N. 228 SENTENZA 19 giugno - 4 luglio 2003

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale.

Protezione  civile  -  Disposizioni urgenti in materia - Adozione con
  decreto-legge  -  Ricorsi  delle  Regioni Toscana, Emilia-Romagna e
  Umbria   -  Sopravvenuta  riforma  costituzionale  e  modifica  del
  parametro  invocato  -  Conversione  in  legge  sotto il vigore del
  sistema  riformato  del decreto impugnato e innovazioni intervenute
  in  sede  di  conversione  -  Sopravvenuto  difetto di interesse al
  ricorso - Inammissibilita' delle questioni.
- D.L.  7 settembre  2001,  n. 343,  intero testo e artt. 1, comma 1,
  lettere e), f); 4; 5 e 7.
- Costituzione,   artt. 5,  76,  77,  95,  117  e  118;  legge  cost.
  18 ottobre 2001, n. 3.
Termini  normativi della questione - Impugnazione di un decreto-legge
  -    Sopravvenuta    riforma   costituzionale   del   parametro   -
  Trasferibilita'  della  questione  sulla  legge  di  conversione  -
  Esclusione.
- Costituzione, art. 127.
Questione in via principale - Prospettazione sulla base di plausibili
  opzioni interpretative - Ammissibilita'.
Protezione  civile  -  Poteri  governativi  -  Disposizioni urgenti -
  Soppressione  dell'Agenzia  di  protezione civile e assegnazione di
  compiti  al  Dipartimento  della  protezione civile - Ricorso della
  Provincia   di   Trento  -  Lamentata  sovrapposizione  dei  poteri
  governativi  all'attivita' normativa della Provincia - Salvaguardia
  delle  competenze  provinciali  nel  rispetto dello statuto e delle
  norme  di  attuazione statutaria - Necessita' - Non fondatezza, nei
  sensi di cui in motivazione, delle questioni.
- D.L. 7 settembre 2001, n. 343 (convertito, con modificazioni, dalla
  legge  9 novembre  2001,  n. 401),  art. 5,  commi 1,  2, 3-ter, 4,
  4-bis, 4-ter e 5.
- Statuto  Regione Trentino-Alto Adige, artt. 8, n. 5, n. 13, n. 17 e
  n. 24;  9,  n. 9;  16  e  52;  d.P.R. 22 marzo 1974, n. 381; d.lgs.
  16 marzo  1992, n. 266, artt. 2, 3 e 4; Cost. art. 117; legge cost.
  18 ottobre 2001, n. 3, art. 10.
Protezione  civile  -  Poteri  governativi  -  Disposizioni urgenti -
  Soppressione  dell'Agenzia  di  protezione civile e assegnazione di
  compiti  al  Dipartimento  della  protezione civile - Ricorso della
  Provincia   di   Trento  -  Lamentata  sovrapposizione  dei  poteri
  governativi  all'attivita' normativa della Provincia - Salvaguardia
  delle  competenze  provinciali  nel  rispetto dello statuto e delle
  norme  di  attuazione statutaria - Necessita' - Non fondatezza, nei
  sensi di cui in motivazione, delle questioni.
- D.L. 7 settembre 2001, n. 343 (convertito, con modificazioni, dalla
  legge  9 novembre  2001,  n. 401),  art. 5,  commi 1,  2, 3-ter, 4,
  4-bis, 4-ter, 5 e 6.
- Statuto Regione Trentino-Alto Adige, artt. 8, comma 1, n. 5, n. 13,
  n. 17  e n. 24; 9, comma 1, n. 9; 16 e 52, comma 2; d.P.R. 22 marzo
  1974,  n. 381,  artt. 33,  34  e  35; d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266,
  artt. 2, 3 e 4; Cost. artt. 117 e 118; legge cost. 18 ottobre 2001,
  n. 3, art. 10.
(GU n.27 del 9-7-2003 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Riccardo CHIEPPA;
  Giudici:  Gustavo  ZAGREBELSKY,  Valerio  ONIDA,  Carlo MEZZANOTTE,
Fernanda   CONTRI,  Guido  NEPPI  MODONA,  Piero  Alberto  CAPOTOSTI,
Annibale  MARINI,  Franco  BILE, Giovanni Maria FLICK, Ugo DE SIERVO,
Romano VACCARELLA, Alfio FINOCCHIARO;
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nei  giudizi  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 1, comma 1,
lettera e)  ed  f),  dell'art. 4,  dell'art. 5, commi 1, 2, 3-ter, 4,
4-bis, 4-ter, 5 e 6, e dell'art. 7, nonche' dell'intero decreto-legge
7 settembre  2001,  n. 343  (Disposizioni  urgenti  per assicurare il
coordinamento  operativo  delle  strutture preposte alle attivita' di
protezione civile) convertito, con modificazioni, in legge 9 novembre
2001,   n. 401,   promossi   con   ricorsi   delle  Regioni  Toscana,
Emilia-Romagna  e  Umbria  e  delle  Province  di Trento e di Bolzano
notificati  il  5, il 10 ottobre 2001 e il 9 gennaio 2002, depositati
in  cancelleria  il  12,  il  18 ottobre 2001 e il 16 e il 21 gennaio
2002,  iscritti ai numeri 39, 40 e 41 del registro ricorsi 2001 ed ai
numeri 1 e 2 del registro ricorsi 2002.
    Visti  gli  atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito   nell'udienza   pubblica  dell'8 aprile  2003  il  giudice
relatore Franco Bile;
    Uditi  gli  avvocati  Fabio  Lorenzoni  per  la  Regione Toscana,
Giandomenico  Falcon  e  Luigi  Manzi  per le Regioni Emilia-Romagna,
Umbria e per la Provincia di Trento, Roland Riz e Sergio Panunzio per
la  Provincia di Bolzano e l'avvocato dello Stato Giorgio D'Amato per
il Presidente del Consiglio dei ministri.

                          Ritenuto in fatto

    1.1. - Con  ricorso  notificato  il  5 ottobre  2001 e depositato
nella  cancelleria  di  questa  Corte  il  successivo  12 ottobre, la
Regione  Toscana  ha  impugnato  in via principale, nei confronti del
Presidente   del   Consiglio  dei  ministri,  l'intero  decreto-legge
7 settembre  2001,  n. 343  (Disposizioni  urgenti  per assicurare il
coordinamento  operativo  delle  strutture preposte alle attivita' di
protezione  civile),  con  cui  il  Governo ha soppresso l'Agenzia di
protezione  civile,  gia'  disciplinata  dal capo IV del titolo V del
decreto     legislativo     30 luglio     1999,    n. 300    (Riforma
dell'organizzazione del Governo, a norma dell'articolo 11 della legge
15 marzo  1997,  n. 59)  ed  ha  attribuito  le  relative funzioni al
Presidente del Consiglio dei ministri.
    La  regione ricorrente - premessa la ricognizione della normativa
in  materia  di  protezione civile che nel tempo aveva portato infine
all'istituzione  dell'Agenzia  di  protezione  civile  con il decreto
legislativo  30 luglio  1999, n. 300 (Riforma dell'organizzazione del
Governo, a norma dell'articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59) -
deduce  anzitutto  la  violazione  degli  articoli 5, 117 e 118 della
Costituzione,  sotto  il  profilo  della  lesione del principio della
leale  cooperazione tra Stato e regioni, per il venir meno della sede
istituzionale del raccordo e della concertazione.
    Sottolineato  che  la  protezione civile non e' materia riservata
allo  Stato,  ma  consiste  in  un  complesso di compiti ed attivita'
coinvolgenti  l'intero  arco di azione delle amministrazioni statali,
regionali  e  degli  enti  locali presenti sul territorio (implicanti
l'esigenza   di  coordinamento  per  assicurare  l'agire  armonico  e
razionale  dei  numerosi organismi interessati), la ricorrente assume
che,  proprio  in  considerazione  di tale «trasversalita», la scelta
organizzativa  del  decreto legislativo n. 300 del 1999 di ricondurre
in  capo all'Agenzia  tutte  le competenze, garantiva il rispetto del
ruolo   e  delle  attribuzioni  regionali,  tenuto  conto  della  sua
caratterizzazione   di   struttura   con   attivita'   di   carattere
tecnico-operativo  di interesse nazionale, operante anche al servizio
delle amministrazioni pubbliche, comprese quelle regionali e locali.
    Proprio  in  considerazione  di  queste  funzioni,  la ricorrente
rileva  che il legislatore aveva garantito che nel comitato direttivo
della  stessa  Agenzia  fosse  assicurata  anche  la  presenza  di un
rappresentante delle autonomie (art. 82, comma 3) e (come evidenziato
dall'art. 83)   aveva  posto  ad  operare  presso  l'Agenzia  sia  la
Commissione  nazionale  per la previsione e la prevenzione dei grandi
rischi  sia  il  Comitato  operativo della protezione civile, nonche'
aveva   assicurato   la  presenza  di  due  esperti  designati  dalla
Conferenza  permanente  Stato-regioni  nella  Commissione, chiamata a
svolgere  attivita'  consultiva tecnico-scientifica e propositiva per
la  prevenzione delle situazioni di rischio. In tal modo la soppressa
Agenzia si presentava come lo strumento idoneo a garantire in materia
il rispetto della leale cooperazione tra lo Stato e le regioni.
