' di provvedere al
deposito  del  ricorso  anche  mediante  l'invio  per posta, in plico
raccomandato,    al   cancelliere   del   giudice   dell'opposizione,
costituisce violazione dei principi sanciti negli artt. 3, 24 Cost.
    Ad  analoga  considerazione  e'  di recente pervenuta Corte cost.
n. 520  del  2002,  nel  dichiarare  l'illegittimita'  costituzionale
dell'art. 22,  commi l e 2, del decreto legislativo 31 dicembre 1992,
n. 546  (Disposizioni  sul  processo  tributario  in attuazione della
delega  al  Governo  contenuta  nell'art. 30  della legge 30 dicembre
1991, n. 413), nella parte in cui non consente, per il deposito degli
atti  ai fini della costituzione in giudizio, l'utilizzo del servizio
postale.
    A tal riguardo il giudice delle leggi ha osservato che:
        1. - il problema dell'utilizzo di strumenti diversi (compreso
il  servizio postale) da quelli della consegna personale e brevi manu
per  effettuare  il  materiale  deposito  di  atti  introduttivi  del
processo  (a  parte  la loro notificazione) e dei documenti allegati,
non e' nuovo, ed e' risalente nel tempo, ancorche' abbia assunto, con
il  progresso dei sistemi di trasmissione (informatici e telematici),
una  crescente  rilevanza  in  tutti  i  sistemi processuali (cfr, di
recente,   artt. 9   e  18  del  d.P.R.  13  febbraio  2001,  n. 123,
Regolamento  recante  disciplina  sull'uso di strumenti informatici e
telematici  nel  processo  civile,  nel processo amministrativo e nel
processo  dinanzi alla Corte dei conti, con applicabilita' anche alla
costituzione  in  giudizio,  alla iscrizione a ruolo e al deposito di
documenti probatori);
        2. - l'ammissibilita'  dell'utilizzo del servizio postale per
il deposito del ricorso per Cassazione fu risolta gia' dalla Corte di
cassazione  di  Roma  alla fine del secolo diciannovesimo, benche' il
legislatore  sia  intervenuto  a sancirla, per eliminare ogni residuo
contrasto  sul  punto,  solo con regio decreto 7 giugno 1923, n. 1244
(con   disposizione   poi   trasfusa   nell'attuale   art. 134  disp.
art. c.p.c., derogatoria del generico deposito in cancelleria sancito
dall'art. 369 c.p.c.), nel dichiarato intento di ridurre i profili di
inammissibilita'  e di concorrere alla maggiore semplificazione delle
forme processuali;
        3. - esaminando   i   profili  di  inammissibilita'  di  atti
introduttivi di giudizi, sia il legislatore, sia la giurisprudenza di
legittimita'  si  sono, in piu' occasioni, richiamati all'esigenza di
non  contrastare  la  realizzazione  della giustizia senza ragioni di
seria   importanza,   ed   ai  criteri  di  equa  razionalita'  nella
valutazione  di profili di forma, quando questi non implichino vera e
propria  violazione  delle  prescrizioni  tassativamente  specificate
nella legge processuale;
        4. - la   giurisprudenza   costituzionale   ha  ritenuto  non
conformi  a  Costituzione (artt. 3 e 24) «le disposizioni legislative
che  frappongono ostacoli non giustificati da un preminente interesse
pubblico  ad  uno  svolgimento  del  processo  civile  adeguato  alla
funzione  ad esso assegnata, nell'interesse generale, a protezione di
diritti  soggettivi  dei  cittadini»  (Corte  cost. n. 113 del 1963),
ovvero  che  impongano  «oneri  ...  o  modalita' tali da rendere ...
estremamente  difficile  l'esercizio  del  diritto  di  difesa  o  lo
svolgimento  di  attivita'  processuale» (Corte cost. n. 63 del 1977;
n. 47 deI 1964 e n. 214 del 1974).
    Anche  con riferimento al procedimento delineato dagli artt. 22 e
seguenti,  della  legge n. 689 del 1981, va confermata l'esigenza che
le  parti  siano  contrapposte  in  posizione  di  parita',  evitando
irragionevoli  sanzioni di inammissibilita' in danno del soggetto che
si  intende tutelare. Va ricordato in proposito che il legislatore ha
configurato,  per l'opposizione all'ordinanza ingiunzione, un modello
procedimentale   estremamente   semplificato:  essa  si  propone  con
ricorso,  al  quale e' allegata l'ordinanza notificata; il ricorso ed
il  decreto  di fissazione dell'udienza sono notificati all'opponente
ed  all'autorita'  a  cura  della  cancelleria;  sia l'opponente, sia
l'autorita'  sono  ammessi  a  stare  in  giudizio personalmente e la
seconda puo' avvalersi anche di funzionari appositamente delegati; la
mancata  presenza  all'udienza  dell'opponente  comporta la convalida
dell'ordinanza;  i  mezzi  di  prova  sono disposti dal giudice anche
d'ufficio;   le   conclusioni  e  la  discussione  della  causa  sono
concentrate  nella  medesima  udienza,  la  sentenza  e'  pronunciata
mediante  lettura  del  dispositivo  ed,  eventualmente,  anche della
motivazione;  la  sentenza  che  rigetta  o accoglie l'opposizione e'
inappellabile ma e' ricorribile per Cassazione.
