N. 533 ORDINANZA (Atto di promovimento) 24 maggio 2003

Ordinanze  da  533  a  535  - di contenuto sostanzialmente identico -
emesse  il  24  maggio  2003  dal  Tribunale di Roma nei procedimenti
penali rispettivamente a carico di: Luca Florin (R.O. 533/2003); Luca
Florica (R. 0. 534/2003); Rosero Carlos Maurico (R.O. 535/2003).

Straniero - Espulsione amministrativa - Reato di trattenimento, senza
  giustificato  motivo,  nel  territorio  dello  Stato  in violazione
  dell'ordine  di  allontanamento, entro il termine di cinque giorni,
  impartito  dal  questore  -  Arresto  obbligatorio  in  flagranza -
  Irragionevolezza  -  Disparita' di trattamento nei confronti di una
  categoria  di persone, peraltro socialmente sfavorite - Carenza del
  requisito della necessita' ed urgenza per l'adozione da parte della
  polizia   giudiziaria  di  provvedimenti  provvisori  destinati  ad
  incidere sulla liberta' personale.
- D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 14, comma 5-quinquies, aggiunto
  dalla legge 30 luglio 2002, n. 189.
- Costituzione, artt. 3 e 13, comma terzo.
(GU n.33 del 20-8-2003 )
                         IL GIUDICE DI PACE

    All'udienza  del  24  maggio  2003  ha  pronunciato  la  seguente
ordinanza  di  rimessione  alla  Corte costituzionale di questione di
legittimita' sollevata in via incidentale.
    In  data  23  maggio  2003  personale della Polizia municipale di
Roma,  III  gruppo  traeva in arresto Luca Florin, nato in Romania 19
gennaio  1968,  difeso  di  ufficio  dall'avv. Antonio Malara, per il
reato  di  cui  all'art. 14,  comma  5-quinquies, decreto legislativo
n. 286  del  1998  come modificato dalla legge 30 luglio 2002 n. 189;
presentato  all'odierna  udienza  per la convalida dell'arresto ed il
contestuale  giudizio  direttissimo,  sentitla  relazione dell'agente
operante   ed  effettuato  l'interrogatorio  dell'imputato,  il  p.m.
chiedeva  convalidarsi  l'arresto  ai  sensi  del  comma  5-quinquies
dell'art. 14 decreto legislativo citato;
    Il difensore si rimetteva al giudice.
    Ritiene  il  giudice  che  debba  essere  sollevata  questione di
legittimita'  costituzionale dell'art. 14, comma 5-quinquies, decreto
legislativo  citato  in riferimento agli artt. 13, comma 3, e 3 della
Costituzione.
    In  via  preliminare,  va rilevato come non possa dubitarsi della
legittimita'  dell'operato  della  p.g.  che  ha  adottato  la misura
restrittiva  della liberta' personale nella flagranza di un reato per
il  quale  e' attualmente previsto l'arresto obbligatorio; gli stessi
agenti  peraltro  hanno  ritualmente  presentato  l'arrestato  per la
convalida,  onde nessun rilievo puo' essere mosso agli agenti. Sempre
in  via  preliminare va rilevato come la questione che si intende qui
sollevare  non  abbia certamente perso la sua rilevanza anche qualora
il  giudice rimetta in liberta' l'arrestato, atteso che comunque deve
essere  accertata  la  legittimita'  dell'arresto eseguito, che nella
fattispecie  verrebbe  meno  ove  fosse  dichiarata la illegittimita'
costituzionale  della  disposizione  in base alla quale esso e' stato
operato (cfr. C. cost. 16 febbraio 1993 n. 54).
    Venendo  ora  all'esame  del merito, va rilevato come la norma di
cui  all'art. 13  Cost.,  oltre  ad affermare la inviolabilita' della
liberta'  personale  ed  a prevedere una espressa riserva di legge in
materia,  preveda  un principio generale secondo il quale la liberta'
della   persona   puo'   essere  ristretta  solo  con  atto  motivato
dell'autorita' giudiziaria, l'unica deroga contemplata dalla norma in
esame  e'  prevista  al  comma  3,  ove  si afferma che l'adozione di
provvedimenti  provvisori  e'  consentita  all'autorita'  di Pubblica
Sicurezza  solo  in  presenza  di casi eccezionali di necessita' e di
urgenza indicati tassativamente dalla legge.