    Ulteriore  lesione  degli evocati parametri viene ravvisata dalla
regione  nel fatto che la soppressione della predetta Agenzia sarebbe
stata  disposta  unilateralmente dal Governo con decreto-legge, senza
alcuna  consultazione  sul  punto  con  le regioni. L'impugnato testo
normativo   avrebbe  dovuto,  invece,  essere  sottoposto  al  parere
preventivo  della  conferenza  Stato-regioni,  ai  sensi dell'art. 2,
commi 3   e   4,  del  decreto  legislativo  28 agosto  1997,  n. 281
(Definizione  ed  ampliamento  delle  attribuzioni  della  Conferenza
permanente  per  i  rapporti  tra  lo Stato, le regioni e le province
autonome  di  Trento  e  Bolzano ed unificazione, per le materie ed i
compiti  di  interesse  comune  delle  regioni,  delle province e dei
comuni,  con  la Conferenza Stato-citta' ed autonomie locali), che ha
generalizzato   la   partecipazione   consultiva  obbligatoria  della
Conferenza  Stato-regioni  sull'attivita' e sull'iniziativa normativa
del  Governo  nelle  materie regionali. E ad ogni modo - ove anche si
fosse  verificata  una  situazione  di  urgenza  -  la sua ricorrenza
avrebbe  dovuto  essere  dichiarata  dal Presidente del Consiglio dei
ministri  e, quindi, ai sensi dell'art. 2, comma 5, del d.lgs. n. 281
del 1997, si sarebbe dovuto procedere ad una consultazione successiva
(nei fatti omessa).
    La  regione  lamenta  ancora  la  violazione  dell'art. 76  della
Costituzione, con conseguente lesione delle attribuzioni regionali di
cui  agli  articoli 117  e  118  Cost., in quanto il decreto-legge in
oggetto  difetterebbe  completamente dei presupposti di necessita' ed
urgenza,  i  quali - cosi' come dichiarati nella premessa - sarebbero
vaghi  ed  inconsistenti,  sia in quanto quell'esigenza era garantita
gia'  dalla  struttura  esistente, sia perche', in ragione dell'epoca
del  decreto-legge  vi sarebbe stato il tempo per approvare una legge
con la procedura ordinaria prima dell'inverno.
    1.2. - Si e' costituito il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato  e  difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha
concluso  per  il  rigetto del ricorso, in particolare sostenendo: a)
l'insussistenza    della    violazione   del   principio   di   leale
collaborazione  ovvero  di  attribuzioni  od interessi della regione,
poiche' il decreto-legge impugnato ha abrogato una disciplina che non
aveva   ancora  prodotto  effetti  (in  quanto  l'Agenzia  non  aveva
cominciato  a  funzionare);  b)  che  il  decreto-legge impugnato non
avrebbe  fatto  altro  che  riportare  i  poteri  organizzativi  e di
coordinamento  facenti  capo al Presidente del Consiglio dei ministri
(come affermato da questa Corte nella sentenza n. 418 del 1992) sullo
stesso  piano  della  responsabilita'  corrispondente, eliminando una
situazione  che  avrebbe  potuto  far  sorgere  dubbi di legittimita'
costituzionale;   c)   che   il   rispetto   dell'esigenza  di  leale
collaborazione   andrebbe   valutata   nell'ambito  del  procedimento
attraverso  il quale lo Stato e la regione esercitano le attribuzioni
rispettive,  mentre  non porrebbe vincoli ai poteri di organizzazione
di  cui  ciascuno  dei  soggetti  e'  titolare;  d)  che,  dunque, il
principio  di  leale  collaborazione  non  sarebbe  leso,  in quanto,
operando  esso  in  sede  di  esercizio  e  non di organizzazione, le
regioni  avrebbero  solo  l'interesse  ad  essere coinvolte quando lo
Stato esercita i suoi poteri di coordinamento attraverso l'organo che
ha   ritenuto   opportuno  investire,  mentre  non  avrebbero  nessun
interesse  costituzionalmente  garantito a che il loro coinvolgimento
sia  realizzato  mantenendo  operanti  figure  organizzative statali,
destinate all'esercizio di attribuzioni anche esse statali; e) che la
ricorrente  non  sarebbe  legittimata ad evocare l'art. 76 Cost., non
essendovi  alcun  suo interesse da tutelare (e comunque, l'Avvocatura
sottolinea  che  il  decreto-legge  e'  stato portato all'esame della
Conferenza  unificata,  che  nella  seduta  dell'11 ottobre  2001  ha
espresso  parere  favorevole  con  la  richiesta  di alcune modifiche
accettate dal Governo).
    2.1. - Con  due ricorsi, entrambi notificati il 10 ottobre 2001 e
depositati  nella  cancelleria  di  questa  Corte  il  successivo  18
ottobre,   le   Regioni   Emilia-Romagna  ed  Umbria,  con  identiche
motivazioni,  hanno  impugnato  in  via  principale  il decreto-legge
n. 343  del 2001, nella parte in cui sopprime l'Agenzia di protezione
civile,  trasferendone le funzioni agli apparati governativi, nonche'
nella  parte  in  cui  tiene  ferme le attribuzioni di cui al decreto
legislativo  12 marzo  1948,  n. 804  (Norme  di  attuazione  per  il
ripristino  del  Corpo  forestale  dello  Stato) - con riferimento in
particolare  alle  disposizioni  dell'art. 1,  comma 1,  lettera e) e
lettera f) e degli artt. 4, 5 e 7 - per violazione degli artt. 5, 95,
117  e  118 della Costituzione, del principio di leale collaborazione
fra  Stato e regioni, dell'art. 2, commi 4 e 5, del d.lgs. n. 281 del
1997 e dell'art. 77 della Costituzione.
    Premessa,  con  considerazioni  analoghe a quelle formulate dalla
Regione  Toscana,  la «trasversalita» della materia protezione civile
nell'ambito delle competenze di cui all'art. 117 Cost., le ricorrenti
sottolineano   che,  con  l'istituzione  dell'Agenzia  di  protezione
civile,  si  erano intesi perseguire gli obiettivi della unificazione
della  gestione  di  funzioni  svolte  da  diversi  apparati statali,
nonche'  dell'assicurazione  dell'autonomia tecnica della gestione di
tali   funzioni   rispetto   agli   apparati   ministeriali   e   del
coinvolgimento  delle  regioni,  attraverso  un  modello condiviso di
amministrazione «centrale», ma non esclusivamente statale, imperniato
su  uno  strumento  tecnico  costituente  al tempo stesso una sede di
cooperazione tra le diverse istituzioni territoriali protagoniste del
sistema  di  protezione  civile.  Il decreto-legge impugnato avrebbe,
invece, sconvolto tale assetto, riattribuendo agli apparati puramente
statali  le funzioni gia' assegnate all'Agenzia, cosi' travolgendo il
carattere  «comune»  dello  strumento organizzativo e i meccanismi di
collaborazione tra Stato e regioni.
    Sulla  base  di tali premesse, le regioni ricorrenti lamentano la
violazione: a) degli artt. 5, 117 e 118 Cost., del principio di leale
collaborazione  e  dell'art. 2,  commi 4  e  5, del d.lgs. n. 281 del
1997,  stante  l'emanazione  del  decreto-legge senza loro preventiva
consultazione in sede di Conferenza Stato-regioni, e senza neppure la
dichiarazione  delle  specifiche ragioni di urgenza giustificative di
tale omissione; b) degli artt. 5, 95, 117 e 118 Cost. e del principio
di   leale   collaborazione,  in  ragione  della  soppressione  degli
strumenti di partecipazione regionale alle funzioni centrali previsti
dal d.lgs. n. 300 del 1999, non sostituiti da altri equivalenti.
    Piu'  specificamente,  poi,  l'art. 5 del decreto-legge impugnato
sarebbe illegittimo - in riferimento agli artt. 95, 117 e 118 Cost. -
anche  la'  dove  attribuisce  al  solo  Presidente del Consiglio dei
ministri  poteri  di  coordinamento  in  materia di protezione civile
(gia'  facenti  capo all'Agenzia),  cosi'  sottraendo una funzione di
indirizzo   (anche)   delle   regioni  alla  sede  costituzionalmente
necessaria,  cioe'  al  Consiglio  dei  ministri. Illegittimo sarebbe
anche  il  successivo art. 7, in base al quale «nelle materie oggetto
del  presente decreto restano ferme le attribuzioni di cui al decreto
legislativo  12 marzo  1948,  n. 804» (che disciplina, come detto, il
Corpo  forestale  dello  Stato),  giacche'  lo  Stato  in tal modo si
riapproprierebbe  unilateralmente  di  funzioni  gia' trasferite alle
regioni con i decreti legislativi 4 giugno 1997, n. 143 (Conferimento
alle  regioni delle funzioni amministrative in materia di agricoltura
e  pesca e riorganizzazione dell'Amministrazione centrale) e 31 marzo
1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello
Stato  alle  regioni  ed  agli  enti locali, in attuazione del capo I
della  legge  15 marzo 1997, n. 59), in violazione, quanto al metodo,
del  principio  di  leale  collaborazione  e,  nella  sostanza, degli
artt. 5 e 118 della Costituzione.