    A fronte di una cosi' agile e semplificata struttura processuale,
pretendere  la  presentazione brevi manu del ricorso alla cancelleria
del  giudice  appare un formalismo non solo inutile ed anacronistico,
ma  anche  estremamente gravoso per l'opponente. A maggior ragione se
si considera che: in via generale, il deposito dell'atto introduttivo
del  giudizio  e  degli  altri  atti e' considerato in dottrina ed in
giurisprudenza come attivita' meramente esecutiva, priva di qualsiasi
contenuto  volitivo  autonomo;  nella  specie, il ricorso pua' essere
proposto  anche  dall'opponente di persona, sicche' resta irrilevante
la  qualita' del soggetto che materialmente proceda alla consegna; e'
discriminante   escludere   l'opponente  dall'utilizzo  del  servizio
postale, quando questo, invece, viene comunemente utilizzato (insieme
con  i mezzi informatici) dalla controparte pubblica, soprattutto nel
procedimento  amministrativo  e  contabile (che molta affinita' hanno
con   quello   in   oggetto),   per   comunicazioni,   notificazioni,
costituzione in giudizio, presentazione di atti e documenti.
    Sviluppando  uno  dei  temi  sopra  evidenziati,  giova  porre in
evidenza  che  il  modello  procedimentale  in  discussione,  benche'
imponga   all'opponente   il  deposito  del  ricorso  brevi  manu  al
cancelliere,  devolve del tutto alla cancelleria stessa la successiva
attivita'  indirizzata  alla  instaurazione  del  contraddittorio. Ai
sensi  dell'art. 23,  comma  2, della legge n. 689 del 1981, infatti,
«se   il  ricorso  e'  tempestivamente  proposto,  il  giudice  fissa
l'udienza  di  comparizione  con  decreto, steso in calce al ricorso,
ordinando  all'autorita'  che ha emesso il provvedimento impugnato di
depositare  in  cancelleria, dieci giorni prima dell'udienza fissata,
copia  del  rapporto  con gli atti relativi all'accertamento, nonche'
alla contestazione o notificazione della violazione. Il ricorso ed il
decreto  sono  notificati, a cura della cancelleria, all'opponente o,
nel  caso sia stato indicato, al suo procuratore, e all'autorita' che
ha  emesso  l'ordinanza». L'opponente, dunque, depositato il ricorso,
non   ha  l'obbligo  di  recarsi  nuovamente  presso  la  cancelleria
competente: ne' al fine di prendere conoscenza della data fissata per
l'udienza  di  comparizione ne', tantomeno, per ritirare e notificare
ricorso  e  decreto  di  fissazione  dell'udienza all'amministrazione
opposta,  provvedendo  all'uopo  la  cancelleria  medesima. Come puo'
notarsi,  si  tratta  di  un  meccanismo  molto  piu' vicino a quello
previsto  per  il  ricorso  per  Cassazione  (nel quale e' ammesso il
deposito   a   mezzo   posta   e  della  data  dell'udienza  e'  data
comunicazione  alle  parti  a  cura  della  cancelleria) che a quello
configurato  nel rito del lavoro. In quest'ultimo, invero, il ricorso
viene  inizialmente  depositato in cancelleria (analogamente a quanto
previsto  ai sensi degli articoli 22 ss, della legge n. 689 del 1981)
ma  e'  successivamente  notificato, assieme al decreto di fissazione
dell'udienza,  «a  cura  dell'attore»  (art. 415, comma 4, cod. proc.
civ.).   Tale  decreto,  in  particolare,  non  viene  comunicato  al
ricorrente:  sicche',  quest'ultimo  ha effettivamente sia l'onere di
informarsi  circa  la data fissata per l'udienza, recandosi presso la
cancelleria  del  giudice  designato,  sia  di compiere personalmente
tutte  le  attivita'  necessarie al fine della corretta instaurazione
del contraddittorio.
    Tenuto  conto  di  una  tale  diversita'  di  obblighi in capo al
ricorrente nella causa di lavoro ed all'opponente avverso l'ordinanza
ingiunzione,  pur  in  presenza  di meccanismi di instaurazione della
lite  uguali tra loro (deposito del ricorso e fissazione dell'udienza
da  parte  del  giudice con decreto), sembra a questa Corte del tutto
irragionevole  imporre  al  secondo  di  provvedere  personalmente al
deposito   del  ricorso,  cosi'  come  previsto  per  il  primo,  non
consentendogli, invece, di avvalersi del servizio postale.
    A  tutto  cio'  si  aggiunga  che la particolarita' delle materie
oggetto del procedimento in esame rende assolutamente irragionevole e
vessatorio  imporre  all'ingiunto,  per  depositare  il  ricorso,  di
raggiungere (di persona o a mezzo del suo procuratore) la cancelleria
del  giudice,  che  potrebbe  essere  situata  al capo del territorio
nazionale  opposto  a  quello di sua residenza. Si pensi, infatti, al
vasto  settore delle sanzioni da violazione al codice della strada ed
alla  circostanza  che  la  competenza a decidere sull'opposizione si
radica  nel  giudice  del  luogo  dove  e' situata l'autorita' che ha
emesso  l'ingiunzione  e,  quindi,  del  luogo  dove  e'  avvenuta la
circolazione.
    Quanto  alla  rilevanza della prospettata questione rispetto alla
fattispecie  in  esame, essa si desume dalla circostanza che, se essa
fosse  accolta,  il  ricorso  in  esame  sarebbe ammissibile, benche'
inoltrata a mezzo del servizio postale.
                              P. Q. M.
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 22  della  legge  24 novembre
1981,  n. 689,  per contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost., nella parte
in  cui  non  consente per la proposizione del ricorso l'utilizzo del
mezzo postale.
    Ordina  che  gli atti siano trasmessi alla Corte costituzionale e
sospende il giudizio in corso.
    Dispone  che  la  presente  ordinanza sia notificata a cura della
cancelleria alle parti ed al pubblico ministero nonche' al Presidente
del Consiglio dei ministri e comunicata ai Presidenti delle Camere.
    Cosi' deciso in Roma, addi' 18 dicembre 2002.
                        Il Presidente: Saggio
                                    Il consigliere relatore: Spirito
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