N. 226 SENTENZA 19 giugno - 4 luglio 2003

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale.

Intervento  in  giudizio  - Associazione italiana World Wide Fund for
  Nature - Deposito dell'atto fuori termine - Inammissibilita'.
Ricorso  governativo  in via principale - Motivazione - Sufficienza -
  Eccezione contraria della resistente Regione - Rigetto.
Regione  Puglia  -  Caccia - Disciplina regionale - Delimitazione del
  periodo  venatorio  oltre  il termine del 31 gennaio previsto dalla
  legge statale - Contrasto con il principio di tutela uniforme della
  fauna  selvatica  nell'intero territorio nazionale in attuazione di
  normativa comunitaria - Illegittimita' costituzionale.
- Legge della Regione Puglia 21 maggio 2002, n. 7, art. 38, comma 2.
- Costituzione,   art. 117,   secondo   comma,   lettera   s);  legge
  11 febbraio 1992, n. 157, art. 18.
Caccia  -  Disciplina  statale  -  Termine  di  chiusura  del periodo
  venatorio  -  Ritenuta  non  derogabilita' da parte delle Regioni -
  Questione  incidentale  di  legittimita' costituzionale - Richiesta
  della Regione Puglia - Manifesta infondatezza.
- Legge 11 febbraio 1992, n. 157, art. 18, comma 2.
- Costituzione, art. 117, primo e secondo comma, lettera s), quarto e
  quinto comma.
(GU n.27 del 9-7-2003 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Riccardo CHIEPPA;
  Giudici:  Gustavo  ZAGREBELSKY,  Valerio  ONIDA,  Carlo MEZZANOTTE,
Fernanda   CONTRI,  Guido  NEPPI  MODONA,  Piero  Alberto  CAPOTOSTI,
Annibale  MARINI,  Franco  BILE, Giovanni Maria FLICK, Ugo DE SIERVO,
Romano VACCARELLA, Alfio FINOCCHIARO;
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale dell'art. 38, comma 2,
della  legge  della  Regione Puglia 21 maggio 2002, n. 7 «Bilancio di
previsione  per  l'esercizio  finanziario 2002 e bilancio pluriennale
2002-2004»  promosso  con  ricorso  del  Presidente del Consiglio dei
ministri  notificato  il 19 luglio 2002, depositato in cancelleria il
27 successivo ed iscritto al n. 46 del registro ricorsi 2002.
    Visto  l'atto di costituzione della Regione Puglia nonche' l'atto
di  intervento  dell'Associazione Italiana per il World Wide Fund for
Nature - Onlus;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  25 febbraio  2003  il giudice
relatore Fernanda Contri;
    Uditi  l'avvocato  dello Stato Massimo Mari per il Presidente del
Consiglio dei ministri e l'avvocato Beniamino Caravita di Toritto per
la Regione Puglia.

                          Ritenuto in fatto

    1. - Con   ricorso   regolarmente  notificato  e  depositato,  il
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  ha  sollevato questione di
legittimita'  costituzionale in via principale dell'art. 38, comma 2,
della  legge  della  Regione Puglia 21 maggio 2002, n. 7 (Bilancio di
previsione  per  l'esercizio  finanziario 2002 e bilancio pluriennale
2002-2004),  per contrasto con l'art. 117, secondo comma, lettera s),
della Costituzione.
    La   disposizione   censurata  individua  le  specie  di  uccelli
«cacciabili  dalla  terza  domenica di settembre all'ultimo giorno di
febbraio»,   ponendosi  in  contrasto,  secondo  il  ricorrente,  con
l'art. 18   della  legge  11 febbraio  1992,  n. 157  (Norme  per  la
protezione   della  fauna  selvatica  omeoterma  e  per  il  prelievo
venatorio),  che,  recependo  la  normativa  comunitaria  in materia,
determina i periodi di caccia vietando l'attivita' venatoria oltre il
termine del 31 gennaio. A giudizio del ricorrente sarebbe in tal modo
violato  il  «principio  primario  e  prevalente»  -  desumibile  dai
contenuti della predetta legge statale - «di protezione della fauna»,
rivolto  al  perseguimento  di  un  obiettivo rientrante nella tutela
dell'ambiente e dell'ecosistema, la cui competenza risulta attribuita
in  via  esclusiva  allo Stato ai sensi dell'art. 117, secondo comma,
lettera s), della Costituzione.