    Infine,  secondo  le ricorrenti, l'intero decreto-legge impugnato
sarebbe  illegittimo  per violazione degli artt. 77, 117 e 118 Cost.,
per  essere  stato  assunto  al  di  fuori  dei necessari presupposti
giustificativi costituzionali.
    2.2. - Anche  in  tali giudizi si e' costituito il Presidente del
Consiglio   dei  ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura
generale  dello  Stato,  che  ha concluso per il rigetto dei ricorsi,
sulla  base  di  considerazioni  sostanzialmente  identiche  a quelle
svolte rispetto alla impugnazione proposta dalla Regione Toscana.
    3.1. - Con  ricorso  notificato  il  9 gennaio  2002 e depositato
nella  cancelleria  di  questa  Corte  il  successivo  16 gennaio, la
Provincia  autonoma  di  Trento  ha  impugnato in via principale, nei
confronti  del  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  l'art. 5,
commi 1,  2,  e  5  e,  «in  via  cautelativa  e  ipotetica», anche i
commi 3-ter,  4, 4-bis, e 4-ter dello stesso art. 5 del decreto-legge
n. 343  del 2001, come risultanti dalla legge 9 novembre 2001, n. 401
(Conversione   in   legge,   con   modificazioni,  del  decreto-legge
7 settembre 2001, n. 343, recante disposizioni urgenti per assicurare
il coordinamento operativo delle strutture preposte alle attivita' di
protezione  civile),  per violazione: a) dell'art. 8, numeri 5), 13),
17),   24),   e   dell'art. 9,   numero  9,  nonche'  dell'art. 16  e
dell'art. 52  del  decreto  del Presidente della Repubblica 31 agosto
1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali
concernenti  lo  statuto speciale per il Trentino-Alto Adige); b) del
decreto  del Presidente della Repubblica 22 marzo 1974, n. 381 (Norme
di  attuazione  dello  statuto  speciale per la regione Trentino-Alto
Adige  in  materia  di urbanistica ed opere pubbliche), nonche' degli
articoli 2,  3  e  4  del  decreto  legislativo 16 marzo 1992, n. 266
(Norme  di  attuazione  dello  statuto  speciale per il Trentino-Alto
Adige  concernente il rapporto tra atti legislativi e leggi regionali
e   provinciali,   nonche'   la   potesta'  statale  di  indirizzo  e
coordinamento);  c)  dell'art. 117 della Costituzione, in connessione
con  l'art. 10  della  legge  costituzionale  18 ottobre  2001,  n. 3
(Modifiche del titolo V della parte seconda della Costituzione).
    Afferma  la  provincia ricorrente di avere competenza legislativa
statutariamente  garantita  in  materia  di protezione civile, che e'
«trasversale»  rispetto  a  diverse  materie  (quali  l'agricoltura e
foreste,  la  beneficenza  pubblica  nel  suo  attuale significato di
protezione sociale, la viabilita', gli acquedotti e i lavori pubblici
di  interesse  regionale,  l'urbanistica e la tutela del territorio),
nelle  quali  essa ha competenza legislativa (ex art. 8, nn. 5), 13),
17)  e  24), nonche' 9, n. 9 dello statuto). Detta competenza avrebbe
carattere  piu'  ampio  di quella riconosciuta alle regioni a statuto
ordinario   nel   nuovo  testo  dell'art. 117  Cost.,  trovando  tale
particolare    autonomia    fondamento   anche   direttamente   nella
disposizione  di cui all'art. 52, comma 2, dello statuto speciale, ai
sensi  del  quale  spetta  al  Presidente della giunta provinciale di
adottare  «i  provvedimenti  contingibili  ed  urgenti  in materia di
sicurezza  e  di  igiene pubblica nell'interesse delle popolazioni di
due  o  piu' comuni», nonche' - con un'applicazione ante litteram del
principio  di  sussidiarieta'  -  negli  artt. 33  e  seguenti  delle
relative   norme  d'attuazione  (non  modificabili  dalla  successiva
legislazione ordinaria) di cui al d.P.R. n. 381 del 1974.
    Cio'  premesso, dopo aver richiamato il contenuto dell'art. 5 del
decreto-legge  impugnato, che definisce le «Competenze del Presidente
del  Consiglio  dei  ministri  in  materia  di protezione civile», la
provincia  autonoma  sostiene che le censure mosse ai commi 3-ter, 4,
4-bis  e  4-ter  - che non disciplinano poteri diversi da quelli gia'
spettanti  all'Agenzia  di  protezione  civile  - avrebbero carattere
dichiaratamente  cautelativo,  ove  si  ritenga  che  la  clausola di
salvaguardia  delle  competenze  ed  attribuzioni  delle  province  a
statuto speciale, di cui al comma 6 del medesimo art. 5, debba essere
intesa in senso restrittivo, come riferita ai soli poteri «residuali»
dell'Agenzia di protezione civile, trasferiti ai sensi del comma 6, e
non  anche a quelli gia' ad essa spettanti ma ora «ridisciplinati» ai
commi sopra indicati.
    Viceversa,  rispetto  alle  altre  norme  impugnate  -  ossia  ai
commi 1,  2  e 5 dell'art. 5, che introducono nell'ordinamento poteri
che  non  hanno  un  preciso corrispondente in quelli gia' attribuiti
all'Agenzia  di  protezione  civile  -  non apparirebbe riferibile la
clausola di salvaguardia di cui all'art. 5, comma 6. Ne conseguirebbe
l'illegittimita'  costituzionale  di tali norme, nella parte in cui i
poteri  statali  da  esse  previsti  interferiscono  con i poteri e i
compiti  propri  della  Provincia  di  Trento;  e  cio'  salvo che si
ritenesse  che  le  norme  statali  in  questione  debbano pur sempre
intendersi  nel  quadro,  e  non  in  violazione,  delle  regole  che
riguardano  i rapporti tra lo Stato e le province autonome, sia nella
specifica materia (con riferimento alle norme di attuazione di cui al
d.P.R.  n. 381  del  1974), sia in via generale (con riferimento agli
artt. 2, 3 e 4 del d.lgs. n. 266 del 1992).
    Quanto  ai  motivi  di  illegittimita'  concernenti  i poteri non
corrispondenti  a  quelli  gia'  propri  dell'Agenzia  di  protezione
civile,  nel  merito la Provincia autonoma sostiene che: a) l'art. 5,
comma 1,  attribuendo  al  Presidente  del  Consiglio dei ministri il
compito   di   determinare  le  politiche  di  protezione  civile  ed
individuandolo  come autorita' che «detiene i poteri di ordinanza» in
materia  di  protezione civile, provocherebbe una sovrapposizione con
l'attivita'  normativa  di essa ricorrente; b) che l'art. 5, comma 2,
avrebbe  un  contenuto  che  non si adeguerebbe, nella disciplina dei
rapporti tra lo Stato e le province autonome, alle regole statutarie,
giacche'  gli  atti  da  esso  previsti,  essendo  atti di indirizzo,
richiederebbero,  ai  sensi  dell'art. 3 del d.P.R. n. 266 del 1992 e
dei principi generali costituzionali, la deliberazione collegiale del
Governo  e  dovrebbero  produrre  solo un vincolo di risultato; c) il
comma 5   dell'art. 5   -  in  quanto  implicante  una  posizione  di
«sovraordinazione»  del capo del Dipartimento della protezione civile
rispetto  alla  provincia autonoma ed ai suoi compiti e poteri (anche
di  governo  e  di  indirizzo  degli  enti  ed  istituzioni di ambito
provinciale  a  subprovinciale) - sarebbe anch'esso al di fuori della
disciplina  statutaria  dei  rapporti  tra  lo  Stato  e la provincia
autonoma (ed in contrasto con l'art. 16 dello statuto e gli artt. 3 e
4  del  d.P.R.  n. 266  del  1992),  salvo  che le indicazioni cui fa
riferimento si intendessero esclusivamente come finalizzate a mettere
a disposizione dei competenti organi provinciali elementi informativi
o  mezzi  altrimenti non disponibili, in tal caso assumendo il valore
di   manifestazione   dei  principi  di  sussidiarieta'  e  di  leale
collaborazione.