    A  proposito  del  significato  del termine eccezionale, la Corte
costituzionale  ha ritenuto che esso non e' legato alla rarita' della
fattispecie considerata, bensi' al suo porsi al di fuori della regola
ordinaria   e   che   pertanto  tale  requisito  non  puo'  ritenersi
contraddetto  dalla  frequenza  e  dalla  prevedibilita' dei fatti di
violazione  della  norma  incriminatrice (cfr. sentenza n. 64/1977 in
tema  di  art. 9  legge  n. 1423/56).  Nessun  ulteriore  dubbio puo'
pertanto  essere  sollevato  -  alla  luce  della  citata decisione -
relazione  alla  presenza  nel  caso  in  esame  del  requisito della
eccezionalita'.
    Diversa  conclusione  deve  -  ad  avviso  del  giudice  - essere
raggiunta  a  proposito  degli ulteriori requisiti della necessita' e
dell'urgenza;  sul  punto,  va  ricordato  come la Corte stessa abbia
ritenuto che «... gli estremi della necessita' ed urgenza affidati al
prudente  apprezzamento  degli organi di polizia nell'esercizio della
funzione  di pubblica sicurezza ... vanno visti sia in relazione alle
esigenze  dell'acquisizione  e  della  conservazione delle prove, sia
soprattutto  alte  qualita' morali del soggetto attivo, cioe' piu' in
generale  agli elementi subiettivi indicati dall'art. 133 c.p.» (cfr.
C. cost. 173/1971).
    Nel  sistema  vigente,  la  misura  dell'arresto  obbligatorio e'
prevista  infatti  nei  casi  di  flagranza  di  reati  connotati  da
particolare gravita', ossia quelli per i quali la legge stabilisce la
pena  dell'ergastolo  o  della  reclusione non inferiore nel minimo a
cinque  anni  e  nel  massimo a venti (art. 380 comma 1 c.p.p.) e nei
casi  di  flagranza di altri reati, specificamente indicati (art. 380
comma  2  c.p.p.)  che  sono  stati  individuati dal legislatore come
caratterizzati  da  speciali  esigenze  di tutela della collettivita'
(cfr.  legge  delega 16 febbraio 1987 n. 81). In tutti questi casi la
necessita'  e l'urgenza sono insite nella natura stessa dei reati per
i  quali  la  misura  in  esame  e'  stata  prevista,  reati che sono
oggettivamente  e  concretamente  suscettibili  di  compromettere  le
citate esigenze.
    Il reato di cui all'art. l4, comma 5, decreto legislativo citato,
che  ha  natura  contravvenzionale,  consiste  invece  nella semplice
inottemperanza  da  parte  dello  straniero  all'ordine di espulsione
emanato  dal  questore,  in  assenza  di  giustificato motivo. Questa
violazione  si  pone  dunque su un piano del tutto diverso rispetto a
quello  dei reati appena considerati: in particolare, la condotta che
lo  integra  non  e'  suscettibile  di  destare  -  ne oggettivamente
considerata,  ne'  valutata  in  relazione alle condizioni soggettive
dell'agente  -  particolare  allarme sociale, tale da giustificare di
per  se'  l'adozione  immediata  di un provvedimento limitativo della
liberta' personale, quale quello previsto dalla nuova normativa.
    Sul  punto,  va  evidenziato come nel caso di specie per espresso
dettato  normativo  non  sia consentita - mancandone i presupposti di
legge  - l'applicazione di alcuna misura cautelare; l'arresto operato
dalla  p.g.  e'  pertanto  destinato ad esaurire i suoi effetti ancor
prima  dell'udienza  di convalida: la norma di cui all'art. 121 disp.
att.  c.p.p.  stabilisce  infatti  che  quando il p.m. ritenga di non
dover  chiedere  l'applicazione  di misure coercitive - ed ancor piu'
evidentemente  quando  non  possa richiedere tali misure - egli debba
disporre  l'immediata  liberazione  dell'arrestato  o del fermato. Il
provvedimento  contemplato dalla norma in esame si discosta dunque da
quella  che  e'  la  finalita'  propria  dell'arresto  - generalmente
prcautelare   -   ossia   strettamente   funzionale  alla  successiva
applicazione di una misura cautelare da parte dell'a.g.
    Ne'  puo'  sostenersi  che  i  requisiti  in esame possano essere
individuati con riferimento alla necessita' di instaurare il giudizio
con rito direttissimo, posto che, per le considerazioni sopra svolte,
tale  giudizio  si  svolgera'  necessariamente  nei  confronti  di un
imputato in stato di liberta'.