    2. - Nel  giudizio  davanti  a  questa  Corte si e' costituita la
Regione   Puglia,   chiedendo   che   la  questione  di  legittimita'
costituzionale sia dichiarata inammissibile o infondata.
    La resistente rileva anzitutto l'inammissibilita' del ricorso per
insufficiente  motivazione,  richiamando  la giurisprudenza di questa
Corte  sul  punto  (sentenze  n. 517  del 1987 e n. 245 del 1984). In
particolare,    con    riferimento   all'asserito   contrasto   della
disposizione  censurata con l'art. 18 della legge n. 157 del 1992, si
sottolinea  che  non  e' neppure menzionato il comma di riferimento e
che,  anche  in considerazione della molteplicita' delle disposizioni
in  esso  contenute,  la  difesa della Regione Puglia potrebbe essere
pregiudicata.
    Nel  merito,  la  Regione  Puglia  ritiene che la norma censurata
riguardi  non tanto l'ambiente, quanto la «caccia», ossia una materia
che,  a  seguito  della  riforma  operata con la legge costituzionale
18 ottobre  2001,  n. 3  (Modifiche  al  Titolo V della parte seconda
della  Costituzione),  rientra nella «competenza esclusiva regionale»
ai sensi del quarto comma dell'art. 117 della Costituzione, in quanto
non  menzionata  tra  le materie di competenza concorrente (art. 117,
terzo   comma)   ne'  tra  quelle  di  competenza  esclusiva  statale
(art. 117,  secondo  comma).  La legislazione regionale in materia di
«caccia»  non  rientra  piu'  nella  competenza  concorrente e non e'
dunque  soggetta  al  rispetto  dei  «principi fondamentali stabiliti
dalle leggi dello Stato», per cui non sarebbe conferente il richiamo,
operato dal ricorrente, all'art. 18 della legge n. 157 del 1992.
    La   resistente   contesta,   quindi,   la   riconduzione   della
disposizione   regionale   impugnata  alla  «materia»  della  «tutela
dell'ambiente  e dell'ecosistema» di cui all'art. 117, secondo comma,
lettera s),  della  Costituzione  e, richiamata la sentenza di questa
Corte  n. 407  del  2002,  afferma  che «anche ad ammettere che nella
"caccia"  si possa rinvenire un collegamento funzionale con la tutela
ambientale,  questo  non  potrebbe  comunque  autorizzare lo Stato ad
espropriare  la regione di una materia di sicura competenza esclusiva
regionale,  quanto  piuttosto verificare se vi sono degli aspetti che
richiedono  un  intervento  statale  volto a garantire una disciplina
uniforme su tutto il territorio nazionale».
    La determinazione del periodo di caccia non necessita, secondo la
resistente,  di  un  intervento  statale volto a garantire una tutela
uniforme  su  tutto  il  territorio  nazionale,  tanto e' vero che la
stessa  legge  statale  che  si  assume  violata indica un periodo di
riferimento  temporale  variabile,  suscettibile  di  deroga da parte
delle  regioni «in relazione alle situazioni ambientali delle diverse
realta' territoriali» (art. 18, secondo comma, della legge n. 157 del
1992).
    In  base  all'assunto per cui nel mese di febbraio nel territorio
pugliese  le  specie  animali  oggetto del prolungamento di attivita'
venatoria  sono  svernanti,  non  avendo ancora intrapreso la fase di
migrazione  per  raggiungere  i  luoghi  di nidificazione, la Regione
Puglia  ritiene  che  la  disposizione  censurata non realizzi alcuna
«lesione  ambientale»,  non  contrastando, peraltro, con disposizioni
statali  che  possano  ritenersi  indispensabili  per  assicurare  la
sopravvivenza e la riproduzione delle specie selvatiche. Quest'ultima
ipotesi  non  ricorrerebbe  infatti  con  riferimento alla previsione
contenuta  nell'art. 18 della legge n. 157 del 1992, che non potrebbe
essere  qualificata  come  «norma fondamentale» o «standard minimo di
tutela»  in  quanto  si  limiterebbe  a  dettare  una disposizione di
dettaglio   in   una   materia   oggi  appartenente  alla  competenza
«esclusiva»  del legislatore regionale. Ne' la determinazione statale
potrebbe   ritenersi   collegata   all'attuazione   della   direttiva
79/409/CEE, concernente la conservazione degli uccelli, che si limita
a impedire la caccia durante determinati periodi di vita dell'animale
(nidificazione,  riproduzione,  dipendenza, migrazione) senza imporre
alcun vincolo temporale in ordine al periodo di caccia consentito.