    Con  riferimento  alle  rimanenti  norme  impugnate,  osserva  in
particolare  la ricorrente che: a) il comma 3-ter risulterebbe lesivo
dell'autonomia    provinciale    (per    violazione    dell'autonomia
amministrativa provinciale, quale definita dall'art. 16 dello statuto
e  dagli  artt. 3  e  4  del  d.P.R. n. 266 del 1992, nonche', per la
specifica  materia,  dagli  artt. 33,  34  e 35 del d.P.R. n. 381 del
1974),   stante   la   previsione  della  direzione  unitaria  e  del
coordinamento  delle  attivita'  di  emergenza  da parte del Comitato
operativo della protezione civile, che per giunta avrebbe il compito,
pure   illegittimo,   di   stabilire   gli  interventi  di  tutte  le
amministrazioni e enti interessati al soccorso; b) il comma 4 sarebbe
illegittimo, nella parte in cui prevede che sia lo Stato a promuovere
«l'esecuzione di periodiche esercitazioni» e a svolgere «attivita' di
informazione  alle  popolazioni  interessate»,  nonche'  «l'attivita'
tecnico-operativa,  volta ad assicurare i primi interventi», giacche'
questi compiti spettano invece alla provincia e la loro attrazione in
capo allo  Stato  direttamente  viola  il  divieto  di svolgimento di
attivita'  amministrativa locale di cui all'art. 44 del d.P.R. n. 266
del   1992,   oltre  che  il  riparto  stabilito  dalle  gia'  citate
disposizioni  di  attuazione  in  materia  di  protezione civile agli
artt. 33,  34  e  35  del  d.P.R.  n. 381  del  1974;  c) altrettanto
illegittimo  sarebbe il comma 4-bis, in relazione alla definizione in
sede   locale   degli  interventi  e  della  struttura  organizzativa
necessari per fronteggiare gli eventi calamitosi; d) e cosi' anche il
comma 4-ter, in quanto l'attivita' di indirizzo verrebbe svolta senza
osservare le regole dell'art. 3 del d.P.R. n. 266 del 1992, in ordine
alla   competenza   collegiale   del   Governo,   alla  procedura  di
partecipazione  della provincia, ai contenuti ed ai vincoli derivanti
dalla funzione.
    3.2. - Si e' costituito il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato   e   difeso   dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,
assumendo  in  primo  luogo l'inammissibilita' dei motivi del ricorso
relativi all'art. 5, commi 3-ter, 4, 4-bis e 4-ter, del decreto-legge
n. 343  del  2001,  come modificati dalla legge di conversione n. 401
del  2001,  in quanto proposti in via cautelativa ed ipotetica, cioe'
con   lo   scopo  di  sottoporre  a  censura  un'interpretazione  non
condivisa.
    Nel  merito,  l'Avvocatura  afferma che non avrebbe fondamento il
dubbio  che  la provincia si e' posta sull'ampiezza della clausola di
riserva,  di  cui  all'art. 5,  comma 6, del decreto-legge impugnato.
Comunque,   le   argomentazioni  in  ordine  all'inammissibilita'  ed
all'infondatezza  del ricorso varrebbero pure per le censure relative
alle  altre norme impugnate, atteso che anche in relazione ad esse lo
stesso  ricorso  enuncia  che  verrebbero  meno, se si ritenesse che,
nonostante  il  modo in cui e' espressa la clausola di riserva, dette
norme   debbano  sempre  intendersi  come  rispettose  dell'autonomia
provinciale.  In ogni caso, poiche' la provincia puo' dolersi solo di
quelle illegittimita' che ledono le sue attribuzioni, nella specie il
ricorso sarebbe anche inammissibile, in quanto le norme impugnate non
le  toccherebbero.  Ne',  in  riferimento  ai poteri di ordinanza del
Presidente  del  Consiglio  dei ministri, potrebbero sorgere dubbi di
costituzionalita'  quanto  alla  promozione ed al coordinamento delle
attivita',  cui le province autonome non potranno sottrarsi, se non a
rischio  di  non  essere  in grado di esercitare utilmente le proprie
attribuzioni.  Il  fatto  che  nel  comma 2 della norma sia richiesta
l'intesa  con  le regioni e gli enti locali, significherebbe che sono
fatte  salve  sia  le  attribuzioni  di  ciascuno  sia i procedimenti
corrispondenti.  Inoltre,  la  competenza, attribuita dal comma 5, al
capo del    dipartimento,    per   le   indicazioni   necessarie   al
raggiungimento    delle   finalita'   di   coordinamento   operativo,
concernendo   una   attivita'  di  informazione,  di  ausilio  per  i
destinatari, non pregiudicherebbe le attribuzioni provinciali, a meno
che  la  provincia  non  assuma di essere sottratta ad ogni dovere di
coordinamento sul suo territorio.
    4.1. - Con  ricorso  notificato  il  9 gennaio  2002 e depositato
nella  cancelleria  di  questa  Corte  il  successivo  21 gennaio, la
Provincia  autonoma  di  Bolzano  ha  impugnato,  nei  confronti  del
Presidente  del  Consiglio dei ministri, l'art. 5, commi 1, 2, 3-ter,
4,  4-bis, 4-ter, 5 e 6 del decreto-legge n. 343 del 2001, convertito
con  modificazioni  dalla  legge  n. 401  del  2001,  per  violazione
dell'art. 8,  comma 1,  numeri  5),  13),  17),  e  24), dell'art. 9,
comma 1,  numero  9),  dell'art. 16  e  dell'art. 52,  comma 2, dello
statuto speciale per il Trentino Alto-Adige (d.P.R. n. 670 del 1972),
e  delle  relative norme d'attuazione (in particolare degli artt. 33,
34,  e  35  del  d.P.R. n. 381 del 1974, nonche' degli artt. 2, 3 e 4
d.lgs. n. 266 del 1992), e per violazione degli artt. 117 e 118 e dei
principi  del  titolo  V della parte seconda della Costituzione, come
modificati  dalla legge costituzionale n. 3 del 2001, in relazione al
disposto  all'art. 10  della medesima legge, ed infine per violazione
del principio di leale cooperazione.
    Premesse   argomentazioni   analoghe  a  quelle  della  Provincia
autonoma  di Trento circa la titolarita' di competenze legislative ed
amministrative in materia di protezione civile, sulla base di diverse
norme  statutarie  e  delle norme di attuazione, la ricorrente assume
anzitutto  che il primo comma dell'art. 5 (primo periodo) si porrebbe
in  contrasto  con  i  parametri  evocati,  posto  che,  per tutte le
situazioni  di  danno  o  di  pericolo  attribuisce al Presidente del
Consiglio  poteri  di intervento diretto (determinazione di politiche
di  protezione  e poteri d'ordinanza in materia di protezione civile)
che   sono  invece  di  competenza  provinciale,  nonche'  poteri  di
indirizzo   e  coordinamento  nei  confronti  anche  della  provincia
ricorrente,  i  quali  si  debbono ormai ritenere incompatibili - per
quanto  riguarda  in  particolare modo il potere di indirizzo - con i
nuovi principi costituzionali introdotti dalla riforma del titolo V e
dall'art. 10  della  legge  costituzionale n. 3 del 2001, o comunque,
sia  con il principio di legalita' «sostanziale», sia con la speciale
disciplina  del  potere  statale  di indirizzo e coordinamento di cui
all'art. 3   del   d.lgs.  n. 266  del  1992.  Ne'  tali  aspetti  di
incostituzionalita'  potrebbero  essere  eliminati  dalla  previsione
dell'istituzione del gia' ricordato «Comitato paritetico», atteso che
la  sua  composizione ed il suo funzionamento sono rimessi alla piena
discrezionalita'  del Governo, rinviando la legge alla disciplina che
verra' stabilita dallo stesso Presidente del Consiglio.
    Per  le  medesime  ragioni,  anche  il  secondo comma dell'art. 5
sarebbe incostituzionale, giacche' la relativa attribuzione di poteri
al  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  ed  il  loro contenuto
eccederebbero  quanto  consentito  dall'art. 2,  comma 2,  del d.lgs.
n. 266  del 1992, mentre i poteri presidenziali relativi ai programmi
nazionali  di soccorso ed ai piani per l'attuazione delle conseguenti
misure  di  emergenza  potrebbero  essere  ritenuti  non lesivi delle
competenze  provinciali soltanto se si riferissero ai soli interventi
di competenza statale previsti dai gia' citati artt. 33-35 del d.P.R.
n. 381 del 1974.
    Ragioni  analoghe di illegittimita' costituzionale varrebbero per
il  comma 3-ter  dell'art. 5,  nella  parte  in  cui  concentra in un
apparato   centrale   dello   Stato,  il  «Comitato  operativo  della
protezione   civile»,  presieduto  dal  capo del  Dipartimento  della
protezione  civile,  la «direzione unitaria ed il coordinamento delle
attivita'  di  emergenza,  stabilendo  gli  interventi  di  tutte  le
amministrazioni e gli enti interessati al soccorso», cosi' prevedendo
non  solo  un  potere  di  indirizzo  e  coordinamento - che comunque
sarebbe gia' di per se' lesivo dalle attribuzioni provinciali - ma un
potere  di  «ordinare»  a  tutte  le  amministrazioni «interessate al
soccorso» gli interventi di loro competenza.