    Ancora, va rilevato come la necessita' e l'urgenza di limitare la
liberta'   dello   straniero   nel   caso   di   specie  non  trovino
giustificazione nemmeno in relazione al fine - peraltro estraneo alle
finalita'  proprie  dell'istituto  -  di  rendere  possibile  la  sua
successiva espulsione dal territoio dello Stato; il comma 5-ter dell'
art. 14  prevede infatti che in tale caso l'espulsione avviene sempre
mediante  accompagnamento  alla  frontiera  e dunque - in base a tale
disposizione  -  e' in ogni caso garantito l'effettivo allontanamento
dello  straniero  dal territorio naziona e. L'inutilita' della misura
in  esame  al  fine  indicato  traspare  poi  con  maggiore  evidenza
nell'ipotesi  in  cui  non  sia  possibile  eseguire con immediatezza
l'espulsione,  ipotesi  nella  quale  il questore, ai sensi del comma
5-quinquies   dell'art. 14,   puo'  disporre  che  lo  straniero  sia
trattenuto  in  un  centro di permanenza temporanea, per la durata di
trenta giorni, prorogabili per ulteriori trenta.
    Infine,  appare di immediata evidenza la assoluta irrilevanza del
provvedimento   restrittivo   in  esame  in  relazione  ad  eventuali
finalita'  di  acquisizione  o  conservazione  della prova del reato,
certamente non compromesse ove il soggetto resti in liberta'.
    La  restrizione della liberta' personale dello straniero prevista
dalla  norma  in  esame  e'  dunque priva di ogni concreta utilita' e
appare   in  conclusione  fine  a  se'  stessa  e  quindi  del  tutto
irragionevole,   in   contrasto  con  quanto  affermato  dalla  Corte
costituzionale  nella  sentenza  n. 244  del  1974,  laddove e' stata
riconosciuta  nella  materia  in  questione ampia discrezionalita' al
legislatore,   discrezionalita'   limitata   solo   dalla   manifesta
irragionevolezza delle scelte operate.
    La   ritenuta   irragionevolezza  della  previsione  dell'arresto
obbligatorio  nel  caso  di  specie consente di ritenere la misura in
esame  manifestamente  discriminatoria nei confronti di una categoria
di  persone socialmente sfavorite e consente dunque di dubitare della
conformita' della stessa al dettato dell'art. 3 Cost.
    Ben  diversa  sarebbe la situazione qualora il legislatore avesse
previsto  -  nel  caso  in  esame  -  la facoltativita' dell'arresto,
lasciando  all'autorita'  di P.S. una discrezionalita' da esercitarsi
in  presenza  di  determinate  situazioni  soggettive  che rendessero
concretamente  necessario  ed  urgente  l'intervento  di  P.S., fermo
restando  il  controllo  dell'autorita'  giudiziaria  sulla effettiva
esistenza  di  tali  requisiti,  cosi' come si puo' argomentare dalla
sentenza  n. 64  del  1977, relativa ad una questione di legittimita'
costituzionale  dell'art. 9  legge  n. 1423/56;  in tale occasione la
Corte  ha  infatti affermato la conformita' al dettato costituzionale
della  norma  citata proprio in quanto prevede una ipotesi di arresto
facoltativo e non obbligatorio.
                              P. Q. M.
    Visti  gli  artt. 134  Cost.,  23 e seguenti legge 11 marzo 1953,
n. 87;
    Dichiara  rilevante e non manfestamente infondata la questione di
legittimita'  costituzionale dell'art. 14, comma 5-quinquies, decreto
legislativo  n. 286/1998,  come modificato dalla legge 26 agosto 2002
n. 189,  nella  parte  in  cui  dispone  che  per  il  reato previsto
dall'art. 14, comma 5-ter, stesso decreto, sia obbligatorio l'arresto
dell'autore del fatto, per violazione degli artt. 13 comma terzo, e 3
Costituzione, come sopra motivato.
    Dispone  la  immediata  trasmissione dei relativi atti alla Corte
costituzionale e sospende il presente procedimento sino all'esito del
giudizio incidentale di legittimita' costituzionale.
    Dispone  che  la  presente ordinanza sia notificata, a cura della
cancelleria,  al  Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri,  nonche'
comunicata ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della
Repubblica.
    Cosi' deciso in Roma il 24 maggio 2003
                         Il giudice: Callari
03C0791