    Le  norme  regionali  censurate  sarebbero pertanto conformi alla
richiamata  normativa comunitaria, nonche' alle convenzioni stipulate
dall'Italia in materia di protezione faunistica (convenzione di Berna
del  19 settembre  1979,  sulla  conservazione della vita selvatica e
dell'ambiente  naturale  in Europa, resa esecutiva con legge 5 agosto
1981,  n. 503;  convenzione  di  Parigi  del  18 ottobre 1950, per la
protezione  degli uccelli, resa esecutiva con legge 24 novembre 1978,
n. 812),  le quali anche si prefiggono di assicurare la conservazione
di alcune specie animali senza stabilire precisi vincoli temporali.
    Venuto  meno  l'obbligo  del  rispetto  dei principi fondamentali
stabiliti  dalla  legislazione  statale  in  materie  attribuite alla
competenza  «esclusiva» regionale, la disposizione censurata avrebbe,
quindi,  legittimamente  derogato  alle  determinazioni contenute nel
secondo comma dell'art. 18 della legge n. 157 del 1992, rispettando i
vincoli  derivanti  dall'ordinamento  comunitario  e  dagli  obblighi
internazionali  (ossia  gli unici limiti che possono essere invocati,
ai  sensi  del  primo  comma dell'art. 117 della Costituzione, per le
materie   attribuite  alla  potesta'  esclusiva  regionale).  A  tale
riguardo   la   Regione   Puglia   richiama  anche  il  quinto  comma
dell'art. 117 della Costituzione, che attribuisce alle Regioni e alle
Province  autonome  di  Trento e Bolzano il potere di dare attuazione
diretta  agli  atti  dell'Unione  europea, rendendo cosi' cedevoli le
disposizioni statali eventualmente emanate.
    3. - Ha    presentato    atto   di   intervento   fuori   termine
l'Associazione Italiana per il World Wide Fund for Nature - Onlus.
    4. - In  prossimita' dell'udienza il Presidente del Consiglio dei
ministri   ha   depositato   memoria,   con   la  quale  insiste  per
l'accoglimento del ricorso.
    In  particolare,  l'Avvocatura  dello  Stato  sottolinea  che  la
censurata  norma  regionale  lederebbe  il  riparto costituzionale di
competenze  legislative  come  disciplinato  nel  riformato Titolo V,
compromettendo  la  competenza  esclusiva  dello  Stato in materia di
tutela  dell'ambiente,  dell'ecosistema e dei beni culturali, secondo
il  dettato  della  lettera s),  secondo  comma,  dell'art. 117 della
Costituzione.   La   difesa   erariale   richiama  la  giurisprudenza
costituzionale  in  materia di tutela dell'ambiente, ritenendo che in
base  ad  essa  sia  possibile  affermare che, laddove sia rilevabile
l'emersione  del  valore  «ambiente»,  lo Stato possa intervenire con
legge  allo  scopo di garantire la sussistenza di quegli standards di
tutela  uniforme  senza i quali «l'equilibrio ambientale» non sarebbe
garantito  in maniera unitaria e soddisfacente su tutto il territorio
nazionale,  al  di  la' dell'ambito materiale della disciplina in cui
tale   intervento  si  concreta.  In  particolare,  la  delimitazione
temporale del prelievo venatorio, in quanto misura volta direttamente
alla  protezione  delle  specie  selvatiche  su  tutto  il territorio
nazionale,  e'  oggetto  che va ricompreso nella competenza esclusiva
dello Stato in materia di ambiente ed ecosistema ex art. 117, secondo
comma, lettera s), della Costituzione, spettando dunque allo Stato la
fissazione  di  standards  di  tutela  uniforme  e  il potere di dare
attuazione interna alla normativa comunitaria in materia.