    Il  comma 4  dell'art. 5 sarebbe incostituzionale, innanzi tutto,
in quanto - stabilendo che per lo svolgimento di tutte tali attivita'
il   Presidente  del  Consiglio  si  avvale  del  Dipartimento  della
protezione civile - centralizzerebbe ancora di piu' l'esercizio delle
attivita'  in  questione,  nel  segno di un forte accentramento delle
strutture  e  delle funzioni relative alla protezione civile e di una
corrispondente compressione degli spazi e delle garanzie di autonomia
delle  regioni  e  delle  province autonome, valorizzate invece dalla
soppressa Agenzia.
    Il  comma 4-bis sarebbe incostituzionale perche' - attribuendo al
Dipartimento  della protezione civile il compito di definire «in sede
locale  e  sulla  base  dei  piani  d'emergenza,  gli interventi e la
struttura   organizzativa   necessari  per  fronteggiare  gli  eventi
calamitosi»  -  affiderebbe  interventi di competenza della provincia
all'apparato  centrale  dello  Stato, a nulla rilevando la previsione
dell'intesa,  poiche'  nella  materia  in questione, le sole forme di
coordinamento   e   le   procedure  «cooperative»  costituzionalmente
consentite sono quelle particolari espressamente previste dalle norme
statutarie e d'attuazione. E identiche ragioni varrebbero a sostenere
l'illegittimita' dell'art. 5, comma 4-ter.
    Con  riferimento  al  comma 5 dell'art. 5 (strettamente legato al
comma 1),  l'affidamento  al  capo del  Dipartimento della protezione
civile  del  potere  di  rivolgere  (sulla  base  delle direttive del
Presidente del Consiglio) a tutte le amministrazioni, ivi compresa la
provincia  ricorrente,  le  «indicazioni necessarie al raggiungimento
delle  finalita'  di  cui  al  primo  comma»  si  concreterebbe nella
previsione  di  interventi diretti ed operativi svolti da un apparato
centrale dello Stato in luogo della provincia competente.
    Infine,     il     comma 6    dell'art. 5    sarebbe    anch'esso
incostituzionale,  nella  parte  in  cui  sembrerebbe  far  salve  le
competenze  ed  attribuzioni  della  provincia ricorrente soltanto in
relazione  ai  compiti  gia'  attribuiti  alla  soppressa  Agenzia di
protezione  civile  e  passati  (in  forza  dello  stesso comma 6) al
Dipartimento   della   protezione  civile.  Peraltro,  la  ricorrente
sottolinea che la dichiarazione di incostituzionalita' del comma 6 in
parte  qua,  potrebbe  rendere  non  necessaria  la  dichiarazione di
incostituzionalita' dei precedenti commi impugnati.
    4.2. - Anche  in  questo  giudizio si e' costituito il Presidente
del  Consiglio  dei  ministri,  depositando  memoria  dell'Avvocatura
generale  dello  Stato,  nella  quale  in via preliminare sostiene la
inammissibilita'  e  l'infondatezza  del  ricorso,  con  argomenti  e
conclusioni  analoghe  a  quelli svolti a proposito dell'impugnazione
proposta   dalla   Provincia  autonoma  di  Trento.  In  particolare,
l'Avvocatura  sostiene  la singolarita' dell'impugnazione del comma 6
dell'art. 5,  in  quanto  esso  fa  espressamente salve le competenze
provinciali.
    5. - Nell'imminenza  dell'udienza  hanno presentato memorie tutte
le  regioni  e  le  province autonome ricorrenti, che hanno replicato
alle  difese  svolte dell'Avvocatura generale dello Stato, insistendo
ciascuna nelle conclusioni rassegnate, fatta eccezione per la Regione
Toscana,  che  -  rilevato il recepimento, in sede di conversione del
decreto-legge  impugnato,  delle doglianze mosse nel ricorso - chiede
che  questa  Corte  prenda  atto  del  suo  sopravvenuto  difetto  di
interesse alla pronuncia.
    Nei  ricorsi  proposti  dalle  Regioni Toscana, Emilia-Romagna ed
Umbria,  ha  depositato  memorie  anche  l'Avvocatura  generale dello
Stato,  che  ha  sostanzialmente  ribadito  le  considerazioni  circa
l'infondatezza  delle  censure  mosse dalle ricorrenti alla impugnata
normativa.

                       Considerato in diritto

    1.1. - La  Regione  Toscana  impugna  in  via principale l'intero
decreto-legge  7 settembre  2001,  n. 343  (Disposizioni  urgenti per
assicurare  il  coordinamento operativo delle strutture preposte alle
attivita'  di  protezione  civile),  con  cui il Governo ha soppresso
l'Agenzia  di  protezione  civile,  gia' istituita e disciplinata dal
capo IV  del  titolo V del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300
(Riforma  dell'organizzazione del Governo, a norma dell'art. 11 della
legge 15 marzo 1997, n. 59).
    Secondo  la ricorrente, il decreto-legge impugnato violerebbe gli
artt. 5, 117 e 118 della Costituzione, sotto il profilo della lesione
del  principio  della leale collaborazione fra Stato e regioni: a) in
quanto  la  soppressione  dell'Agenzia  ha  fatto venir meno una sede
istituzionale  di  raccordo  e concertazione in materia di protezione
civile;  b) in quanto tale soppressione e' stata disposta dal Governo
senza  la  preventiva  sottoposizione  del testo del decreto-legge al
parere  della Conferenza Stato-regioni, ai sensi dell'art. 2, terzo e
quarto   comma,   del  decreto  legislativo  28 agosto  1997,  n. 281
(Definizione  ed  ampliamento  delle  attribuzioni  della  Conferenza
permanente  per  i  rapporti  tra  lo Stato, le regioni e le Province
autonome  di  Trento  e  Bolzano ed unificazione, per le materie ed i
compiti  di  interesse  comune  delle  regioni,  delle province e dei
comuni,  con la Conferenza Stato-citta' ed autonomie locali), pur non
ricorrendo  una  situazione  d'urgenza  (che  comunque avrebbe dovuto
essere dichiarata dal Presidente del Consiglio, e avrebbe imposto una
consultazione successiva).
    La normativa impugnata contrasterebbe inoltre con l'art. 76 della
Costituzione, per la lesione delle attribuzioni regionali causata dal
contenuto  di  un decreto-legge emanato in difetto dei presupposti di
necessita' e urgenza.
    1.2. - Le  Regioni Emilia-Romagna e Umbria impugnano a loro volta
(con  due  ricorsi  di  identico  contenuto)  gli  artt. 1,  comma 1,
lettere e) e f), 4 e 5 del decreto-legge n. 343 del 2001, nella parte
in  cui  sopprimono l'Agenzia di protezione civile e ne trasferiscono
le funzioni ad apparati governativi.
    Secondo  le  ricorrenti,  le  norme  censurate  violerebbero  gli
artt. 5,  95,  117  e  118 della Costituzione, sotto il profilo della
lesione  del  principio  di leale collaborazione fra Stato e regioni,
nonche'  l'art. 2,  commi 4  e  5, del decreto legislativo n. 281 del
1997  e  l'art. 77  della  Costituzione,  in quanto il decreto-legge,
concernente  una  materia  di  competenza  anche  regionale, e' stato
emanato  senza  la  previa  necessaria consultazione della Conferenza
Stato-regioni  (e  senza indicazione di specifiche ragioni di urgenza
giustificatrici della mancata consultazione preventiva).
    Gli  stessi  parametri  costituzionali  e  il  principio di leale
collaborazione  sarebbero  inoltre  violati sotto l'ulteriore profilo
che   gli  strumenti  di  collaborazione  previsti  dalla  precedente
normativa non sono stati sostituiti da altri equivalenti.
    Il solo art. 5 del decreto-legge n. 343 del 2001 e' poi impugnato
-  per  violazione  degli artt. 95, 117 e 118 della Costituzione - in
quanto  attribuisce  esclusivamente  al  Presidente del Consiglio dei
ministri  i  poteri  di coordinamento in materia di protezione civile
gia'  svolti  (in  base all'art. 81, comma 1, lettera a), del decreto
legislativo  n. 300  del  1999)  dall'Agenzia,  con la definizione di
indirizzi  approvati  dal Consiglio dei ministri; e cosi' sottrae una
funzione    di   indirizzo   (anche)   delle   regioni   alla   sede,
costituzionalmente   necessaria,   del  Consiglio  dei  ministri,  in
violazione  dei  limiti costituzionali relativi alle funzioni statali
di indirizzo delle attivita' regionali.