    5. - Anche  la  Regione  Puglia  ha depositato una memoria con la
quale  insiste,  anzitutto,  per  l'inammissibilita'  del ricorso per
insufficiente motivazione.
    Nel  merito  la  Regione  Puglia  sottolinea  che  la proroga del
periodo  venatorio  di  alcune specie cacciabili disposta dalla norma
censurata    non   avrebbe   effetti   pregiudizievoli   sull'habitat
faunistico,  in  quanto  l'attivita'  di riproduzione e il periodo di
migrazione  degli  uccelli  presi in considerazione si svolgerebbero,
nel territorio pugliese, nei mesi successivi a febbraio.
    La  disciplina  statale rivolta a garantire standards uniformi di
tutela  non  potrebbe  pregiudicare  le  determinazioni regionali ove
queste non siano irragionevoli e non ostacolino la sopravvivenza e la
riproduzione   delle  specie  che  sono  oggetto  della  proroga,  in
conformita'  con  quanto  stabilito  dalla  direttiva 79/409/CEE. Sul
punto,  la  resistente ritiene che la sentenza di questa Corte n. 536
del  2002,  pur  riconoscendo  in  capo allo Stato la titolarita' del
potere  di  fissare  il  periodo temporale nel quale e' consentito il
prelievo  venatorio,  contenga «segni di apertura», laddove si rileva
che  «l'estensione  del  periodo  venatorio operata in tal modo dalla
regione  costituisce  una deroga rispetto alla previsione legislativa
statale,  non giustificata da alcun elemento peculiare del territorio
sardo».
    La  titolarita'  di una competenza esclusiva regionale in materia
di  caccia,  da  ritenersi  riconosciuta  a seguito della riforma del
Titolo  V della parte seconda della Costituzione, dovrebbe quantomeno
legittimare le Regioni a porre in essere delle deroghe agli standards
fissati  dalla  legge  statale  purche'  forniscano,  secondo  quanto
stabilisce la Corte di giustizia (sentenza del 7 dicembre 2000, causa
C-38/99),  la prova, avallata da dati tecnico-scientifici appropriati
a  ciascun  caso  specifico,  che  «uno  scaglionamento delle date di
chiusura  della  caccia  non sia di ostacolo alla protezione completa
delle  specie  di  uccelli  che da tale scaglionamento possono essere
interessati».  In  mancanza,  la  competenza  esclusiva  regionale in
materia di caccia sarebbe sostanzialmente svuotata.
    Tuttavia,  l'art. 18  della  legge  n. 157  del 1992, fissando il
termine  di  chiusura  della  caccia,  non  consente  alle Regioni di
derogare   allo  stesso.  Ai  fini  della  definizione  del  giudizio
principale,  la  Regione  Puglia  ritiene  pertanto indispensabile la
preliminare    risoluzione    della    questione    di   legittimita'
costituzionale  dell'art. 18,  comma 2,  della legge n. 157 del 1992,
per violazione dell'art. 117, primo comma, secondo comma, lettera s),
quarto e quinto comma, nella parte in cui (terzo periodo del comma 2)
non  prevede  che il termine di chiusura della caccia ivi contemplato
sia  derogabile dalle Regioni che forniscano la prova scientifica che
lo  scaglionamento  non e' di ostacolo alla protezione completa delle
specie   di   uccelli  che  da  tale  scaglionamento  possono  essere
interessati.
    Con  riguardo all'atto di intervento depositato dall'Associazione
Italiana per il World Wide Fund for Nature - Onlus, la Regione Puglia
richiama,  infine, la giurisprudenza di questa Corte secondo la quale
nei  giudizi in via principale non e' ammessa la presenza di soggetti
diversi   dalla  parte  ricorrente  e  dal  titolare  della  potesta'
legislativa  il  cui esercizio e' oggetto di contestazione (ordinanze
n. 130 del 1997; n. 507 del 1993; sentenze n. 35 del 1995; n. 382 del
1999).
    6. - Ha  depositato memoria fuori termine l'Associazione Italiana
per il World Wide Fund for Nature - Onlus.