    L'art. 7  del  decreto-legge  n. 343  del 2001 - in base al quale
«nelle   materie  oggetto  del  presente  decreto  restano  ferme  le
attribuzioni  di  cui  al decreto legislativo 12 marzo 1948, n. 804»,
che  disciplina  il  Corpo  forestale  dello  Stato  - e' a sua volta
censurato  per  violazione (quanto alla sostanza) degli artt. 5 e 118
della  Costituzione  e  (quanto al modus procedendi) del principio di
leale   collaborazione:   poiche'  le  funzioni  del  medesimo  Corpo
forestale  («salvo  quelle necessarie all'esercizio delle funzioni di
competenza  statale»  in  materia  di protezione dell'ambiente) erano
state  trasferite  alle regioni da leggi successive al 1948 [art. 70,
comma 1,  lettera c),  del  decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112
(Conferimento  di  funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle
regioni  ed  agli  enti  locali, in attuazione del capo I della legge
15 marzo  1997,  n. 59)  e  gia'  ex  art. 4,  comma 1,  del  decreto
legislativo  4  giugno 1997,  n. 143 (Conferimento alle regioni delle
funzioni   amministrative   in  materia  di  agricoltura  e  pesca  e
riorganizzazione  dell'Amministrazione  centrale)],  la norma avrebbe
inciso  negativamente sulla ripartizione di competenze cosi' operata,
sulla  base di procedure di cooperazione svolte in sede di Conferenza
Stato-regioni,  e  ripristinato  parzialmente  le  funzioni del Corpo
forestale  dello  Stato,  per  cui  lo Stato si sarebbe riappropriato
unilateralmente di funzioni gia' trasferite alle regioni.
    Infine, le ricorrenti impugnano l'intero decreto-legge n. 343 del
2001, per violazione degli artt. 77, 117 e 118 della Costituzione, in
quanto   provvedimento   assunto   senza   i   necessari  presupposti
giustificativi  costituzionali, non essendo valide le ragioni addotte
nel preambolo dell'atto a fondamento dell'urgenza.
    1.3. - La   Provincia   autonoma   di   Trento  impugna,  in  via
principale,   varie   norme   della  legge  9 novembre  2001,  n. 401
(Conversione   in   legge,   con   modificazioni,  del  decreto-legge
7 settembre 2001, n. 343, recante disposizioni urgenti per assicurare
il coordinamento operativo delle strutture preposte alle attivita' di
protezione civile).
    Secondo  la  ricorrente,  i  commi 1,  2,  e  5  dell'art. 5  del
decreto-legge  n. 343  del  2001, come convertito, con modificazioni,
nella  legge  n. 401  del  2001,  si  porrebbero in contrasto con gli
artt. 8,  n. 5),  n. 13),  n. 17)  e  n. 24),  9,  n. 9), 16 e 52 del
decreto  del  Presidente  della  Repubblica  31 agosto  1972,  n. 670
(Approvazione  del testo unico delle leggi costituzionali concernenti
lo  statuto  speciale per il Trentino-Alto Adige); con il decreto del
Presidente   della   Repubblica   22 marzo  1974,  n. 381  (Norme  di
attuazione  dello statuto speciale per la regione Trentino-Alto Adige
in materia di urbanistica ed opere pubbliche); con gli artt. 2, 3 e 4
del  decreto  legislativo  16 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione
dello  statuto  speciale  per  il  Trentino-Alto Adige concernente il
rapporto  tra  atti  legislativi  e  leggi  regionali  e provinciali,
nonche'  la  potesta'  statale  di  indirizzo  e  coordinamento); con
l'art. 117  della  Costituzione, in relazione all'art. 10 della legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3.
    La  ricorrente  cosi'  specifica le proprie censure: 1) l'art. 5,
comma 1  -  attribuendo  al  Presidente del Consiglio dei ministri il
compito   di   determinare   le  politiche  di  protezione  civile  e
conferendogli «i poteri di ordinanza» in materia di protezione civile
- determina la sovrapposizione di tali compiti e poteri all'attivita'
normativa  della provincia, sia di carattere generale che relativa al
settore  della  protezione  civile,  al  di  la'  dei  casi  e  senza
l'osservanza   dei   modi   di  cui  all'art. 3  del  citato  decreto
legislativo  n. 266  del  1992; 2) l'art. 5, comma 2, prevede atti di
indirizzo  senza  deliberazione  collegiale  del  Governo  e senza il
limite  della  produzione  di meri vincoli di risultato; 3) l'art. 5,
comma 5,  implica  una  posizione  di «sovraordinazione» del capo del
Dipartimento della protezione civile rispetto alla provincia.
    La ricorrente precisa peraltro che l'impugnazione e' proposta nei
confronti  delle  norme intese nella loro formulazione letterale, pur
essendo esse suscettibili anche di una interpretazione adeguatrice.
    Inoltre, la ricorrente impugna l'art. 5, commi 3-ter, 4, 4-bis, e
4-ter, del decreto-legge n. 343 del 2001, come risultanti dalla legge
di   conversione   n. 401  del  2001,  espressamente  precisando  che
l'impugnazione e' proposta «in via cautelativa ed ipotetica», qualora
si  dovesse  ritenere che l'espressa previsione delle funzioni di cui
ai  citati  commi  dell'art. 5 costituisca attribuzione allo Stato di
funzioni   non   comprese   nella   formula   di  salvaguardia  delle
attribuzioni provinciali, di cui al comma 6 del medesimo articolo; ed
al riguardo deduce la violazione degli stessi parametri gia' evocati.
    1.4. - La Provincia autonoma di Bolzano impugna anch'essa, in via
principale,  diverse  norme della legge n. 401 del 2001, deducendo la
violazione  dell'art. 8,  comma 1,  n. 5),  n. 13), n. 17), e n. 24),
dell'art. 9,  comma 1,  n. 9),  dell'art. 16 e dell'art. 52, comma 2,
del  d.P.R. n. 670 del 1972; degli artt. 33, 34, e 35 del decreto del
Presidente della Repubblica n. 381 del 1974, degli artt. 2, 3 e 4 del
decreto  legislativo  n. 266  del  1992;  degli artt. 117 e 118 e dei
«principi  del  titolo V della parte seconda della Costituzione, come
modificati  dalla legge costituzionale n. 3 del 2001, in relazione al
disposto  all'art. 10  della  medesima legge»; del principio di leale
cooperazione.
    Le  doglianze  riguardano  in  particolare: 1) l'art. 5, comma 1,
nella  parte  in  cui,  per  tutte le situazioni di danno o pericolo,
attribuisce  al Presidente del Consiglio poteri di intervento diretto
(determinazione  di politiche di protezione e poteri d'ordinanza) che
sono  invece di competenza provinciale, nonche' poteri di indirizzo e
coordinamento    nei   confronti   anche   della   provincia,   ormai
incompatibili  con  i  nuovi principi costituzionali introdotti dalla
riforma  del  titolo V e dall'art. 10 della legge costituzionale n. 3
del  2001,  o  comunque con il principio di legalita' «sostanziale» e
con  l'art. 3  del  decreto legislativo n. 266 del 1992; 2) l'art. 5,
comma 2,  nella  parte in cui attribuisce al Presidente del Consiglio
il  potere  di  predisporre «gli indirizzi operativi dei programmi di
previsione e prevenzione dei rischi, nonche' i programmi nazionali di
soccorso  ed  i  piani  per  l'attuazione delle conseguenti misure di
emergenza», cosi' eccedendo rispetto a quanto consentito dall'art. 2,
comma 2,  del  decreto  legislativo  n. 266  del  1992;  3) l'art. 5,
comma 3-ter,  nella  parte  in  cui concentra in un apparato centrale
dello   Stato  (il  «Comitato  operativo  della  protezione  civile»,
presieduto  dal  capo del  Dipartimento  della  protezione civile) la
«direzione unitaria ed il coordinamento delle attivita' di emergenza,
stabilendo  gli  interventi  di  tutte  le amministrazioni e gli enti
interessati  al  soccorso»,  cosi'  prevedendo  non solo un potere di
indirizzo e coordinamento - gia' di per se' lesivo dalle attribuzioni
provinciali  per le ragioni illustrate - ma il potere di «ordinare» a
tutte  le  amministrazioni  «interessate al soccorso» (e quindi anche
alla  ricorrente)  gli  interventi  di  loro competenza; 4) l'art. 5,
comma 4,  nella  parte  in  cui  stabilisce  che  il  Presidente  del
Consiglio  si  avvale del Dipartimento della protezione civile, cosi'
centralizzando ulteriormente l'esercizio delle attivita' in questione
e  comprimendo  gli  spazi  e  le  garanzie di autonomia di regioni e
province  autonome,  valorizzate  invece  dalla soppressa Agenzia; 5)
l'art. 5,  commi 4-bis e 4-ter, in quanto attribuisce al Dipartimento
compiti  spettanti  alla  provincia;  6) l'art. 5, comma 5, in quanto
prevede  interventi  diretti  ed  operativi  svolti  da  un  apparato
centrale  dello  Stato  in luogo della provincia competente, anche in
violazione  del  principio  di  leale  collaborazione, per la mancata
previsione di una qualche forma di intesa e comunque di consultazione
con la provincia; 7) l'art. 5, comma 6, nella parte in cui sembra far
salve le competenze e le attribuzioni della provincia in relazione ai
soli  compiti  gia'  attribuiti  all'Agenzia  soppressa e passati (in
forza  dello stesso comma 6) al Dipartimento della protezione civile,
e  non  anche  in  relazione  ai  compiti  attribuiti dalla normativa
impugnata  ad  altri  organi ed uffici (per esempio al Presidente del
Consiglio),  ovvero  ai  compiti  del  Dipartimento  non  provenienti
dall'Agenzia;  con  riferimento a quest'ultima censura, la ricorrente
assume  «che  la dichiarazione di incostituzionalita' del sesto comma
in  parte  qua,  potrebbe in qualche misura rendere non necessaria la
dichiarazione di incostituzionalita' dei precedenti commi impugnati».