                       Considerato in diritto

    1. - Il  Presidente  del  Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso  dall'Avvocatura  generale dello Stato, sottopone al controllo
di  costituzionalita'  l'art. 38,  comma 2, della legge della Regione
Puglia  21 maggio  2002, n. 7 (Bilancio di previsione per l'esercizio
finanziario 2002 e bilancio pluriennale 2002-2004), per contrasto con
l'art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione.
    La  norma  censurata  individua  le specie di uccelli «cacciabili
dalla  terza  domenica  di settembre  all'ultimo giorno di febbraio»,
ponendosi  in  contrasto,  secondo il ricorrente, con l'art. 18 della
legge  11 febbraio  1992, n. 157 (Norme per la protezione della fauna
selvatica  omeoterma  e per il prelievo venatorio), che, recependo la
normativa  comunitaria  in  materia,  determina  i  periodi di caccia
vietando l'attivita' venatoria oltre il termine del 31 gennaio.
    A  giudizio  del  ricorrente  sarebbe  in  tal  modo  violato  il
«principio  primario  e  prevalente» - desumibile dai contenuti della
predetta  legge  statale  -  «di  protezione della fauna», rivolto al
perseguimento di un obiettivo rientrante nella tutela dell'ambiente e
dell'ecosistema,   la   cui  competenza  risulta  attribuita  in  via
esclusiva  allo  Stato ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera
s), della Costituzione.
    2. - L'intervento  della  Associazione Italiana per il World Wide
Fund for Nature - Onlus e' inammissibile in ragione del preliminare e
assorbente  profilo  relativo alla tardivita' del deposito effettuato
oltre  il  termine  previsto  dall'art. 23,  terzo comma, delle norme
integrative   per   i   giudizi  davanti  alla  Corte  costituzionale
(ordinanza  allegata  alla  sentenza n. 536 del 2002; sentenza n. 507
del 2000).
    3. - In   via   preliminare,   deve  respingersi  l'eccezione  di
inammissibilita'  del ricorso per insufficiente motivazione, avanzata
dalla  resistente  Regione  Puglia.  Il  ricorso, ancorche' succinto,
permette  di  determinare  l'oggetto  della  questione  sottoposta al
giudizio di costituzionalita'.
    4. - Nel merito la questione e' fondata.
    5. - Come  gia'  affermato  da questa Corte nella sentenza n. 536
del  2002,  l'art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione
esprime  una  esigenza  unitaria  per  cio'  che  concerne  la tutela
dell'ambiente  e dell'ecosistema, ponendo un limite agli interventi a
livello  regionale che possano pregiudicare gli equilibri ambientali.
In  quell'occasione,  la  Corte  ebbe  ad affermare - tra l'altro con
riferimento  ad  una  Regione  a statuto speciale cui e' riconosciuta
competenza primaria in materia di caccia - che «la disciplina statale
rivolta  alla  tutela  dell'ambiente  e dell'ecosistema puo' incidere
sulla   materia  caccia,  pur  riservata  alla  potesta'  legislativa
regionale, ove l'intervento statale sia rivolto a garantire standards
minimi  e  uniformi  di  tutela  della  fauna,  trattandosi di limiti
unificanti   che   rispondono  a  esigenze  riconducibili  ad  ambiti
riservati alla competenza esclusiva dello Stato».
    La   delimitazione  temporale  del  prelievo  venatorio  disposta
dall'art. 18  della  legge  n. 157  del  1992  e'  stata considerata,
proprio  nella  richiamata sentenza n. 536 del 2002, come «rivolta ad
assicurare   la   sopravvivenza   e   la  riproduzione  delle  specie
cacciabili» e quindi rispondente all'esigenza di tutela dell'ambiente
e  dell'ecosistema  per  il  cui  soddisfacimento l'art. 117, secondo
comma, lettera s), della Costituzione ritiene necessario l'intervento
in  via  esclusiva  della  potesta' legislativa statale. Allungare il
termine della chiusura della stagione venatoria oltre quello previsto
dalla  legge  statale  equivale  ad  incidere  sul  «nucleo minimo di
salvaguardia  della  fauna  selvatica,  nel  quale  deve includersi -
accanto all'elencazione delle specie cacciabili - la disciplina delle
modalita'  di caccia, nei limiti in cui prevede misure indispensabili
per  assicurare  la  sopravvivenza  e  la  riproduzione  delle specie
cacciabili.  Al  novero di tali misure va ascritta la disciplina che,
anche  in  funzione di adeguamento agli obblighi comunitari, delimita
il periodo venatorio» (sentenza n. 323 del 1998).