    2. - Le  questioni  sollevate  in  via principale dalle regioni e
province  autonome  ricorrenti  investono - con riferimento a profili
d'asserita   incostituzionalita'  in  gran  parte  coincidenti  -  la
medesima  disciplina,  riguardante  la  soppressione  dell'Agenzia di
protezione  civile  ed  il  trasferimento  delle relative funzioni ad
apparati  governativi;  pertanto  i  giudizi possono essere riuniti e
decisi congiuntamente.
    3. - I  ricorsi proposti dalle Regioni Toscana, Emilia-Romagna ed
Umbria  (con  atti  notificati  rispettivamente il 5 ed il 10 ottobre
2001) sono inammissibili.
    3.1. - Essi  propongono  questioni di legittimita' costituzionale
dell'intero   testo  o  di  singole  disposizioni  del  decreto-legge
7 settembre  2001,  n. 343, per violazione di parametri contenuti nel
titolo  V  della  seconda  parte  della Costituzione, evocati ratione
temporis   nel  testo  anteriore  alla  riforma  di  cui  alla  legge
costituzionale  18 ottobre  2001, n. 3. Il relativo giudizio, secondo
la consolidata giurisprudenza di questa Corte (sentenze n. 37 e n. 28
del  2003;  n. 524, n. 422 e n. 376 del 2002), dovrebbe quindi essere
compiuto  -  in  assenza  di  nuove  impugnazioni  - alla stregua dei
parametri  all'epoca vigenti, non rilevando il sopravvenuto mutamento
del quadro costituzionale.
    Peraltro, il decreto-legge impugnato e' stato convertito in legge
(dalla  legge  9 novembre  2001,  n. 401)  in  data  successiva  alla
menzionata riforma del titolo V.
    La   vicenda   normativa   sottoposta  all'odierno  scrutinio  di
costituzionalita' presenta quindi la peculiarita' di un decreto-legge
emesso   (ed   impugnato)   nel   contesto   del  previgente  sistema
costituzionale   di  ripartizione  delle  attribuzioni  tra  Stato  e
regioni,  cui  si  e'  sostituita una legge di conversione promulgata
sotto il vigore del sistema riformato.
    Inoltre, la legge di conversione ha apportato al testo originario
rilevanti  modificazioni  determinate, tra l'altro, dall'accoglimento
di specifiche proposte emendative avanzate dai rappresentanti di enti
locali,  regioni e province autonome in sede di Conferenza unificata,
la  quale  ha conseguentemente espresso parere favorevole sul disegno
di conversione (seduta dell'11 ottobre 2001).
    In particolare, e' stato completamente riscritto proprio l'art. 5
del  decreto-legge,  oggetto  di gran parte delle censure concernenti
l'attribuzione   al   Presidente   del   Consiglio   dei   poteri  di
coordinamento  prima  svolti  dalla  soppressa  Agenzia,  che avrebbe
determinato, secondo le ricorrenti, l'eliminazione degli strumenti di
collaborazione  previsti  dalla normativa previgente e la conseguente
sottrazione  alle regioni della funzione di indirizzo (anche) ad esse
spettante.
    All'originario  testo  del  comma 1  dell'art. 5 e' stata infatti
aggiunta   l'istituzione  presso  la  Presidenza  del  Consiglio  dei
ministri  di  un  Comitato  paritetico Stato-regioni-enti locali, nel
quale  la  Conferenza  unificata di cui al decreto legislativo n. 281
del 1997 designa i propri rappresentanti. Sono stati poi introdotti i
commi 3-bis,  3-ter  e  4-bis, che hanno disciplinato la composizione
degli  organi  consultivi  e operativi di cui si avvale il Presidente
del   Consiglio   (Commissione  nazionale  per  la  previsione  e  la
prevenzione  dei  grandi  rischi, Comitato operativo della protezione
civile,    Dipartimento    della   protezione   civile),   prevedendo
espressamente  la  presenza  di  esperti designati dalle regioni e le
modalita'  di  partecipazione  diretta di regioni ed enti locali alla
loro attivita'.
    Il  nuovo  contesto  normativo e' evidentemente diverso da quello
che ha dato origine alle impugnazioni, e tiene ampiamente conto delle
critiche  mosse  dalle  regioni ricorrenti alla mancanza di strumenti
collaborativi  (tanto  che la Regione Toscana ha concluso chiedendo a
questa  Corte  di  prendere  atto  del  suo  sopravvenuto  difetto di
interesse al ricorso).
    3.2. - A   tali   considerazioni   va   aggiunto   che  anche  la
sopravvenuta  modifica  costituzionale  preclude  di  per  se' che la
questione  posta  sulle  norme  del  decreto-legge, in riferimento ai
parametri costituzionali allora vigenti, possa essere trasferita alle
norme della legge di conversione, in riferimento a parametri nuovi.
    Sotto   quest'ultimo  profilo  infatti  essa  sarebbe  «questione
diversa»  rispetto  a  quella  originariamente  sollevata,  e avrebbe
quindi dovuto essere proposta, nei modi e nei termini di cui al nuovo
art. 127   della   Costituzione,   nei   confronti   della  legge  di
conversione.  La  conclusione  vale  anche  per  le  norme  che (come
l'art. 7  del  decreto)  fossero,  in  sede  di  conversione, rimaste
sostanzialmente immutate.
    Pertanto  in  questa  sede  la  Corte  dovrebbe esaminare le sole
questioni  concernenti  le norme del decreto-legge, in riferimento ai
vecchi parametri.
    Ma  non risulta, ne' e' allegato, che esse, prima dell'entrata in
vigore  della  legge  di  conversione  che  le ha modificate, abbiano
trovato  applicazione.  Deve  quindi  escludersi  che si sia prodotto
alcun  concreto  effetto  lesivo  in  danno  delle regioni ricorrenti
(sentenza  n. 510  del  2002). Ne consegue la sopravvenuta carenza di
interesse   delle   medesime   regioni   a  coltivare  i  ricorsi,  e
l'inammissibilita' delle questioni con essi sollevate.
    3.3. - Non  occorre  pertanto soffermarsi sui profili concernenti
l'ammissibilita'  dell'impugnazione  in  via  principale di un intero
testo  normativo  e  la  concreta  sussistenza  dei  requisiti  della
necessita'  e  urgenza  per  l'attivita' di decretazione da parte del
Governo.
    4.1. - Il  ricorso  della  Provincia  autonoma di Trento riguarda
vari  commi  dell'art. 5  del  decreto-legge  n. 343  del  2001, come
convertito  con  modificazioni dalla legge n. 401 del 2001, censurati
in  riferimento  tra  l'altro  (oltre  che alle norme statutarie e di
attuazione  dello  statuto speciale per il Trentino-Alto Adige) anche
all'art. 117  della  Costituzione, letto in connessione con l'art. 10
della  legge  costituzionale  n. 3  del  2001.  Esso  e'  proposto al
dichiarato  scopo  di  ottenere  «in  via  cautelativa  ed ipotetica»
un'interpretazione adeguatrice delle norme impugnate, che le mantenga
nel  quadro  delle  relazioni  tra  lo  Stato e le province autonome,
definite dallo statuto e dalle norme di attuazione.
    Secondo la provincia, tale interpretazione potrebbe essere svolta
in  due  modi: o estendendo la portata della clausola di salvaguardia
delle  competenze  delle  province  autonome,  contenuta  nel comma 6
dell'art. 5,  al  di la' dell'ambito di operativita' risultante dalla
sua  formulazione letterale, che sembrerebbe limitato ai soli compiti
trasferiti  dall'Agenzia  al  Dipartimento; ovvero considerando che i
poteri  governativi  previsti  dalle  norme  impugnate  devono essere
esercitati   nel   rispetto   delle   regole   relative  ai  rapporti
Stato-provincia.