    La  legge della Regione Puglia, ora all'esame della Corte, va per
le   stesse   ragioni   dichiarata  incostituzionale  per  violazione
dell'art. 117,  secondo  comma,  lettera s),  della  Costituzione, in
quanto  lesiva  di  uno  standard  di tutela uniforme che deve essere
rispettato nell'intero territorio nazionale.
    6. - Questa  Corte  non  ritiene  di dover sollevare nel presente
giudizio   questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 18,
comma 2,  della  legge  n. 157  del 1992, come invece richiesto dalla
resistente Regione Puglia.
    La  suddetta  richiesta  si  basa sulla considerazione per cui la
disciplina  statale  rivolta a garantire standards uniformi di tutela
non  potrebbe pregiudicare le determinazioni regionali ove queste non
siano   irragionevoli   e   non  ostacolino  la  sopravvivenza  e  la
riproduzione   delle  specie  che  sono  oggetto  della  proroga,  in
conformita'  con  quanto  stabilito  dalla  direttiva  79/409/CEE. La
resistente  invoca  il  passo  della  sentenza  n. 536 del 2002 della
Corte,  laddove,  pur  riconoscendo in capo allo Stato la titolarita'
del potere di fissare il periodo temporale nel quale e' consentito il
prelievo venatorio, si rileva che «l'estensione del periodo venatorio
operata  in  tal  modo  dalla regione costituisce una deroga rispetto
alla  previsione  legislativa  statale,  non  giustificata  da  alcun
elemento peculiare del territorio sardo».
    Il riferimento a presunti elementi peculiari del territorio sardo
va  tuttavia  letto  nel  contesto della motivazione della richiamata
decisione  e  dei  rilievi  avanzati  in quell'occasione dalla difesa
della   Regione  Sardegna.  E,  soprattutto,  occorre  precisare  che
l'enunciato  richiamato  si  completa  nella  citata  sentenza con la
«considerazione  del  fatto  che  l'Istituto  nazionale  per la fauna
selvatica,  organismo  tecnico  scientifico  cui lo Stato italiano ha
affidato  compiti  di ricerca e consulenza sulla materia, ha espresso
in proposito una valutazione negativa».
    Eventuali  deroghe  agli standards minimi di tutela fissati nella
legislazione statale attuativa della normativa comunitaria in materia
possono  essere disciplinate solo per la salvaguardia degli interessi
generali   indicati   nell'art. 9   della  direttiva  79/409/CEE,  ed
esclusivamente  sulla  base  di  una  normativa  nazionale  idonea  a
garantire  su  tutto  il  territorio nazionale un uniforme e adeguato
livello  di  salvaguardia  (sentenze  n. 169  e  n. 168 del 1999). La
suddetta  ipotesi  non  ricorre nel caso di specie, non essendo state
rispettate le condizioni delineate nella direttiva comunitaria.
    Non  vi  sono  pertanto  i presupposti per sollevare nel presente
giudizio   questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 18,
comma 2, della legge n. 157 del 1992, in quanto la relativa eccezione
prospettata  dalla  resistente  appare  manifestamente infondata alla
luce   di   quanto   costantemente   affermato  nella  giurisprudenza
costituzionale  in  materia  di  delimitazione temporale del prelievo
venatorio.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara  l'illegittimita'  costituzionale dell'art. 38, comma 2,
della  legge  della  Regione Puglia 21 maggio 2002, n. 7 (Bilancio di
previsione  per  l'esercizio  finanziario 2002 e bilancio pluriennale
2002-2004).
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 19 giugno 2003.
                       Il Presidente: Chieppa
                        Il redattore: Contri
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 4 luglio 2003.
               Il direttore della cancelleria:Di Paola
03C0792