    4.2. - L'eccezione    di    inammissibilita',   sollevata   dalla
Avvocatura  generale  dello Stato, in ragione della dichiarata natura
interpretativa della questione, e' infondata.
    Questa  Corte  ha  ripetutamente  affermato che - a differenza di
quanto accade per il giudizio in via incidentale - il giudizio in via
principale  (soggetto  a  termini di decadenza, in quanto processo di
parti,   svolto   a   garanzia   di  posizioni  soggettive  dell'ente
ricorrente)   puo'  concernere  questioni  sollevate  sulla  base  di
interpretazioni   prospettate   dal  ricorrente  come  possibili.  Il
principio  vale soprattutto nei casi in cui su una legge non si siano
ancora   formate  prassi  interpretative  in  grado  di  modellare  o
restringere il raggio delle sue astratte potenzialita' applicative, e
le  interpretazioni  addotte  dal ricorrente non siano implausibili e
irragionevolmente  scollegate  dalle  disposizioni impugnate cosi' da
far  ritenere le questioni del tutto astratte o pretestuose (sentenze
n. 412 del 2001, n. 244 del 1997 e n. 242 del 1989).
    4.3. - Nel  merito  la  questione  non e' fondata, nei termini di
seguito precisati.
    La  clausola di salvaguardia in esame dispone che «Ferme restando
le  attribuzioni  rispettivamente  stabilite dagli articoli 107 e 108
del  decreto  legislativo  31 marzo  1998,  n. 112, e le competenze e
attribuzioni  delle  regioni  a  statuto  speciale  e  delle province
autonome  di  Trento  e  di Bolzano, i compiti attribuiti dal decreto
legislativo  30 luglio 1999, n. 300, all'Agenzia di protezione civile
sono  assegnati  al Dipartimento della protezione civile». La formale
collocazione  della  clausola  nel  contesto  del secondo periodo del
comma 6  dell'art. 5,  relativo  al  passaggio  al  Dipartimento  dei
compiti  gia'  attribuiti  all'Agenzia,  potrebbe  far  apparire  non
manifestamente   implausibile  l'interpretazione  restrittiva  temuta
dalla ricorrente.
    Tuttavia,  non  esistono  elementi  da cui possa desumersi che la
clausola  non  operi  anche  rispetto  agli  altri commi del medesimo
art. 5,   e  quindi  anche  ai  compiti  attribuiti  dalla  normativa
impugnata  ad  organi  ed  uffici  statali  diversi dal Dipartimento,
ovvero ai compiti del Dipartimento non provenienti dall'Agenzia.
    Pertanto, in difetto di indici contrari, l'esplicita affermazione
della   salvezza   delle   competenze   provinciali   si   risolve  -
indipendentemente  dalla lettera della norma e dalla sua collocazione
-  nell'implicita conferma della sfera di attribuzioni delle province
autonome,  fondata  sullo  statuto speciale e sulle relative norme di
attuazione.  Ed  e'  significativo  che la stessa Avvocatura generale
dello  Stato  interpreti  la  normativa in questione nel senso che le
competenze  degli  organi  statali  suscettibili  di  interferire con
attribuzioni  di  regioni  speciali  o  province  autonome dovrebbero
comunque essere esercitate «nel rispetto delle norme che in proposito
operano nei confronti di ciascuno degli Enti interessati».
    5. - Le  considerazioni che precedono - oltre a rendere superfluo
l'esame  del  merito  delle  censure  mosse dalla Provincia di Trento
sulle singole norme impugnate - sono determinanti anche ai fini della
decisione  dell'impugnazione  proposta  dalla  Provincia  autonoma di
Bolzano.
    Questa  riguarda,  tra gli altri, proprio il comma 6 dell'art. 5,
censurato  nella  parte  in  cui  sembrerebbe far salve le competenze
della  provincia  soltanto  in  relazione ai compiti trasferiti dalla
soppressa  Agenzia  al  Dipartimento,  ma  non  anche in relazione ai
compiti del Dipartimento non provenienti dall'Agenzia.
    Pertanto  la  Provincia di Bolzano mira anch'essa, come quella di
Trento,  ad  ottenere  l'estensione  della  portata  della  ricordata
clausola  di  salvezza.  Ne  consegue  che la questione - come quella
sollevata  dalla  Provincia  di  Trento  - deve essere dichiarata non
fondata, nei sensi prima precisati.
    Tale questione e' pregiudiziale rispetto alle altre, come ammette
la   medesima  ricorrente,  secondo  la  quale  la  dichiarazione  di
incostituzionalita'  del  sesto comma nella parte in esame renderebbe
non necessaria la dichiarazione di incostituzionalita' dei precedenti
commi  anch'essi impugnati. Ed e' evidente come, in tale prospettiva,
all'ipotizzata     decisione     di    incostituzionalita'    (basata
sull'impossibilita'  di  interpretare  la  norma  nel senso auspicato
dalla  ricorrente)  equivalga  una  pronuncia  di  non fondatezza che
accolga proprio quella interpretazione.
    Pertanto,  le  ragioni  che hanno determinato la decisione di non
fondatezza  della  questione  comportano che anche le altre questioni
sollevate dalla Provincia di Bolzano debbano ritenersi non fondate.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Riuniti i giudizi,
    Dichiara    inammissibile    la    questione    di   legittimita'
costituzionale    del    decreto-legge   7 settembre   2001,   n. 343
(Disposizioni urgenti per assicurare il coordinamento operativo delle
strutture  preposte  alle attivita' di protezione civile), sollevata,
in  riferimento agli artt. 5, 76, 117 e 118 della Costituzione, dalla
Regione Toscana, con il ricorso indicato in epigrafe;
    Dichiara    inammissibili    le    questioni    di   legittimita'
costituzionale  degli artt. 1, comma 1, lettere e) ed f), 4, 5 e 7, e
dell'intero  decreto-legge n. 343 del 2001, sollevate, in riferimento
agli  artt. 5,  77,  95,  117 e 118 della Costituzione, dalle Regioni
Emilia-Romagna ed Umbria, con i ricorsi indicati in epigrafe;
    Dichiara  non  fondate,  nei  sensi  di  cui  in  motivazione, le
questioni  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 5, commi 1, 2,
3-ter,  4,  4-bis,  4-ter  e  5,  del  decreto-legge n. 343 del 2001,
convertito,  con  modificazioni,  dalla legge 9 novembre 2001, n. 401
(Conversione   in   legge,   con   modificazioni,  del  decreto-legge
7 settembre 2001, n. 343, recante disposizioni urgenti per assicurare
il coordinamento operativo delle strutture preposte alle attivita' di
protezione  civile),  sollevate - in riferimento agli artt. 8, n. 5),
n. 13), n. 17) e n. 24), 9, n. 9), 16 e 52 del decreto del Presidente
della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico
delle  leggi  costituzionali  concernenti  lo statuto speciale per il
Trentino-Alto  Adige);  al  decreto  del  Presidente della Repubblica
22 marzo 1974, n. 381 (Norme di attuazione dello statuto speciale per
la  regione  Trentino-Alto  Adige  in materia di urbanistica ed opere
pubbliche);  agli  artt. 2,  3  e  4 del decreto legislativo 16 marzo
1992,  n. 266  (Norme  di  attuazione  dello  statuto speciale per il
Trentino-Alto  Adige  concernente  il rapporto tra atti legislativi e
leggi  regionali  e  provinciali,  nonche'  la  potesta'  statale  di
indirizzo  e coordinamento); nonche' all'art. 117 della Costituzione,
in  connessione  con  l'art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre
2001,  n. 3  -  dalla  Provincia  autonoma  di Trento, con il ricorso
indicato in epigrafe;
    Dichiara  non  fondate,  nei  sensi  di  cui  in  motivazione, le
questioni  di  legittimita' costituzionale degli artt. 5, commi 1, 2,
3-ter,  4,  4-bis,  4-ter,  5  e 6 del decreto-legge n. 343 del 2001,
convertito con modificazioni dalla legge n. 401 del 2001, sollevate -
in  riferimento  agli  artt. 8,  comma 1,  n. 5),  n. 13),  n. 17), e
n. 24),  9,  comma 1,  n. 9), 16 e 52, comma 2, del d.P.R. n. 670 del
1972;  agli  artt. 33,  34,  e  35  del  d.P.R. n. 381 del 1974; agli
artt. 2,  3  e  4 del d.lgs. n. 266 del 1992; d) agli artt. 117 e 118
«principi  del  titolo V della parte seconda della Costituzione, come
modificati  dalla legge costituzionale n. 3 del 2001, in relazione al
disposto  all'art. 10  della medesima legge»; nonche' al principio di
leale  cooperazione  -  dalla  Provincia  autonoma di Bolzano, con il
ricorso indicato in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 19 giugno 2003.
                       Il Presidente: Chieppa
                         Il redattore: Bile
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 4 luglio 2003.
               Il direttore della cancelleria:Di Paola
03C0794